L’Africa è il mercato. Attorno al mercato nasce la vita e la comunità, dal mercato si costituisce la città, la comunicazione, ogni rapporto umano. Il mercato di Mbour è l’Africa viva, con la sua energia, prorompente, quella forza che nonostante tutto la fa crescere nonostante tutti i suoi problemi. Infilarsi nella folla non è facile, tutti ti stringono e penetrare questo muro di umanità è difficile e faticoso. Il caldo calcina gli odori, che si fanno insopportabili solo in qualche punto particolare dove la materia si dissolve e fermenta. Prima il mercato della frutta e della verdura, ricco di colori che fanno a gara a confondersi con i vestiti che avvolgono queste statue di ebano nero, con le treccine infinite avvolte da grandi foulard in tinta. Poi sbuchi tra le vie e arrivi di fronte al mare. La grande spiaggia è tutta coperta dalle barche colorate dei pescatori appena tornati a riva. Cumuli di pesce di ogni tipo hanno invaso ogni angolo della rena. Divisi, catalogati, separati per specie e pezzatura ed i commercianti si aggirano per aggiudicarsi le partite migliori. Un mondo di lavori accessori si affanna attorno a questo grande sabba dove ognuno svolge compiti, ognuno copre il suo ruolo. Ogni capannello, una barca, un carretto per caricare la merce, di qua uomini che si affannano a contrattare, di là altri che riposano stanchi, finito il lavoro. Ancora gente che si affanna, che grida, è l’Africa che urla la sua voglia di vivere.
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