lunedì 19 gennaio 2009

Ghiaccio relativo


E' difficile capire se ciò che ti lascia senza fiato è la superficie ghiacciata del lago Baijkal o i -30 °C che freezzano tutto quello che ti circonda. I quattro metri di ghiaccio su questo mare interno sconfinato, su cui passano i pesanti camion militari che attraversano il lago come su una comoda autostrada (solo invernale) per raggiungere la Burijatia, paiono il coperchio di un colossale congelatore da cui estrarre con calma i pesci che i pescatori tentano con esche improbabili, nei buchi della calotta nella penombra invernale. Ben coperti, eravamo ad un centinaio di kilometri a nord di Irkutsk passeggiando sul ghiaccio vivo ai bordi della superficie vetrosa verde-blu. Avevamo lasciato da poco l'Istituto Limnologico in cui il Glavnij Limnolog ci aveva illustrato un mirabolante progetto di estrazione dell'acqua dal fondo del lago a 1800 metri, per imbottigliare e vendere in tutto il mondo l'acqua purissima e antica di milioni di anni del Baijkal. Trascurando il fatto che più a nord vi è una presenza di giganteschi impianti per produrre alluminio, l'anziano scienziato era entusiasta dell'idea. Solo al termine del colloquio scoprimmo che il progetto non aveva alcuna copertura finanziaria; cercamo di spiegargli il senso della necessità di dilazionare la cosa e lo lasciammo con grandi saluti ed abbracci secondo l'uso sovietico. Così rimanemo un po' a godere degli ultimi pallidissimi raggi del giorno che stava lasciando spazio alla lunga notte polare, lungo la riva da cui a fatica si scorgeva la linea lontana della sponda opposta. Il dolore forte alla base della laringe, al termine di un lungo respiro, è il segno evidente che la temperatura è inferiore ai 30 °C e l'intorpidimento generale è un ulteriore stimolo a muoversi verso un luogo coperto. Il freddo era veramente intenso, non avevo mai provato una temperatura così bassa; sentivo tutti gli arti torpidi e la punta del naso e le guance, senza riparo, erano stranamente insensibili. Rattrappiti e infagottati nelle nostre dublionke, richiamammo quindi all'ordine Kolija che ci accompagnava, pregandolo di riportarci in un luogo più consono alla vita. Lui ci guardò con occhio perplesso e sbottò: - Eh, lo so, non fa più quel bel freddo sano di una volta. A gennaio si stava quasi sempre sotto i 45 °C, ma da quando hanno fatto la diga sull'Angarà, il clima è proprio cambiato e non si va quasi mai sotto i 30 °C; per forza che poi si prendono le influenze. Andiamo a farci una bottiglia di vodka!- Lasciammo il lago verso la dacia di Kolija, mentre calava la notte.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ricordo quel viaggio... e ricordo che mi hanno chiesto se volevo andare a fare un giro in Jeep sul lago ghiacciato, tanto non c'era pericolo. E' stato veramente bello rimirare la coltre chiacciata, dove tu ti sei fatto fotografare.... ma non dalla Jeep, dalla...RIVA!!
FEROX

Enrico Bo ha detto...

Ah, malefico ferox, ma se mi avevi detto, vai, vai che tanto non c'è pericolo, inoltrati pure sulla banchisa, che orsi non ce ne sono!Chissà, tra un po' non ghiaccerà neanche più il lago e l'acqua l'avranno già imbottigliata tutta!

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