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Kashgar, la città vecchia - Xinjiang - Cina - maggio 2025 |
Effettivamente il viaggio per arrivare fino a qui ci ha stremato, ma siamo finalmente in terra cinese, proprio in quella Kashgar che rappresenta l'inizio del nostro viaggio, lo stesso inizio che un tempo era considerato la porta della via della seta, nel regno di mezzo. Diverse erano le vie che dall'Europa o dal sud dell'Asia arrivavano fin qui, ma proprio in questa città tutte si riunivano e questo era il centro fondamentale di passaggio per ogni carovana che volesse arrivare al Catai fino al suo punto finale dell'odierna Xi'an che allora si chiamava Changan. E se noi siamo morti per aver viaggiato un giorno e mezzo per guadagnarci l'accesso all'oasi mitica ai bordi del terribile deserto del Taklamakan, il mare della morte, pensate alle carovane che un tempo per arrivarci ci mettevano un paio di anni, se non di più e che riuscivano ad giungerci solo grazie al fatto che su questa grande area della terra si era stesa quella che venne chiamata Pax mongolica, il dominio del grande impero creato da Gengis Khan, che primo tra i mongoli, riuscì a creare, oltre al più grande impero mai esistito al mondo, la possibilità di spostarsi senza problemi, in questi vasti spazi diventati finalmente senza confini. E possiamo solo immaginare l'emozione di chi arrivava fino a qui dopo aver attraversato la sconfinata Asia centrale e trovava questa oasi resa ricchissima dallo sviluppo dei commerci e popolata da genti e razze di tutto il continente che qui si incrociava, scambiando merci in una babele di lingue e abitudini diverse.
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Qui potevi giungere dai tre passi che attraversano le grandi catene che circondano il bacino del deserto, quello che va a sud verso il Pakistan, ancora oggi corridoio economico importantissimo, che arriva fino al porto di Gwadar sull'oceano Indiano e poi quello che va verso il Kirghizistan e l'ultimo che scavalcando il Pamir va verso il Tagikistan e la Persia. L'importanza quindi di questo snodo fondamentale del commercio mondiale, ne faceva, già dall'anno 1000, la città chiave per chi percorreva la via della seta e per questo motivo anche noi l'abbiamo scelta per dare il via al nostro viaggio, prendendo le mosse dal capitolo 37 del Milione che, come spesso vi ho detto, rimane per me un punto fermo di ispirazione. Ho il libro aperto davanti a me e vi leggo:
"Casciar fu anticamente reame aquale è al Gran Can; e adorano Malcometto. Ella ha molte città e castella, e la maggiore è Casciar. E vivono di mercatanzia e d'arti. Egli hanno belli giardini e vigne e possessioni e bambagia assai (il cotone), e sonvi molti mercatanti, che cercano tutto il mondo; ma sono gente iscarsa e misera, che mal mangiano e mal beono. Quivi dimorano alquanti Cristiani Nestorini, che hanno loro legge, e loro chiese e hanno lingua per loro; e dura questa provincia cinque giornate."
Una città di mercanti, insomma già allora e infatti ancora oggi qui si tiene un famoso mercato della domenica, oltre ad importanti mercati settimanali di bestiame e di cammelli e certamente anche allora di dimensioni tali, di molte centinaia di migliaia di abitanti, da stupire il mercante che qui arrivava per la prima volta.
Certamente Marco annotava, oltre alla produzione ed al commercio del cotone, che qui si parlasse una lingua diversa, in quanto fin dal I secolo, la dinastia cinese Han perse il controllo di questo territorio, che fu quindi sempre sotto il dominio dei diversi popoli turcofoni e mongoli che si succedettero fino alla tarda conquista dei Qing nel XVIII secolo, che denominò appunto tutta l'area come Xinjiang (nuova frontiera), Dalla metà dell'800 in poi però, fu tutto un susseguirsi di ribellioni in chiave anticinese, man mano che la dinastia indebolendosi, volgeva al suo termine e successivamente questi contrasti si acuirono ulteriormente con i movimenti indipendentisti Uiguri, durante tutto il '900 e ancora oggi rimangono una spina nel fianco per la auspicata armonia che il regime vuole a tutti i costi. Certamente oggi, davanti ai nostri occhi abbiamo solo una delle tante città cinesi, quasi indistinguibili le une dalle altre, costruita in massima parte negli ultimi 25 anni, con un centro modernissimo e le periferie popolate di selve di edifici di 25 piani, suddivisi in quartieri in cui fatichi a distinguere una casa dall'altra, costruite per ospitare le orde di cinesi di etnia Han, convinti con ogni genere di incentivi a migrare in queste province estreme per annacquare numericamente le etnie musulmane presenti e renderle meno disturbanti, da un lato con una pressante propaganda tesa a raccontare una storia del tutto fantasiosa di una civilizzazione portata da secoli dagli Han ad una serie di tribù di barbari litigiosi e con i quali oggi si vive in una placida e meravigliosa armonia.
Nel contempo si procede ad una spedita operazione di opacizzazione e cancellazione della cultura precedente, minimizzando usi e costumi, osteggiando la lingua, chiudendo moschee e madrase o trasformandole al limite in attrazioni turistiche se, data l'importanza artistica non si può proprio abbatterle. Naturalmente in caso di opposizione reale si provvede in altro modo, ça va sens dire. Di certo non mi aspettavo di arrivare nell'oasi che aveva ricevuto Marco, ma anche la selva di palazzi ed il modernissimo centro tagliato da superstrade ad otto corsie in ogni direzione, è un bell'impatto. Comunque sia, cerchiamo di occupare il resto della giornata che ormai volge al termine per sbrigare gli aspetti pratici che ci saranno indispensabili per il corso del nostro viaggio. Domani invece cominceremo la visita vera e propria della città. Intanto cerchiamo di procurarci dei soldi cartacei, visto che subito abbiamo avuto qualche difficoltà con la tecnologia. Già, perché come forse vi ho già accennato in Cina la cartamoneta è praticamente scomparsa a favore delle applicazioni su smartphone con le quali si paga tutto. Ma questo sarà argomento di un apposito capitolo. Sta di fatto che andiamo di corsa prima che chiudano alla vicina agenzia della Bank of China, pare l'unica titolata a fare il cambio, ma solo in dollari, visto che l'Euro sembra piuttosto misconosciuto da queste parti. L'agenzia è piccola ed il nostro arrivo scompiglia un po' le carte e non so se per cortesia verso lo straniero o per loro comodità, veniamo dirottati verso uno sportello speciale, saltando la coda in attesa.
L'operazione di cambio si rivela però molto complicata, come se per l'addetta, che esegue il tutto, fosse la prima volta. Un po' stralunata e con faccia preoccupatissima, procede ad ogni step con attenzione maniacale, ad esempio le tre banconote da 50 dollari vengono contate con la apposita macchinetta conta soldi per ben tre volte, forse per essere sicura di non sbagliarsi oppure per prassi obbligatoria consolidata. Innumerevoli problemi comporta poi la compilazione di diversi moduli per riportare i dati del passaporto che provoca molti dubbi di interpretazione forse a causa degli inusuali caratteri latini da translitterare. Un cliente, che poi è anche il proprietario del vicino negozio di giade, che è l'unico in giro che conosce qualche parola di inglese si precipita a dare una mano, mentre grande uso viene fatto dei traduttori automatici dei telefonini, anche se mi sembra che non ci sia molto da spiegare nella transazione. Poiché comunque l'affare si ingrossa, subito accorrono altri addetti, una, più esperta, per dare una mano alla sportellista alle prime armi, che di tanto in tanto consulta quello che potrebbe essere un manuale di istruzione per casi problematici, gli altri, tra cui la guardia all'ingresso, a procurare sedili per i componenti del nostro gruppetto in attesa, affinché non si spazientiscano troppo. Non solo, un'altra bancaria si prodiga immediatamente a distribuirci bicchieri di acqua calda, prelevata dall'apposito distributore, per ristorare gli stranieri in paziente attesa.
Non c'è altro probabilmente ma di certo, siamo anche un po' imbarazzati, non pensavamo di provocare tutte queste complicazioni. In pratica abbiamo bloccato l'intera filiale, ma gli altri clienti, ben lungi dal lamentarsi o protestare per l'inconveniente, si scambiano impressioni sulla situazione che, inopinatamente, sta prolungando anche i loro tempi di attesa. I dollari sono stati controllati con molta attenzione più volte più volte, affinché non presentassero il minimo segnetto, macchia o piegatura che comportasse qualche piccolo taglio, pena il rifiuto reciso ed inappellabile e infine incassati. Alla fine l'operazione viene perfezionata e gli yuan computati, ricontrollati più volte con la macchinetta conta soldi e finalmente consegnati all'interno di una busta, con due mani come si conviene tra persone educate, anche se noi a tutti gli effetti dovremmo essere considerati barbari occidentali e forse tali siamo. In totale è passata un'ora e dieci minuti circa, usciamo esausti e ci dirigiamo a svolgere la successiva operazione, l'acquisto di una SIM cinese che ci consenta di usare il telefonino anche senza i wifi degli alberghi. Proviamo in tre negozi di telefonia diversi, che anche qui sono più numerosi dei verdurieri, ma il risultato è sempre lo stessa, le SIM non si possono vendere a chi non è in possesso di carta di identità cinese.
Una bella grana direi, visto che noi cinesi non siamo. Un negoziante ci vorrebbe addirittura chiamare due taxi per andare in una fantomatica sede centrale della Telecom China, dove forse le forniscono anche agli stranieri, dopo chissà quale complesso iter burocratico. Rinunciamo, troppo complicato e ripieghiamo su una e-Sim, acquistabile on line, che costa di più, ma alla fine garantisce anche una VPN efficace che scavalca il Farewall governativo che non permette normalmente l'uso di Google e di tutti i suoi derivati(mail, maps, traduttore, ecc.) e WhatsApp, che in effetti da questo momento funziona in modo quasi regolare. Questo è uno dei problemi di base che si deve affrontare visitando questo paese e che va affrontato seriamente se volete viaggiare in autonomia, ma ci faremo un discorso a parte. Rimane solo più da mettere sotto il becco qualche cosa, visto che siamo in giro da quasi due giorni, ingerendo poco o nulla e sarà pure che la cucina cinese è una delle più famose del mondo, ma tra la difficoltà di comprensione dei menu ed il rapporto complesso con i camerieri, pur volenterosissimi, riusciamo alla fine a mettere insieme un piatto di noodles, talmente speziati che ci cuociono la gola per i due giorni successivi e poco più. Fatto ciò stramazziamo nei letti fulminati dal sonno del giusto. Domani penseremo alle visite più in particolare.
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