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Il mercato a Bac Ha |
Arrivano a frotte, gruppetti serrati o anche da sole. Scendono lungono i sentieri quasi di corsa per arrivare tra le prime e accaparrarsi gli affari migliori. Macchie di colori irresistibili, che ridacchiano e scherzano tra loro come scolarette prima di arrivare a scuola e intanto si sono macinate chilometri. Che gran furia di documentare, di scattare, di portarti a casa immagini che temi di poter poi perdere, tante sono, così rutilanti ed esagerate. Ci sono più macchine fotografiche alla domenica mattina a Bac Ha che nel deposito Nikon. Passi tra i banchi e assieme alle grida di richiamo dei venditori ed alle discussioni accese della contrattazione senti come un crepitar di mitraglietta. Sono le frotte di turisti che scattano, scattano. Eppure non disturbano più di tanto, il mercato in sé non ne è quasi per nulla snaturato. Come se ci fosse uno sciame di moscerini in più tra i bufali ed i cavalli in vendita, ma non cosi fastidiosi come sembrano. Eppure forse basterebbe fermarsi seduti su di un muricciolo e guardare. Guardare e basta, per riempirsi gli occhi e la testa, assieme a questa H'Mong che forse desidera solo portarsi a casa un pacchetto di semi di mais della Monsanto e mangiarsi un gelato al limone, quelli che vende una baracchetta vicino ai ristorantini in mezzo al mercato. Scusate, ma adesso che ho cambiato la scheda di memoria piena, devo correre a fare un gruppetto di Nung che stanno disputandosi delle paperelle.
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