martedì 30 settembre 2014

Mozambico 6: Lichinga

Lichinga - per la strada

 
Davanti alla banca
Per il volo che va a Lichinga bisogna alzarsi alle 4. Tutti sanno e pontificano ampiamente su qual è l'andamento dei voli interni africani, galline e canna da zucchero, non si sa bene quando si parte e ancor meno quando si arriva. Naturalmente nella realtà niente di tutto questo, perché come sempre, il pregiudizio è duro a morire. A quell'ora l'aeroporto, nuovissimo tra l'altro (sarà stato fatto di certo dai cinesi), è ancora tutto spento e le operazioni partono regolarmente e ordinatamente un'oretta prima del volo, come è logico, che parte e ovviamente arriva con puntualità svizzera. Invece di stuoli di pittoreschi abitanti della foresta, l'aereo, pieno zeppo, non un posto libero, cosa che giustifica i prezzi d'affezione che fanno sì che un volo interno costi quasi come arrivare in Europa,  c'è una schiera di manager, incravattati, nerissimi certamente, ma dotati di iPad, e Samsung ultimo modello, qualche giovane con cuffie stero alle orecchie e signore con tacchi da vertigine e borse griffate. La middle class avanza. Forse solo i galoppini della politica che stanno correndo per il paese ventre a terra per la campagna elettorale, si ricoprono di pannucci più popolari, magliette con la foto del leader e colori sociali, forse per mostrarsi più vicini all'elettore delle campagne. L'aereo fa scalo a Nampula, un altro importante centro del nord e la discesa in quota sull'acrocoro punteggiato di piccole montagnole di roccia che sbucano dall'altipiano, è davvero scenografica. L'infinita distesa di alberi e cespugli che nella stagione secca assumono il colore della terra circostante, quell'ocra venata di rosso e viola, che la polvere costantemente sollevata dal vento ha dato all'ambiente, adagiandosi come una cipria sottile su ogni cosa, un belletto involontario che che impastato al sudore ti ritrovi addosso ogni sera quando, tu che puoi, cercherai di togliertela di dosso con una doccia salvifica. 

Street market
L'aeroporto di Lichinga è poco più di una stazioncina di paese, due cameroni stipati all'inverosimile di gente che scende e cerca di recuperare le sue masserizie e che si incrocia con quelli che invece aspettano di salire sull'aereo autobus che fa la spola avanti e indietro dalla capitale. Non è facilissimo farsi strada per guadagnare l'uscita, una cicciona inverosimile, bardata con un camicione che pare fatto con la bandiera arcobaleno della pace, sotto il quale spuntano due fuseau fucsia fosforescenti ed attilatissimi che pare stiano per esplodere, occupa quasi tutto lo spazio della porta, ma alla fine con calma usciamo a riveder le stelle. Chi ci viene a prendere arriva in leggero ritardo lasciandoci l'opportunità di godere del viale di jacarande blu che stanno fiorendo, lungo il viale che porta in città. Questo azzurro lavanda che ricopre i rami come una spolverata di fiocchi di neve, è un altro dei colori chiave di questa parte di Africa e contrasta col rosso della terra come un abbinamento studiato da un grande stilista. E' stato un problema trovare una macchina, sono tutti impegnati nella campagna e le auto in affitto vanno a ruba, ogni attivista deve girare vorticosamente di villaggio in villaggio a parlare con la gente. Questo almeno fino al 15 ottobre, data delle elezioni. L'auto dell'associazione a cui ci siamo appoggiati purtroppo "està cansada", eufemismo non troppo velato per definirla definitivamente fuori uso. Lichinga è una cittadina di capanne e baracche con una serie di quartieri periferici che si va ingrandendo bulimicamente, man mano che la gente si inurba attratta dalle opzioni che dà la città, con un minuscolo centro con qualche bassa costruzione in cemento, cadenti per la maggior parte, quelle che risalgono all'epoca coloniale e alla fase immediatamente successiva e pochi edifici nuovi di banche e compagnie telefoniche. 

La jacaranda
Nella piazza centrale una chiesa bianca che alla domenica mattina richiama una variopinta folla di fedeli, dall'altra parte una casa di una delle tante sette paracristiane che stanno invadendo il terzo mondo per rastrellare denaro (sono sempre i più poveri quelli che rendono di più, ricordiamocelo), un po' cinema, un po' discoteca, un po' sala riunioni, poco lontano una piccola moschea. La città è tutta qua, con un unico albergo, che anche lui pratica prezzi d'affezione. Qualche decina di migliaia di abitanti che il conteggio vago dei sobborghi in espansione continua, porta attorno ai 200.000 o più. I numeri precisi non li sa nessuno, anche perché variano tutti i giorni. Un bel problema per il responsabile dell'acquedotto comunale, che capta l'acqua da un vicino laghetto artificiale, calcolato per una comunità 5 o 6 volte più piccola, che si affanna a trovare il modo di gestire le ore in cui fornire un po' di acqua pulita, razionandola in tempi sempre più ristretti soprattutto nel periodo secco, almeno nei quartieri centrali serviti da una rete vecchiotta e piena di perdite. L'acqua è il problema dell'Africa. Più grande e gravoso delle guerre, delle malattie, della corruzione e della fame. Anche dove c'è, l'acqua è di difficile accesso, è lontana e si deteriora in fretta. L'emblema di questo continente è una donna che cammina lungo un sentiero con una grande tanica d'acqua sulla testa; è questo il compito principale che assilla il genere femminile al di fuori dei centri delle città. La qualità di quest'acqua poi,  è una delle cause principali di tutti i problemi sanitari e della mortalità infantile del continente. Un pozzo sano al centro di un villaggio, può cambiare completamente la vita di una comunità, evitando anche che tenda a spopolarsi per andare ad ingrossare qualche periferia. E' anche per questo che siamo venuti qua, a portare una nostra gocciolina d'acqua in questo grande mare vuoto da riempire.

Il serbatoio dell'acquadotto

SURVIVAL KIT

A Lichinga c'è un solo albergo "occidentale". Il Girassol, che fa parte di una catena presente in molte città mozambicane. Costruzione vecchio stile, appena rinfrescata una decina di anni fa, con camere enormi (oltre i 50 m2) tanto da sembrare quasi vuote. Il tutto un po' approssimativo, ma prendere o lasciare, non ci sono alternative. In realtà sarebbe assolutamente accettabile (sono stato in situazioni di gran lunga peggiori) se non fosse che la sua situazione di monopolio non gli permettesse di praticare prezzi assolutamente esagerati (sui 100 $ a notte). Parlando col direttore si riesce ad ottenere una password per il wifi nella hall. Fornisce la navetta gratuita per l'aeroporto. Il ristorante dell'albergo è il migliore della città, pur molto caro date le condizioni (attorno ai 20€).

In giro per la città c'è, è vero qualche specie di guest house, che pretende oltre 50 $ per sistemazioni piuttosto basiche. Vedete voi.

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lunedì 29 settembre 2014

Mozambico 5: Hotel Polana


Il quartiere centrale di maputo



Più la vivi e più la parte nobile di Maputo evidenzia i suoi tratti comuni alla sua categoria di capitale, anche, se vuoi, periferica e in bilico tra crescita turbinosa e sonnecchiamento terzomondista. Ti muovi lungo la sfilata dei palazzi del potere, recintati da muri psicologicamente invalicabili con le torrette bunker da cui occhi severi di militi armati ti invitano a stare dall'altra parte della strada e quella delle ambasciate, altri diversi fortilizi in cui si rinserra una fauna di funzionari attenti a camminare sulle uova, che vivono una vita di frontiera in un'oasi innaturale nella quale hanno trovato un loro ecosistema impermeabile ai disturbi esterni. A lato, le dimore dei ricchi o dei potenti, che in fondo si identificano e si sovrappongono, circondate da fili elettrificati ad alta tensione e guardia armata per tener fuori la realtà quotidiana della strada, con i suoi miasmi o per i suoi afflati che spirano dalle periferie delle baracche con preoccupante continuità, come nebbie da palude, cariche di promesse e minacce. Tutti i negozi, uffici ed esercizi commerciali, presentano il sovracosto di una sorveglianza esterna con tanto di fucile, un segno di insicurezza consapevole piuttosto che di efficienza ponderata. L'impressione è che ci sia sempre un di qua e un di là, con una frontiera difficile da attraversare, una realtà dura da scalfire che rimanda alla storia recente, ai contrasti civili, alla lotta politica fatta non soltanto con le parole. Un melting pot che porta poi ad una sensazione di insicurezza che avvolge la città quando cala la luce, di botto come è consuetudine qui al tropico, quando è meglio in fondo, dopo una certa ora, non muoversi a piedi per le larghe strade percorse solo da auto che corrono veloci, come ansiose di tornarsene a rinchiudersi nei loro ghetti dorati. 

Forse lì fuori, nel buio non c'è nulla, forse le ombre scure della notte sono solo frutto della fantasia, però monta il borborigmo dell'uomo primitivo che calate le tenebre cerca riparo all'interno del proprio recinto, tra visi noti e simili al suo, attorno al fuoco che lo difende dalle fiere. Solo e isolato, davanti al mare, l'hotel Polana è uno di quei luoghi mito di un'epoca coloniale ormai morta ma sempre presente nei ricordi e nei discorsi, alla pari di tanti altri nel mondo, dal Raffles di Singapore, al Continental di Saigon. I maggiordomi neri che aprono le porte dei taxi che si presentano sotto il riparo della grande pensilina dell'entrata dopo aver percorso il vialetto a mezzaluna del parco, sono gli stessi dello scorso secolo.  Il suo odore di lusso coloniale viene soltanto un poco avariato dagli aggiornamenti e dalle aggiunte più recenti. Nella sontuosità dei suoi larghissimi spazi paludati, i passi suonano ovattati e se ti siedi sulla grande terrazza di fronte al mare reso nero dalla notte, ti par di sentire ancora il tintinnare del ghiaccio nei bicchieri di scotch bevuto a grandi sorsi da spie sudafricane e da uomini d'affari con grandi sigari cubani. Graham Green e il suo Fattore Umano tengono ancora banco tra i muri spessi delle sale interne. Malika invece, sta seduta sola, affondata tra i morbidi cuscini di un pesante sofà dalle volute barocche, magra, slanciata, coi lineamenti forti del suo essere orgogliosamente berbera. Beve vino bianco ghiacciato e fuma sottili sigarette dal lungo filtro bianco. Di certo si sente una donna moderna, forte e in grado di costruire da sola la sua vita. 

E' schiusa in fretta dal suo bozzolo, quello stretto e serrato in cui il nonno non riusciva a capire come mai, essendo femmina, la si continuasse a fare studiare, poi la Francia a respirare aria d'occidente, poi infine l'Africa, col suo richiamo ancestrale e insieme quello della terra delle grandi occasioni, per chi come lei ne conosce le sfumature e le potenzialità. Ditte sudafricane e maghrebine, materiali del mondo moderno che si affaccia qui ancor più prepotente che altrove, energia solare, trattamento acque, forniture per miniere, una trader aggressiva e globalizzata come potrebbe esserlo una sua collega americana od orientale, che probabilmente tratta con i suoi dirimpettai, col latente fastidio di essere considerata donna piuttosto che rappresentante asessuato di qualche ditta. Il Polana diventa quindi il suo ambiente naturale, col suo iphone da ricaricare, il suo bicchiere di bianco ghiacciato e il Marocco lontano, un fastidio più che un ricordo. Tira ancora qualche lunga boccata, le spirali di fumo salgono verso il soffitto alto dietro le grandi vetrate sul giardino mentre socchiude gli occhi nerissimi dal taglio allungato. Lo sguardo delicato e freddo allo stesso tempo, non lascia affiorare i suoi sogni, mentre affonda le spalle nei cuscini per ripararsi dalla brezza della notte. Uomini in vestiti scuri popolano l'atrio, entrando dalle bussole delle porte girevoli, pesanti girandole di legni africani. E' finita l'epoca delle spie, qui ormai c'è solo la riunione settimanale del Rotary.

Hotel Polana

SURVIVAL KIT

Hotel Polana Serena Maputo - Il più famoso albergo coloniale della capitale, lusso d'antan. Camere sui 300$. Wifi a pagamento, come anche l'aria che si respira. Se vi va di respirare un'atmosfera, potrete andare a bervi una birra al bar sulla terrazza per vedere un mondo che a poco a poco si sta spegnendo soffocato dai Radisson e dai nuovi 5 stelle che i cinesi stanno costruendo in gran fretta.


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venerdì 26 settembre 2014

Mozambico 4: Girando per la capitale

Maputo - Le costruzioni dell'epoca rivoluzionaria



Girare per la città, passando nei vari uffici dei ministeri, degli enti e le agenzie varie ti lascia anche il tempo di guardare la città che scorre attorno a te. Le parti più nuove dove la recente classe media si aggira in giacca lucida e cravatta ostentando borse in pelle e laptop e quello più popolari affollate da falansteri di tipo sovietico che stanno cadendo a pezzi, non dissimili da tanti loro omologhi di Minsk, Ekaterinburg, Kharkiv o Ashgabad. Solo che qui fa più caldo ed i calcinacci che si sfarinano al sole hanno assunto un tono più giallastro. Qui decisamente meno 24 ore nere e tacchi da vertigine e più cassoni da riempire di pattume, popolati dalla schiera dei selezionatori di immondizia che cercano da vivere, praticando in maniera autonoma una protoforma di raccolta differenziata. Riempiono ordinatamente dei sacchi di lattine di alluminio e altri di bottiglie di plastica, rovistando alla meglio, nel cercare in mezzo alla sozzura di che vivere. I palazzi nuovi appena eretti dalle aziende di telecomunicazione, sono lucidi specchi di vetro ed all'interno si aggirano i nuovi mozambicani, giovani, belli e interessati all'ultimo modello di iPhone. E' tutto un florilegio di modelle ammiccanti dai muri e dagli schermi che suggeriscono condizioni, tariffe agevolate e guardano il boy friend con occhi sognanti mentre diteggiano sulle tastiere. Negli uffici del potere invece respiri la sempiterna aria della vecchia URSS, occhi svogliati e sfuggenti di funzionari, stupiti e anche un po' scocciati che tu sia riuscito a stanarli, mentre invece sono così occupati. Anche qui, segretarie e portaborse sono bardati come ad una sfilata. Le capigliature delle donne, monumenti barocchi di treccine, anche in diversi colori, che paiono porcellane di un Della Robbia. 

In equilibrio precario su tacchi 15, si muovono sinuose, confermando attese con voce seriosa e bassissima, certo per non turbare l'aria ovattata degli uffici e l'alacre impegno dei capi. Non dovete pensare che la cooperazione sia cosa semplice, nel senso che non basta avere la disposizione dei soldi, pochi o tanti che siano, ma è importantissimo, conoscere i meccanismi legali, fiscali e organizzativi del paese, avere un appoggio positivo da parte delle istituzioni, quantomeno perché non frappongano ostacoli, accertarsi di non andare in conflitto con loro progetti o priorità, calcolare le eventuali ricadute politiche e relazionali. Insomma un paziente lavoro preparatorio per raccogliere permessi, nullaosta, "consigli" e quanto altro garantisca poi l'andata a buon fine dell'opera, da eseguire ancora prima di cominciare ad assegnare i compiti pratici e la gestione finale. Diversamente si rischia di trovare ostacoli imprevisti che comprometteranno il buon esito dell'operazione. Intanto ci si continua a muovere per la città, passando avanti e indietro lungo la avenida Mao Tze Tung, la Carlo Marx o la Kim Il Sung (perché c'è anche questa), mentre il mare grigio della baia davanti alla Marginal, spinge piccole onde tetre verso la riva piena di barconi ammonticchiati. La bassa marea lascia un altro largo spazio grigio e fanghiglioso, come a voler mantenere la distanza tra acque e terra. Nei ristoranti sul mare, la nuova Maputo mangia camarones e sopa de mariscos, con camicie bianchissime e capigliature improponibili. L'agenzia di viaggio stacca stanchi biglietti aerei a prezzi di affezione, tanto, prendere o lasciare, solo in quel modo ti puoi spostare e gli aerei sono sempre pieni, già ti fanno un favore a farti salire, capirà siamo in campagna elettorale e tutti i politici e i loro sottopancia corrono da una provincia all'altra a fare comizi, a promettere pane e progresso. 

Incontri gente strana da queste parti, interessantissima. Gente che ha fatto rivoluzioni e guerre e magari si è trovata a trenta anni a guidare ministeri creati dal nulla, ridondanti di socialismo scientifico ed a sessanta sono diventati capi d'azienda. Altri che sono finiti qui per caso e ci sono rimasti quaranta anni, tra ricchezze improvvise e perdite totali, per poi ricominciare l'avventura per trovare l'affare della vita. Chi è venuto ad allevare conigli e adesso ha ristoranti. Chi assediato da una giostra di mogli e di figli si rifugia nella foresta per trovare un po' di tranquillità, ripopolando di animali qualche landa sperduta. Qualcuno che tenta una lottizzazione sulle spiagge di paradiso e costruisce villette che nessuno per adesso compra, anche perché è quasi impossibile raggiungerle; qualcun altro non vuol sentire più parlare di politica ma solo di golf. A qualcuno invece è girata male e continua a fare il cercaffari per aziende che arrivano in cerca di occasioni. Gente scafata, impigliata in una trama di società di tutti i tipi, che incontri solo nelle trame dei film, quelle dove si finisce nella black list dei sudafricani perché un presunto amico ti fa un dispetto o a vendere frigoriferi importati perché il socio ti ha fregato sulle quote di una società che avrebbe fatto i milioni. Intanto scende la notte, in un attimo. Il sole non fa a tempo a godersi un po' la discesa dietro le  colline ed è già buio pesto. Lungo le strade solo ombre scure, nere, che la scarsa illuminazione confonde lungo i muri. Bisogna cercare di filarsela alla svelta a nanna, evitando di incappare in gruppi di malintenzionati o peggio in qualche pattuglia di poliziotti in cerca di sprovveduti a cui estorcere, se va bene,  i soldi per un paio di birre.

SURVIVAL KIT
Maputo - Al ristorante

Molti ristoranti slungo la Marginal sul mare. Tutti carissimi in proporzione agli stipendi del paese. Calcolate da un minimo di 15 € in su.

Campo di Mare (assieme al suo gemello Campo de Fiori) - Av Marginal 5714 - C/O Clube Maritimo. Ristorante italiano, dove si spende ma si mangia molto bene, piatti di pesce, pasta e un sorbetto di limone fresco (chiedete direttamente al padrone perché se chiedete sorbetto al cameriere vi porta il gelato).

Se volete fare un figurone con qualche ospite, Ristorante del Girassol Indi Congress - Rua Macombe , in un complesso dove incapperete sicuramente in qualche matrimonio elegante magari da 1000 ospiti (potrete vedere mises esagerate. Carne e pesce di qualità. Rischiate anche di incontrarci politici di spicco. Preparatevi ad aprire il portafogli.

Maputo - Avenida Marginal


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giovedì 25 settembre 2014

Mozambico 3: A Maputo

Meglio schierarsi subito


L'aeroporto è nuovo a Maputo, ma la coda per il lost & found quando perdi la valigia è vecchio stile, nel bugigattolo dove la pratica ed i fogli compilati a mano proseguono in tempi infiniti e la risposta è come un mantra: "prova domani". E' una città strana, Maputo. Di certo è una normale capitale africana, con un piccolo centro già semicongestionato di auto, anche se non al livello di Dakar o Dar es'Salaam e una sterminata periferia di baracche che si allungano verso l'aeroporto. Spazi di agglomerazione dove si va ad ammucchiare la folla che si sta inurbando, richiamata dalle sirene della grande città, in una miseria di certo più lurida e cattiva di quella dei villaggi, ma che la vicinanza ad una più concreta presenza di beni di consumo, rende colma di speranze e di eventuali opinate opportunità, che nella maggior parte dei casi si tradurrà in una qualità di vita ancora peggiore. Il rettangolo regolare sul promontorio, alla fine della baia de Lagoa, è l'impianto cittadino creato dai portoghesi che ci arrivarono nel 1502, rimanendoci per oltre 450 anni. Non sono molte le case rimaste a ricordare il passato, le successive costruzioni se le sono mangiate poco alla volta e l'ultima, quella che da pochissimi anni tenta di fare entrare la città nel vortice del moderno mondo globalizzato, sta innalzando i giganti che andranno a formare una nuova skyline, che potrebbe essere definita, più che dalla volontà degli investitori, dall'andamento della crisi globale, che potrebbe anche lasciare a metà una foresta di scheletri di cemento di bassa qualità ed i condomini dei nuovi ricchi che si affacciano sul mare in posizione ambita, una serie di occhiaie vuote come i buchi oscuri delle antiche maschere dei riti tribali. Anche se i segni sulle staccionate protettive, non sono più tratti animisti, ma semplici ideogrammi cinesi.

Maputo è una città in trasformazione che deve ancora decidere cosa farà da grande, con strade larghe e diritte ancora popolate dalla vecchia Africa postcoloniale e dai prezzi spropositati di affitti e servizi che una offerta inferiore alla domanda impone. Qui leggi sempre l'impronta del potere. Il Frelimo, il movimento che governa dalla fine della guerra di liberazione, è passato dagli esperimenti del socialismo scientifico, falliti ancor di più in Africa, come in tutto il resto del mondo, ad una liberalizzazione economica che tuttavia non è riuscita a far decollare il paese, anche per la ripresa delle ostilità interne, con una guerra civile strisciante che, sulla carta si è conclusa in un accordo di pace con gli oppositore del Renamo, che occupavano militarmente le foreste del centro del paese, bloccandolo di fatto, solo un mese fa. Così si sono indette le elezioni e tutto il paese è pervaso dalla febbre di una campagna elettorale senza precedenti. I muriccioli cadenti che limitano strade della città sono completamente ricoperti di manifestini elettorali, praticamente tutti uguali che la rendono una sorta di tappezzeria a quadretti verdi e rossi a ripetere lo slogan, che rimbalza da tutte le radio accese nelle auto che passano, una sorta di meno male che Silvio c'è o che vengono gridate da gruppi di ragazzi raccolti sul cassone di pickup bianchi che corrono avanti indietro lungo i vialoni della città. Altri fogli sono distribuiti agli angoli delle strade e da ogni schermo televisivo, nelle vetrine dei negozi o negli atrii degli uffici, alternati agli spot di materassi, telefonini o prodotti di bellezza (in tutto il mondo i prodotti di consumo fondamentali sono sempre gli stessi) il martellamento dell'invito a votare per il candidato di governo è estenuante. 

Inutile girare nei palazzi del potere, tutti, dalle segretarie ai capi sono in giro a "fare campagna", evidentemente timorosi che un spoiling system, piuttosto feroce, tolga loro la seggiola da sotto le chiappe che si sono sovradimensionate con gli anni. Le forze in campo sono di una sproporzione macroscopica. I concorrenti del Renamo o del CMC, i due partiti di opposizione, compaiono molto raramente e quasi per caso. In giro è tutto un passaggio di uomini e donne con la maglietta o il cappellino Frelimo. Si può dire che queste elezioni hanno quasi rivestito il paese a nuovo. Per un po' i venditori di Tshirt dovranno segnare il passo. La conquista del potere è fondamentale come in ogni altra parte del mondo, solo relativamente vuol dire politica, in realtà significa affari, ricchezza, denaro, lavoro e posizioni decisionali per muovere appalti, opere e punti dove gli investimenti attesi andranno a posizionarsi. Vista la sproporzione delle forze investite, il risultato, sulla carta non dovrebbe dare grandi sorprese, ma la litania delle promesse elettorali sta scorrendo sul gobbo dei discorsi pubblici come non mai. Libertà, fiducia, progresso, accesso all'acqua per tutti. A sentirli si direbbe che dopo il 15 di ottobre il Mozambico diventerà uno dei partecipanti al G20. Vedremo. Intanto in questo finale di stagione secca, la polvere rossa si alza fitta nell'aria, fermandosi sulla pelle come cipria e le enormi jacarande blu lavanda  che colorano di cielo i grandi viali del centro, ti ricordano che questa è l'Africa nera e che qui siamo in una terra povera ed esausta, secca di acqua che aspetta la prima pioggia di novembre come una benedizione per dare un po' di linfa ai campetti esangui ricavati nel mato col taglia e brucia e ad aspettare che si trasformino in strisce di fango rosso i mille sentieri percorsi dalle file di donne avvolte nelle stoffe colorate che ancheggiano sotto il peso dei 20 litri di acqua che si portano fino alla loro capanna, sulla testa. Intanto per allora, le elezioni saranno già passate.

La jacaranda

SURVIVAL KIT

Trovare un alloggio decente a prezzi accettabili, non è facile a Maputo, dove gli affitti sono schizzati alle stelle e gli alberghi hanno un tasso di riempimento elevatissimo, pare attorno al 90%, tanto che ce ne sono moltissimi in costruzione. 

Provate al Kaya Kwanga Residential, Av. Marginal, Rua J. Castro, 321, una serie di bungalow sul lungomare, 3 stelle, abbastanza basico ma pulito anche se piuttosto datato, come struttura e come attrezzatura. A.C. No wifi, ma vi lascieranno usare gratuitamente il PC dell'ufficio. Colazione abbondante. Con lo sconto siamo sui 100 $ a notte, tanto per gradire. Il direttore è italiano. Chiede sempre lo sconto.

Un altra soluzione è un B&B in una casa privata aperta di recente: Braga Hause- Rua 3252, n. 86 R/C, Coop, dietro al nuovo ministero dell'agricoltura. 3 stelle, free wifi, A.C. Colazione scarna e camere microscopiche. Avrete l'opportunità di vedere come è una casa privata di una borghesia ricca che si sta formando in città e di trattare il prezzo con la simpaticissima padrona di casa, che difficilmente mollerà al di sotto dei 40 Euro per le camerette senza bagno e i 70 di quelle con servizio.

Per il resto prezzi spaziali.


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mercoledì 24 settembre 2014

Mozambico 2: Arrivato.

Sull'Etiopian Airlines


L'ingresso di un villaggio
L'aereo vola tranquillo, non c'è da stupirsi, che questo deve fare e niente altro. Le hostess dell'Etiopian sono davvero carine, così non ti va neanche di traverso il contenuto dell'orrido vassoietto, panino di segatura e polletto bollito da ospedale. Datemi retta, non mangiate mai quello che vi danno sugli aerei, è robaccia ricongelata chissà quante volte, probabilmente la vera responsabile delle varie maledizioni del viaggiatore che vi coglieranno appena arrivati a destinazione, mentre voi darete la colpa a quei deliziosi e gustosissimi manicaretti coperti di mosche che vi siete pappati in giro. Non ci sono turisti o quasi su questi aerei, tutta gente che torna a casa, come sui traghetti per l'Albania. Qualche uomo d'affari con la classica valigetta dei contratti e dei depliant, gente che va in giro per il mondo a cercare lavoro per quei disgraziati che a casa aspettano qualcosa da fare per uscire dal declino e qualche tecnico che passa la sua vita in posti sperduti a completare quello che i primi hanno portato a casa. Qui c'è anche qualche prete nero che torna da una trasferta romana. Sono belli, grassi, lucidi, paciosi e tranquilli come ogni lavoratore che torna alla sua sezione dopo essere stato chiamato a rapporto dal direttore, magari a farsi bacchettare, magari solo per essere encomiato. Qualche laica che va a farsi il mazzo. Quelle le distingui subito dal piglio deciso della gente abituata a trovarsi faccia a faccia con le situazioni davvero difficili, quelle che si prendono davvero sulle spalle i problemi e cercano di metterci delle pezze. E poi i cinesi, che sono dappertutto, piccole formiche operose che hanno invaso silenziosamente l'Africa, che trovi in ogni paese a lavorare, a commerciare, a sovraintendere, a costruire, silenziosi e pervasivi, convenienti, economici. Non lasciano spazi vuoti, si prendono tutto senza combattere, con la forza della competitività e della lungimiranza dei loro governanti. Lascia fare a chi ha storie millenarie alle spalle e le usa con sagacia. 

Pallone autocostruito
Questo Mozambico è solo altra terra da conquistare, perché anche se apparentemente è un paese poverissimo, qualche cosa da portare via c'è di sicuro, siano estensioni vergini da coltivare per la fame infinita di derrate dell'Asia, sia di energia da tirar fuori, o di concessioni portuali, basi, punti vendita, accordi commerciali e via cantando. Non c'è dubbio certo che il Mozambico sia uno dei paesi più poveri del mondo, il PIL pro capite lo colloca al 172° posto, proprio in fondo alla lista e, pare addirittura al terzultimo per strade e comunicazioni. Quindi un paese piuttosto difficile da vivere, dove all'opposto tutto costa carissimo, perché arriva da fuori e dove spostarsi è difficile e molto costoso. La compagnia aerea locale, infatti opera in monopolio ed è sempre piena, anche applicando prezzi di affezione, d'altra parte non puoi sobbarcarti giorni di macchina, anche quella costosissima, per andare attraverso il paese. Diciamo che è un paese stremato, dopo la guerra di indipendenza sanguinosissima e dopo la guerriglia civile tra le due fazioni principali che è ripresa recentemente. Solo all'inizio di settembre è stata finalmente siglata una pace, si vedrà quanto definitiva e sono state indette le elezioni che si svolgeranno il 15 di ottobre. L'Italia, curioso a sapersi, ha recitato un ruolo fondamentale in questo processo, rendendosi garante della sicurezza della parte antigovernativa e per la verità, questo le viene riconosciuto ufficialmente. Già, perché l'Italia ha sempre avuto un canale preferenziale verso il Mozambico ed è uno dei paesi più stimati da queste parti. Ha avuto una parte importante nella cooperazione in passato, cosa non sempre ben gestita, guarda caso, dai nostri politici e questo è un giudizio piuttosto edulcorato, anche se questo ha fornito un certo aiuto alle imprese italiane. Adesso sembra che con la scoperta di giacimenti di gas nel nord del paese, ci sia un ritorno di fiamma per l'Eni. 

Una scuola elementare a Mitava
Vedremo, intanto attorno all'osso si sta già avventando una muta di cani piuttosto combattivi. E' un paese grande tre volte l'Italia con un terzo degli abitanti, ma in rapido aumento, che né fame, né guerre, né pestilenze riesce a rallentare, se si pensa che negli anni '80 erano 7 od 8 milioni e adesso sono oltre 20. Tra l'altro nei conteggi, i bambini rimangono un po' fuori statistica, perché la mortalità è così forte che si preferisce tenerne conto quando hanno raggiunto un'età che li metta al riparo dalle principali cause di morte infantili. La scolarità nelle zone rurali è molto scarsa. La crescita economica è tuttavia forte, ma partendo da così in basso è un dato da considerare con molta attenzione e la capitale è tutta una furia costruttiva. Le periferie estreme che cominciano a congestionarsi sono molto simili alle township sudafricane, ghetti di povertà estrema e probabili focolai di violenza. La popolazione che vive principalmente nelle zone rurali in capanne, non sembra avere grossi problemi alimentari, salvo carestie e disastri climatici, inondazioni e via discorrendo, mentre i problemi maggiori sono quelli legati all'acqua e alle conseguenti problematiche igienico-sanitarie. Questo è anche il motivo per cui siamo qui. La striscia dell'aeroporto si avvicina, i bordi cosparsi di fiori gialli. Le isole di paradiso di Bazaruto e Quirimbas sono lontane e irraggiungibili. Solo terra rossa e cespugli coperti dalla polvere della stagione secca. Un colpo secco e le ruote strisciano sul terreno mentre i motori ruggiscono nella frenata. Vediamo un po'.

Componenti del gruppo di gestione di un villaggio
SURVIVAL KIT

Ci sono molte compagnie che portano a Maputo. Etiopian Airlines è una delle più economiche con offerte di poco superiori ai 600 euro da Milano. (Fa scalo a Roma e a Addis Abeba, per cui è obbligatorio il certificato di vaccinazione per la febbre gialla). E' un po' scalcinata , ma alla fine quel che conta è arrivare e poi le hostess sono molto carine.
Il visto si ottiene solo all'ambasciata di Roma. Sul sito le indicazioni e i moduli per ottenerlo.

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martedì 23 settembre 2014

Mozambico 1 : I motivi.

Milano - Maputo 2014
Dunque rieccomi qua, nel calore del focolare domestico, con la voglia di raccontarvi un po' di questo Mozambico, un paese un po' fuori dai giri consueti e che non si offre facilmente. Insomma devi andartelo un po' a cercare. Così partiamo dalle motivazioni che hanno condotto a questo viaggio. Ad Alessandria c'è una Onlus che si chiama ICS, potete dare un'occhiata al sito qui, che senza troppi clamori e tra mille difficoltà, raccoglie qualche soldino con manifestazioni come la Stralessandria e utilizza anche i fondi messi a disposizione per statuto dall'Azienda che riscuote i soldi delle bollette dell'acqua, l'AATO e che vengono impiegati in progetti che hanno come tema l'acqua in paesi particolarmente disagiati. Uno dei soci volontari che aveva operato molto in Mozambico, riuscendo a costruire a Mitava due scuole, un pozzo ed una biblioteca, il mio concittadino Roberto Nani, è purtroppo mancato a dicembre e si trattava di mandare avanti il suo lavoro, essendoci a disposizione i soldi per fare altri tre pozzi. Si è trattato dunque di andare sul posto per far partire l'operazione. 

Grazie agli amici Silvio e Pierangelo, altri due bei soggetti di pensionati che non vogliono rassegnarsi ad andare a giocare a bocce e grazie alle loro competenze di cooperazione e di lavori di ingegneria idraulica, direi che sta tutto andando a buon fine. Io come al solito sono un imbucato che cerca di relazionare al meglio quanto succede, anche se è facile credere di capire tutto in fretta, quando invece la complessità dei problemi, richiederebbe più riflessione e anche la capacità di lasciare sempre spazio ai dubbi più che alle certezze. Il fatto è che chi è entusiasta le cose le fa davvero, anche quando sono difficili, mentre chi si ferma troppo a pensare, rischia come me, di essere sempre come una (grossa) zecca che si fa portare in giro sulla schiena di un cane, che lui sì, si muove qua e là come un dannato ed alla fine i tartufi li trova sempre. Comunque nei prossimi giorni cercherò di raccontarvi un po' di cose di questo paese, che fa tanta fatica ad agganciarsi alla crescita mondiale e che anche nella stessa Africa dei disperati, è un po' in coda al gruppo ed arranca per cercare di mettersi in pari almeno con la retroguardia, tra contraddizioni pesanti, difficoltà naturali, storia recente contrastata, politici d'assalto e mali endemici africani presenti in tutta la loro epidermicità. 


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lunedì 22 settembre 2014

Finalmente arrivato

Flying back - settembre 2014

Come si prevedeva eccomi a casa secondo i tempi programmati, sono solo un po' stanco e adesso se non vi dispiace non la tiro molto alla lunga ma me la filo alla svelta, perché, in verità non ho più il fisico e se salto la notte, che tanto io in aereo non sono mai riuscito a chiudere occhio, quando arrivo a casa sono stremato. Mi sono toccate anche quattro orette di transito all'aeroporto di Addis Abeba, che per la verità è un po' caotico e si fa fatica a trovare una sedia si cui abbandonarsi. Vicino avevo un paio di ragazzi del Ciad molto gentili ed educati, che, mentre sonnecchiavo o almeno tentavo di farlo, mi hanno attaccato un bottone interminabile, fino a che non li hanno chiamati per l'imbarco. Volevano semplicemente comunicare, questo è ormai un bisogno planetario, checché ne dicano i demonizzatori di social network che li vedono come un blocco della socializzazione diretta. Invece poi, non appena vedi uno un po' diverso, non riesci a non attaccare bottone. Non si sa mai. Questi trafficavano in macchine per il cuoio, casomai vi servissero. Così partendo dal più classico salamaleikun - aleikunsalam, mi hanno assicurato che il Ciad è attualmente tranquillissimo da quando, 7 anni fa la guerra è finita, sono solo i vicini che fanno un po' di casino tra Boko haram, Shabab e compagnia varia. Da loro puoi andare dove ti pare senza problemi, a parte le zone del nord alla frontiera con la Libia dove ti può capitare di saltare su una mina, sì, sembra che ne abbiano sparpagliate un mucchio da quelle parti. In ogni caso non sembrano fermare quelli che con mezzi vari vanno verso la sponda del Mediterraneo a fare sapete voi cosa. Quelli che arrivano, perché un sacco ci lasciano la pelle prima, sia sulle mine che grazie ai predoni che hanno fatto di questa attività un buon lavoro, anzi pare che proprio quella frontiera sia una di quelle zone dove c'è tutta una serie di personaggi appostati che ritirano l'oro che questi disgraziati si portano dietro per pagarsi il salto, a prezzi di favore naturalmente. 

Anzi mi hanno anche chiesto se per caso io facevo quel mestiere, dato che non si capiva bene da dove arrivavo. Ho negato recisamente e loro hanno mostrato di credermi senza approfondire troppo, come del resto avevo fatto io sulle loro attività, mi sembra di aver capito che non è troppo elegante insistere troppo. Capirete, sto sempre un po' sulle generali ai primi approcci. Poi, le uniche domande che mi hanno fatto sono state: come si fa ad avere il visto per l'Italia, per venire a commerciare in macchine per la pelletteria in cuoio ovviamente, dato che a N'Djamena, non c'è la nostra ambasciata, ma come mai, è proprio strano, ma il nostro paese sta sviluppandosi molto e ci sono tante opportunità, visto che da voi dicono che c'è tanta crisi e la seconda, se è vero che nel nostro paese le ragazze sono sessualmente molto disponibili come si dice dalle loro parti. Ad entrambe le cose ho risposto che non sapevo precisare, sia perché entrambi gli argomenti sono ormai al di fuori dei miei interessi di anziano pensionato, cosa che li ha divertiti molto, sia in quanto la mia competenza in materia è estremamente ridotta. Ci siamo salutati con una pacca sulle spalle mentre si imbarcavano su un volo per Dubai. Io invece, attirato dalle malie delle graziosissime commesse buttadentro, le etiopi sono davvero carine, mi sono imbucato in un negozio di caffè degli altipiani, che sarà certamente squisito e del quale mi sono fornito. Poi mi sono piazzato vicino alla sala di preghiera, separata per uomini e donne, piuttosto malmessa in verità e installata con poco senso del decoro proprio dietro ai gabinetti, ragione che tuttavia, mi è parsa più chiara quando ho visto che molti barbus, andavano a lavarsi i piedi nei lavandini dei bagni, con gran fatica però, data la collocazione piuttosto alta degli stessi. Alla fine non ho riposato affatto neanche lì, ragion per cui se non vi dispiace vado a farmi un pisolo e ci sentiamo domani, per parlarvi un po' di Mozambico e delle ragioni che mi hanno portato da quelle parti.

Taste of Albania 16

Una casa ad Gijrokastro - Albania agosto 2014

La sala bella
Bianca l’ospite aspetta.
Profuma il bricco

domenica 21 settembre 2014

Taste of Albania 15

Fiori di montagna - Albania agosto 2014

Viola d’orgoglio
Ricco, bello, importante
Morto domani

sabato 20 settembre 2014

Greetings from Maputo 2


Il mare è quasi grigio piombo. L'onda lunga che entra nella baia solleva una serie di ochette bianche che si abbattono poi sulla pietraia della riva, davanti alla nuova strada che corre tra il mare e le nuove costruzioni che vanno adagio adagio formando un fronte compatto davanti alla battigia. Case non finite che paion già vecchie prima di essere finite. Vento umido e polvere gialla nell'aria, che si solleva assieme ai residui dei sacchetti di plastica, così sottili e leggeri da formare quasi  una sorta di nevicata  rada. Nera o blu o gialla. Gente che bighellona in strada. Qualche donna male in arnese che seleziona immondizia da un grande cassone. Volenterosi sul marciapiede con quattro cose da vendere, qualche jeans, mutande, carica batteria, abbastanza tranquilli, tanto il poliziotto che raccoglie il pizzo è appena passato e ha ormai girato l'angolo in caccia di qualche occidentale a cui tentare di scucire un paio di centinaio di meticais con qualche scusa e con la minaccia di portarlo al commissariato. Scheletri ancora vuoti di enormi palazzi cominciano a popolare il centro, fantasmi avanzati di qualche nuova corsa all'oro, che sia carbone o gas o concessioni agricole, non ha importanza, la richiesta aumenterà e gli affitti andranno alle stelle, investire, investire, prima che sia troppo tardi. Tra i mercati, dietro alle vecchie facciate cadenti del colonialismo portoghese, dalle cucine dei ristoranti, ti avvolgono nuvole di aglio, sentire forte di bacalao, ribollire di sopa de fejois e caldo verde, un'acqua del passato che non macina più. Intanto in mezzo al corso sfrecciano le camionette ed i pick up carichi di bandiere che sventolano e di ragazzi che per 50 meticais al giorno vanno in giro cantando slogan del tipo meno male che silvio c'è.  È la democrazia ragazzo, d'altronde,  meglio così che fino ad un mese fa quando ancora al centro del paese si sparava. Tanto perché si sappia l'Italia si è fatta garante della pace e per ora le cose sembrano funzionare. Il tassista ride di gusto se gli parli dei politici in generale. Ridi ridi, tanto io domani me ne torno a casa, sei tu che rimani qua.

Taste of Albania 14

Montagne albanesi - agosto 2014

Acqua a ruscelli
La primavera arriva
E lascia il segno.

venerdì 19 settembre 2014

Taste of Albania 13

Caserme fasciste a Permet - Albania agosto 2014

Parole antiche
Non sbiadite su un muro
Dolore e sangue

giovedì 18 settembre 2014

Taste of Albania 12

Le gole di Osum - Albania - agosto 2014

Azzurra e grigia
Gola fresca di acqua.
Frinisce un grillo

mercoledì 17 settembre 2014

Greetings from Mitava

Sì questa è proprio un'Africa dura, difficile, impietosa che ti mette davanti realtà crude e poco oleografiche. Questa parte del Mozambico, poi, il nord e la provincia del Niassa, sono davvero in fondo alla scala. Qui, le varie problematiche africane, sono tutte amplificate, rese più evidenti dalla loro presenza costante e apparentemente priva di possibilità di soluzione. Carenza alimentare, situazione igienico-sanitaria, difficilissimo accesso all'acqua, rendono il vivere un bene da guadagnarsi a fatica giorno per giorno. Nei villaggi attorno a Lichinga, anche la vita è come rallentata, tutto si muove come in una moviola di un film terzomondista. Difficile anche stilare una priorità nei bisogni. Il vecchio capo villaggio, malato ed ansimante che ti riceve, cercando parole inutili di ringraziamento, discute di pozzi e di tetto della scuola, ma quando te ne vai, tenendoti la mano fa presente che servirebbe qualche soldo per comprare un po' di zucchero. È un peregrinare tra pozzi troppo superficiali e ormai secchi e le aule dove gruppetti sparuti di bambini ascoltano la lezione con occhi opachi. La maggior parte, il resto della classe, è malata o al lavoro nei campi. Attorno al pozzo esangue che dà sempre meno acqua si affollano ragazze, bambine, donne, con secchi immensi da riempire e poi, issati in testa, finalmente portati fino alla propria capanna. Poi arriva una macchina strombazzante, sollevando un nuvolone di polvere rossa che ricopre i piccoli pesci messi a seccare su un banchetto. Sul cassone del pickup, una ventina di ragazzi che cantano, gridano slogan, sventolano bandiere. È la campagna elettorale bellezza, votate per lui e via con la distribuzione dei volantini e dei fax simile della scheda con la croce dove votare. Appena avremo vinto avrete tutto, un pozzo nuovo, la scuola, il dispensario, la strada asfaltata e soprattutto giustizia e libertà! Votate, votate e l'auto va via sgommando sollevando un altro nuvolone di cipria rossa. Le donne si guardano il pezzo di carta con la foto del candidato, è di bella carta lucida, può sicuramente servire per tappare quel buco nel cannicciato del tetto, resiste forse anche alla pioggia, perlomeno così è stato con quello delle scorse elezioni.

Taste of Albania 11

Nella fortezza di Berati - Albania -  agosto 2014

Arco di pietra
Un colpo di cannone
Solido aspetti

martedì 16 settembre 2014

Taste of Albania 10

Le mura di Elbasan - Albania - agosto 2014


La bici aspetta
La cicala aspra grida
sotto le mura

Greetings from lake Niassa

Chilometri di altopiano ruvido e scontroso che si presenta con la sua livrea della piena stagione secca, con le erbe ormai alte, ma irrimediabilmente giallo chiare, rimpianto perduto di savane lontane. In mezzo ai culmi rinsecchiti delle graminacee, gruppi più o meno fitti di pianticelle dall'apparenza stentata, come se grande fosse la fatica di resistere in questa terra rossa e difficile. Di tanto in tanto negli spiazzi più o meno grandi al lato della strada , capanne di mattone crudo o cotto alla meglio al centro del villaggio. Paglia lunga per tetto e piccole porte in legno chiuse. Nascoste, altre ancor più piccole costruzioni tonde di cannicciato chiaro, sollevate da terra da esili palafitte, magazzini per ricoverare le pannocchie di uno stentato mais bianco che qui chiamano milho. Più avanti la presenza umana diminuisce fino a scomparire del tutto e appare una terra di sola vegetazione senza presenza umana o animale, una sorta di deserto di vita superiore, oppure una terra colpita da qualche feroce pestilenza che l'abbia resa inabitabile e abbandonata. Ancora una serie di colline coniche e regolari attorno a cui la strada si aggroviglia in alti e bassi continui, poi superata l'ultima, la sorpresa che non ti aspetti, la visione ultima che ti ha condotto fino a qui, un non luogo sconosciuto ma solo apparentemente ostile. Di fronte a te, lontano eppure a due passi, un mare infinito e senza confini, una linea azzurra che taglia in due l'orizzonte e si perde ai due lati senza che tu riesca ad imaginarne i confini. Sta lì il lago Niassa, enorme e sconfinato, una massa d'acqua senza uguali, in questo paese dove l'acqua è bene prezioso e ricercato, eppure deserto d'uomini e di beste. Una terra primordiale da conquistare ed invadere. Fa impressione uno specchio di acqua dolce di queste dimensioni, di cui non si riesce neppure ad immaginare la riva opposta, pur sapendo che essa esiste, senza barche, navi o altro. Come arrivare in una terra parallela e disabitata che aspetta nuovi abitanti. In verità scendendo verso la riva, compare qualche casa attorno ad un imbarcadero di cassoni di metallo, un barcone che carica fusti di petrolio, mentre sulla spiaggia di terra nera, un gruppo di donne lavano vestiti, stoviglie e infine se stesse con i movimenti e lq grazia di tutte le culture d'Africa. A fianco, la spiaggia infinita decorata di radi baobab si stende senza fine fino a che l'occhio si perde tra le nubi di fondo. Un paesaggio da inizio dei tempi o da fine, che in fondo poi è la stessa cosa.

lunedì 15 settembre 2014

Taste of Albania 9

Okrit - il lago - Albania agosto 2014

Profondo lago
Nell’acqua scura affonda
Un triste affanno

Greetings from Lichinga

Viali grandi circondati da maestosi alberi di jacaranda che, terminato l'inverno cominciano a tingere le punte dei rami in ciuffi di fiori blu lavanda. Qualcuno che si è già portato avanti col lavoro è già un'esplosione di colore. Lungo i fianchi della strada striscie di terra rossa polverosa che colora le povere scarpe dei camminanti che si muovono sui bordi senza tregua.

domenica 14 settembre 2014

Greetings from Maputo

Africa difficile, Africa povera anzi poverissima o forse no a giudicare dalle dimensione dei fuoristrada che si vedono intasare le strade della capitale o dai telefonini in mano ai ragazzi che bighellonano davanti alle decine di centri per la telefonia. Sono giri strani che fai fatica a capire. Gente per strada che cammina per non andare in nessun posto. Palazzi che crescono, crescono e non si capisce dove vogliono arrivare. Una economia difficile da interpretare e da capire. Cinesi silenziosi, ma che sono ovunque e lo vedi dalle insegne e sulle targhe dei cantieri. Africa dura, difficile.

Taste of Albania 8

Tra le rovine di Elbasan - Albania 2014

Oh tartaruga
A conquistare il mondo
Corri affannata

venerdì 12 settembre 2014

Taste of Albania 6

Il Bazar di Krujia - Albania agosto 2014

Sopra il mercato
Saggio, indichi il cielo
Dito di luce

giovedì 11 settembre 2014

Taste of Albania 5

Il forte di Krujia - Albania - agosto 2014

Forte di pietra
Sotto la neve aspetti
L’assalto turco

mercoledì 10 settembre 2014

Taste of Albania 4


Un bacino vicino a Tirana - Albania - Agosto 2014

Verde smeraldo
Acqua estiva consoli
Il caldo abbraccio

martedì 9 settembre 2014

Di nuovo in partenza

Bene sono qui che faccio l’ultimo bagno, al caldo del sole della Côte. Mi prendo il fresco di quest’acqua limpida e garbata, ricca dei profumi di un Mediterraneo amico. Poche ore e poi bagagli pronti, già in macchina, me ne torno a casa. Lì troverò una valigia già approntata con previdenza da giorni, masserizie, documenti, visto, medicinali, contante e buona voglia di partire. Domani sera, il mio Garuda dalle ali d’argento, mi porterà via di nuovo dalle incipienti nebbie della pianura, in un lungo lungo volo verso sud. Un altro richiamo africano a cui non sono riuscito a resistere, breve ma spero intenso e che al mio ritorno vi racconterò con la solita piaggeria, sperando di interessare qualcuno dei miei venticinque lettori (non scherzate, dopo che ho dato una piega più da viaggiatore al blog, più o meno tanti siete rimasti). Non temete comunque o miei fedelissimi, sarò circostanziato come sempre (quindi pochissimo) ma ricco, se ne riuscirò a raccogliere, di sensazioni e di storie, che sono poi le cose che mi piace di più raccontare. Non so ancora bene quanto potrò vedere o magari fare. E’ un viaggio un po’ al buio, ma non dispero tuttavia che sia come sempre interessante e popolato di immagini. 

Che ci volete fare, non riesco a stare fermo più di tanto, anzi più passa il tempo e più cresce in me l’ansia di cercare di approfittare degli ultimi sprazzi di voglia e perché no di forze, che ahimè, cominciano a scarseggiare, come è logico nei corpacci debilitati dal peso e dagli anni. Comunque fin che ce la facciamo direi di non mollare. Intanto, per ripristinare una forma accettabile, ho cominciato una dieta spietata, che mi ha già permesso di perdere 1 o 2 chili, con grande vantaggio della mia mobilità generale; al mio ritorno da questo giro, che spero sarà improntato alla più rigida continenza, potrei avere delle sorprese in termini di bilancia. Vedremo. Comunque, tranquilli, per i prossimi giorni vi lascio, come di consueto, una serie di immagini e di pensierini che spero interessanti ugualmente e che di certo non vi faranno rimpiangere la mia assenza. Si tratta solo di una dozzina di giorni, nei quali probabilmente non potrò dare cenni di vita; in caso fosse possibile, però, non mancherò di buttar giù qualche frasetta a caldo. State in campana che vi curo. A presto comunque. Spero. 

lunedì 8 settembre 2014

Recensioni: A. Barbero - Lepanto


Uno storico di grande spessore per un evento storico di grande importanza. Questo ponderoso volume di Barbero, studioso e docente di storia medioevale, non racconta soltanto l’epica giornata della battaglia che segnò il discrimine tra l’Occidente e l’Oriente, ma il dettaglio accuratissimo dei due anni che precedettero l’evento. Con una documentazione sterminata, ricca di citazioni dei documenti dell’epoca dell’una e dell’altra parte, potrete gustarvi non soltanto il concatenarsi degli eventi e dei comportamenti dei vari personaggi del dramma, dal Sultano, al Papa, al Re di Spagna e ai dogi della Serenissima e di tutto il contorno di personalità dell’epoca che ebbero parte sostanziale negli avvenimenti, ma, e credo che sia la cosa più interessante, anche tutta la gestione pratica di una guerra navale, con dati e numeri circostanziati, da cui si evince quali fossero al tempo le cose che davvero contavano nel successo o meno di una operazione bellica. 

Il numero sterminato di braccia che servivano ai remi delle centinaia di navi, galere appunto, con la necessità continua di galeotti (con forzature verso i giudici dei tribunali all’emissione di sentenze adeguate), di cosiddetti buonavoglia, rematori reclutati a pagamento e di schiavi presi nelle razzie sulle coste nemiche. Il bisogno degli approvvigionamenti per questo sterminato numero di persone, denaro, armi, legno per i remi e tela per vele e il famigerato biscotto, che col vino era l’unico sostentamento di questo esercito di persone. Del problema delle malattie, dal tifo alla peste, che ne decimavano gli effettivi e che si rivelavano poi decisive negli esiti delle battaglie. Infine, la politica e la corruzione che hanno sempre fatto di ogni guerra occasione di guadagni e ricchezze. Un altro punto di interesse è la descrizione degli eventi che si svolgono in gran parte lungo le coste albanesi e che lo pongono quindi come ulteriore libro propedeutico ad un viaggio in questo paese. Godibilissime le parti dedicate agli attriti tra i vari protagonisti dell’epoca, i vari comandanti, i puntigli e le prese di posizione legate magari all’uso dell’appellativo Eccellenza in luogo di Altezza, che rischiarono più volte di mandare in rovina l’armata. 

Libro circostanziato che dà luogo a molte possibilità di giudizi e interpretazioni sui fatti del tempo, che avevano presentato la vittoria di Lepanto come un evento epocale che aveva salvato la Cristianità e condannato l’impero Ottomano alla decadenza. In realtà i fatti non sono stati esattamente questi, ma la battaglia seppure importante bloccò il Turco per un solo anno, mentre già in quello successivo la flotta ottomana era stata completamente ricostituita e da quel momento, progressivamente, fu la Serenissima a cominciare la sua inarrestabile decadenza, perdendo nel giro di pochi anni tutti possedimenti e i porti del Mediterraneo Orientale, mentre il resto dei regni cristiani perdevano anche tutto il nord Africa. La realtà cruda fu che questa operazione può essere definita il primo evento mediatico dell’epoca , che fu presentato ai popoli europei come la sconfitta inevitabile di un nemico spietato e crudele, una vittoria del bene sul male sotto le bandiere di Dio. In pochi mesi infetti l’Europa intera fu inondata di cronache, lavori di partecipanti, si direbbe oggi di instant book che cantarono un’epopea, ingigantendola al massimo e presentandone tutti i lati più smaglianti e parziali. Insomma, per gli appassionati di storia e non solo.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!