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Il monte Popa |
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Frantoio di arachidi |
E’
il destino barbaro, prima o poi bisogna andarsene anche da Bagan. Ti sembra
doloroso abbandonare la piana dopo aver visto non più di una ventina di templi,
con i loro interni scuri e misteriosi e andartene abbandonando gli altri 3980
al loro destino, buttando loro solo una fuggevole occhiata di lontano o al
passaggio. Però chissà, forse, dopo un po’, anche la bellezza viene a noia e
butteresti qua e là uno sguardo distratto, cercando forse dietro gli
zedi delle pagode qualche cosa di
diverso anche se non troppo misterioso. Cerchi qualche scusa per fermarti
ancora. La trovi in una delle tante capanne che producono il
toddy, il vino di palma e che mostrano
ai turisti che passano tutta la lavorazione. Anche questo è un modo di campare
molto post moderno. E’ molto più redditizio far vedere come si fa una cosa,
piuttosto che farla effettivamente. Così, mentre Il frantoio schiaccia le
arachidi, un ragazzo sale sulla palma, alta e sottile, con una sottile scaletta
di bambù, porta giù i piccoli orci ripieni di linfa che vengono portati a
fermentare in contenitori più grandi, per ottenere questa sorta di birra
schiumosa davvero poco invitante. Di qui ancora con l’uso di distillatori
primordiali, si produce un liquore forte e aspro. La torma di tedeschi ascolta
e rimira tutto a bocca aperta, un po’ di scatti, qualche souvenir e qualche bottiglietta
passano dal banco alle borse, poi via di corsa sul pullman e tutti sono
contenti.
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Raccolta del toddy |
Ma
sulla strada per il sud c’è un’altra tappa imperdibile. In mezzo alla piana
arida ecco un rilievo montuoso ricoperto di una fitta foresta. E’ il residuo
corroso di una grande eruzione vulcanica di epoche lontane che ha lasciato
questo territorio tormentato e fertilissimo ricoperto di verde e di fiori. In
mezzo, una formazione vulcanica si erge solitaria, un colossale masso di roccia
viva dalle pareti tanto ripide da rendere arduo alla vegetazione di fare un
qualche tipo di presa. Il destino di questi luoghi orograficamente distinti, è
sempre lo stesso, diventano punti topici
per l’esibizione della fede, qualunque sia quella in voga da quelle parti. Qui
sul monte Popa, ricoperto di fiori, che sulla sua cima gibbuta, ospita un
famoso monastero buddhista, di cui già dal basso vedi le guglie dorate, già da
molto tempo si adoravano soprattutto i 37
nat,
la religione primitiva della Birmania, che l’arrivo prepotente del buddhismo,
non riuscendo a spazzarla completamente, inglobò, come di frequente accade,
assimilandone e facendone propri i contenuti. Puoi stare lì a goderti il colpo
d’occhio, ma è inutile tergiversare, prima o poi devi toglierti scarpe e calze
e, turbato, a piede nudo, cominciare la classica salita al sacro monte,
beccandoti i 777 gradini della ripidissima scala coperta. Non fare caso alle
tante scimmie che saltano rumorose sui tetti di lamiera della scala stessa, in
cerca di cibo.
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Le statue dei nat. |
I
tanti escrementi che lasciano sulla scivolosa scalinata di lucide piastrelle, certo
potrebbero darti fastidio, ma una truppa consistente di monaci con scopettoni,
stracci e spazzole, sono continuamente al lavoro per tentare di tenere un
minimo di pulizia, per cui non irritarti toppo se il tonacato che presidia ogni
rampa interrompe la sua opera per chiederti furtivo
a donation for clearing. Fa parte del gioco, inutile
scandalizzarsi, d’altra parte prima paghi e più tempo verrà dedicato dai
religiosi alla pulizia. I tempietti dedicati ai vari
nat si alternano lungo la salita, che li ospitano, da soli o a
gruppi, colorati e kitch come personaggi disneyani, dalla Orchessa mangia fiori
coi suoi figli a lato, uno dei
nat principali, alla dea cicciona Shin
Nemi che protegge i bimbi, circondata dai giocattoli offerti per rabbonirla
durante il periodo di esami. Più su, un personaggio dagli occhi rotondi
circondato da bottiglie di whisky e altri liquori (vuote), è Lord Kyawswa
l’ubriacone che protegge bevitori e appassionati del gioco e ancora più in su
Shwe Na Be, la signora dei serpenti a cui rivolgerti per essere protetto se ne
hai uno in casa. Negli anfratti più nascosti tra le rocce, altri
nat, quelli cosiddetti non ufficiali,
assieme a statue di dei hindu e di guru famosi.
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Fermentazione del toddy |
C’è
posto per tutti sul monte Popa e quando stremato, dopo una mezz’oretta di dura
salita arrivi finalmente in cima, basta buttare l’occhio tutto intorno, sulla
foresta di un verde chiaro e vivo, da cui emerge solo qualche stupa più alto.
Te ne stai un po’ a guardare per tirare il fiato ed è già subito tempo di
scendere. Ko Yè è lì ad aspettarci con la faccia affranta. Fino a poco tempo
prima ci ha raccontato della sua felicità perché appena finito il nostro
viaggio, tornerà a casa per festeggiare una data importante, il primo
compleanno della sua primogenita e quando ne parlava i suoi occhi ridevano. Ha
appena telefonato la moglie, la bimba da questa notte ha la febbre altissima ed
è ricoverata in ospedale. Dobbiamo capire cosa significa in questi paesi un
fatto del genere, ci vuole molto poco perché tutto questo possa diventare un
evento tragico. La mortalità infantile è molto alta ed un sintomo di questo
genere potrebbe essere legato ad un grave problema di infezione intestinale
oppure un caso di dengue, piuttosto frequente da queste parti.
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Rccolta del Toddy |
Ko
Yè è davvero impaurito e dato che siamo abbastanza di strada, questa sera ci
fermeremo a Taungoo, la sua città. Ci arriviamo in qualche ora durante la quale
il nostro amico quasi non parla più. L’ospedale tutto sommato mi stupisce in
positivo. E’ abbastanza pulito, non c’è neppure troppo affollamento e la bimba,
con la mamma e la nonna preoccupatissima che sta in un angolo torcendosi le
mani, sono ospitate in una stanza tutto sommato accettabile e stiamo parlando
di assistenza pubblica, in cui si pagano solo i medicinali. La bimba è stata
visitata dal pediatra e le cose sembrano andare meglio, dopo un paio di dosi
antibiotiche, la febbre è scesa notevolmente, anche se la piccola è molto
ingrugnita con la sua flebo infilata nel braccino di bambola. La scimmietta rossa di pezza che abbiamo
portato dal monte Popa, la distrae un po’ e quando capisce che strizzandola
squittisce, sembra un poco sorridere. Il nostro Ko Yè, sempre così gentile e
timido, sembra rasserenato, comunque passerà la notte in ospedale. Il giorno
dopo arriveranno i risultati dell’analisi che esclude il dengue e tornati in Italia sappiamo per certo che il
compleanno è stato festeggiato in maniera adeguata.
Mount Popa – Uno dei più famosi
santuari del Myanmar, dedicato alla antica religione birmana dei
nat, gli spiriti della natura,
anche se ufficialmente buddhista. Tutto
intorno alla roccia isolata, un fitto bosco che sale sui fianchi dell’antico
vulcano, parco con parecchi sentieri di trekking. A una sessantina di km sulla
strada da Bagan a Yangoon, si visita durante il tragitto, calcolate mezz’ora
per la salita, in tutto un paio d’ore. Il tempio di per sé non è
architettonicamente interessante ma il sito merita. Si può fare con una
escursione di una mezza giornata, ma arrivarci senza macchina è complicato e
richiede tempo. Bancarelle di souvenir e monaci lungo la salita. Si può anche
dormire in zona in un paio di guesthouses.
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