venerdì 26 aprile 2024

India 16 - Keoladeo National park

Airone rosato - Keoladeo National Park - Bharatpur - India - marzo 2024

 

Oche mongole
Un centinaio di chilometri di autostrada più a nord, siamo quasi a mezzavia per Delhi, dove arriveremo stasera, il traffico è davvero intenso e si procede a scatti evitando con cura i creativi che vengono in senso inverso e le lunghe file di camion colorati e sbilenchi che occupano quasi interamente le corsie di marcia. Abbiamo schivato da qualche chilometro la famosa Fatepur Sikhri, la città morta dagli splendidi palazzi abbandonati e siamo proprio sul confine con il Rajastan e siamo proprio alla periferia di Bharatpur, un'altra di quelle piccole città, così almeno la si considera in India, dove varrebbe pure la pena di fermarsi a dare un'occhiata al suo forte, ai suoi palazzi dal moresco stile moghul, ai suoi templi sul fiume, ma non abbiamo il tempo di soffermarci così a lungo e quindi ci ritagliamo un piccolo spazio, due o tre ore, per gustare la riserva naturalistica del Keoladeo National Park, una zona umida che si estende ad ovest della città e che viene data come una delle più ricche di avifauna del nord dell'India, nonché patrimonio Unesco, cosa che è sempre una patente di garanzia. C'è parecchia gente, tutti turisti indiani e vedi subito che il sito è frequentatissimo, segno che anche qui è diventato di moda andare ad osservare la natura, cosa caratteristica delle società opulente o che comunque lo stanno diventando. 

L'organizzazione dispiegata all'interno del parco segnala che in ogni caso ci si aspettano grandi numeri di visitatori. Noi veniamo affidati alle mani o meglio alle attenzioni di Prakash, quello che possiamo definire un ranger di lungo corso, che vanta subito esperienze di accompagnatore per la BBC ed il National Geografic, non so se mi spiego. Scegliamo il giro di due ore, che consente di penetrare la riserva nella sua parte centrale e di vedere il maggior numero degli animali presenti. In effetti la strada percorre  un terrapieno che si inoltra tra le paludi che si estendono a perdita d'occhio in tutte le direzioni e dopo un poco ci si perde rispetto agli altri visitatori. Rimani quindi quasi subito in una gustosa solitudine silenziosa, tra gli acquitrini che pullulano di vita. Le specie presenti sono centinaia, sia stanziali che migratorie, che in questo periodo si stanno preparando per il lungo viaggio verso nord dove trascorreranno la pausa estiva, che qui è caldissima, dopo aver sorpassato le vette himalayane. Noti subito infatti gruppi di oche mongole che sono raggruppate dove le erbe sono meno fitte e, pur pascolando tranquille, sembrano prese da una certa eccitazione, si muovono in tondo, richiamandosi l'un l'altra. Anche le cicogne con i lunghi becchi colorati hanno lasciato i grandi nidi sui rami neri e rinsecchiti più alti e becchettano lungo gli argini. 

Daino

Non hanno più piccoli da addestrare al volo evidentemente dato che ormai tutti dovrebbero essere in grado di compiere il grande balzo quando arriverà il momento. Gli aironi invece rimangono immobili in mezzo alla palude, i lnghi colli raccorciati in esse sinuose. Ne vedi di ogni colore, grigi, grandi e magrissimi, rossi e rosati, i più grandi con un ciuffo di penne sul capo, che li fa semmbrare pernnemente spettinati, fino alle piccole egrette bianche che paiono faticare a rimanere in equilibrio sulle secche zampe nere. C'è poi una fittissima quantità di anatre di ogni tipo, germani, moriglioni e molti altri di cui dimentichiamo immediatamente il nome non appena Prakash finisce di elencarceli. Gruppi di spatole rovistano nel fango vicino alle rive in cerca di cibo, compiendo un'opera di ricerca programmata ed attenta, senza lasciare spazi inesplorati. Altri uccellini di piccola taglia, ma coloratissimi, popolano gli alberi vicini rendendoli vivi con cinquettii di ogni genere. Ci spostiamo di pozza in pozza, questa più popolata di pellicani bianchi e grassi che si muovono, litigiosi, brandendo i grandi becchi gialli come armi e gonfiando la piega sottostante, forse per affermare la propria predominanza sul tratto di terreno emerso, dove stano i loro nidi. Riusciamo a vedere anche le evanescenti e rare gru siberiane che migrano solo qui ed in una altro punto a sud della catena himalayana. 

Gru dalla testa rossa

In un'altra zona, più spettrale, pare una palude delle serie di Hanry Potter, una lunga fila di alberi neri senza foglie, segna il confine tra le acque ed è popolata da un gran numero di cormorani anch'essi così neri da confondersi con i rami stessi. Il nostro accompagnatore è attrezzatissimo e piazza di quando in quando un grande monocolo a 45 ingrandimenti su di un robusto treppiede, lo punta con cura e ci mostra qualche esemplare raro più lontano. Così ecco due gru dalla testa rossa, altri strani uccelli dai lunghi becchi che sembrano non combaciare tra di loro, ma che la natura ha selezionato in questo modo proprio perché riescano meglio a scovare il cibo adatto alla loro specie. Ma non di soli uccelli stiamo parlando, in quanto tra gli argini delle paludi non pascolano solamente mandrie di bovini, capre e bufali immersi fino al collo nelle acque stagnati, dove emergono solamente le corna arcuate e le narici, ma anche un gran numero di grandi antilopi, i sambar così comuni in gran parte del subcontinente, i timidi nilgai ed i più piccoli daini picchiettati di bianco. Insomma una bella serie di animali da osservare con calma e piacere. Certo è praticamente impossibile vedere il leopardo, che pure si dice sia presente in qualche esemplare che che si muove soprattutto di notte. 

Cavaliere

Ci sono anche pitoni di grosse dimensioni, così almeno si evince dalle foto che ti accolgono allì'ingresso, ma noi non ne abbiamo visti. Un luogo comunque interessante, nel quale potresti trascorrere ore, acquattato tra gli alberi, semplicemente a guardarti attorno. Noi intanto ci mangianmo un paio di banane, stando attenti ad evitare gli scimmiotti sempre in agguato, che hanno la turpe abitudine di saltarti vicino e se distratto, rubarti occhiali, cappelli e macchine fotografiche, rifugiandosi poi sugli alberi vicini e strepitando fino a che non si effettui lo scambio tra oggetti rubati contro viveri di conforto, banane, altra frutta o biscotti. Sembra che questa abitudine sia ormai inveterata e dato che ormai tutti fanno una certa attenzione, i perfidi animaletti stanno diventando sempre più abili ed aggrssivi. Così ce ne andiamo perché se è vero che mancano meno di 200 chilometri per arrivare a Delhi, non abbiamo ancora coscienza del traffico che troverermo nei pressi della capitale. Infatti anche calcolando una mezz'oretta di fermata idraiulica e ristoratrice a mezza strada, ormai le zone di sosta autostradali sono diventate di livello europeo, con bei locali e fast food di ogni tipo e marchio internazionale, per arrivare ci mettiamo più di quattro ore. 

Gru siberiana

Man mano ci si avvicina al centro di Delhi, veniamo presi da un vortice di traffico talmente vorticoso e fitto da costringerti a procedere a passo d'uomo per lunghi tratti, quando non rimani fermo ad aspettare che ingorghi spettacolari negli incroci principali non si sblocchino, tra il trillare dei fischietti di decine di agenti che mulinando i manganelli cercanoinutilmente di sbloccare i blocchi. Comunque a poco a poco e con gran fatica, arriviamo fino a Connaught place, il vero ombelico della città vecchia, che riconosco con piacere appena percorriamo il tratto finale di Jampath road, una delle radiali che la raggiungono. E' un poco un tuffo al cuore ritrovare la prima città indiana della mia vita, quando proprio qui arrivai per la prima volta nel 1974, esattamente 50 anni fa. Mi guardo intorno e di questa enorme massa di persone che mi circonda e affolla i marciapiedi, le strade, i parchi, la maggior parte non era ancora nata. Sfiliamo quello che era allora il Jampath Hotel, già allora caro e superiore al mo budget, tanto che lo abbandonammo dopo la prima notte per un più modesto alberghetto subito dietro al colonnato della piazza. Adesso ha cambiato nome ed è stato ristrutturato in un ancor più lussuoso albergo a cinque stelle. Noi ci infiliamo nel dedalo delle viuzze dietro alla piazza, in cerca del nostro; il signor Mamlesh che ci attendeva in motorino, ci guida in vicoli tra i quali la nostra auto passa a fatica, tra tuktuk, risciò a pedali, carrettini di frutta e altre cianfrusaglie che ingombrano anche il poco passaggio disponibile, Il tempo passa ma l'India alla fine non cambia mai.

Martin pescatore


SURVIVAL KIT

Parco nazionale Keoladeo - Importante zona umida a pochi chilometri da Bharatpur; nasce da una riserva di caccia presente nell'800 e appannaggio del maharaja locale e dei suoi ospiti inglesi. Si dice che fosse così ricca che pare che appena prima della guerra in una partita di caccia il Vicerè abbia abbattuto oltre mille anantre in una sola battuta! Attualmente ospita oltre 370 specie di uccelli tra i quali anche la rara gru siberiana e una popolazione di cicogne dipinte, oltre a moltissime antilopi di diverse specie. In una visita di due o tre ore, è garantito che ne potrete avvistare non meno di 50 o 100 diverse. Il parco è sito Unesco dal 1985 ed è meta di moltissimi visitatori. Il parco può essere vistato a piedi, in bicicletta o con appositi risciò elettrici con l'accompagnamento di guide autorizzate. Ingresso 285 Rupie. Il tuktuk con la guida 1600 per due ore + mancia. Ci si può arrivare anche in treno dato che la stazione è una importante Junction tra le più grandi città della zona (Delhi, Agra, Jipur, ecc.). 

Nella vicina città potrete visitare il forte Lohargarh, il palazzo moghul con annesso museo e diversi templi tra i quali il Bankenbihari, sul fiume, che contiene la magnifica statua in marmo bianco della dea Ganga. 



Cormorani
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giovedì 25 aprile 2024

India 15 - I templi di Bateshwar

I templi di Bateshwar - Morena - India - Marzo 2024


Carri agricoli sull'autostrada

La giornata però non è ancora finita; siamo nel tardo pomeriggio e tra un po' scatterà quella che i fotografi chiamano l'ora magica. la golden hour, quella in cui i raggi del sole che comincia a declinare definitivamente, illuminano l'aria di un tono dorato, quella sfumatura che magnifica le ombre creando profondità e vivida bellezza. E ci hanno detto che a pochi chilometri di qua si trova una delle tante perle nascoste di questa terra antica, dalle cui viscere emergono continuamente meraviglie di un passato che ha vissuto così tanti passaggi, da aver lasciato dietro di sé testimonianze così numerose da venire facilmente dimenticate. Prendiamo una strada secondaria che lascia l'autostrada che si noltra nel Madya Pradesh, dato che qui siamo proprio all'incrocio dei tre grandi stati del nord. Siamo appena dopo Morena a nord di Gwalior, altra splendida città che già avevamo visto in passato con il suo grande forte ornato da maioliche azzurre e dalle decine di caverne che mantengono il pantheon jainista, e le strade rettilinee che si allungano nella campagna tra i campi sembrano tutte uguali, percorse solamente da carri agricoli, trattori e gruppi di donne che, finiti i lavori tra le spighe e negli orti, tornano verso casa, avendo ancora da compiere i lavori di giornata, come il rifornimento dell'acqua da qualche pozzo vicino al loro villaggio. 

La vasca sacra

Poi nella piana senza confini, schivate mandrie di bufali e greggi di capre belanti, vedi un piccolo rilievo, una collina appena accennata, dove il terreno è coperto da arbusti selvatici bassi e spinosi, come è comune in questa terra rossa, secca ed avara che ritornerà alla vita tra qualche mese, solo grazie all'apporto violento del monsone estivo. Una deviazione sterrata risale tra la polvere il terreno pietroso e tra le piante compaiono rocce diverse, squadrate, disposte secondo un ordine che seppure cadente e vinto dalla natura che ha ripreso il suo sopravvento, appaiono come ordinate da una mano pensante. Sono muri sbrecciati che escono dalla terra, ammassi di pietre che tuttavia vedi scolpite e che recano su di sé tracce di antica bellezza. Siamo nel parco archeologico di Bateshwar, un complesso che comprende quasi 200 piccoli templi scoperti da Cunningham alla fine dell'800. Molti sono i siti di questo genere nel subcontinente, apparentemente minori e quindi in pratica, tagliati fuori dalle grandi correnti del turismo internazionale che ben altre cose brama vedere. Tuttavia qui ed in altri luoghi simili, sei percorso da emozioni così autentiche da renderti meravigliato e attonito, come un viaggiatore di altri tempi che arriva in luoghi ancora sconosciuti e non riesce a staccarsene, quasi fosse il primo a poterli far conoscere al resto del mondo. 

Scoiattolo

Sei solo, che qui non arriva quasi nessuno e anche quando lo fa, ci passa senza lasciare tracce visibili a chi arriverà dopo, perduto in mezzo a montagne di pietre ammonticchiate da secoli, dai fantasmi di un passato lontano, circondato da una natura selvatica, anche se non paurosa o dirompente, ma che senti padrona, come nei racconti di chi, queste terre ha vissuto nel passato, al pari delle jungle ricche di animali selvatici o dei boschi abbandonati che i contadini dei villaggi pensavano abitate da dei silvani, da ninfe bellissime, da animali fatati. Attorno a te solo il respiro della foresta, mentre decine di scoiattoli grigi corrono sulle pietre che i raggi del sole morente colorano d'oro. Si fermano un attimo su uno stipite, per cercare di capire se chi sta disturbando il loro mondo è un pericolo o solo un intruso passeggero, si puliscono con le zampette ad arco, per un momento il musetto che guarda con aria interrogativa, poi fuggono via scomparendo alla vista in qualche anfratto tra le pietre, mentre l'ultima cosa che scorgi è la lunga coda striata, quasi fosse il sorriso di uno stregatto esotico. E' un momento assolutamente magico. 

Pavone

Sullo stipite di un piccolo tempio dentro il quale la pietra nera e todeggiante di un lingam shivaitico, troneggia, unta del ghee che qualche fedele di tanto in tanto viene a spargere, compare un pavone, il sole filtra tra le piume della lunga coda, il suo stridio chiocciante si leva dal becco aperto. Solo poco più in là compare la femmina, che non avevi visto perché timida e dimessa, come una vergine dalle vesti modeste e risponde, poi si sposta lenta come per invitare il maschio a seguirla, ma senza la sguaiata sensualità che accompagna di solito le foie animalesche, quasi che portassero dentro di loro, l'aura di quegli dei ai quali le pietre sono dedicate e che hanno visto secoli di fedeli chini davanti ai loro gradini, adesso vissuti solamente dalle scimmie che si rincorrono sugli embrici sbeccati, sui massi di pietra ammonticchiata, che ancora non hanno ritrovato il loro luogo originario. Senti solo i rumori silenziosi della foresta tra la pietra muta e tra il gruppo dove i muri sono più vicini, stretti passaggi conducono all'interno di camere oscure, sancta sanctorum dove regna solo l'odore delle marcescenze delle corone di fiori che la devozione ha posto e lasciato alla consunzione naturale. 

Naga

Sono luoghi segreti dove forse ancora Naga il dio serpente, compagno di Shiva il distruttore, trova riparo, rimane in agguato perenne contro chi voglia disturbare la sua pace e magari vorrebbe ergere il suo capo allargato, saettando la lingua verso l'intruso, minacciandolo, mentre il corpo rimane immobile nella tensione. Percorro passerelle, fatte di lasfre grige, in equilibrio sulle macerie, tra le pietre a terra spuntano blocchi magnificamente scolpiti, capitelli fioriti, eleganti processioni di baiadere che danzano, teorie di elefanti con le proboscidi alzate, coppie allacciate in sinuosi amplessi, dove la pietra grigia si fa carne dorata, fascinosa ed ammiccante. Su una lunga piattaforma, una serie di costruzioni uguali si allineano a formare una linea che scandisce ordinatamente lo spazio. Una decina di vimana quasi perfettamente uguali si ergono verso il cielo, differenziati solo da qualche fregio che a prima vista ti sfugge. Tra di loro spunta un turbante rosa confetto. E' il nostro Gurgeet, anche lui stupito da tanta bellezza che non aveva mai visto, nonostante abbia accompagnato tanti da queste parti, che si guarda attorno e capisce, lui per primo e apprezza la bellezza che riesce ad offrire la sua terra, nei suoi temi più nascosti e segreti. 

Il tempio grande

Quasi non riesco più a staccarmi da questo luogo magico, poi mi avvio finalmente con lentezza lungo il viale che lo divide in due, circondato da oleandri e macerie e arrivo all'uscita dove una grande scalinata conduce fino in cima dove si erge la costruzione più grande, decisamente separata dal resto, un grande vestibolo colonnato, molto ben restaurato, seguito dal tempietto vero e proprio, che presenta magnifiche sculture, capitelli e volute di grande rafffinatezza e soprattutto posto in una straordinaria posizione che consente di dominare tutto il sito sottostante, mentre lontano, sulla piana, il sole tramonta, inviando gli ultimi raggi proprio fin nel profondo, a colpire l'interno della costruzione fino alla camera più segreta per un attimo illuminata nella sua viscera sacra, a rischiararne la statua del dio. Rimaniamo seduti sul limitare della scalinata a guardare questo spettacolo, quasi senza respirare. E' uno di quei momenti che si possono provare in molte parti del mondo, con le stesse pulsioni, le medesime emozioni, è vero. Emergono ricordi, in cima alle piramidi di Tikal di fronte alla foresta o sulle guglie di Bagan mentre le èagode dei mille templi lontani emergono degli alberi, colorati di arancio. 

La volta scolpita

Quasi disturbano in questo momento, anche se li accomuna il senso della bellezza che riunisce l'opera cosciente dell'uomo e quella inconsapevole della natura. Scendiamo con una punta di rammarico. A poco distanza però, le mura di una fortezza si ergono cupe mentre le ombre si allungano preannunciando la notte che arriva. Un vecchio ci apre un cancelletto, altri gradini, altre scale irregolari a penetrare la costruzione di guerra che circonda quello che era nato come luogo di pace; del tempio antico rimane solamente il grande vestibolo con la cupola maestosa, le sue sculture che la bordano, le colonne  eleganti che la sorreggono, facendo apparire la dura pietra, leggera e lieve. Il vecchio racconta di storie passate, di eserciti e di principi guerrieri, di pricipesse bellissime, di cavalli che nitriscono colpiti a morte e di battaglie, mentre attorno cala la sera. Ce ne andiamo in silenzio mentre lui chiude lento, con gesti antichi, la porta che un poco cigola al nostro passare e fa ritornare il luogo alla sua pace perduta. Torniamo in albergo che è già buio. Il bel giardino che lo circonda ha acceso fioche luci qua e là; gli archi ed i rilievi di marmo lo fanno quasi apparire come una piccola reggia moghul.Noi, gli ospiti della maharani. I rumori dell'autostrada siono lontani ed attutiti. Dalla sala interna arrriva il profumo del pollo al limone che ci aspetta.

Gurgeet

SURVIVAL KIT

Bateshwar temple complex - Gruppo templare di oltre 200 piccoli templi di arenaria che occupano un'area di oltre 25 acri, a circa 30 km a nord di Gwalior e 25 km ad est di Morena, in Madya Pradesh. Fanno parte delle costruzioni templari che seguono il corso del fiume Chambal e sono stati costruiti tra il VI ed il X secolo d.C e distrutti nel XIII, non è chiaro se da terremoti o dalla furia iconoclasta degli invasori Moghul. Riscoperti nel 1882, rimasero abbandonati per decenni, benché considerati sito archeologico dal 1920, fino a che, dopo il 2005, l'area fu riscoperta e vi fu condotta un'ampia opera di studio e di ripristino dei templi stessi, con una scelta ricostruttiva che ne ha rimontato molte decine, come in un puzzle paziente ed attento, che adesso emergono tra la montagna di pietre abbandonate, creando un insieme di grandissimo impatto. I templi sono in massima parte dedicati a Shiva, Visnù e a Shakti. Su una piattaforma innalzata all'esterno del complesso sorge poi il tempio più grande. Tutte le costruzione sono ricchissime di sculture di grande raffinatezza, presumibilmente del periodo Gurjara, nelle quali indovini i precursori delle successive meraviglie di Khajurao. La grande varietà di temi che i rilievi raccontano, lasciano presupporre che per secoli questo fosse un punto di riferimento o una scuola per una vera a propria fucina di artisti che poi ha percorso ed arricchito con i suoi lavori tutto il nord dell'India. Poco lontano un piccolo forte costruito attorno al vestibolo rimasto di un altro più grande tempio, completa il gruppo, davvero imperdibile. Visita gratuita. Al forte c'è una specie di guardiano che vi racconta un po' della storia del tempio a cui sarebbe opportuno lasciare una piccola mancia.   

La stele di Hanuman


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mercoledì 24 aprile 2024

India 14 - Il parco fluviale del Chambal river

Gaviale - Parco del Chambal river - India - Marzo 2024

 

Dholpur palace

L'autostrada corre sgarruppatissima verso sud, in fondo l'India non è cambiata molto. Certo è pur vero che è tutto un costruire grattacieli, nuovi quartieri e strade che collegano le città sempre più velocemente, ma i cantieri sono infiniti e mentre il traffico, quello sì, aumenta in maniera esponenziale, i camion sono sempre gli stessi, baracconi coloratissimi sempre sul punto di sfasciarsi sotto il peso di carichi esagerati che debordano da ogni parte mettendo a rischio l'equilibrio dei mezzi e, anche quando le carreggiate sono più o meno  tracciate, la velocità di crociera deve sempre considerare i mezzi, molti che viaggiano in contromano, vuoi mica che dobbiamo fare tutto il giro per prendere quella strada laterale, capirai, che sarà se faccio un chilometro in senso contrario schivando tutti quelli che arivano in senso opposto, casomai saranno loro che si sposteranno e poi se deve passare un gregge di capre, tutto di ferma, non parliamo delle vacche che dormono o riposano sull'asfalto, d'altra parte sono sacre, si sa. Dunque i tempi di percorrenza sono quello che sono e quindi a Dholpur ci si arriva che è già l'una del pomeriggio. Qui siamo già entrati in Rajastan. per lo meno la parte più estrema ad ovest di quello che è uno degli stati più ricchi di vestigia storiche del paese e questa cittadina non fa eccezione, infatti ecco fuori città, i resti di un antico forte che bordano una collina che fa da confine alle anse del fiume Chambal, il più grande dello stato, che è anche il principale tributario del fiume sacro Yamuna, quello che dopo aver attraversato Agra e sulle cui sponde si specchiano i marmi bianchi del Taj Mahal, si congiunge con la madre Ganga, nel punto, in assoluto più santo del paese, ombelico della religiosità induista per eccellenza. 


Il forte
Dholpur invece è una cittadina sonnacchiosa, che la storia ha lasciato un poco da parte e che anche in passato evidentemente è rimasta ai margini di eventi che scorrevano lontano da qui. Pure alcune vestigia del passato sono ugualmente rimaste a fare bella mostra di sé. Nella pianura sconfinata, tra campi di frumento affaticati e pascoli seccagni, però eccoci in un luogo che appare subito un poco fuori dal tempo. In un giardino immenso infatti, mura di color ocra cingono un luogo che sembra aver vissuto fasti maggiori. Si tratta del Dholpur palace, al centro dell'immenso parco, che è stato costruito nel 1876 con il solo motivo di ospitare il Principe Albert Edward, futuro vicerè dell'India, in visita da queste parti per un paio di giorni. Poi. terminato il suo scopo, è rimasto a sonnecchiare del clima torrido della piana fino a qualche anno fa quando è stato trasformato in un magnifico hotel di lusso, un po' fuori mano, ma di certo con una allure di altri tempi che non mancherà di affascinare chi capita da queste parti per rimanere, almeno per qualche ora, a prendere un thè, servito da camerieri in guanti bianchi nello splendido giardino circondato da pavoni che fanno la ruota al tuo passare. In effetti il direttore che ci riceve con tutti gli onori, incluso un long drink di benvenuto, non si capacità del fatto che non ci siamo fermati lì a soggiornare per la notte. 

Io glisso, mendace, incolpando la nostra agente di viaggio e assicuro che lo informerò del fatto che ci sarebbe stata fatta una tariffa particolarmente favorevole per noi, anche perché mi sembra che al momento non ci sia nessun altro ospite. In realtà la ragione della nostra sosta, sta nel fatto che da qui partono le escursioni al parco fluviale del Chambal, ma tanto per dargli corda, chiedo di essere accompagnato a vedere il palazzo che fa bella mostra di sé in mezzo al parco. Un sussiegoso addetto detto fatto ci accompagna e devo dire che la costruzione è davvero molto bella ed interessante, ancora completamente arredata come se il Principe lo avesse lasciato ieri. Sotto l'androne dell'ampio ingresso staziona ancora la carrozza ed i saloni, anche se un poco polverosi, rilucono di suppellettili d'epoca, piatti, tazze e biliardo, di magnifici lampadari di cristalli, di mobili sontuosi. Soggiornare in una sorta di reggia, anche se le camere degli ospiti, poi sono sparse nelle varie pertinenze del giardino che circonda il palazzo, credo dia sempre una certa soddisfazione; certo gli inglesi, quando erano padroni del mondo non se la passavano male. Ringrazio il responsabile e gli prometto che la prossima volta che saremo in zona non mancheremo di approfittare della sua ospitalità. 

Tartaruga

Intanto è stata preparata la nostra macchina per andare fino alla zona del fiume dove una specie di gommone di grandi dimensioni consente di fare un ampio giro sul fiume. Il punto di partenza è sotto l'arcata del gigantesco nuovo ponte che congiunge le due rive lontane. Le sponde sono assai distanti tra di loro, il fiume è immenso e tutta l'area, spoglia di vegetazione dà il senso del deserto proprio del Rajastan con i suoi spazi sconfinati e le sue distese di terra rossa a perdita d'occhio. L'acqua del fiume è apparentemente ferma e non si avverte la corrente; ci avviamo lentamente e presto perdiamo di vista ogni traccia umana dalle rive. Avverti solamente una pace assoluta, così lontana dalla confusione dell'autostrada che transita solamente a pochi chilometri. Questo è un periodo di secca, sono ancora lontani i monsoni che gonfieranno il fiume tra qualche mese e il cui lavoro indovini nell'erosione che ha già divorato le scoscese rive che una grande ansa disegna in una terra morbida e fangosa, facilmente scavabile da una corrente che mostri appena appena un impeto volenteroso. Al momento invece, grandi isoloni di sabbia emergono appena in mezzo al fiume, dove un accenno di erba approfitta dell'umidità per mostrare cenni di vita. 

Ed è proprio qui, tra quelli che appaiono come detriti lasciati dal corso delle acque di qualche mese precedenti, che noti degli strani tronchi grigi, abbandonati a se stessi, se pur non affondati tra la terra molle. Sono circondati da una miriade di uccelli di ogni specie, una fauna avicola ricca che si muove senza sosta becchettando nei punti dove l'acqua si confonde con la riva, oppure rimanendo assolutamente immobile con le anse del collo perfettamente formate, aironi, egrette oppure cormorani neri, anch'essi immobili con le ali spalancate ad asciugarsi. Grandi oche mongole starnazzano scuotendo le ali e le penne colorate all'intorno. Sono uccelli capaci di sorvolare l'Himalaya e che presto torneranno a nord, Forse si stanno preparando a prendere il via in formazione serrata, per tornare poi qui nello stesso posto come ogni volta tra diversi mesi. Ma, man mano che ci si avvicina, ti accorgi invece che quelli che avevi creduto tronchi, non sono altro che giganteschi coccodrilli lunghi anche più di cinque metri, che stazionano al sole con  gli occhi semichiusi e le lunghe code loricate distese in leggere curve all'asciutto. Come morti aspettano immobili, poi quando ci avviciniamo troppo, se pur lentamente, con apparente pigrizia, si muovono appena lasciandosi scivolare là dove l'acqua è appena più profonda e dopo poco, ne vedi solamente la parte superiore delle orbite e le narici poco più avanti. 

Chiedo al barcaiolo, se non possa accadere che questi animali, date le loro consistenti dimensioni ed anche il numero degli esemplari, non possano dirigersi verso le imbarcazioni con intenzioni malevoli o anche solo casualmente dannose al loro equilibrio, ma il tipo dice che questo non succede, aggiungendo poi, un poco convincente, di solito. Procediamo, ancora lungo un altra barena, tra lo zampettare di cavalieri d'Italia o così almeno sembrano ad osservare le lunghe zampe rosse e sottili e stuoli di paperelle chiassose, mentre di tanto in tanto altri coccodrilli maestosi compaiono, qualcuno anche accompagnato da un piccolo. Più avanti altri rettili al sole, ma stavolta più piccoli, sono gaviali, un particolare tipo di alligatore indiano di dimensioni inferiori, un paio di metri al massimo, ma con un muso allungato e molto stretto, molto particolare. Qualcuno se ne sta con la lunga bocca sottile spalancata e rivolta verso il sole, mostrando una lunga lingua rosa ed una chiostra paurosa di denti aguzzi. Mi sembra infatti che queste bestie sudino dalla lingua e per questo motivo amino stare proprio a bocca aperta, ma dorse è una roba da settimana enigmistica che mi son sognato. Poco più in là altri corpi immobili, più piccoli questa volta: Sono tartarughe dal carapace liscio e verdastro che rimangono col capo rivolto verso l'alto i lunghi e sottili rostri tubolari chiusi, come ad attendere qualcosa con i becchi rivolti all'in su. 

Coccodrillo

Comunque l'atmosfera è idilliaca, una sorta di juriassic park dove puoi semplicemente continuare a scorrere sull'acqua lentamente e senza disturbare, godendoti completamente quello che ti circonda. Un'era primordiale dove l'uomo non è contemplato. Noi stessi in fondo siamo lì per sbaglio. E invece no. Incongruamente dall'altra parte del fiume, dalla riva scoscesa ecco che scendono alcune ragazze, coperte con sari rossi che svolazzano nel velto, con grandi cesti sul capo, fino alla riva, dove coi piedi a mollo cominciano a lavare panni colorati. Del loro villaggio non c'è traccia, di certo molto al di là, oltre la csarpata, al riparo dalle piene del monsone. Fino al fiume si arriva solo per lavare o per prendere l'acqua. Alcuni bambini giocano nel fango lungo la riva. Sono così lontani che non si sentono i loro rumori e di certo non li sentiranno neppure i coccodrilli. Almeno si spera sia così. Quando ce ne andiamo, ritornando verso il grande ponte, sembra che anche l'immenso fiume respiri di sollievo, liberatosi così dalla nostra intrusione, gli uccelli ricominciando a pigolare becchettando in cerca di molluschi ed i grandi rettili continuando a riposare tranquilli, chissà forse in attesa di quelche preda di passaggio. La nostra auto se ne va, borbottando per risalire la pista e raggiungere la falesia, poi il fragore dell'autostrada. Tutto lungo il fiume invece ritorna alla calma immobile dei millenni precedenti. A noi invece non rimane che raggiungere l'albergo al di là del fiume. 

Gaviale

SURVIVAL KIT

L'ingresso del palazzo

Dholpur palace - Raj Niwas heritage hotel - Magnifico albergo di lusso vicino a Dholpur, con grande parco annesso al Palazzo del vicerè, visitabile. Ha una quarantina di camere tra suites e villette, sparse nel parco. Prezzi a partire da 100 Euro, che considerando la location sono piuttosto poche. Poco frequentato perché decisamente fuori mano. L'albergo organizza le visite al parco dello Chambal river poco lontano. Nel giro di un'oretta, usufruendo di un silenzioso gommone, potrete vedere una ricca avifauna acquatica, coccodrilli ed i rari gaviali indiani. Zona poco battuta e che a mio parere vale la pena per una sosta alternativa, per chi ha già visto la vicina Agra.



Hotel Indralok Palace - Morena - Situato fuori città lungo l'autostrada. Quindi dovrete disporre dell'auto se volete muovervi al di fuori dell'albergo. Molto bello e nuovissimo. Molto pulito e ben funzionante. Camera spaziosa, letto king, bagno ottimo anche se con poche dotazioni. AC, TV, frigo, caffé, acqua. Free wifi. Ottima colazione. Buono il ristorante, suggerisco il pollo al limone davvero buono. Personale molto gentile e bel giardino esterno. Unico problema, un po',fuori mano. Camere su 40 €.

Sulle rive del Chamdal



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martedì 23 aprile 2024

Mostre a Torino

 

Un suggerimento per chi passa da Torino. Non perdetevi la bellissima mostra al Mastio della cittadella di Torino che presenta oltre 120 opere del grandissimo Toulouse Lautrec, in occasione del 160 anni della nascita. Una serie di lavori molto completa che racconta con grande ricchezza di particolari, la vita e l'opera di questo postimpressionista, inventore della grafica pubblicitaria e del manifesto, oltre che avere la capacità di raccontare i personaggi e la vita di quella Belle epoque che segnò la fine del XIX secolo. Un paio d'ore ben spese. A qualche centinaio di metri di distanza se avete ancora un po' di tempo, a Palazzo Lascaris, universalmente riconosciuto come uno dei più bei palazzi di Torino, potrete vedere, con accesso gratuito, una bella mostra che racconta la storia dei proprietari che si sono succeduti nei 400 anni di vita del palazzo, oggi sede del Consiglio regionale. Se poi rimanete a Torino due giorni, consiglierei di non perdere la straordinaria esposizione alla Promotrice delle Belle Arti al Valentino, di Antonio Ligabue. Quasi 100 opere esposte, tra l'altro con una ottima illuminazione che permette di gustarle nel modo migliore, per raccontare la storia di questo artista straordinario, che forse non ha avuto la fortuna che si meritava. Molti dei suoi quadri più noti ed anche parecchie straordinarie piccole sculture, forse ancora più coinvolgenti per la forza plastica che mostrano. Una vita perennemente in bilico tra manicomi e selvaticità, che tanto lo avvicinano a Van Gogh, a cui quantomeno, lo accomuna la straordinaria matericità coloristica. Davvero una visione piacevole e soddisfacente.




domenica 21 aprile 2024

India 13 - Verso Dholpur

Holi ante litteram ad Alessandria - aprile 1955


Il fruttivendolo

Ormai è quasi sera. Oggi ce la siamo presa comoda, dopo gli stress degli ultimi due giorni. Anche davanti al nostro albergo c'è un via vai intenso,. Adesso che la festa sta per finire, c'è un po' l'aria di chiusura, anche se i vari banchetti sono ancora in piena attivività, con tutta la gente che transita, qualcuno avrà ancora voglia di comprare qualche cosa, meglio quindi stare sempre all'erta. Solo i venditori di colori sembrano aver completato la giornata, qualcuno sta già caricando sul carretto i suoi sacchi, tutti sporchi, un arcobaleno variopinto, che riprende posto sul carretto. Mi fermo ad un banco di frutta particolarmente ricco, per rifornirmi delle consuete banane, che mi sostengono durante la giornate di digiuno e non so resistere ai bei mandarini esposti sapientemente in piramidi regolarissime, i più belli naturalmente in cima. E' questa una varietà particolare particolarmente grande e succosissima, con la buccia  un po' lasca, quasi già staccata dagli spicchi, che si toglie con grande facilità, quasi in un sol pezzo e lascia scoperto l'intero frutto, che ha un sapore particolare, dolcissimo e agrumato al tempo stesso. Un frutto che si trova soprattutto nel subcontinente indiano. Con 60 rupie me ne prendo un bel chilo che il vecchio venditore mi mette nel consueto saccchettino di plastica nera. Non resisto e comincio a mangiarmene uno ancora prima di essere rientrato. Buonissimo. 

Roshan

Intanto nella hall, Roshan ci saluta definitivamente. E' stato un validissimo accompagnarore in questi tre giorni che ha vissuto con noi, attento e preoccupato soprattutto dela nostra incollumità, quando la calca diventava troppo densa e forse pericolsa. Adesso che il suo lavoro è finito, mostra il suo largo sorriso soddisfatto. E' un bel ragazzone di 38 anni, anche se non li dimostra. Vive a Delhi e adesso che il suo lavoro è finito si scioglie un poco. Così veniamo a capire il motivo della sua allegria, non si tratta solamente dell'atmosfera dell'holi, che certamente coinvolge gli indiani ancora più di noi, ma del fatto che il 22 di aprile si sposa! Certo che si sente su di giri. Ci fa capire che la ragazza è stata scelta con cura in accordo tra i genitori e le famiglie, magari con l'aiuto di qualche sensale, come da tradizione ed è certamente bellissima. Sarà un gran matrimonio e durerà come d'uso più giorni, cinque addirittura, con tutti i parenti delle due famiglie presenti. I matrimoni indiani sono assolutamente straordinari, ricchi di colori e musica. Ne abbimo già visti diversi e ad alcuni abbiamo anche partecipato. Una festa vera! Così gli facciamo i nostri migliori auguri, di figli maschi naturalmente; adesso ha ancora un gruppo di clienti in arrivo, andrà ad accoglierli domani, per un giro classico e poi via a casa a prepararsi. Lo sposo deve essere nella sua forma migliore e la sua futura sposa lo aspetta sicuramente con ansia trepidante. 

Holi

Intanto, dopo un bel piattone di riso pilaf decisamente bianco, con i suoi lunghi chicchi indica, che crocchiano sotto i denti, mentre mi posso consolare computando a mio favore un basso indice glicemico, nonostante le banane ingurgitate nella giornata, veleno per noi sempre sulla soglia di un livello di glicata pericolosa, ce ne andiamo a riposare, dopo aver cercato di spurgarci definitivamente anche se inutilmente di tutte le scorie colorate assorbite in questi tre giorni. I vestiti questa volta seguono il loro previsto destino e scivoliamo tra le braccia del dio indiano del sonno. Domani ce ne andremo, ma l'holi continua, tranquilli, perché il tutto il resto dell'India infatti si svolge nel fine settimana successivo a quello di Vrindavan, quindi mi sa che ce lo ritroveremo anche prossimamente. Per inciso, parlando a posteriori di questa bellissima festa con gli amici, ho notato come molti si stupiscano di una usanza così bizzarra e selvatica, un poco barbara, un poco folle, soprattutto riguardo al lancio delle polveri colorate, trovandola assolutamente lontana dai nostri modi di pensate. Invece se ci pensate bene tutto ciò ha un concetto di base che è abbastanza coomune a molti carnevali in giro per il mondo e probabilmente pochi dei miei conterranei si ricordano di una manifestazione carnevalesca che si svolgeva appunto a fine marzo o ad aprile nella mia città, Alessandria, in un passato piuttosto recente. 

Il fioraio

La cosa, come riportano le ricerche fatte dall'amico Ballerino, nel suo libro: 90 anni - La nostra storia, che racconta tanto della nostra città, nacque nel famoso Bar Baleta per iniziativa dell'AGA, l'associazione goliardica alessandrina, scomparsa da decenni. Pare infatti che nel 1949 un certo Salvaneschi, che si presentò al bar con un sacco di borotalco, pensò di organizzare una sorta di battaglia con quelli del bar Sport. La cosa ebbe seguito nella vicina piazzetta e poi per le vie della città e dopo le vibrate proteste dei cittadini bempensanti, ci fu finalmente l'approvazione del sindaco Basile e nel 1955 si svolse in una piazza Garibaldi, transennata per lìoccasione ed organizzata con mura di cartapesta e personaggi in costume, la vera e propria Battaglia del borotalco che si svolgeva tra gli assedianti del Barbarossa, i Crucchi ed i Mandrogni. Fu la rievocazione del cosiddetto Assedio alla Città della paglia. Il borotalco era stato fornito dalla ditta Paglieri che lo produceva ed i combattenti si scagliavano piccoli sacchetti appositamente confezionati, mentre grandi sacchi venivano lanciatio da catapulte attrezzate per la bisogna. Naturalmenete anche gli spettatori, numerosissimi che stazionavano al di là delle transenne e, i più timorosi, sotto portici adiacenti, erano coinvolti dai lanci. 

Io ero molto piccolo, avevo 9 anni e ricordo bene che il mio papà mi aveva portato in piazza eccitatisimo e poi ero arrivato a casa tutto imbiancato. La mia mamma non era venuta perché aborriva tutta quella confusione! La cosa poi finì lì perché ci furono altre proteste e lamentele che costrinsero le autorità a cancellare definitivamente la manifestazione. Quella del '55 probabilmente fu l'ultima e circoscritta appunto a piazza Garibaldi, mentre prima si svolgeva per le vie della città. L'anno successivo infatti si prese in considerazione lo stadio Moccagatta, ma un forte acquazzone (nel cosiddetto periodo dei baracconi ad aprile, ad Alessandria piove regolarmente come se non ci fosse un domani) obbligò a cancellare la manifestazione , poi sospesa per sempre date il lamento per i presunti danni da inalazione del talco e dal fatto che alcuni spettatori colpiti dai sacchetti erano addirittura svenuti e successivamente ricoverati, almeno così la raccontavano. Come vedete, nulla di nuovo sotto il sole, evidentemente ci sono modalità ed emozioni che sono o sono state comuni a tutti popoli e in molte parti del mondo, anche lontanissime . Evidentemente a me che ne sono stato partecipe quasi 70 anni fa, rimaneva un ricordo ancestrale che mi ha spinto verso questo mondo, solo apparentemente quindi esotico. 

Intanto che rimugino tra me e me queste memorabilia legate alla mia infanzia, il nuovo giorno ci ritrova sull'autostrada che scende verso sud, nella piana sconfinata che attende l'arrivo della estate torrida che è in procento di arrivare. Siamo ormai entrati nel vicino Madya Pradesh, il cosiddetto cuore del paese, e aggiriamo Agra, la città più visitata dell'India per il suo famosissimo Taj Mahal ed il suo Forte rosso, che noi abbiamo già visto in passato e pertanto, nella nostra bramosia di vedere sempre cose nuove e diverse, ci permettiamo di saltare e passare oltre, tra l'orrore del nostro Gurgeet, che mentre si aggiusta il turbante, ci propone in continuazione una deviazione verso la città del mausoleo marmoreo più famoso del mondo. Noi invece lo facciamo proseguire imperterriti verso Dholpur, un altra cinquantina di chilometri più a sud. Già perché questa India straordinaria, ha di certo delle gemme assolute, imperdibili da vedere almeno una volta nella vita e di certo Agra è tra queste, ma basta spostarsi pochi chilometri e trovi un sacco di altre cose affascinanti che meritano di essere viste e conosciute e che inevitabilmente, un visitatore casuale, nella forzata fretta di una prima volta deve purtroppo lasciare da parte. E' un po' come se uno straniero venisse in Italia e non volesse fermarsi per prima cosa a Roma, Venezia, Firenze e Napoli, costretto tuttavia dalla brevità del tour a rinunciare ad un pranzo sulle balconate delle Langhe o ai laghi sotto le Dolomiti. Così noi questa volta proseguiamo decisi. Dholpur ci aspetta.



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