lunedì 16 gennaio 2017

Madagascar 15: Il canale di Pangalanes


Il canale Pangalanes

La spaiggia a Manakala
A Manakara senti l'odore del mare, che non è soltanto il profumo di salsedine, di pesce e di brezza delicata, ma qualcosa di più completo. Un senso di molle voglia di sdraiarsi tra le palme, di guardare le figure di bimbi che si rincorrono nell'acqua bassa, di rumore di risacca che fa risalire piano la marea, di alga marcia che si secca al sole, di sud del mondo che aspetta. E' una costa complessa anche se sulla carta ti sembra rettilinea. La sfilata di sabbie infinite si perdono ai lati del tuo sguardo, ma la vita vera è subito dietro. Come in molti tratti di mare dell'oceano indiano, appena alle spalle della spiaggia, che l'accumularsi della sabbia ha reso ricca e corposa, si è formata quasi una linea di dune che si fa barriera a protezione del territorio retrostante, come a dividere due regni, quello dell'oceano senza confini e un sistema di specchi d'acqua, di canali e insenature, quelli che altrove vengono chiamati backwaters, alimentati a loro volta dai corsi d'acqua che arrivano dall'interno, che costituiscono un ecosistema a sé stante, calmo e tranquillo, segnato da distese di mangrovie, paludi e tratti fangosi, delimitati da tutta una serie di arginelli e passaggi che l'opera dell'uomo ha provveduto a plasmare per il suo uso. 

Un villaggio di pescatori
Qui è poi intervenuta una mano progettuale complessa che ha creato nel tempo una sorta di canale artificiale che corre poco all'interno della linea del mare, addirittura per più di 600 chilometri. Una via fluviale che è stata utilizzata durante il periodo coloniale come un sistema efficiente per il movimento di mezzi, merci e persone in un'area davvero difficile e priva di altre vie di comunicazione. Il canale di Panganales è diventato così un luogo di grande interesse, nonostante la decadenza sopravvenuta con la fine di questi traffici commerciali. Lungo le rive vedi ancora scheletri di edifici predisposti al commercio, alla lavorazione dei prodotti, del mare e della terra, magazzini di stoccaggio abbandonati, ponti che allacciano le rive, caduti per l'incuria del tempo. Antiche distillerie che lavoravano la canna da zucchero, fabbriche juta, segherie di legni rari, spezie, essicatori di pesce e sistemi di conservazione della frutta o di altre derrate alimentari. Tutto in disarmo, testimonianze mute di un mondo perduto che faceva delle colonie uno dei cardini del sistema economico di un paio di secoli fa. 

Bambinidel villaggio
La vita intanto prosegue e i Betsimisaraka, il gruppo etnico che popola quest'area, continua gli usi di una vita ancestrale, lontana dalla civiltà, come i tanti popoli dell'acqua del mondo, fatta di pesca e di agricoltura semplice, raccogliendo i frutti che la terra rigogliosa regala, in villaggi precari di capanne semplici erette ai margini del fiume. La palma del viaggiatore è qui l'unico materiale da costruzione. Le basse palafitte erette nei punti un poco più sollevati non garantiscono certo sicurezze temporali, bastano piogge un poco più violente e l'acqua si solleverà di qualche metro portando via tutto, costringento gli uomini a caricare sulle barche il poco che si può, in attesa che il livello ritorni normale, permettendo poi di andare alla ricerca di un altro luogo dove ricominciare a costruire. Il mercato del pesce è a ridosso della lingua di spiaggia dove si apre un varco che consente di arrivare fino al mare. Le donne stanno lì a vendere il pescato che i mariti hanno riportato a riva il mattino presto. Grandi pesci colorati del tropico, granchi ipertrofici, gamberi di ogni dimensione, conchiglie, il tutto sparpagliato sulla sabbia o al massimo in cesti e secchielli, in attesa dell'interesse di qualche compratore. 

Una nepentes carnivora
Qualcuno arriva dal paese a comprare, per rivendere poi al mercato della città vicina. Le piccole piroghe con le vele fatte di sacchi di plastica cuciti assieme, vanno e vengono, approdano nell'acqua bassa e poi se ne vanno lungo il canale spinte dai colpi ritmati dei remi. Non puoi resistere a queste sirene, devi salire su un legno leggero e lasciarti portare, scivolando sulle acque e perderti in questo dedalo di passaggi. Lasciati andare, ascolta soltanto lo sciabordare del remo a pelo d'acqua. le rive scorrono dietro di te, la vegetazione ora più fitta ti nasconde il percorso, poi, quando si fa più rada, godi la vita sugli argini, l'uomo che posa le nasse, i ragazzini che pescano dall'albero che si sporge, le capanne vuote di donne lontane che trapiantano riso, un piccolo villaggio dove barche dalla chiglia sfondata giacciono sulla riva, come cadaveri di pesci spiaggiati. Tra le capanne, un fumo di carbonella segnala che qualcuno cucina, i bimbi più piccoli corrono sulla riva a vedere la novità. Puoi scendere a girare tra le frasche, a far sentire la tua presenza incongrua e fuori luogo eppure attesa e sperata perché qualche cosa porta di utile ad arricchire la pesca e il raccolto. Puoi passeggiare nei campi a scoprire colture ignote, erbe rare, piante carnivore, piccoli ananassi selvatici, frutti sconosciuti, essenze ed erbe medicinali da distillare, eucalipti per i nervi, citronelle, profumi rari, perché l'uomo non lascia nessuna occasione per sfruttare a suo vantaggio la natura che lo circonda. 

Orchestra
Prosegui sempre più all'interno tra palme e campicelli. Quattro capanne al limitare di un'ansa tranquilla. Qui puoi fare un picnic per sfogare la pantagruelica bramosia divoratrice del turista, aragoste, insalata di papaya verde, gamberoni, riso al curry, manghi succosi e deliziose meline verdi acidule con un grande nocciolo scuro all'interno. La brace fa il suo sporco lavoro, i crostacei riempiono di profumi la brezza, come si fa a resistere. I bambini erano già lì da tempo ad osservare la novità, gli altri arrivano pochi alla volta. 

Tantoper togliersi la più grossa
Salta fuori una tanica da olio che fa da percussione, una specie di chitarra fatta con assicelle di legno e subito si suona e si balla, i turisti sono contenti e la gente delle capanne ancor di più, tutto reddito aggiuntivo che male non fa, ma l'atmosfera del posto è davvero particolare. Un mondo diverso, sperduto non nello spazio ma nel tempo. Sembra incredibile ma qui intorno non vedi neanche un telefonino e vi assicuro che sono davvero pochi i luoghi del mondo dove questo ancora accade. La via del ritorno non è lunga abbastanza, perché manca la voglia di tornare, anche se i barcaioli cantano una playlist infinita e ritmata a cui devi partecipare perché il gingle ti continua a risuonare tra le orecchie e non riesci a fare a meno di ripeterlo, anche se i remi sbattono, anche se le rive scorrono veloci, i rami scendono sull'acqua troppo in fretta, la testa gira troppo, troppo, troppo rum alla vaniglia, non sono abituato.


IL mercato del pesce
SURVIVAL KIT


Mercato del pesce

In piroga sul Palanganes - Imperdibile esperienza da fare sui canali retrostanti la città di Manakala di almeno mezza giornata. Diverse soluzioni attorno a 100.000 Ar, incluso pranzo con aragoste e crostacei vari. Vedrete la spiaggia, il mercato del pesce, qualche villaggio lungo le rive, ma soprattutto godrete di un'atmosfera di altri tempi in un luogo magico, senza motori o altre tracce di civiltà. Potreste essere nell'800. Ambiente circostante di acque ferme e campi coltivati, potrete fare una passeggiata sugli argini alla scoperta di tutta una serie di alberi ed erbe poco conosciute, visitare villaggi dove si distillano essenze e profumi. In generale è compreso un ricco picnic. Non dimenticate di mancificare adeguatamente gli abitanti del villaggio che si prodigheranno per voi (almeno 10.000 Ar) e i pagaiatori (altrettanti). Comprate collanine, essenze e altre cosette, contribuirete così a far girare l'economia locale.

Vecchio ponte crollato

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Les enfants des villages des Pangalanes ne semblent pas en bonne condition physique .
Gros ventre , côtes saillantes , cheveux maigres .extrême pauvreté évidemment .Là non plus , rien n'a changé
je me régale à refaire le voyage à Madagascar grâce à ton excellent blog
Jac.

Enrico Bo ha detto...

Le Madagascar est en effect un des pays plus povres que j'ai vu.

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