lunedì 29 aprile 2024

India 19 - Al confine

Hattari-Wagah cerimony - India border - marzo 2024 - (foto T. Sofi)

 

L'arena

La vita del turista è tutto un rincorrere orari ed impegni per poi alla fine della giornata smarcare un elenco di punti sul foglio del programma. Delitto assoluto è lasciarne indietro qualcuno. Ti sembra di essere venuto meno ad un dovere inderogabile, di non aver adempiuto ad un obbligo che ti spetta, perché diversamente, hai speso male i tuoi soldi. Lo so che è sbagliato e che non si identifica con quello che dovrebbe corrispondere allo standard del vero viaggiatore, ma capisco che alla fine vieni preso da un gorgo che ti porta in questa direzione e quindi eccoci qui, un po' stanchi, anche se siamo stati seduti per sei ore e più, sul treno che tagliava la piana del Punjab, che percorriamo i 35 chilometri che portano la cosiddetta Grand Trunk Road, l'unica aperta in questa zona, che congiunge i due riottosi paesi confinanti, al confine di Attari-Wagah. No, non vogliamo sconfinare in Pakistan, anche se sarebbe uno dei miei desideri, ma solamente arrivare a questo punto chiave dove si svolge ogni giorno, prima del tramonto, una famosa cerimonia, che vorrebbe rappresentare il combattuto rapporto tra i due stati fratelli coltelli. L'idea è nata nel 1999 seguendo la tradizione decisamente britannica della Beating retreat che risale al 1600, quando alla sera, al suono ritmato dei tamburi, l'esercito si ritirava dal campo di battaglia dopo aver ammainato la bandiera. 

L'ingresso i controlli

Erano certo guerre di altri tempi in cui contava molto un certo formalismo esibizionistico. In questo caso, proprio sulla linea di confine contrassegnata da una enorme e folkloristica cancellata, ogni sera una rappresentanza dei due eserciti, bardati nei più splendidi cosumi tradizionali, si fronteggiano, in una, visivamente aggressiva, esibizione di forze, con una parata complessa e accuratamente studiata nei movimenti e nei tempi, fino al momento esatto in cui il sole tramonta, ora in cui i cancelli scorrevoli vengono aperti e i due rappresentanti si stringono la mano e si svolge l'ammainabandiera da entrambe le parti. Subito dopo la barriera si richiude e la cerimonia finisce. Il tutto è ormai diventato uno spettacolo molto seguito dai turisti locali e anche la presenza di stranieri è numerosa, tanto che sui due lati del confine è stato costruito un vero e proprio stadio con altissime gradinate che contiene più di 50.000 persone e che ogni giorno viene riempito fino all'inverosimile. Infatti ci hanno chiarito che se non arrivi con largo anticipo, non riesci neppure ad entrare nell'emiciclo o comunque a trovarti un posto con un buon punto di osservazione. Eccoci infatti arrivati sul posto, ma pur essendo partiti per tempo, la grande strada a quattro corsie è completamente intasata e siamo sempre fermi. Alla fine per fare il tratto in questione ci mettiamo quasi un'ora e mezza. 

Scendiamo ad una bella distanza dall'ingresso, l'auto finirà in un parcheggio dove ci diamo appuntamento con il nostro Gurgeet e ci avviamo a piedi tra la folla, tanto per cambiare strabocchevole. A rimarcare il carattere molto nazionalista della cosa, moltissimi spettatori marciano compatti stringendo tra le mani una bandierina indiana da sventolare, o comunque recano insegne, vestiti o cappellini con i colori nazionali. Bisogna considerare che i due stati sono in continuo attrito, anzi decisamente sempre sull'orlo di minacce di guerra e spesso, in qualche tratto di confine avvengono scaramucce che a volte sfociano in veri e propri atti di guerra vera che lascia sul terreno qualche vittima. Insomma quanto meno questa sceneggiata potrebbe avere una funzione di smorzamento delle scintille, anche se condotta con una certa aggressività di modi. Comunque saliamo le gradinate, ma anche se siamo in anticipo di oltre mezz'ora dall'inizio dello spettacolo, i posti migliori sono già tutti occupati. Riusciamo ad infilarci, quanto meno dalla parte a favore di sole per le foto, sul bordo di una barriera che ci separa da posti misteriosamente riservati non si sa bene a chi. Le autorità naturalmente arrivano all'untimo momento e prendono posto sulle poltrone disposte proprio al limitare del confine, dopo essere state accuratamente omaggiate di corone di fiori attorno al collo, che si affrettano immediatamente a togliersi quasi con un moto di fastidio. 

Le signore, poi sono le più sussiegose e sono bardate da abiti elegantissimi, naturalmente le indiane in sari, mentre le avversarie dall'altra parte, in eleganti punjabi dai colori nazionali, verdi e neri. Al momento la spianata davanti ai cancelli è occupata da una folla di giovani e ragazze che inneggiano cantanddo e sventolando le bandierine, mentre dall'altra parte, specularmente avviene più o meno la stessa cosa. Poi la spianata centrale, che è poi null'altro che l'ultimo tratto di strada che arriva ai cancelli, viene liberata dalla gente e comincia la parata vera e propria dei militari accompagnati dai rulli di tamburi e dei roboanti strumenti che accompagnano le marce degli eserciti. Drappelli di altissimi soldati con copricapi ottocenteschi, marciano con fare aggressivo verso la barriera, con passi abnormi e coreografici, alzando il piede fino ad oltre l'altezza del capo e dirigendosi con fare minaccioso nei modi ma soprattutto negli sguardi, verso i loro omologhi che si oppongono al di la delle sbarre in una sorta di Aka nella quale ogni esercito vuole mostrare di essere fortissimo e determinato a difendere la sua terra da qualunque tentativo di invasione. I soldati abbaiano minacce verso il nemico ad ogni movimento e uno speaker ufficiale da ognuna delle due parti aizza la folla sugli spalti con grida nazionalistiche, così che con cori ritmati salgono al cielo, di qua il grido Industan, Industan, mentre dalla parte opposta si urla Pakistan, Pakistan. 

Vi assicuro che non sembra affatto un invito alla pace ed alla fratellanza, ma una vera e propria sfida minacciosa e realistica, anche se stereotipata. Alla contrapposizione naturalmente partecipano anche donne in divisa, che appaiono se possibile, nei modi e nei toni, ancora più feroci e determinate. Dopo un lungo contrapporsi con l'intento di mostrare agli avversari chi ce l'ha più lungo, alla fine viene l'atteso momento, con mossa fulminea i cancelli scorrono con grande clangor di ferri e catene, il varco si apre finalmente e i due militari che si contrappongono a distanza ravvicinata, con i nasi che quasi si toccano, a dimostrazione che mai si tireranno indietro, con mossa brusca si stringono per un attimo la mano, poi si voltano e tornano nei ranghi. La cerimonia ha avuto negli anni delle leggere modifiche dettate dal maggiore o minore stato di tensione tra i due stati. Nel 2010, infatti si decise di renderla formalmente meno ostile, con l'introduzione appunto della stretta di mano e di un sorriso. A testimonianza che l'attrito non è solamente un aspetto formale, bisogna ricordare infatti che nel 2014, dalla parte Pakistana ci fu un attentato suicida che uccise 60 spettatori e ne ferì oltre un centinaio e succesivamente nel 2016, le crescenti minacce di guerra tra i due paese, indussero ad un irrigidimento degli atteggiamenti, ad esempio, anche se fa un po' ridere, considerata la situazione, fu sospeso il tradizionale scambio di dolci che avviene nei giorni dell'indipendenza dei due paesi e nella festa dei Diwali e dell'Aid. 

Gli Indiani

Insomma una manifestazione con molti aspetti che danno da pensare al di là dei momenti folkloristici e colreografici, che in ogni caso la rendono molto attrattiva e divertente per gli spettatori. Finito quindi lo scambio dei saluti, i cancelli si richiudono pesantemente e le enormi bandiere vengono ammainate tra le ovazioni della folla. Quello che dà da pensare di più, al di là degli atteggiamenti mimati dai drappelli di protagonosti addestrati allo spettacolo, è proprio questa latente aggressività delle due tifoserie, nelle cui grida e atteggiamenti leggi chiaramente un sentimento negativo verso quelli che stanno dall'altra parte. Non è ancora arrivato il momento dell'amicizia e della fratellanza tra due stati, checché si voglia dire, fratelli e legati inestricabilmente dalla storia, che solamente la religione, il vero male dei popoli, è riuscita a dividere. Sono passati quasi 80 anni da quello che qui chiamano la Partizione e quel periodo tragico, che ha provocato milioni di morti oltre ad un esodo incrociato di decine di milioni di individui, non è ancora affatto dimenticato. Ad Amritsar, c'è appunto il Museo della Partizione che ricorda quel macello infame e su quella stessa linea ferroviaria che noi abbiamo percorso mangiucchiando dhal e chapatti e bevendo thè, i treni che portavano masse sterminate di esuli al di là e al di qua del confine, venivano regolarmente bloccati dagli avversari, e i fuggiaschi depredati di ogni cosa e trucidati senza pietà con metodica e scambievole perseveranza, perché l'odio non ha confini e alberga ugualmente nelle menti offuscate dall'intolleranza religiosa. 

I Pakistani

Fu una barbarie assoluta sanguinosa ed indescrivibile, uno dei tanti momenti bui dell'umanità e credo sia ancora molto lontano dall'essere dimenticato e questo muro invisible che la cancellata di elegante ferro battuto rende solo apparentemente trasparente, rimane con forza nelle menti e nella vita quotidiana. La ceromonia è finita, il sole è sceso e la gente dalle due parti scende dalle gradinate per farsi foto e selfie con i bellissimi soldati, addestrati appositamente allo spettacolo e con obbligo di mantenere curatissimi barbe e baffi spettacolari, pena l'esclusione. Anche le autorità che presenziavano, sarà come sempre tempo di elezioni locali e quindi questa rimane anche un'ottima passerella di visibilità, se ne sono andate. Anche noi sciamiamo tra la folla strabocchevole che si riversa fuori dallo stadio verso il parcheggio, Ci metteremo quasi un'ora solo per uscirne, la coda di auto è talmente disordinata, con i mezzi che cercano di sorpassarsi in ogni direzione, creando ingorghi inestricabili che bloccano ogni scorrimento, che è assolutamente inutile prendersela, qui funziona così, bisogna solamente aspettare con pazienza che alla fine la coda si sblocchi per un attimo, che noi riusciamo ad infilarci tra due macchine che hanno avuto un momento di esitazione e poi inserirsi nella coda che torna verso la città. Arriviamo che è ormai buio. Sono già le 8, è arrivata l'ora di andare al tempio d'oro, dove intanto stanno cominciando le cerimonie notturne.


SURVIVAL KIT

Attari- Wagah border cerimony - Si svolge ogni giorno con il momento clou al tramonto del sole, nel punto di confine dell'autostrada che conginunge Amritsar e Lahore, la vecchia capitale del Punjab ad analoga distanza. Cercate di arrivare almeno un'ora prima perché almeno nei periodi di festa, potrebbe anche capitarvi di non riuscire ad entrare a causa della folla o quantomeno di non trovare un buon posto di osservazione. Calcolate due ore buone per andarci e altrettante per ritornare specialmente s esiete in un periodo di festa. La cerimonia dura più o meno un'ora fino al momento dell'ammainabandiera. Poi potrete dedicare un po' di tempo alle foto coi soldati in costume, che sono davvero imponenti. Il tutto è decisamente coinvolgente e io non me la perderei. Molte agenzie la inseriscono nei tour della città, diversamente potrete arrivarci in taxi. Calcolare di ritornare in città dopo le 20. Punti di ristoro ovunque e ingresso gratuito. Ci sono altri due punti tra i due paesi, a Firozpur e a Fazilka, sempre in Punjab più a sud, dove avvengono analoghe cerimonie ma in tono minore.

I cancelli aperti


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domenica 28 aprile 2024

India 18 - Sul treno

Frutta - Amritsar - India - marzo 2024

In città
Detesto la sveglia antelucana, ma c'è poco da fare, è la dura vita del viaggiatore. Sono solo le sei e la sveglia suona implacabile, nella nostra bella camera dal tocco ottocentesco, epoca in cui certamente la gente che qui risiedeva non aveva di certo il problema della sveglia, al massimo un campanellino con cui richiamare la servitù che venisse ad azionare il ventilatore di tek. Noi invece via veloci, a darci una lavata dal rubinetto che ha gocciolato implacabile tutta la notte, ma che ci vogliamo fare, ti piace l'allure degli hotel Heritage e allora prenditi onori ed oneri. Poi corri a ritirare il box previsto per gli ospiti che se la filano prima del tempo, ordinato ieri sera, rifornisci le banane, unico cibo sicuro che il paese offre ai cagamaretti come me che patiscono il profumo di spezia, che credono di sentire dovunque e comunque e poi via gambe in spalla eppur dobbiamo andar, anzi taxi davanti alla porta che bisogna caricare le valigie. La stazione però è vicinissima come promesso e in cinque minuti siamo lì, anche perchè verso le sette il traffico, benché già fastidioso è ancora abbastanza fluido. Il nostro treno, l'Amritsar Express Shatabdi, parte esattamente alle 7:20 e le ferrovie indiane, il residuo più imprtante della colonizzazione, sono puntuali peggio degli Svizzeri. Muoversi nelle stazioni indiane è facile, le indicazioni frequenti e bilingui, basta seguire i cartelli e quello che c'è scritto sul biglietto. Numero del treno, piattaforma, numero della carrozza e dei posti prenotati a suo tempo. 

Il treno lentamente arriva come previsto una decina di minuti prima della partenza e la carrozza si ferma esattamente nel punto dove è prevista, davanti a te, come indicato sotto la pensilina. Basta salire e raggiungere i tuoi posti. Tutto facile. Abbiamo già una certa esperienza degli spostamenti in treno in India e non ci sono mai stati problemi, anche con i treni notturni, che è sempre un modo piacevole per viaggiare nel subcontinente, per gli incontri che si fanno e le chiacchiere che si intrecciano durante le lunghe ore di viaggio. Oltretutto gli indiani sono gente molto socievole e curiosa e prima di arrivare alla meta conoscerai di certo tutti i nomi della parentela vicina e lontana di chi ti circonda e di certo rimedi qualche invito alle prossime nozze di qualche figlia. Tutto sommato per gli spostamenti sulla media o lunga distanza, il treno è il mezzo migliore, riposante e comodo e sicuramente molto più rapido dell'auto o del bus, che viaggiano molto più lentamente sulle autostrade perennemente intasate e cosparse di lavori, peggio della nostra per andare in Liguria. In questo caso sei ore circa di viaggio, che per poco meno di 500 km sono una ottima media e lungo il tragitto non ci sono cose che imporrebbero una sosta, cosa invece fattibile con l'auto. La nostra carrozza si riempie rapidamente e come previsto partiamo in orario. Il treno sembra lento ma macina chilometri con costanza. Il paesaggio è monotono nella immensa piana coltivata che si estende all'orizzonte, senza che tu riesca a vederne i confini. 

Alla stazione

Intanto arriva la distribuzione delle bottigliette d'acqua che sussiegosi incaricati fanno passare dal corridoio. L'impiego nelle ferrrovie, per tradizione anglosassone, è sempre stato qui un lavoro prestigioso e per capirlo, basta guardare il severo ed al contempo orgoglioso atteggiamento degli addetti che svolgono le mansioni. Infatti arriva il controllore con un certo cipiglio, brandendo però, al posto delle attese pinze obliteratrici dei biglietti, che ormai neppure abbiamo, un moderno ipad che scorre con attenzione. Io cerco di esibire il voucher che mi era stato fornito, ma il tipo mi fa segno che non serve, ha già tutto sotto controllo e passa oltre. Accidenti, che efficienza, d'altra parte siamo o no nel paese dei migliori softwaristi del mondo, al centro delle ricerche dell'IT? Così infatti mi assicura la nostra Luisa che tutto conosce in questo campo. Poi arriva l'ora delle colazioni. E noi che pensavamo di scavare tristemente nel nostro breakfast box, preparato in hotel, un paio di mini sandwich magri come i polli che hanno prodotto l'esangue e bianco uovo sodo previsto e un minitetrapack col succo di mango. A parte il fatto che in India tutte le uova sono a guscio bianco, ma è la varietà di galline che li fanno ad essere responsabile dell'aspetto, così come del colore pallido del tuorlo, ma tranquilli che sono come tutte le altre uova che conoscete. 

Ed ecco che dal carrello ci lasciano i vassoi che recano thè e una ottima cheese omelette, che poi di paneer si tratta, il cosiddetto formaggio di villaggio, che fa anche rima, ma che va giù volentieri e serve anche a far passare il tempo. Quando oltrepassi le stazioni però, non puoi fare a meno di notare che ci sono ancora, lungo i muri che, finite le pensiline e le banchine, costeggiano per lunga parte i tratti di binari che corrono nelle periferie, compaiono infinite file di tende di plastica cerata gialla o blu, che contengono una porzione di umanità disperata che non è ancora arrivata allo status necessario a godere dello sviluppo che sta portando la nazione al terzo posto dell'economia mondiale. Qui è ancora dura e al vedere il gran numero di bambini seminudi che corrono senza tema così vicino alle rotaie, il problema si ripresenterà ancora per un pezzo, temo. Ormai siamo entrati in Punjab, il grande e fertile stato, diviso dalla Partizione in due parti col vicino Pakistan. uno dei più fertili stati dell'India e proprio per questa sua ubertosa agricoltura, chiamato anche il cesto del pane dell'India. E' infatti il più grande produttore cerealicolo del paese, principalmente frumento e riso, ma anche mais e ortaggi, data la ricchezza di acque a disposizione. 

Autogrill

Il nome dello stato significa appunto Cinque acque, dai cinque grandi fiumi che lo percorrono e lo fertilizzano. Intanto arriva anche il pranzo, un dhal di lenticchie con riso pilaf che emana un sentore di coriandolo e masala terrificante. I miei vicini se lo pappano di gusto, tuttavia dopo lo sbaraccamento dei resti, arriva l'enesima sorpresa, la distribuzione dello scodellino di gelato confezionato, una sorta di Coppa del nonno alla vaniglia che va giù proprio bene. Direi che non ci si può proprio lamentare delle FFSS indiane. Alla fine le sei ore sono passate ed il treno entra in stazione con la giusta lentezza, visto che sono più di 20 carrozze, come d'uso per i convogli a lunga percorrenza, scorrendo sui binari lucidi senza stridori. I treni indiani sono sempre lunghissimi e sembra non debbano finire mai. Scendiamo con calma, valigie alla mano, guardandoci intorno alla ricerca di facce amiche, ma intanto non avevamo dubbi, esattamente davanti alla porta di discesa il turbante rosa del nostro Gurgeet ci sta aspettando sopra al suo largo e disarmante sorriso. Tanto per capirci è partito da Delhi ieri notte, appena dopo che ci ha lasciato in hotel e delle 5 ore di guida da Bharatpur. Ha guidato tutta la notte, con un paio di ore per riposare sui sedili di dietro della macchina ed è arrivato a prenderci sotto la pensilina meno di un'ora fa. E sorride. bisognerà considerare tutto ciò, quando penseremo alla mancia. Intanto abbiamo avuto l'ennesima riconferma che il treno è un'ottima soluzione. Andiamo allora subito in albergo a rassettarci (noi) perché la giornata è ancora lunga. 


SURVIVAL KIT

In stazione
Treno Delhi - Amritsar Jn - Treno 12029 /Shatabdi. Arriva in 6h e 10m.  Ci sono diverse opzioni, la più consigliabile è quello delle 7:20 a.m. che parte dalla stazione centrale di New Delhi (5 min. da Connought place). Comunque controllate gli orari sul  link indicato perché cambiano a seconda delle stagioni. Biglietti sui 19 $ per i posti cosiddetti CC che consiglio, con AC, in 5 per fila, abbastanza comodi, c'è anche la classe superiore (4 per fila sui 28 $). I pasti, colazione e pranzo e l'acqua sono inclusi. Acquistabili anche on line dall'Italia, ci sono molte soluzioni con prezzi che variano da 5 $, i più scomodi coi sedili in legno senza AC e poi fino a 173$, con 3 sedili per fila, superlusso. 

Sawera Grand Hotel - Sawera tawer - Katra Bhaghian - All Bazar - Amritsar - Un 3 stelle sicuramente di categoria superiore, molto bello, pulito e rinnovato di recente. Camere molto spaziose, TV, AC, frigo, free wifi in camera un po' debole, acqua e kit per the/caffé, phon, cassaforte, ventilatore, letto king, bagno moderno e spazioso. Comoda posizione per raggiungere il tempio d'oro, meno di 1 km, con tuktuk (100 R).. Doppie sui 30 € inclusa colazione (fino a 40 in alta stagione). Ristorante con bella terrazza sul roof. Personale molto gentile. Consigliatissimo.

Amritsar


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sabato 27 aprile 2024

India 17 - Back to Delhi

Nel traffico - New Delhi - India - marzo 2024

Nel traffico

Delhi è un mostro tentacolare che tenta di stritolarti tra le sue spire di grande boa asiatico. Ti afferra e ti circonda ammaliandoti, con le sue doti ipnotiche, con tutto il suo armamentario di monumenti antichi pieni di fascino e di storia, con il suo fascino di esotismo subliminale, condito da vecchie paturnie di ricerca di se stessi, le stesse che cinquanta anni fa cercavano le mie generazioni dalle voglie introspettive e che poi non erano altro che l'uscita dal mondo reale e il perdersi tra i fumi delle sostanze, con i suoi profumi di spezia, di incensi, di marcescenza dolce e non offensiva. In realtà la stretta di Naga, il sacro serpente compagno di Shiva, si manifesta in un traffico sempre più tentacolare e paralizzante, contribuito ed aumentato dalla corsa alla modernizzazione, ad uno standard di benessere più diffuso e quindi di conseguenza a consumi sempre più inquinanti e pletorici che confliggono soprattutto con il suo problema più grande, l'incontrollabilità della sovrappopolazione. Inutile pensare che questo problema possa essere risolto dalla politica o dal paese stesso, con leggi, istruzione o semplice buon senso. Ci hanno provato tutti con l'imposizione o con le blandizie ed i regali, prima si donavano transistor, poi una bicicletta a chi accettava la vasectomia, poi con la pubblicità e i manifesti sulla famiglia ideale, dei due adulti con una bambina e un bambino caricati sulla stessa Vespa, status sociale dell'epoca. Nulla ha funzionato. 

Forse solo una vera e diffusa situazione di benessere globale, funzionerà automaticamente senza richiederla, come è accaduto nel mondo occidentale, ma qui siamo ancora lontani. Intanto una cappa di smog irrespirabile grava sulla città bloccata dal flusso delle auto nelle arterie principali e dalla massa di microveicoli, che si agitano nelle traverse secondarie occupate fino all'inverosimile da carretti, banchi, trabiccoli, tricicli e soprattutto cumuli di immondizie. Il nostro albergo è proprio a ridosso di Connaught place, il grande cerchio che porta ancora i segni di quel dominio inglese che ha fatto grande la città. In  mezzo a tante case e palazzotti di fine '800, costruiti quando ancora le auto non rappresentavano neppure un futuro possibile. E' una bella casa d'epoca di certo appartenuta ad una ricca famiglia che gravitava nell'area britannica, gradini all'ingresso e marmi dappertutto, piccolo patio interno con giardinetto e fontana e logge nei piani superiori, insomma tutto l'occorrente per essere rimaneggiato e trasformato in uno di quelli che adesso vengono etichettati con la dicitura di Heritage hotel. Che tra l'altro mi piacciono molto, perché ti danno quella sensazione d'antan, che ti fa assaporare il tempo passato, quasi fossi ancora uno di quegli inglesi in giro per il mondo che per quasi la metà consideravi tuo a tutti gli effetti e nel quale ti muovevi come un padrone, senza bisogno di carte, di visti o di permessi. 

Ma abbiamo ancora un paio d'ore prima di cena e sono preso, ma lo avevo già previsto, dalla voglia irrefrenabile di tornare in quel primo mercato di strada che avevo conosciuto cinquanta anni fa e di cui avevo subito un fascino imperituro, quello che una volta veniva chiamato Mercato tibetano di Jampath road e che oggi, scopro, di tibetano conserva ben poco. Ci arriviamo col solito tuktuk che ci lascia dove comincia la strada. Trascuriamo di entrare nel colossale Palika market che corre sotterraneo sotto tutto l'anello della piazza, tutta roba che interessa solamente i locali, in massima parte tessili e vestiario e percorriamo invece la teoria dei banchetti della radiale. Dal punto di vista teorico sono sempre gli stessi di un tempo, qui ci sono stato ripetutamente, ogni volta che sono passato dalla capitale, ma l'aria mi sembra diversa, c'è meno gente, i venditori sembrano più sofisticati e meno inclini a cercare di convincere all'acquisto il passante riottoso, chiamato a gran voce dai concorrenti man mano che passeggia. Qualcuno di certo è salito di categoria e sarà migrato in uno dei tanti negozi che fiancheggiano il marciapiede e la piazzetta adiacente, belli ed eleganti, di certo dai prezzi congruenti alla qualità. Gli stessi articoli da souvenir, qui venivano soprattutto gli stranieri e si trovava praticamente tutto quanto era possibile produrre nel resto del paese, sembrano meno numerosi, sia in numero che in tipologia. 

Rimane quindi quella che più che altro, ormai anche per il mio gusto, smagato dagli acquisti molteplici di decenni successivi, è paccottiglia, di cui, intendiamoci, ho già la casa piena. Anzi potrei senza problemi, mettere insieme un banchetto assai più ricco di molti di questi che sto scorrendo con sguardo distratto. La stessa parte tessile, mi sembra meno variata e particolare, ma di certo sarà che la mia testa si è assuefatta a questa droga e avrebbe necessità di dosaggi sempre più forti per crearmi l'eccitazione ricercata. Insomma vorrei dire che percorriamo tutto il mercato con una certa patina di delusione, anche se poi non è neppure vero perché, camminando e fermandomi di quando in quando a palpare una pashmina, a valutare una tovagliett,a ad osservare un pendente di pietre false, ma con una sua bellezza povera e quasi commovente, ti puoi cullare in quello che senti decisamente come la bramosia nostalgica di quel desiderio impossibile di giovinezza perduta, che poi è quello che ci fa tirare avanti nonostante le gambe diventino ogni giorno più pesanti. Inoltre anche se non ti ricordi neanche più quello che hai mangiato ieri sera, ti tornano invece distintamente alla mente, quelle trattative serrate per quei bracciali di avorio antico, per quella statuetta di Shiva Nataraja che forse adesso è al fondo di una vetrinetta coperta di polvere. Ricordi l'omino che rideva ai tuoi sforzi per calare ancora il prezzo, la stretta di mano definitiva, la soddisfazione di aver risparmiato ancora venti rupie, pochi centesimi in effetti, per la sola gioia della contrattazione. 

Hotel Jyoti Mahal

Duole solo constatare che questo è una delle tipicità dell'anziano. Così cerco di rinverdire l'abitudine e alla fine compriamo un paio di cosette, più che altro solamente per poter avere l'occasione di fare una trattativa, di provare a se stessi di non essere ancora completamente arrugginito nella tecnica commerciale. La madamona che magnifica il suo scialle, resiste meno del solito, ormai forse non si usa nemmeno più, tutto questo; ho visto molti negozi che ormai espongono il cartello Prezzi fissi e si rifiutano di contrattare; si sta perdendo questa abitudine orientale anche nello stesso oriente, non c'è più religione. Così finirà per sempre quel lasciare al compratore la soddisfazione ed il convincimento di aver fatto l'affare della vita,  dell'essere riusciti a strappare il massimo, salvo poi trovare lo stesso oggetto pochi banchi più avanti ad un prezzo ancora inferiore. C'è poco da dire, lo sappiamo bene, il venditore parte sempre avvantaggiato, conoscendo il suo prezzo minimo d'acquisto, che al contrario tu puoi solo ipotizzare e la sua abilità sta proprio nell'impreziosirlo con la chiacchiera, facendolo stimare molto di più del suo valore intrinseco. Per fortuna che alla fine, incappo in uno di quei classici misunderstanding linguistici che contribuiscono al piacere di questi momenti. Infatti ingaggio una furiosa contrattazione per un ciondolo tibetano, apparentemente antico, di osso e turchese, dalla forma accattivante, insomma un bel pezzo. 

Rubinetterie d'epoca

Ci accapigliamo fino ad arrivare a 90 rupie, un euro esatto e io soddisfatto estraggo la scarsella con il contante, quando il meravigliato venditore, mi certifica che non ci siamo capiti e non di 90 rupie si tratta ma di 90 euro! MI sembrava strano, in fondo l'occhio per le cose belle ancora lo conservo. Ridiamo insieme per l'incomprensione e ci salutiamo cordialmente. Ecco il bello dei mercati orientali, Tui puoi far perdere tempo al negoziante, che da noi ti manderebbe al diavolo e poi andartene senza comprare nulla e senza acrimonia alcuna da parte sua, anzi leggi nei suoi occhi solo un divertito piacere per la chiacchierata fatta e le impressioni scambiate. Ah, la mercatantia, che piacere, che arte, che soddisfazione, la sapienza che ha portato la civiltà e l'ha fatta crescere in giro per il mondo, che si nutre di libertà e di pace, per poter prosperare e far prosperare la gente! (da L'elogio del mercante, opera filosofica che mi piacerebbe scrivere in onore del settecentesimo anno della morte del mio idolo, Marco Polo). Intanto si fa tardi e torniamo in albergo col solito mezzo, anche se devo notare che anche qui come abbiamo avuto modo di vedere in altre città indiane, stanno scomparendo i tuktuk fatti con le Ape Piaggio, sostituiti con altri mezzi tricicli, di un brand diverso, che tuttavia mi sembrano decisamente più rozzi e malfatti, più scomodi nei sedili più corti, anche se probabilmente vincenti in quanto più stretti e quindi forse più maneggevoli nel passaggio dei vicoli. Insomma il mondo va avanti anche se lento pede. Ceniamo nel roof all'aperto dell'albergo, riuscendo ad ottenere un pollo arrosto e patate, con una gustosa birra Kingfisher, completamente privo di spezie, che tuttavia riesce ugualmente ad anestetizzarmi la bocca. Cado nel sonno del giusto, piuttosto presto per prepararmi alla levataccia di domani mattina.

Il patio

SURVIVAL KIT

Jyoti Mahal Heritage Hotel - Pahargani - Delhi - Centralissimo nel bazar attorno a Connought place a soli 5 minuti dalla stazione ferroviaria. L'albergo benchè molto grazioso proprio per questo aspetto di antico palazzotto nobiliare, risente della difficile manutenzione di questi casi. Ha comunque camere spaziose con mobili antichi, con AC, TV, frigo (ma non funzionante), prese volenterose, ventilatore rumoroso, free wifi. L'ambiente dal piccolo patio al ristorante sul roof è decisamente accattivante, a partire dagli antichi lucchetti che chiudono le camere, ma considerate anche un po' di rumorosità e di rubinetti gocciolanti e un  bagno che avrebbe bisogno di un po' di restauro. Dotazionei scarse. Molto vicino anche a Jampath road se volete far due passi alla sera. La doppia attorno ai 40 Euro. colazione inclusa, secondo i periodi e possono anche dimezzarsi in bassa stagione per le camere più scarse.

Connaught place - E' il cuore britannico della capitale con la sua cerchia di colonnati e il grande parco giardino al centro, circondata di negozi e con il mercato sotterraneo che percorre tutto il circle. Per visitare e comprendere la capitale cominciate da qui. All'incrocio con Janpath, comincia il noto e antico mercato tibetano al quale, se non lo conoscete converrà comunque dare un'occhiata per vedere le ultime tendenze indiane in materia di souvenir. Perdeteci almeno un'oretta, occhio ai borseggiatori, almeno così recitanoi molti cartelli che trovate in giro, siamo sempre in una grande capitale.

Nel traffico

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venerdì 26 aprile 2024

India 16 - Keoladeo National park

Airone rosato - Keoladeo National Park - Bharatpur - India - marzo 2024

 

Oche mongole
Un centinaio di chilometri di autostrada più a nord, siamo quasi a mezzavia per Delhi, dove arriveremo stasera, il traffico è davvero intenso e si procede a scatti evitando con cura i creativi che vengono in senso inverso e le lunghe file di camion colorati e sbilenchi che occupano quasi interamente le corsie di marcia. Abbiamo schivato da qualche chilometro la famosa Fatepur Sikhri, la città morta dagli splendidi palazzi abbandonati e siamo proprio sul confine con il Rajastan e siamo proprio alla periferia di Bharatpur, un'altra di quelle piccole città, così almeno la si considera in India, dove varrebbe pure la pena di fermarsi a dare un'occhiata al suo forte, ai suoi palazzi dal moresco stile moghul, ai suoi templi sul fiume, ma non abbiamo il tempo di soffermarci così a lungo e quindi ci ritagliamo un piccolo spazio, due o tre ore, per gustare la riserva naturalistica del Keoladeo National Park, una zona umida che si estende ad ovest della città e che viene data come una delle più ricche di avifauna del nord dell'India, nonché patrimonio Unesco, cosa che è sempre una patente di garanzia. C'è parecchia gente, tutti turisti indiani e vedi subito che il sito è frequentatissimo, segno che anche qui è diventato di moda andare ad osservare la natura, cosa caratteristica delle società opulente o che comunque lo stanno diventando. 

L'organizzazione dispiegata all'interno del parco segnala che in ogni caso ci si aspettano grandi numeri di visitatori. Noi veniamo affidati alle mani o meglio alle attenzioni di Prakash, quello che possiamo definire un ranger di lungo corso, che vanta subito esperienze di accompagnatore per la BBC ed il National Geografic, non so se mi spiego. Scegliamo il giro di due ore, che consente di penetrare la riserva nella sua parte centrale e di vedere il maggior numero degli animali presenti. In effetti la strada percorre  un terrapieno che si inoltra tra le paludi che si estendono a perdita d'occhio in tutte le direzioni e dopo un poco ci si perde rispetto agli altri visitatori. Rimani quindi quasi subito in una gustosa solitudine silenziosa, tra gli acquitrini che pullulano di vita. Le specie presenti sono centinaia, sia stanziali che migratorie, che in questo periodo si stanno preparando per il lungo viaggio verso nord dove trascorreranno la pausa estiva, che qui è caldissima, dopo aver sorpassato le vette himalayane. Noti subito infatti gruppi di oche mongole che sono raggruppate dove le erbe sono meno fitte e, pur pascolando tranquille, sembrano prese da una certa eccitazione, si muovono in tondo, richiamandosi l'un l'altra. Anche le cicogne con i lunghi becchi colorati hanno lasciato i grandi nidi sui rami neri e rinsecchiti più alti e becchettano lungo gli argini. 

Daino

Non hanno più piccoli da addestrare al volo evidentemente dato che ormai tutti dovrebbero essere in grado di compiere il grande balzo quando arriverà il momento. Gli aironi invece rimangono immobili in mezzo alla palude, i lnghi colli raccorciati in esse sinuose. Ne vedi di ogni colore, grigi, grandi e magrissimi, rossi e rosati, i più grandi con un ciuffo di penne sul capo, che li fa semmbrare pernnemente spettinati, fino alle piccole egrette bianche che paiono faticare a rimanere in equilibrio sulle secche zampe nere. C'è poi una fittissima quantità di anatre di ogni tipo, germani, moriglioni e molti altri di cui dimentichiamo immediatamente il nome non appena Prakash finisce di elencarceli. Gruppi di spatole rovistano nel fango vicino alle rive in cerca di cibo, compiendo un'opera di ricerca programmata ed attenta, senza lasciare spazi inesplorati. Altri uccellini di piccola taglia, ma coloratissimi, popolano gli alberi vicini rendendoli vivi con cinquettii di ogni genere. Ci spostiamo di pozza in pozza, questa più popolata di pellicani bianchi e grassi che si muovono, litigiosi, brandendo i grandi becchi gialli come armi e gonfiando la piega sottostante, forse per affermare la propria predominanza sul tratto di terreno emerso, dove stano i loro nidi. Riusciamo a vedere anche le evanescenti e rare gru siberiane che migrano solo qui ed in una altro punto a sud della catena himalayana. 

Gru dalla testa rossa

In un'altra zona, più spettrale, pare una palude delle serie di Hanry Potter, una lunga fila di alberi neri senza foglie, segna il confine tra le acque ed è popolata da un gran numero di cormorani anch'essi così neri da confondersi con i rami stessi. Il nostro accompagnatore è attrezzatissimo e piazza di quando in quando un grande monocolo a 45 ingrandimenti su di un robusto treppiede, lo punta con cura e ci mostra qualche esemplare raro più lontano. Così ecco due gru dalla testa rossa, altri strani uccelli dai lunghi becchi che sembrano non combaciare tra di loro, ma che la natura ha selezionato in questo modo proprio perché riescano meglio a scovare il cibo adatto alla loro specie. Ma non di soli uccelli stiamo parlando, in quanto tra gli argini delle paludi non pascolano solamente mandrie di bovini, capre e bufali immersi fino al collo nelle acque stagnati, dove emergono solamente le corna arcuate e le narici, ma anche un gran numero di grandi antilopi, i sambar così comuni in gran parte del subcontinente, i timidi nilgai ed i più piccoli daini picchiettati di bianco. Insomma una bella serie di animali da osservare con calma e piacere. Certo è praticamente impossibile vedere il leopardo, che pure si dice sia presente in qualche esemplare che che si muove soprattutto di notte. 

Cavaliere

Ci sono anche pitoni di grosse dimensioni, così almeno si evince dalle foto che ti accolgono allì'ingresso, ma noi non ne abbiamo visti. Un luogo comunque interessante, nel quale potresti trascorrere ore, acquattato tra gli alberi, semplicemente a guardarti attorno. Noi intanto ci mangianmo un paio di banane, stando attenti ad evitare gli scimmiotti sempre in agguato, che hanno la turpe abitudine di saltarti vicino e se distratto, rubarti occhiali, cappelli e macchine fotografiche, rifugiandosi poi sugli alberi vicini e strepitando fino a che non si effettui lo scambio tra oggetti rubati contro viveri di conforto, banane, altra frutta o biscotti. Sembra che questa abitudine sia ormai inveterata e dato che ormai tutti fanno una certa attenzione, i perfidi animaletti stanno diventando sempre più abili ed aggrssivi. Così ce ne andiamo perché se è vero che mancano meno di 200 chilometri per arrivare a Delhi, non abbiamo ancora coscienza del traffico che troverermo nei pressi della capitale. Infatti anche calcolando una mezz'oretta di fermata idraiulica e ristoratrice a mezza strada, ormai le zone di sosta autostradali sono diventate di livello europeo, con bei locali e fast food di ogni tipo e marchio internazionale, per arrivare ci mettiamo più di quattro ore. 

Gru siberiana

Man mano ci si avvicina al centro di Delhi, veniamo presi da un vortice di traffico talmente vorticoso e fitto da costringerti a procedere a passo d'uomo per lunghi tratti, quando non rimani fermo ad aspettare che ingorghi spettacolari negli incroci principali non si sblocchino, tra il trillare dei fischietti di decine di agenti che mulinando i manganelli cercanoinutilmente di sbloccare i blocchi. Comunque a poco a poco e con gran fatica, arriviamo fino a Connaught place, il vero ombelico della città vecchia, che riconosco con piacere appena percorriamo il tratto finale di Jampath road, una delle radiali che la raggiungono. E' un poco un tuffo al cuore ritrovare la prima città indiana della mia vita, quando proprio qui arrivai per la prima volta nel 1974, esattamente 50 anni fa. Mi guardo intorno e di questa enorme massa di persone che mi circonda e affolla i marciapiedi, le strade, i parchi, la maggior parte non era ancora nata. Sfiliamo quello che era allora il Jampath Hotel, già allora caro e superiore al mo budget, tanto che lo abbandonammo dopo la prima notte per un più modesto alberghetto subito dietro al colonnato della piazza. Adesso ha cambiato nome ed è stato ristrutturato in un ancor più lussuoso albergo a cinque stelle. Noi ci infiliamo nel dedalo delle viuzze dietro alla piazza, in cerca del nostro; il signor Mamlesh che ci attendeva in motorino, ci guida in vicoli tra i quali la nostra auto passa a fatica, tra tuktuk, risciò a pedali, carrettini di frutta e altre cianfrusaglie che ingombrano anche il poco passaggio disponibile, Il tempo passa ma l'India alla fine non cambia mai.

Martin pescatore


SURVIVAL KIT

Parco nazionale Keoladeo - Importante zona umida a pochi chilometri da Bharatpur; nasce da una riserva di caccia presente nell'800 e appannaggio del maharaja locale e dei suoi ospiti inglesi. Si dice che fosse così ricca che pare che appena prima della guerra in una partita di caccia il Vicerè abbia abbattuto oltre mille anantre in una sola battuta! Attualmente ospita oltre 370 specie di uccelli tra i quali anche la rara gru siberiana e una popolazione di cicogne dipinte, oltre a moltissime antilopi di diverse specie. In una visita di due o tre ore, è garantito che ne potrete avvistare non meno di 50 o 100 diverse. Il parco è sito Unesco dal 1985 ed è meta di moltissimi visitatori. Il parco può essere vistato a piedi, in bicicletta o con appositi risciò elettrici con l'accompagnamento di guide autorizzate. Ingresso 285 Rupie. Il tuktuk con la guida 1600 per due ore + mancia. Ci si può arrivare anche in treno dato che la stazione è una importante Junction tra le più grandi città della zona (Delhi, Agra, Jipur, ecc.). 

Nella vicina città potrete visitare il forte Lohargarh, il palazzo moghul con annesso museo e diversi templi tra i quali il Bankenbihari, sul fiume, che contiene la magnifica statua in marmo bianco della dea Ganga. 



Cormorani
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