martedì 27 maggio 2025

M17 - La cammellata nel deserto

Dune a Chinguetti - Mauritania - febbbraio 2025

 

Sfatiamo subito un mito, la cosiddetta cammellata nel deserto, alla fin fine è un must semi obbligatorio a cui tutti i turisti che si trovano catapultati in qualunque area desertica del mondo, devono soggiacere volenti o nolenti. Ogni agenzia che si rispetti ha cura di inserirla nel programma, evidenziandola in grassetto nel dépliant e qualcuno a cui avevo, una volta, manifestato le mie perplessità, mi aveva detto che se per caso non la proponevano, i clienti poi si lamentavano sempre di essere stati deprivati di una cosa vitale, per cui diciamo che la passeggiata sul dromedario, più o meno lunga, diventa alla fine un obbligo certo. Per la verità è anche comprensibile che, dopo aver tanto parlato di carovane e di favolosi itinerari tra le dune, quando sei lì e per la prima volti vedi quei musi lunghi che masticando boli di rigurgito di erbe, ti guardano con occhi acquosi ed espressioni un po' dubbie, magari ti viene voglia di provare, ma l'effetto finale di questa esperienza è nella maggior parte dei casi un po' deludente. Tutto questo non tanto per scoraggiarvi a provare l'emozione, almeno una volta nella vita, ma poi anche basta così. Io, avendo già dato, come già vi ho relazionato, e anche parecchie volte e in diverse parti del mndo, non sono morbosamente affezionato a questa pratica, anche se sono sempre del parere che tutto quanto fa spettacolo e quindi avanti Savoia, quando capita. 

L'ultima esperienza la ebbi nella terrificante salita all'Erta Ale in Etiopia, con una tre ore notturna su un terreno costituito da masse di lava cordonata su cui sarebbe scivolato anche un bradipo, figuriamoci un povero dromedario caricato di 100 chili di turista maldestro, ma che tuttavia aveva la sola alternativa di farsela a piedi, quindi in questi casi bisogna fare di necessità virtù e quindi arrivare in cima con le terga piagate e zitti senza un lamento e dir che è dolce, anche se poi la discesa me la sono beccata a piedi, pensando di avere così concluso la mia esperienza cammellifera, ma qui, il vedere i ragazzi pronti e sorridenti con le briglie in mano e le bestie che facevano finta di niente, guardando dall'altra parte, mi ha messo nella condizione di non voler dare un dispiacere e soprattutto togliere quella minima frazione di reddito su cui i tizi avevano ormai fatto conto, visto che stazionavano sotto il palmeto da almeno un'oretta e visto anche che avevamo aderito alla soluzione breve. Fatto sta che Brahim parcheggia la Toyota sotto le palme e noi andiamo a sottoporci di buon grado all'agone facendo il nostro prevosto dovere di turisti. D'altra parte come ci assicura Ahmed, il paese è solo ad un'oretta di distanza ed il percorso tra le dune molto affascinante. 

L'animale destinato a me è un bel maschione robusto, visto che evidentemente è stata calcolata con cura la mole da trasportare e mi sembra che lui stesso la valuti con occhio piuttosto critico, visto che mentre mi avvicino, comincia a ragliare, non so se si dica così, come un matto, mostrando chiari segni di non aver nessuna voglia di togliere il muso dalla sacca della biada e andare a farsi una passeggiata come  dice il mio amico Giulio in piemontese stretto, en gnùn post, visto che di sacchi di soma o lastre di sale da trasportare non ce ne sono in vista. Infatti mi sembra che di norma i dromedari delle carovane portino solo poche decine di chili di peso, se no, il sindacato protesta. Almeno così avevo visto nel deserto della Dancalia. La mia bestia, a cui mi avvicino per tentare di fare amicizia, mi guarda subito di sbieco, come se volesse far finta di non avermi visto, verso di me ha solo un occhio enorme, di un azzurro intenso come giustamente lo sono tutte le vesti degli abitanti dei deserti e vanta ciglia lunghissime e folte che lo fanno apparire come un personaggio di un cartone animato disneyano, vecchio stile. Cerco di accarezzarlo, tanto per creare un contatto, vorrei dire umano, ma lui non se ne dà per inteso, anzi, distoglie il muso con disdegno e continua a lanciare sonore proteste di quello che è un misto tra un muggito, un miagolio e peggio un rauco e ansimante raglio contestativo. 

Il suo conducente non se ne dà per inteso, anche se io gli faccio capire che se non ne ha voglia, per me è lo stesso e lo abbranca per la cavezza, che è attaccata con un robusto anello al naso e, poveraccio, adesso capisco perché sbraita, lo costringe a tener la testa bassa. Poi tocca a me tentare di salire in groppa nell'incavo che sta quasi sul cocuzzolo della gobba (ma non gli farà male a sta povera bestia) dove è posizionata e ben fissata, almeno spero, una sella berbera atta alle mie delicate terga. La salita è abbastanza impegnativa comunque e per nulla semplice, infatti la posizione della colorata sella di legno è piuttosto alta e issarsi a cavalcioni della stessa, impone acrobazie inusuali per l'anziano, che di norma è già in difficoltà a scalare i gradini di media misura. Intanto mentre Tiziana ha compiuto invece con la classica agilità che contraddistingue l'atleta abituata a ben altre tenzoni, io prendo le distanze e raccolte le forze, naturalmente con debito aiuto, non mi ricordo in questo momento se fornito anche di sgabellino per fare il primo balzo con adeguata spinta posteriore, mi isso con una certa eleganza in arcione, pur se l'animale, che evidentemente non gradisce affatto, continua a dichiararlo a gran voce. Comunque sia, mentre mi abbranco all'apposito sostegno cruciforme della sella, non è certo finita qui, ma bisogna passare alla seconda fase, nella quale la mala bestia tenta di alzarsi.

Cosa che fa in due tempi, dapprima sollevando, dopo intense sollecitazioni ed inviti stentorei del suo padrone, le zampe posteriori, cosa che mi pone in condizione di precipitare in avanti, visto l'angolo assurdo che si forma con quella parte anteriore di dromedario che non sembra abbia nessuna voglia di alzarsi e poi quando finalmente si solleva anche davanti, ecco che si produce un identico contraccolpo all'indietro, di certo volontario, che l'animale pone in essere nella speranza di sbalzarti via, liberandosi definitivamente dello sgradito ospite. Ma non ha fatto certo il conto con le abilità cavalcatorie del suo cliente e giocoforza, alla fine, mi deve tenere in groppa. A questo punto, avendo forse compreso che tanto non c'è niente da fare ed è assolutamente inutile protestare chiude il becco e si mette in assetto di marcia. Tiziana è già in sella da tempo ed aspetta solo il via alle danze; alla fine partiamo verso l'infinito. La sua bestia è femmina e decisamente più pacifica e si trascina dietro anche un piccolo che evidentemente sta imparando il mestiere dalla madre, anche se pure lui, avendo capito cosa lo aspetterà nella vita, non sembra felice, ma alla fine questa è sempre la stessa espressione che mostrano tutti  camelidi del mondo, dal lama alla vicunia, gliela hanno fatta così che ci possiamo fare. 

Intanto comincia un tortuoso percorso tra le dune, il piccolo  palmeto subito lasciato alle nostre spalle è definitivamente scomparso e noi, circondati dalla sabbia, possiamo con buona ragione sentirci ormai persi per sempre, anche se i nostri cammellieri vanno con passo sicuro e leggero, lungo le curve delle dune, per fare un percorso il più possibile piano e riducendo al massimo le differenze di quota per renderlo meno faticoso. C'è poco da dire però, i viaggi in questi spazi dei quali non avverti quale sia la direzione, né il punto di arrivo, dopo aver subito perso dietro di te il riferimento della partenza, non possono che dirsi comunque fascinosi e poco importa se non trovi la giusta posizione sulla sella e lo strusciar del coccige sul pur morbido tappeto, ti ricorda che stasera dovrai giocoforza ricorrere a qualche crena lenitiva, non essendo abituato a questi stravizi e né a questo modo di viaggiare, ma basta buttare intorno l'occhio, al sole che cala davanti a te, dietro una duna più alta delle altre, le ombre che si allungano dietro, mostrandoti immagine antiche che hai apprezzato tante volte sul National Geographic, e devi concludere che è pur sempre una bella emozione. I colori mutano adagio adagio. Le parti in ombra delle dune alla tua sinistra, abbandonato ormai l'ocra intensa, quasi rossa del pomeriggio avanzato, cominciano a mostrare sfumature di viola sempre più carico, anche il cielo al di sopra assume una colorazione indaco pesante e simile ai proverbiali mantelli degli omini del deserto. 

Il vento è completamente cessato e non si sentono altri rumori se non la posa morbida delle zampe degli animali che le appoggiano con sapienza sulla sabbia pe non affondare e fare meno fatica possibile così come i conducenti, che sembrano procedere senza fatica alcuna. Non senti più il minimo rumore oltre al fruscio delle larghe vesti. Si è vero la mia gamba destra si è un po' addormentata, causa probabilmente la mancanza di afflusso di sangue, forse per una improvvida posizione, anche se la tengo incrociata attorno a quello che pare un timone davanti alla sella, passandola sul collo della mala bestia, come ho letto sia la giusta posizione prescritta per il bravo cammelliere, ma decisamente le vertebre cervicali del camelide continuano a strusciare su e giù, lungo la mia caviglia e non so se stiamo andando bene o meno. Comunque resisto stoicamente cercando di mantenere un ondeggiamento ritmicamente collegato all'andatura della mia cavalcatura, come tutti i manuali del neofita consigliano di fare. Tiziana mi precede, più leggera ed il piccolo segue la madre con andatura irregolare, girandosi di tanto in tanto verso di me come a chiedermi: ma dove stiamo andando, eppure vorrei dirgli, mi sa che sto giro te lo becchi quasi tutti i giorni, dunque  smettila di lamentarti che siamo quasi arrivati, visto che è un'ora che stiamo scavallando dune. Forse ci siamo persi, in fondo è sempre questo il pensiero che accompagna il viaggiatore degli spazi deserti; tra un po' scenderà la notte e dagli anfratti nascosti tra le dune usciranno i malefici jinn in cerca delle paure profonde nascoste nella parte peggiore delle nostre anime. 

Non so, ma intanto ecco di fronte a noi una grandissima altura, che mi sembra subito la duna grande che sta alle spalle di Chinguetti e sulla quale già ieri eravamo saliti a vedere il tramonto. Non vorrei illudermi, visto che alla fine come in ogni bravo miraggio, ogni duna sembra uguale all'altra, come facessero apposta per ingannarti e farti definitivamente perdere la strada di casa, ma questa volta ci ho preso e giunge quindi il momento di scendere. Il mio animale, ormai neppure protesta più, forse ha capito che la corvée per oggi è terminata e una volta scaricatomi, si gira subito, andando via senza salutarmi. Noi invece saliamo in alto per abbracciare con lo sguardo la bellezza straordinaria che ci circonda. Dopo una mezz'ora l'ovale giallo è sceso definitivamente dietro l'orizzonte. I colori si sono via via annullati in una tovaglia di velluto nero, trapuntata di paillettes luccicanti. Camminiamo verso la Toyota per ritornare in città, per aspettare l'ora di cena. Ahmed veramente propone anche l'alternativa, dato che mi ha visto affascinato dalla stellata che si sta esibendo sopra di noi, di dormire nel campo tendato fuori città, che tra l'altro è di Mohammed, lo stesso proprietario della nostra struttura, per avere l'altro classico richiesto da tutti i turisti, la notte in tenda o meglio ancora alla belle étoile, nel deserto, ma il destino forse, non è una sliding door davanti alla quale tu puoi scegliere, quale futuro avere. Forse tutto è già segnato e la tua scelta è solamente una ingannevole illusione, ogni cosa è già scritta nel grande libro, devi solo avviarti verso quel destino segnato, portando con te la sicurezza di avere tu stesso, da solo scelto quello che sta per accaderti. 



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