lunedì 31 ottobre 2016

Foglie morte

da faustodipasquale.scrivere.info


L'autunno è la più triste delle stagioni.

venerdì 28 ottobre 2016

Ylang e vaniglia

da linkando



Vento caldo da sud. Profumi forti di Africa. Da un po' è ricominciata la malia, come di suoni lontani che chiamano a raccolta, un rullare di tamburi attutiti solo dalla distanza, una Circe sirena che chiama e manda sguardi ammiccanti, come resisterle. La dipendenza è cosa dura, insopportabile, irresistibile. Le droghe son tutte uguali, pensi di poter smettere quando vuoi e invece ne sarai per sempre schiavo. Ogni volta ci sarà un buon motivo per cedere al richiamo, al bisogno, alla sete inestinguibile. E' inutile la chiacchiera, bisogna partire anche questa volta senza cercare scuse. Fino a quando non sarà di nuovo, malinconicamente, ora di tornare. E allora avanti, sentore lieve di ylang- ylang e di vaniglia nell'aria. Non lasciarlo assopire.



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mercoledì 26 ottobre 2016

Cronache di Surakhis 73: La congiura dei frighi

da Municipioroma


La notte era buia sulla capitale. Le tre lune erano tramontate da quasi un'ora e le ultime sacerdotesse erano già rientrate al tempio della Fellazione dopo una dura giornata di sacrifici, effettuati direttamente nelle case dei fedeli. L'illuminazione pubblica su Surakhis era stata interrotta da tempo, almeno da quando, a causa della crisi che ne aveva impedito l'alimentazione, causandone la morte per inedia, i gruppi di schiavi addetti, avevano smesso il loro lavoro pedalatorio alle dinamo ciclabili che il gruppo di consegna a domicilio dei cibi, aveva proposto come interessante alternativa allo stipendio. Ti rendi utile alla tua comunità, consegni cibo, opera meritoria e intanto ti diverti e fai sport. Tuttavia con la crisi sempre più dura, i rifiuti venivano consumati direttamente da chi li produceva, così gli addetti alla consegna erano morti di inedia e addio all'illuminazione pubblica. Il servizio consegne si sarebbe comunque interrotto, dato che nessuno più ordinava cibo all'esterno essendo invalso l'uso di consumare, previo trattamento, anche i propri rifiuti corporali, anzi era una dieta molto di moda, dato che non contenevano né glutine, né olio di palma. 

Questo aveva prodotto di conseguenza anche un calo delle consegne alle centrali a merda e di conseguenza un'ulteriore diminuzione di energia. Insomma un cane che si morde la coda. Ma da quando Cricket ed i suoi seguaci che, dopo la decerebrazione generalizzata, erano aumentati in modo esponenziale, avevano preso il potere nella capitale, orde di invasati ne percorrevano le vie ad ogni ora del giorno, urlando Morte al tiranno, Non ci sono più le mezze stagioni e altri slogan classici che comunque andavano sempre bene. Ma quando calava il buio notturno anche loro dovevano rintanarsi nelle caverne di monnezza a distillare liquame, che serviva poi durante le loro cerimonie di purgazione, in cui avvenivano le pubbliche espulsioni, gettando i corpi dei malcapitati che non avevanfatto le sufficienti pubbliche genuflessioni al capo, attraverso un gigantesco ano artificiale direttamente nel digestore massimo della centrale. 

Così Sturix e Kronk, due arturiani bipenici, che da poco nella capitale, avevano trovato lavoro in una casa di divertimenti per signore mature, avevano deciso di prendere la palla al balzo, per guadagnare spazio nei loro loculi, usufruendo dei favori dell'oscurità. Silenziosamente, badando a non essere visti neppure dagli occhi elettronici controlla scontrini che i Crikkettini avevano installato dappertutto, uscirono dalla loro caverna con la carretta che usavano per spostarsi durante il giorno. Con cura e senza il minimo rumore vi caricarono il grande frigo ormai inutile causa la mancanza di elettricità e si avviarono verso il fondo della strada spingendo le ruote lungo la salitella del vicolo. Nel buio più assoluto si sentiva solo un leggero cigolio, attutito quando calpestavano qualche cadavere di clandestino andromediano che quando moriva all'esterno o veniva ammazzato da qualche plotone di ragazzi delle Gilde in caccia, di norma veniva lasciato a marcire sull'acciottolato, tanto la puzza si confondeva subito con quella dell'ambiente ed i resti sparivano in un poche ore, forse in parte mangiate dai suoi simili. 

Anche procedendo a tentoni capirono di essere ormai arrivati nei pressi di una delle piazze centrali. Era andato tutto bene e inclinarono il carretto per cominciare a scaricare il grande frigo inutile. I generatori laser si accesero di colpo quasi accecandoli e la pattuglia di Crikkettini li circondò e li gettò a terra in un attimo. Il capo, con voce esagitata pronuncò il solito concorso di condanna ormai conosciuto che richiamava le malefatte ladronesche della congiura giudoplutarcomassonica e li giudicava colpevoli di gomblotto contro l'Illuminato, per tentato e protervo abbandono di frigo su discarica pubblica. Vennero subito portati alla Fossa dei Leoni e dati inpasto ai poveri della città che li sbranarono in pochi minuti, assieme a due o tre Crikkettini che si erano dimenticati di pronunciare la giaculatoria contro l'imperatore e le dodici benedizioni all'Illuminato. Intanto la prima luna cominciava a schiarire il cielo della capitale in attesa di un nuovo giorno radioso.


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La notte del Sabba.

lunedì 24 ottobre 2016

Le porte di Hattushas

Hattushas - Turchia - agosto 1980

Sono passati più o meno 4000 anni da quando un esercito passò sotto queste porte, attraverso queste mura ciclopiche per andare a combattere contro gli egiziani, nuova potenza emergente che voleva diventare dominante nell'area della mezzaluna fertile. Forse quelle genti, passandovi attraverso guardavano i leoni giganteschi con occhio orgoglioso. In fondo non era cosa da poco far parte di un popolo in grado di erigere queste barriere, degne di imperi destinati a vivere per millenni, sottomettendo con la forza i deboli contadini che quelle mura circondavano e mantenevano. Eppure tutti i reich millenari sono destinati inevitabilmente a scomparire, vinti dai tempi, le difese invalicabili ad essere sbriciolate e corrose dai secoli e a rimanere in rovina a testimoni muti del passato. Leoni il cui ruggito rimane strozzato nella gola. 

Guerre sanguinose che paiono talmente epocali da essere definitive nella storia dell'uomo, che pochi anni e altre vicende ancor più terribili, spingono nel letamaio dei tanti dimenticatoi della storia umana. Lì fuori, quei contadini, gli stessi di allora, gli stessi di sempre, trapassati dalle lance, dalle frecce e depredati dei raccolti, le loro donne stuprate e rapite e poi via via, fatti schiavi e servi e ancora feriti, poi mitragliati, bombardati e finalmente uccisi e ancora servi rinati per morire un'altra volta appena risorti, sono ancora lì, Sopravvissuti agli eserciti conquistatori, che passano e vengono a loro volta sterminati, mentre loro risorgono sempre, esuli, profughi in fuga dalla morte, a rinascere continuamente e a riprodursi senza sosta, gramigna immarcescibile della terra che resiste ad ogni violenza, ricostituendo le sue forze cone un'araba fenice, la cui forza nasce proprio dalla sua debolezza, dalla sua indifesa ed inerme indispensabilità. 

Perché gli eserciti passano e muoiono e si possono sostiituire con facilità, loro invece, i deboli e gli umili, sono gli unici che serviranno sempre. Forse le più grandi vestigia del passato sono utili proprio solo a questo. Farci considerare che quello che oggi ci sembra epocale è solo una cacca di mosca sui libri della storia di domani. Pensate alla rilevanza che potrà avere tra 1000 anni il risultato di un referendum e andate a prendervi un caffé. Le rovine di Hattushas, orgogliosa capitale ittita, staranno lì anche domani, come 36 anni fa.



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domenica 23 ottobre 2016

E vai con la festa

Il ponte Meier - Alessandria - ottobre 2016

Ormai è fatta, ieri sera con Bregovic in gran forma abbiamo mangiato la pasta e fagioli di Rovida & Signorelli e la polenta di Marengo di Meardi con due Meardini (con la e mi raccomando) eppure il nuovo ponte non è stato ancora aperto e la polemica infuria, valanghe di commenti velenosi e malevoli su fb, gente che addirittura dice che una roba così la Calvo non l'avrebbe voluta, quando è stata proprio sua l'idea iniziale, altri santificano l'abbattitore del vecchio e demonizzano il nuovo, altri ancora non sapendo a che cosa appigliarsi per dirne male si attaccano a fantomatiche spese di manutenzione. Schizzi di veleno ammorbano l'aria dappertutto, da chi è contro a prescindere a chi spera di sostituire l'attuale giunta al più presto, da chi gli dà fastidio anche solo il rumore della festa, chiuso nella sua aria ammorbata a quelli che sono soltanto delle teste di alessandrini a cui qualunque cosa non va bene.

E' davvero straordinario osservare che zucche ha questa gente (ve bene che siamo in periodo di Halloween) e si può capire bene come una città che negli anni '30 era la quinta di Italia per innovazione e sviluppo industriale sia diventata quello che è oggi. Adesso poi al disfattismo tipico della nostra razza, si aggiunge l'odio politico senza vergogna verso chi governa e che si unisce e gongola con i Notutto e i Benaltristi, enfatizzando qualunque cosa vada o possa andare male. Adesso questo benedetto ponte Meier è fatto e ce lo teniamo, anche questo potrebbe aiutare questa disgraziata città e i suoi malevoli abitanti anche se non se lo meritano molto. Ma godetevi la festa una volta ogni tanto, cercate di apprezzare il mezzo pieno del bicchiere invece di gongolare per il mezzo vuoto, che vi farebbe bene. Guardate che questa accidia fetente vi accorcia la vita e vi fa vivere male anche quella poca che vi resta.


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sabato 22 ottobre 2016

Crisi di astinenza

da pisualessandria


Partire è un po' morire, si dice, ma lo spleen che accompagna gli addicted da viaggio è condizione persistente che ti fa vivere in quel dolce languore dell'attesa nella speranza che non si prolunghi troppo, mescolata al torpido livore della deprivazione, insomma la classica crisi di astinenza. Si cercherà di recuperare. Intanto si programma. Certo oggi sono un po' nervoso dopo la conferenza all'UNI3 di ieri, dove a causa di defaillances tecnologiche, non ho potuto far rendere come si doveva il lungo lavoro preparatorio, temo con una certa delusione delle mie fans a cui non ho potuto propinare una serie di filmati indiani sicuramente meravigliosi e alle quali non ho potuto mostrare altro che immagini penosamente ingrigite da un proiettore che non siamo riusciti a regolare. Pazienza, io ce l'avevo messa tutta. Speriamo meglio la prossima volta. 

Intanto oggi andiamo ad inaugurare il ponte Meier, in mezzo ad una massa di miei concittadini insopportabili che, come di consueto invece di godersi la festa e la parte positiva di ogni vicenda, per puro livore alessandrino, criticheranno tutto e tutti. Il ponte non doveva essere abbattuto e ciò è stato fatto a ferragosto con un colpo di mano, certo d'accordo, ma ormai è stato fatto, disonore a chi lo ha demolito, ma a quel punto bisognava ricostruirlo. Troppo caro allora, disonore a chi ha scelto il progetto, ma ormai che c'è si doveva procedere. Ci si è messo un secolo a rifarlo, disonore a chi ha scelto questa soluzione, ma ormai bisognava andare alla fine. Adesso che finalmente è finito (quasi), almeno godiamocelo senza acrimonia, sia che sia sparsa dai soliti No Tutto, sia che sia veleno gettato da chi vuol sostituire gli attuali. Rimangano affogati nella loro accidia, che roderà loro il fegato. Buon pro gli faccia.


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martedì 18 ottobre 2016

Recensione: R. Howard - Inferno

Esattamente quello che ti aspetti, visti gli altri film della serie tratta dai libri di Brown. Azione all'americana, colpi di scena e storia frenetica (sempre uguale naturalmente) un po' rovinata dal fatto che si si è già letto il libro, si perdono tutti gli effetti sorpresa. Spettacolare fotografia che rende Firenze e Venezia particolarmente belle, insomma un bello spot per il turismo italiano. La battuta sulle tracce lasciate "più che sufficienti per la polizia italiana" sele potevano risparmiare, ma sono specchio di come gli americano giudichino dei cretini il resto del mondo, cosa che traspare anche nel libro e detto da gente cheper il 50% vota Trump è tutto dire. Insomma grande sforzo in cui si vedono i soldi spesi. Non ho capito come mai il finale è opposto a quello del libro, ma si vede che il lieto fine al cinema rende di più. Diciamo da vedere al lunedì quando c'è lo sconto sul biglietto.




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domenica 16 ottobre 2016

Shǎ


Ma sarà poi proprio vero che culture lontane non soltanto migliaia di chilometri, ma anche enormemente distanti sia come modo di pensare che come atteggiamento, non abbiano mai niente in comune? La realtà dice che molto spesso non è così. Ci sono dei punti di similitudine che evidentemente sono propri dell'uomo e che si ritrovano puntualmente un po' dappertutto, spesso anche nelle piccole cose. Lo studio della lingua ce ne dà spunti interessanti e talora divertenti. Ad esempio il carattere di oggi: 傻 - shǎ,  significa semplicemente Stupido, sciocco e fin qui nulla di strano. L'interessante viene quando a questo si aggiunge qualche altro carattere, per bisillabizzare il termine, cosa consueta nel cinese moderno, anche per arricchire meglio le molte sfumature del linguaggio rese necessarie dalla varietà della lingua e non solo dalla presenza di un numero esagerato di bisensi fonetici. 

Intanto per rimanere nell'argomento sappiamo, per averlo già detto altre volte che il termine uovo: 蛋 - Dàn, entra continuamente nel linguaggio di strada per edulcorare un significato considerevolmente volgare che da noi si accomuna al frequentissimo "stronzo", usato con notevole scioltezza e ormai sdoganato nella nostra scala delle volgarità. Laggiù invece, la pruderie caratteristica di una società attenta a non trascendere nella parola per non turbare confucianamente "l'armonia", ha reso anche l'uovo, molto disdicevole nella parlata comune ed ho constatato rimanga relegato agli insulti che si pronunciano a mezza voce in auto contro chi ti taglia la strada all'improvviso. Dunque l'attuale 笨蛋- Bèndàn, Stupido uovo o il paritetico 混蛋 Húndàn, Fangoso , torbido uovo, hanno una sfumatura di significato che va da Stronzo sciocco a Stronzo bastardo, mentre la frase (utile): 你真是个笨蛋哦!” (Nǐ zhēnshi gè bèndàn o!), si può ben tradurre: Ma sei proprio un cretino! 

Ma per arrivare all'ideogramma di oggi, nel nostro dialetto delle terre del nord est, qual è una delle definizioni più tenere, quasi gentili per definire lo sciocco stupidone, in fondo non dannoso se non a se stesso a causa della sua ingenuità, quindi con una sfumatura meno aggressiva e negativa dell'abituale stronzo? Direi il molto comune "Mona", parola che definisce in modo quasi gentile il sesso femminile. Bene aggiungendo al nostro Stupido la paritaria accezione cinese di quella parte del corpo femminile (屄 bī, parola considerata così volgare che non c'è neppure nel vocabolario on line) che Shakespeare definiva come "l'occhio che piange quando è felice", otteniamo: 傻屄 Shǎbī, cioè Sciocca Mona, insomma ingenuo, stupidotto. Impronunciabile per un cinese standard, ma chissà che adesso le giovani generazioni non dicano di peggio. 

Per rimanere più leggeri, rimane invece di uso comune l'aggiunta dell'ideogramma 瓜 guā, che si usa anche in botanica per tutte le cucurbitacee, insomma volgarmente Zucche, per ottenere: 瓜 - shǎ guā, Stupida zucca che vale guarda caso il nostro Zucca vuota, di cui evidentemente è pieno il mondo! Per terminare pensate che questa accezione aggiunta a Macchina fotografica, 傻瓜照相机 shǎ guā zhào xiàng jī, quindi Stupida come una zucca, significa Macchina fotografica completamente automatica. Dedicata agli amanti della fotografia in manuale in cui bisognava metterci un po' di "zucca" e poi non mi dite che i cinesi non sono ironici!



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sabato 15 ottobre 2016

Cronache di Surakhis 72: Consegne a domicilio




L'autunno era calato d'improvviso su Surakhis. Trombe d'acqua e venti a 300 km all'ora imperversavano su tutto il continente boreale, ma per gli abitanti delle grotte scavate nelle discariche era alla fin fine tutta manna dal cielo, intanto si poteva bere acqua pulita e poi con tutta quella umidità il distillato di monnezza veniva più sciropposo e profumato. Ma la novità veniva dalle strade, dove da giorni il camioncino della ditta planetaria di distribuzione della sbobba agli schiavi, la Magnatevillora, stava comunicandole nuove disposizioni di distribuzione. Ogni schiavo era tenuto ad arrivare di corsa o con mezzi propri alla centrale distributiva della sbobba che veniva erogata in base alle ore di lavoro in miniera e sempre di corsa la doveva consegnare nella caverna dei suoi vicini. Il presidente stesso aveva dichiarato pubblicamente: - E' questa la straordinaria concessione che facciamo ai nostri amati collaboratori. possono nutrirsi e consegnare il nutrimento ai propri cari facendo dello sport. 

Tutto questo in maniera assolutamente gratuita, in quanto si garantisce che almeno per tutto il prossimo anno non verrà richiesto nulla in cambio. Il nostro interesse principale infatti è quello di avere collaboratori sportivi, motivati ed allegri, per cui chi non ride durante la consegna sarà sottoposto ad una serie di scosse elettriche in automatico al momento della consegna successiva. - Naturalmente non si faceva cenno di come coloro che si lamentavano del fatto che chi non teneva una velocità oraria di 50 km/h o si lamentasse che nei pianeti vicini la quantità di sbobba a cui si aveva diritto era in misura tripla, venisse immediatamente vaporizzato. Tutti applaudivano al passaggio della macchina della cerebropropaganda, poi si ritiravano nelle caverne in attesa di tempi migliori. Nell'inverno prossimo venturo i venti sarebbero saliti a 500 km orari e  si sarebbero portate via anche quei mezzi a sei ruote. 

Non vi preoccupate è solo fantascienza dell'irrealtà.

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La notte del Sabba.

venerdì 14 ottobre 2016

Una rosa per te





Quanta acqua! Come dire mai contenti, sono mesi che non piove e tutti si lamentano del caldo anomalo e oggi son già tutti lì a rilamentarsi che fa freddo, che bisogna accendere i termosifoni e che sarebbe ora che smettesse di piovere. Ma se non piove ad ottobre quando dovrebbe farlo? Da che mi ricordo a ottobre piove sempre e non è mai morto nessuno, anzi. Eh già, pioveva così anche 44 anni fa, in una Torino di certo non bella come adesso, ma che mi sembrava piena di speranze e di promesse. Io stavo lì sui gradini della chiesa ad aspettare che arrivasse e quando la vidi scendere dall'auto sul sagrato, così bella e sorridente, sentii dentro, anche se consciamente forse non me ne rendevo conto, che stavamo facendo la cosa che avrebbe reso perfetta la nostra vita. Il mio fragile stelo dorato entrava in chiesa perché aveva scelto di accettare di legarsi a me per sempre, mica bubbole. Sarà mica poco. Forse la mattina pioveva ed il cielo era grigio come oggi, ma quando uscimmo assieme era già uscito il sole, una premonizione certodi come sarebbero andate le cose e che tutto sarebbe stato bello. Poi corsi a prendere l'unico Ansiolin della mia vita.

Auguri Tiziana, grazie e che duri ancora tanto!


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giovedì 13 ottobre 2016

L'albero della cuccagna

da Mondo contadino

Cinquanta anni fa non andavano di moda le sagre. Chissà come mai, eppure allora la fame del dopoguerra avrebbe dovuto farsi sentire più sensibilmente, non come oggi che siamo già abbondantemente sovranutriti e sempre in cerca di diete miracolose per smaltire le mappazze che continuiamo ad ingurgitare golosamente. Oggi se vuoi avere successo in una manifestazione, dai roba da mangiare, qualunque schifezza, unta e male abborracciata in un cartoccio o in una vaschetta sbrodolenta, da ficcarsi in bocca con forchettine di plastica che si spaccano al primo tentativo di infilzare il boccone, falla pagare cara, dì che è la ricetta tradizionale delle nonne, ricche di antichi saperi, meglio se biologici ed è fatta. Subito si formano le code e l'incasso per la Proloco è garantito. Una volta invece per fare accorrere la gente dovevi organizzare qualcosa di nuovo e divertente, condito di ballo con tanto di orchestra dal vivo. La festa del paese a Valle San Bartolomeo durava tre giorni, tutto un fine settimana degli ultimi giorni di agosto. Gli organizzatori della SOMS, pregavano per giorni che non piovesse, dato che si ballava all'aperto, neanche c'erano le previsioni metereologiche a tranquillizzare e si consumavano in lunghe riunioni notturne per scegliere il complesso da assoldare. 

Però bisognava anche ideare anche qualche altro interesse per attirare gente. Un anno era stata la caccia al tesoro, che aveva avuto un certo successo, essendo modestamente anche io tra gli organizzatori, ma il top fu raggiunto quell'anno in cui si decise di fare l'albero della cuccagna. Era cosa che non si era mai vista neppure nei paesi vicini, se ne aveva contezza solamente letteraria, per cui, volendo fare le cose in grande, i responsabili dell'idea, la presero larga. Tutto si svolse in segreto e solo sulla locandina esposta in giro per il paese campeggiava bene in vista a caratteri grossi, tra I Quattro Assi che si sarebbero esibiti il sabato sera e Rossana Roy, gran botta finale per la chiusura di domenica, la scritta Albero della Cuccagna con ricchi premi. Le varie compagnie del paese erano già in subbuglio da una settimana, da quando era trapelata la notizia e ognuno preparava strategie per i propri uomini migliori. Poiché si trattava di una novità assoluta, tutti dicevano la loro in base a quanto si supponeva dalle varie letture e conoscenze, tuttavia era chiaro che le possibilità di successo erano legate alla forza ed alla prestanza fisica di chi si sarebbe lanciato nell'impresa, ragion per cui ogni gruppetto aveva dato mandato al proprio uomo migliore di misurarsi nell'agone. 

Il nostro aveva una muscolatura di tutto rispetto, alla Steve Reeves, un palestrato dell'epoca che voi non avrete probabilmente mai sentito nominare, ma che allora faceva tendenza. Riusciva con facilità a mettersi in orizzontale sul bordo della panchina appoggiandosi solo sugli avambracci, tra l'ammirazione delle fanciulle a cui l'esibizione della forza ha sempre fatto sangue ed a scuola si diceva salisse la corda con le gambe a squadra, non so se mi spiego. Nel primo pomeriggio della domenica cominciò l'erezione dell'attrezzo. Era stato scovato in una falegnameria un palo sorprendentemente lungo, almeno una decina di metri o più, ma forse mi tradisce nel ricordo il fatto che ero un ragazzotto, a cui tutto pareva sproporzionato ed immenso, che con una certa perizia fu infisso nel terreno in una buca profonda preparata il giorno prima. Con le norme di sicurezza attuali sarebbero andati subito tutti in galera, ma allora se uno si faceva male la responsabilità era giustamente la sua. In cima aveva appesa una ruota di bicicletta con attaccati diversi pacchi, tra cui troneggiava un gigantesco salame di almeno due bei chili. Evidentemente, poiché si temeva che l'impresa fosse troppo semplice, gli oganizzatori passarono una buona mezz'ora a spalmare di grasso e sapone il palo, prima di innalzarlo. 

Quando si aprirono le danze, si era già ammassata una certa folla tutto attorno, diciamo che quasi tutto il paese era riunito per la novità, a faccia in su a commentare, come fanno normalmente gli italiani, esperti di ogni cosa. Ognuno infatti dava ricette certe di cosa bisognasse fare per scalare con facilità il palo, soprattutto coloro che non si sarebbero misurati nel gioco e molti guardavano con condiscendenza i giovani che si preparavano alla facile impresa. Alla fine cominciò l'assalto. I primi giovanotti robusti che si lanciarono nella salita tra gli incitamenti di amici ed i gridolini ammirati delle ragazze, riuscirono a malapena ad aggrapparsi al palo e già il primo tentativo di issarsi di almeno un metro, fallì miseramente tra l'ilarità generale. Il palo era stato reso così scivoloso dall'apposizione di almeno un dito di sugna o altri materiali del genere che risultò subito chiaro che la cosa non sarebbe stata poi così facile. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, si cominciò a discutere sulle strategie da attuare. Qualcuno si cambiò i pantaloni mettendosene un paio particolarmente spesso e ruvido, qualche altro intanto studiava come cambiare la presa delle mani o la postura delle gambe che non riuscivano a mantenersi ferme sul palo per fare forza nell'issaggio successivo. 

Per un'oretta la cosa andò avanti con continui tentativi abortiti sul nascere, finché un certo scoramento cominciò a serpeggiare tra gli stessi organizzatori. I commentatori che avevano previsto tutto  e criticato la semplicità eccessiva del cimento, subito passarono all'opposizione criticando chi aveva studiato la cosa e l'aveva resa impossibile da portare a termine. Ognuno spiegava come fosse ovvio che era stato sparso troppo grasso o che il palo fosse troppo alto e che la cosa non poteva essere conclusa in alcun modo. Il consiglio direttivo, preoccupato di fare brutta figura emise subito un comunicato in cui si confermava che la salita a questo punto poteva essere tentata con qualunque mezzo, mentre all'inizio, credendola troppo facile, erano stati messi tutta una serie di distinguo e divieti. Intanto a forza di tentativi falliti, per lo meno la parte inferiore del palo era stata ripulita della parte in eccesso del materiale scivoloso e quanto meno i primi metri erano più agibili. Il nostro campione, dopo essersi a lungo concentrato, tra l'ovazione della folla ed aiutato dagli amici ad issarsi, cominciando da più in alto possibile, cominciò la salita. I primi metri passarono, anche se con un certo sforzo, poi cominciò il calvario. 

Il tentativo di  guadagnare terreno costava sforzi immani mentre con le gambe avvinte al palo per mantenere la posizione, le braccia cercavano di guadagnare qualche centimetro alla volta. Poi afferrato più in alto si cercava disperatamente di far salire il resto del corpo fino alla nuova posizione di sosta. Man mano che saliva  dove non era ancora arrivato nessuno, il palo risultava ancora molto viscido e lo sforzo necessario per rimanervi attaccato sempre più grande. L'amico aveva il collo gonfio, le vene pulsanti e la faccia tesa. I muscoli delle braccia sembravano scoppiare mentre la folla se ne stava a testa in su a bocca aperta. Qualcuno incitava a mettercela tutta, le ragazze rimanevano mute e rapite dal gesto generoso e di certo maturavano segrete scariche ormonali, mentre i soliti satutto, gridavano consigli fondamentali su come procedere, ognuno in contraddizione con l'altro naturalmente. Quando arrivò a tre quarti della salita, fu chiaro che le energie erano state quasi tutte spese. Rimase lì per un po' abbarbicato, immobile senza cedere, consapevole e già vinto irrimediabilmente mentre tutti lo incitavano a proseguire, poi la presa cedette e comincò a scivolare, dapprima con lentezza millimetrica poi sempre più in fretta terminando ingloriosamente ai piedi del palo tra gli oh di delusione generale. 

Tornò tra noi deluso e mortificato più nel morale che nel fisico, anche se mostrava vistose scorticature sulle gambe, che la discesa rude gli aveva provocato, ferite che tuttavia gli avrebbero dato maggiore appeal tra il gentil sesso ammirato da tanto coraggio. Insomma non se ne usciva. Dopo un altro po' di tentativi infrttuosi, alcuni dei quali astutamente corredati da stracci per pulire l'untume del palo, ormai tutto era ammesso, il gruppo dei ragazzi più grandi costituì una sorta di piramide umana che consentì al loro uomo di cominciare la salita più in alto, evitandosi quasi la metà della fatica. Infine un certo Poggio riuscì a raggiungere la cima e per acclamazione gli furono aggiudicati tuttii premi, temendo che nessun altro sarebbe riuscito nuovamente nell'impresa, considerando anche il fatto che ormai erano le sei e si dovevano posizionare i tavolini per la serata danzante. L'anno dopo l'idea non fu più ripresa e tutto finì nel dimenticatoio. Le ragazze avevano occhi solo più per i ballerini di rock'nd roll che si esibivano al ritmo di bimbabulula bulambembù.


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mercoledì 12 ottobre 2016

Spade a Pechino

Tien An Men - Pechino - fine anni '90

La primavera avanzata a Pechino ti può regalare anche giornate terse e gioiose, con lo sguardo che arriva lontano e non offuscato come di solito dalla caligine nebbiosa dello smog o dal fastidioso polverino giallo del loss che il vento di nord ovest porta da lontano e che rimane a mezz'aria per giorni. Era piovuto abbondantemente nei giorni precedenti, pulendo l'atmosfera come accade di rado. Una domenica mattina serena che invitava a passeggiare col naso per aria in giro per la città ancora poco affollata di mezzi a quattro ruote. Gli intasamenti erano ancora di là da venire. Solo qualche stripelliodi campanelli delle grandi biciclette nere. Così mi piaceva andare per parchi a respirare la primavera che in Cina è una stagione piena di gioia e di speranze. La collina del carbone si alza proprio dietro la Città proibita ed il giardino che la contiene e la circonda è sempre piuttosto affollato di turisti, grazie alle belle vedute sui cortili segreti del palazzo, mentre al di là delle mura rosse riesci quasi ad intravedere la vastità dell'immensa piazza fino al mausoleo sullo sfondo, ma quella mattina, non c'era ancora quasi nessuno, forse anche perche era davvero troppo presto e l'orda dei turisti, benché allora non fosse ancora così numerosa, era ancora bloccata negli alberghi a fare colazione. 

Così me ne stavo seduto su una panchina rivolto verso il palazzo, come direbbe il Buddha, a respirare in solitudine serena. Poi un gruppo di donne, una quindicina almeno, arrivò silenziosamente da un punto dietro le mie spalle, dove stava nascosta una entrata secondaria. Avevano il passo strascicato delle anziane cinesi, poco abituate a cammminare con le scarpe moderne, quell'andamento con la postura un poco arretrata che fa gettare i piedi verso l'esterno, un po' come le papere, che a noi appare buffo, ma che sembra sia una mano santa per la postura ed i dolori della colonna. Si disposero con un certo ordine dietro quella che sembrava la capa, silenziosamente e rivolte nella mia direzione. Solo allora mi accorsi che ognuna di loro teneva nella mano sinistra una spada Jiàn, l'arma cinese più nobile che rappresenta il fuoco e forse era quella di più difficile uso. E' una spada diritta a doppio filo, leggera e dalla punta flessibile, cosa che la rende particolarmente maneggevole ed elegante. Nel pomello posteriore dell'impugnatura è legato un lungo fiocco, motivo per il quale viene anche detta la spada dal fiocco rosso, che non aveva soltanto una funzione estetica, ma serviva nelle varie tecniche di combattimento per trattenere l'arma, distrarre l'avversario o portare attacchi diretti ed inattesi, tanto che un tempo era formato da fili metallici con uncini utili ad offendere. 

La spada Jiàn
L'antico ideogramma rappresenta due uomini a sinistra evidentemente pronti a duellare e una lama a doppio taglio a destra. La storia della forgia di queste spade ha qualche tratto di mitico, nella tecnica dei maestri forgiatori a simiglianza delle katane giapponesi, anche se qui risaliamo molto più in là nel tempo. In origine costruite in bronzo, hanno poi visto l'avvento dell'acciaio che poteva venire disteso fino a cinque strati diversi di differente durezza a differenza dell'arma giapponese in cui due strati di diversa durezza vengono ripiegati più volte su se stessi. Vedere l'eleganza dei movimenti che si utilizzano nell'uso di quest'arma, in particolare nelle tecniche e nelle forme del Tai Ji Quan, ti incanta. Il gruppo di donne dopo essersi sciolte un poco con lenti movimenti articolari, rimase a lungo immobile con la spada con la punta verticale verso l'alto dietro la spalla sinistra. Erano tutte piuttosto anziane e non apparivano così pronte ad un qualsiasi esercizio fisico. La maggior parte aveva ai piedi quelle specie di babbucce nere con la suola di corda usate dagli anziani, così comode e silenziose nei movimenti ed erano quasi tutte coperte di casacche scure coi bottoni davanti. Una di loro aveva ancora addirittura una delle tradizionali giacchette blu del periodo maoista. Al Kai Si della maestra iniziarono con estrema lentezza i movimenti della forma. 


Le braccia si muovevano quasi all'unisono nei movimenti iniziali, anche se qualcuna di quelle nelle ultime file li eseguiva in modo un po' più approssimativo. Tuttavia il colpo d'occhio di insieme era davvero emozionante e la morbidezza con cuisi muovevano non si sarebbe potuta immaginare per persone non più giovanissime come apparivano. I polsi ruotavano lenti e l'impugnatura passò alla mano destra, le punte si alzavano alcielo e poi, con misurata lentenzza il filo calava fino all'orizzontale, per poi protendere la punta avanti a ferire l'aria. La mano sinistra vuota a pugno con le due dita a puntare la direzione, bilanciava il gesto, fino al salire del corpo, eretto sulla gamba destra, col piede sinistro a protezione del ginocchio. Nessun rumore, solo il lento dipanarsi delle respirazioni, fruscio di vesti ed un piccolo, leggero scricchiolio della ghiaietta sotto le calzature morbide. Nel gesto perfetto della maestra, leggevi facilmente, la tensione della tecnica, l'energia che fluisce fuori dal corpo fino alla punta estrema della spada, la perfezione del movimento che permette l'evoluzione senza tentennamento del fiocco che danza sul braccio senza aggrovigliarsi. 

Quando vedi un bravo maestro subito capisci il senso della pratica dell'arma nel Tai Ji. Questa amplificazione del corpo che ti permette di sensibilizzare anche visivamente i piccoli errori impercettibili nella pratica a mano nuda, le incertezze del movimento, della precisione e del colpo d'occhio, della corretta canalizazione dell'energia. Diversamente che senso avrebbe oggi apprendere il maneggio di uno strumento così antico e totalmente inutile nella vita moderna. Le donne continuarono la forma fino alla sua conclusione e quasi tutte eseguirono il calcio con l'esterno del piede, opposto al taglio della spada in orizzontale, una delle tecniche più complesse soprattutto per la rotazione nella posizione incerta, con buon equilibrio. Quando la mano sinistra raggiunse l'elsa per raccoglierla e riportare la spada nella posizione iniziale e tutte rimasero erette, mentre il respiro scendeva lento nella suo ultimo ciclo per il termine dell'esercizio, un senso di grande calma era sceso su tutto il giardino.  Silenziosamente il gruppetto si allontanò lungo il vialetto da cui era arrivato. Ti pareva di sentire crescere l'erba. Poi uno strombettare stridulo e sgradevole ruppe il silenzio. Era arrivato il primo pullman.


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martedì 11 ottobre 2016

Petra a cavallo

Petra - Giordania - agosto 1977

Mamma mia quanti chili in meno. Io di certo, 30 esattamente, è stato il mio minimo storico alla fine di quel viaggio, tra il caldo assurdo di un agosto mediorientale, che si sa non è il periodo migliore, ma quando lavori o così o pomì. Però che entusiasmo nello scoprire quella civiltà di pietra, annegata tra le sabbie. Il gruppetto di cavalcanti che stava appena fuori del sif, l'imboccatura del canon, stretto ed altissimo, che ti porta alla valle segreta, stava lì a sonnecchiare anche se era mattino presto, dato che di turisti ne giravano pochissimi, un po' perché allora era così, un po' perché costava molto più caro di adesso muoversi in giro per il mondo. Però, pensate un po' allora quella era una delle aree più tranquille del mondo. 

Attraversavamo la Giordania per andare nello Yemen e incrociammo dei ragazzi austriaci che venivano dall'Iraq. Un posto talmente sonnolento da essere quasi noioso, dicevano, non fosse per quelle straordinarie rovine nel deserto. A quel tempo l'area del mondo davvero off-limit era l'estremo oriente, dalla Cina al Vietnam, tutta area interdetta al turismo, con Pol Pot che massacrava la Cambogia e tutta l'area coperta di mine e di bombe inesplose. Pensavo che laggiù non avrei mai potuto metterci piede. Come cambia in fretta il mondo. In quel deserto di pietra invece, l'Arabia Petrea dei Romani, che fin lì c'erano arrivati a piedi, tanto per cambiare, ma forse allora faceva meno caldo, suppongo, anche i beduini sembravano immobili nel tempo e non ti rincorrevano per convincerti ad affittare il loro ronzino. 

Io poi, non avevo mai messole chiappe su un quadrupede che non fosse quello della giostra viennese e pensavo fosse roba semplice. Mi ci issai sopra con una certa agilità, dati anche i trent'anni passati da poco e percorrendo la spaccatura nella roccia, caracollavo sereno. Quando arrivammo alla fine e dallo squarcio spezzato e scuro, comparve all'improvviso la visione abbagliante di quelle colonne dorate che sembravano il set di un film, tanto erano perfette e inverosimili, ne rimasi così stordito da non accorgermi .che il mio tenero fondo schiena, non abituato a quel tipo di stravizi, si era a poco a poco abraso in maniera preoccupante, provocandomi una piaga da decubito di non piccola proporzione. Feci la strada di ritorno a piedi, mentre il cavallo se de andò sogghignando al trotto leggero inseguito di corsa dal palafreniere, speranzoso di fare due servizi nella stessa giornata.


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lunedì 10 ottobre 2016

Duel

dal web


Ieri sera il dibattito Clinton vs Trump può aver dato spunto ad interessanti considerazioni, almeno a me. Bisogna premettere che davvero è difficile credere che una nazione come gli USA abbiano potuto scegliere due candidati così pessimi come loro. Chi come me rimane inorridito dai nostrani Salvini e Grillini vari, dovrebbe fermarsi un attimo a riflettere. Tuttavia bisogna che la gente si faccia una ragione del fatto che se il tuo sistema elettorale ti mette di fronte ad un obbligo di dover scegliere, alla fine deve forzatamente prevalere la soluzione: li brucerei entrambi, ma alla fine mi tocca scegliere il meno peggio dei due. E' così alla fine che funziona. 

Come seconda considerazione bisogna sottolineare che gli elettori di destra americani sono davvero dei minchioni, perché appare evidente che qualunque altro candidato avessero scelto, questi avrebbe vinto a mani basse, cosa di cui i vertici del partito sembrano da tempo convinti, ma che invece non sembra ancora sfiorare la massa. La medesima pensata si potrebbe fare per gli elettori dell'altra candidata. 

Giustamente stamattina un commentatore ha notato che i due si odiano a tal punto da lasciarlo trasparire senza vergogna di fronte al pubblico, che invece di essere esterrefatto da una situazione politicamente pessima come questa, tifa come di fronte allo spettacolo del Circo Massimo e questa carica di odio feroce e pesante è così avvertibile e forte da avvicinarsi quasi, anche se non fino a questi livelli, a quella di D'Alema e Marino verso Renzi. Adesso non esageriamo, ma certo che ci sarebbe da ridere. Staremo a vedere. 




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giovedì 6 ottobre 2016

Zhǎo

da writtenchinese.com

Ecco qua un altro verbo molto comune della lingua cinese, 找 - zhǎo, che non bisogna confondere con 我 - wǒ che significa Io (fare attenzione al trattino che qui lega le due parti e quello superiore della parte a sinistra). Si tratta dell'unione di due caratteri di base, la prima è uno dei vari pittogrammi di Mano: 手 - shǒu, dove si vedono bene almeno tre dita della mano tesa. A destra invece abbiamo 戈 - gē, che significa Lancia, Alabarda. Insieme formano 找 - zhǎo, che vuol dire Cercare (To Find inglese). Il riferimento è ai tempi in cui cercare cibo non era questione di avere soldi in tasca, ma bisognava procurarselo avendo con sé un'arma, sia che lo si volesse ottenere dalla natura con la caccia, sia ancora meglio, depredando qualche proprio simile. L'uomo è per sua natura fatto così, predatore in assoluto e se non riesce ad ottenere qualche cosa con le buone, lo pretende con la violenza. 

Oggi tutto è più sofisticato, non serve più il coltello (spesso sono meglio mitra, bombe e missili), ma i vari rapporti, tra datori di lavoro e prestatori d'opera, tra comandanti e sottoposti, tra stato e cittadino o peggio tra stati, rimangono e saranno sempre situazioni in cui il più forte obbliga il più debole a subire. In generale il sistema si autocontrolla automaticamente, perché questo conviene alla convivenza comune, riuscendo a generare una sorta di equilibrio instabile tra le due parti, che però con facilità può debordare da una delle due. Si sa bene che il datore di lavoro se potesse ti farebbe anche pagare qualche cosa per darti l'opportunità di lavorare per lui e all'opposto lo stipendiato vorrebbe avere la paga direttamente a casa senza neanche presentarsi al lavoro. In mezzo ci sono le mille sfumature di grigio, tra le quali la lancetta oscilla a seconda delle varie epoche storiche. Bisogna farsene una ragione.

A chiusura voglioaggiungervi qualche composto divertente e utile: unito a Soldi, monetine abbiamo: 找钱 - zhǎo qián - Dare il resto. Unendovi Accoppiare e Elefante abbiamo 找对象 - zhǎo duì xiàng: che vuol dire Fidanzarsi. Divertente no? Invece aggiungendo Avvicinarsi e Montagna otteniamo  找靠山 - zhǎo kào shān - Cercare un punto di appoggio, in quanto nel pensiero cinese la montagna ha sempre rappresentatola sicurezza di un appiglio sicuro. Infine aggiugendo Apertura/chiave e Porta si ottiene 找窍门 - zhǎo qiào mén: Cercare la soluzione, la chiave del problema. Intuitivo direi. E per oggi direi che basta così.


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mercoledì 5 ottobre 2016

Xiǎng

da writtenchinese.com


Oggi vorrei parlarvi di un'importante forma verbale molto usata nella lingua cinese 想 -  xiǎng, ideogramma complesso ma formato da tre caratteri semplici di cui abbiamo già parlato diverse volte. In alto a sinistra si traccia per primo 木 - mù, che significa Albero (Il fusto verticale, la linea ideale del terreno e sotto le radici a cui il fusto è ancorato), subito a destra abbiamo  目- mù - occhio, (schematizzato in un rettangolo che contiene la pupilla centrale e le due palpebre sopra e sotto), stessa pronuncia ma diverso carattere a testimonianza di quanti siano gli omofoni nella lingua del celeste impero. Infine sotto, l'ormai noto 心 - xīn,che significa Cuore (ma anche mente, raffigurato con la forma propri dell'organo coronata dai vasi sanguigni che lo penetrano o anche da tre gocce di sangue), organo anche laggiù visto come sede dei sentimenti, ma anche di tutto quanto attiene alla sfera del pensiero. 

Tutto questo vuole raffigurare qualcuno nascosto dietro un albero che guarda lontano, forse con paura o apprensione e che ha bisogno di soffermarsi a ragionarci sopra prima di decidere se sta arrivando un amico o un nemico e quindi prendere una decisione su come comportarsi. Più sempkicemente significa Pensare, un'attività fondamentale che andrebbe  ben sviluppata prima di prendere decisioni. Per esempio se uno decide di votare No su una questione, non dovrebbe solo lasciarsi trasportare dall'odio viscerale che ha verso chi propone il quesito, ragionare sul fatto che comunque sarà un miglioramento rispetto a quanto esistente e che gli stessi arrufapopolo che cercano di convincerlo, lo hanno precedentemente dichiarato pessimo e necessario di cambiamento. Ma forse questo è un argomento troppo distante dal nostro Pensare, che contiene, grazie a quel Cuore che lo sottende, anche Avere nostalgia, sentire la mancanza di. 

E' facile immaginare quella persona che  fuori del paese, accanto a quel grande albero ci va ogni giorno a gettare uno sguardo all'orizzonte nella speranza di scorgere la persona amata che è partita tanto tempo fa e che forse non farà più ritorno. Va beh, voglio segnalarvi ancora qualche curiosità della lingua, in cui si usa questo ideogramma. Ad esempio aggiungendo il carattere 象 - xiàng - Elefante abbiamo 想象 - xiǎng xiàng, cioè Pensare ad un elefante che significa Fantasticare, Fantasia. Unito a 来 - lái, Arrivare e anche Futuro vuol dire Presumibilmente, Probabilmente perché pensare o desiderare quello che potrebbe accadere, ha un senso di positività che gli conferisce maggiori probabilità che accada veramente. Insomma pensate positivo, senza gufare troppo e pensateci bene prima di fare gesti di rabbia che alla fine, si ritorcono solo contro voi stessi.



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