Dai che forse anche quest'anno ce l'abbiamo fatta!
Auguri a tutti gli amici!
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Dal web |
Eccoci qua, si avvicina, domani, il giorno del bilancio di questo anno balordo, cosa che ti costringe ovviamente a fare conto di cosa ci aspetta in futuro; cosa succederà di peggio ancora, come si muoverà il mondo dopo una botta di questo genere. Tranquilli non succederà quasi niente, tutto andrà avanti più o meno allo stesso modo salvo lievi variazioni, come è sempre capitato di fronte a tragedie epocali del passato, ben più pesanti di questa. L'uomo, questa specie malefica e pervasiva, ha una capacità di adattamento che le fa superare scogli di ben altra portata; anche le cose più tremende rilette a distanza di anni, hanno una valenza minimale, incidenti di percorso, da aggirare ed aggirabili in qualche modo. Certo ben diverse sono le tragedie individuali, i morti prima di tutto, che hanno un nome ed un cognome e non sono solamente numeri, poi quelli rovinati e impoveriti tragicamente, quelli che rimarranno senza lavoro, che per quanto i governi cercheranno di aiutare, non avranno mai i ristori necessari, per loro niente sarà come prima, ma per l'umanità nel suo complesso, niente altro che una cacata di mosca sui libri di storia, citata forse in un paio di righe. La pandemia, dal punto di vista medico, si risolverà nel corso dell'anno, un po' perché generalmente questi virus verso la fine del secondo anno di diffusione in qualche modo si attenuano, per i più vari motivi, è sempre successo così, un po' perché i vaccini alla faccia di chi è dubbioso, daranno il colpo decisivo. L'economia devastata avrà un potente rimbalzo nella maggior parte dei paesi (già si intravede quello cinese e gli altri seguiranno), naturalmente i più bravi dipiù, gli altri al seguito e comunque a prendere l'effetto traino.
Ovviamente, i maniscalchi saranno costretti a chiudere, mentre chi indovinerà i nuovi business crescerà a dismisura, anche se poi i cambiamenti effettivi saranno pochi. Qualcuno però inevitabilmente ci sarà. Di quelli negativi non voglio neppure parlare, me ne dispiaccio troppo e lo sapranno meglio fare altri. Tra quelli positivi è quasi certo che il modo di lavorare avrà dei cambiamenti anche abbastanza sostanziali e che provocheranno nuove problematiche da discutere e da risolvere. In tutti i casi in cui sarà possibile, credo nella maggior parte, almeno la metà delle ore lavorate si faranno da casa, provocando qualche cambiamento nel mondo del trasporto pubblico, dei centri di business e non solo. E questo secondo me è una cosa di grande interesse che ci porrà di fronte a problematiche nuove da sfruttare al meglio. Il campo della medicina poi, come ovvio, sarà uno di quelli più interessato dai cambiamenti, generalmente favorevoli. Intanto si è capito bene come, nel caso di necessità, mettendoci assieme sforzi comuni e tutto il grano che serve, i risultati si possono ottenere in tempi molto più raccorciati e inoltre le nuove strade dell'RNA ricombinante, non del tutto nuova, ma già indagata nel caso del vaccino di Ebola e la strada molto promettente (anche se molto più costosa) degli anticorpi monoclonali, faranno fare un importante passo avanti nelle cure tumorali. Questo credo che sarà il lascito positivo di maggiore importanza di questo virus, anche se ci ha tolto un anno di vita mentre ad altri, troppi, l'ha tolta del tutto.
Questo, se capiterà, basterebbe da solo a farci considerare un po'meglio questa tragedia collettiva e a farci vedere con maggiore serenità i Natali futuri, secondo me e sotto questo aspetto, anche se alla mia età perdere un anno è cosa davvero pesante, lo posso ritenere accettabile, tra l'altro non potrei fare diversamente. Certo il periodo, nella sua interezza, rimarrà un momento straordinario di studio nella psicopatologia delle masse che potrebbe essere utilmente investigato per capire la testa dei popoli nel loro complesso. Per esempio, sentimenti inspiegabili al limite dell'assurdo, eppur così presenti in abbondante percentuale, come il rifiuto della scienza, l'incredulità di fronte alle realtà più banali a fronte di spiegazioni cervellotiche e fantasiose, l'entusiasmo per le stupidaggini e la crescita esponenziale del complottismo in genere, quasi che il virus abbia colpito, con effetto collaterale pesante, soprattutto l'attività neuronale della massa. L'isteria dell'informazione, l'incapacità generica del sistema democratico di rispondere alle necessità immediate, l'azione comune della massa, ma allo stesso tempo la mancanza di empatia all'interno della stessa. La ricerca di un colpevole esterno generico su cui scaricare il proprio odio e la propria ira repressa, la Cina, le multinazionali, le banche, l'Europa, Soros, Bigpharma, che osa guadagnare, mentre ognuno di loro, ama guarda caso lavorare gratis. Fenomeni interessanti da indagare a fondo per capire come guidare proprio queste masse, in futuro.
Ad esempio, come mai se un medico deficiente dice la sua scemenza su un social, raccoglie in un attimo più ammiratori osannanti che replicano all'infinito la sua idiozia, aumentando la valanga ignorante, molto di più di centinaia di migliaia di altri medici che fanno le cose per bene e operano nel modo anche logicamente più corretto? Perché una infermiera, che da un anno fa in modo encomiabile ed oltre il suo dovere, si presta come testimonial a farsi vaccinare tra i primi, per stimolare una risposta positiva e probabilmente risolutiva ad una importante necessità del paese, viene caricata di una valanga inarrestabile di contumelie e addirittura di minacce di morte a lei e famiglia, senza che nessuno prenda provvedimenti fattivi al di là delle chiacchiere? Difficile da capire e per me anche da accettare, ma forse utile da studiare per comprendere dove sta andando la nostra specie, che tanto si appassiona e osanna, il teo-bio-sostenibil-senzaglutine-omeopatico e dubita malamente magari di un vaccino che contiene RNA, senza neanche sapere cosa è. Che trangugia montagne di integratori inutili che contengono non si sa bene cosa, ma che sicuramente fanno tanto bene, ma guarda sospettosamente un prodotto, perché "è stato fatto troppo in fretta" e "fa ingrassare le multinazionali del farmaco". Ma tranquilli, appena si riuscirà ad infilare nella testa di tutti un microchip, con l'assunzione generalizzata dei tortellini Rana (avete fatto caso che in tutti i supermercati sono in vendita con strepitose offerte sottocosto, se non ci credete aprite le confezioni ed esaminateli ad uno ad uno e, guardando bene dentro nell'impasto con la lente, ce lo troverete senz'altro) attivati poi attraverso le radiazioni 5G, tutte queste grane saranno risolte, anche se non ve lo vogliono dire, sveglia!
Che tempi, intanto passando vicino alla Valfré, l'altro girono, ho visto che è stata predisposta una corsia, tutto attorno all'isolato, presumo in previsione delle code vaccinali previste. Dunque non saranno ancora stati assunti i medici e gli infermieri necessari, stamattina ho sentito che sta per scadere il bando che identificherà l'agenzia interinale che successivamente provvederà alla ricerca di queste figure professionali che come è noto in Italia abbondano e allo stesso tempo non saranno ancora stati stabiliti gli elenchi di priorità dei futuri vaccinandi, ma la corsia è già pronta quindi non lamentiamoci. D'altra parte, ieri l'operazione è partita senza intoppi, mentre nella grande Germania, che aveva già tutto pronto da settembre, in almeno quattro regioni (e non stiamo parlando di Calabrien) hanno dovuto sospendere perché i frighi non funzionavano. Non oso pensare a cosa avrebbero detto le nostre beneamate opposizioni se fosse accaduto qui. Si è vista la reazione di fronte all'operazione del Governatore della Campania, accusato di aver "saltato la fila". Tra l'altro, scorrendo Facebook, le contumelie più pesanti arrivano proprio da quelli (in maggioranza contrari ai vaccini) che pochi giorni fa dicevano: io lo farò dopo che lo avranno fatto i politici. Che mondo divertente! Forza resistete ancora 3 giorni e poi anche quest'anno di cacca se ne andrà via, sperando che quello nuovo ci riporti quella normalità, beata anche se così poco apprezzata quando ce l'hai.
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Campagna per l'utilizzo delle mascherine - Mosca '63 |
Questi giorni, quelli tra Natale e Capodanno erano il momento in cui il mio papà, in un momento di riflessione ponderata, ogni anno, con costante ripetitività, tirava fuori, guardando la tavola in fase di sparecchiamento, una frase del suo repertorio: " E anca ist ani, Nadal à l'uma facc", e con questo la faccenda era conclusa, assieme alle residue dozzine di agnolotti (stretti di ala e alti di gobba) che sul marmo del comò della camera da letto aspettavano, coperti dall'apposito canovaccio, di essere sbarazzati a Capodanno. Beh erano tempi in cui il concetto di consumo era differente da quello di oggi anche se per la verità, non c'era alcun senso di deprivazione ad accontentarsi del lacabòn a S.Lucia e dei mandarini a Natale e anche il torrone, duro, quello di Sebaste con le mandorle, guai a prendere quello da poco prezzo " col giapuneisi", roba di scarsa qualità, così come era interpretato quello morbido, anche se allora poco conosciuto. Mio padre ne acquistava sempre una bella tavoletta, piuttosto corposa, da un banchetto che si chiamava Il diavolo del torrone, reputato come il migliore della piazza che poi veniva spezzata religiosamente a tocchetti più piccoli, con l'aiuto di un vecchio e robusto coltello. Poi me ne veniva assegnata una razione non senza il consueto "fa tensiòn ai dencc", che lì in famiglia siamo sempre stati piuttosto delicati. Il menù era completato da un antipasto di cui non ho memoria e qualche fetta di salame, ma non di prosciutto crudo, che a mio papà non piaceva, o per lo meno così diceva anche se ho il sospetto che fosse incluso in quella categoria di cibi che costavano troppo cari, poi, dopo gli agnolotti, c'era l'arrosto ed infine il panettone di cui ogni anno mio padre discuteva quale fosse il migliore, con predilezione per il Motta mi sembra.
Pandoro, mai pervenuto. Noci, fichi secchi e datteri come gran finale e anche ist ani Nadal à l'uma facc. Un anno, ma ero molto piccolo, i mei tentarono l'avventura della tacchina, la pùla, che venne acquistata viva e messa nel gabinetto per qualche giorno prima di essere immolata, ma di questa operazione venni tenuto all'oscuro o quanto meno non ne ricordo nulla. Ma non dovette essere una gran scoperta, perché l'operazione non venne mai più ripetuta. Alla fine credo che fossimo già dei privilegiati, perché mai avvertii a quel tempo scarsità alimentari, cosa non infrequente in quel dopoguerra di ricostruzione, non facilissimo per molti. Poi andavamo a trovare mia nonna vedova che viveva sola in un vecchio cascinotto a Valenza e l'anno era belle che andato. Anche allora c'era un certo vento dell'est che portava anche cose sconosciute, ad esempio il fungo cinese che si diffuse a macchia d'olio nel '54, che doveva essere solo regalato (di martedì) e non si poteva buttare pena disgrazie terribili. Si trattava di una mucillagine da cui si faceva un thé che aveva proprietà miracolose e che tutti bravavano avere. Carosone ci fece addirittura una canzone. Poi nel '57 arrivò l'asiatica che fece 20.000 morti da noi, pur senza molti controlli, che era poi una aviaria H2N2 che si trascinò per diversi anni uccidendo soprattutto i giovani e fu ancor più nefasta nei paesi freddi, dove colpì ancor più duramente, come vedete da questo manifesto russo d'epoca. Insomma niente di nuovo sotto il sole, i Natali passano, le mamme imbiancano e alla fine, nella sostanza tutto torna come prima, siamo solamente un poco più vecchi e tritamaroni.
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dal web |
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A sei anni |
Ieri era Santa Lucia. Curioso che in queste giornate di forzata reclusione il pensiero di ognuno corra automaticamente al proprio passato. Forse è una cosa naturale visto che ormai non facciamo che istupidirci compulsivamente davanti ad uno schermo tra dibattiti che raccontano ossessivamente le stesse cose e serie di Netflix, tanto da rendere ripetitive anche queste tardive rimembranze, che poi si in effetti somigliano un po' tutte. Quante volte senti questo o quel personaggio ormai anziano che te la mena sul profumo della buccia dei mandarini della sua infanzia. Tuttavia è un po' un gioco a rincorrersi così li senti e per un po' metti in moto la tua di fantasia e fai un po' di ginnastica mentale visto che di quella fisica neanche a parlarne. Ed eccomi ieri, il giorno di Santa Lucia a pensare ai miei mandarini, quelli che comprava anche la mia mamma, non so davvero se una volta l'anno. Il mio papà mi aveva portato in piazzetta, S.Lucia appunto, a comprare il lacabon, accadimento molto alessandrino e mentre si tornava a casa io me ne sbocconcellavo un bastoncino assaporando quel gusto un po' magico di dolciastro caramellato, cercando di resistere il più possibile a non spezzarlo anche quando diventava sottile sottile a forza di succhiarlo. E quando arrivavo in casa, ecco che aleggiava nell'aria quel profumo di bucce di mandarino che la mamma aveva messo sul bordo della stufa e che erano già quasi rinsecchite dal calore dopo aver liberato quel loro aroma delicato che raccontava del Natale imminente, mentre dalla radio usciva lo swing di Gorny Kramer. In quel periodo dell'anno rubavano lo spazio alle croste di formaggio che abbrustolivano prima di fare la loro parte finendo nella zuppa di ceci e fagioli dei morti. La testa è fatta così e l'associazione di quel sentore agrumato e del periodo festivo va avanti in automatismo.
In realtà non so neppure perché ti ritrovi in quel sentore di piacevolezza, in fondo per me allora il Natale non era poi così speciale, si stava come in tutto il resto dell'anno, non circolavano mi sembra neanche regali particolari, non tra i miei almeno, per me qualche dolciume al massimo, in terza elementare, il vocabolario di italiano, il Novissimo Melzi. La mia mamma, che aveva fatto solo la terza elementare, era morbosamente attenta a che mi facessi comunque una cultura, cosa che nel suo ideale mi avrebbe garantito quell'ascensore sociale bramato a quei tempi e che non si poteva avere con altre scorciatoie. Capirete tuttavia che lo avevo accolto con particolare deferenza, visto che era stato consigliato dalla maestra, ma non con eccessivo giubilo. Altre volte un libro, che ancora conservo, ma devo dire che non ho mai avuto particolari sensi di deprivazione, forse allora, nel mio giro almeno, non si usava più di tanto. Per il resto il Natale era soprattutto occasione di cibi non usuali nel resto dell'anno. Intanto appunto dopo Santa Lucia, si partiva con la produzione degli agnolotti. Mia mamma tirava una sfoglia sottile e grandissima che debordava abbondantemente dai lati corti del nostro tavolo che era appunto rettangolare, poi mio papà depositava con attenzione il mucchietto di ripieno in una lunga fila rettilinea a intervalli regolari, sotto le osservazioni continue e spesso critiche di mia mamma, che poi rivoltava il lembo di sfoglia per creare la serie di rigonfiamenti alternati da separare con lo schiacciamento del dito, poi la rotella ondulata che ancora conservo assieme al lungo mattarello, ritagliava i quadrotti, piuttosto grossi rispetto a quelli odierni e ben gonfi, rigorosamente di stufato come si fanno da noi.
Allora non si andava mai al ristorante e qui, quelli di arrosto che sono propri dall'Astigiano fino a Torino, non erano conosciuti. Io, in piedi su una sedia, avevo l'incarico di aiutare a schiacciare i bordi con i rebbi della forchetta. almeno fino a che non mi stancavo, poi si mettevano ordinatamente su un canovaccio ben coperti e riposti a riposare, appunto, in camera da letto ma non prima di averli rigorosamente contati, a dozzine. Mi ricordo che ne venivano dodici, più o meno, mai tredici per carità che portava male, come quell'anno che era morto il nonno. Si condivano con un ragù di carne mal rosolata, mia mamma non è mai stata una gran cuoca e a me, per dire il vero, non piacevano particolarmente, mentre il mio papà ne era ghiotto. Così passavano le feste, con quel persistente sentore nell'aria, che vinceva nettamente l'odore del carbone della stufa, del quale il mio papà aveva una assegnazione dalla ferrovia a prezzo agevolato, uno del benefit dei ferrovieri di allora. Natale e profumo di agrumi nell'aria. Chissà perché adesso non la sento quasi più questa associazione magica, festa e aroma di mandarini, sarà perché o con l'età il senso dell'odorato va a diminuire costantemente, può essere anche che sia il virus, oppure perché i mandarini in pratica non si trovano più, ci sono solo quei cagamaretti di mandaranci, che allora neanche esistevano e il cui profumo è completamente diverso, più forte e volgare, da ricchi parvenu quali sono.