Nella foresta pluviale |
Un lemure Sifaka col piccolo |
Partiamo da una tautologia. La foresta pluviale viene definita con questo nome per un motivo specifico: perché ci piove, nel senso che ci piove sempre, un po' più, un po' meno. Insomma le possibilità partono dal camminare nel fitto della foresta sotto una pioggia battente, al saltellare qua e là cercando di evitare le pozze di fango più grandi ed insidiose sotto il continuo sgocciolamento che scende dagli alberi gravidi di acqua scesa nella precedente pioggia battente. Con tutti gli stati intermedi naturalmente, da quello in cui la pioggia sembra scemare un poco per cui tenti di liberarti delle protezioni che tu stanno soffocando, salvo piombare subito nell'incubo dello scroscio successivo, alla perenne nebbiolina umida che è già acqua e che nel dialetto alessandrino si definisce scarnebbia. Comunque nell'aria rimane sempre quel polverino acquoso che impregna ogni cosa, terreno, alberi marci caduti, animali, uomini e cose. Bisogna tenere presente che novembre comunque è indicato come uno dei mesi ideali per visitare la riserva della foresta pluviale di Andasibe. Nel resto dell'anno piove di più, molto di più.
Sentieri |
Tuttavia se sei arrivato fin qui non puoi certo negarti a questa esperienza, per cui eccomi qua alle 7 del mattino fresco e nebbioso, alle porte di ingresso a bardarmi di tutto punto per penetrare tra gli alberi fitti subito al di là del gate. La necessità di proteggere in qualche modo il fardello di attrezzatura fotografica che mi sono condannato a trasportare, croce e delizia che spesso si tramuta in cilicio implacabile per farmi pentire dei miei peccati passati, presenti e spero futuri, impone una larga mantella che renderà il corpo contenuto sottostante, alla stregua di un pezzo di carne da cuocere al vapore lentamente e a temperatura costante, a seconda della lunghezza del percorso prescelto. Tuttavia bisogna riconoscere che il luogo è affascinante nella sua maestosità resa impenetrabile proprio anche da queste condizioni climatiche difficili. Il muro di verde si apre a fatica in minuscoli sentieri, ricoperti di mota rossa scivolosa come una saponetta e risalire la collina richiede impegno e sacrificio, ma l'ambiente ricoperto di muschi e di epifite rigogliose dalle dimensioni gigantesche, ripaga il tutto. La foresta appare subito come un enorme organismo vivente, dove questo brodo caldo di umidità sempre presente, nutrono orgiasticamente tutti gli organismi che ci vivono e prosperano.
Camaleonte |
Le foglie sono grasse e carnose, le liane che pendono dall'alto sembrano corde vive, le erbe e le felci diventano alberi, gli alberi a loro volta assediati dalla vegetazione più bassa, sono trasformati in giganti, le cui chiome si perdono in alto invisibili all'occhio di chi sta a terra e persi in una nebbia azzurrina. Tra i tronchi colossali che ti circondano, riconosci palissandri, ebani, mogani ed altri legni rari forse vecchi di secoli, infammezzati all'accozzaglia di altre essenze fragili, dai legni teneri e destinate a crollare in fretta nell'economia della foresta, ma proprio per questo in crescita talmente rapida ed impetuosa che quasi ti pare vederli aumentare di volume sotto i tuoi occhi. Sembra insomma che alcuni di questi bambù giganti a volte crescano anche di diversi centimetri al giorno. A terra tutto è fradicio e marcio; ogni cosa animale o vegetale che muore, cade e diventa utile substrato per chi resta e ne approfitta per prosperare ancora di più. Lo senti come organismo vivo, che borboglia in crepitii sommessi sotto i tuoi piedi, che fruscia intorno a te, che grida e strepita tra i rami più alti. E' vita in ogni sua più diversa forma, dove tutto è grande ed esagerato, dagli insetti che appaiono subito fuori dimensione, dallo scarabeo giraffa che protunde la sua lunga escrescenza rossa al di sopra della testa, ai ragni, alle scolopendre che subito si arrotolano a riccio, come se fossero loro e non tu a dovere aver timore.
Lemure fulvo |
Poi, scovati dal battitore che scivola tra i sentieri laterali, appollaiati tra i rami, famiglie di lemuri diurni si nutrono di bacche incuranti dell'acqua che continua a scendere. Puoi vedere facilmente l'indri indri, uno dei più grandi caratterizzato dall'assenza di coda e quello fulvo (Eulemur rubriventer), più timido e rapido a dileguarsi tra i rami. Se ne stanno comodi su sedili naturali dove i rami si triforcano, dando un'occhiata in basso di tanto in tanto, poi inspiegabilmente, come tarantolati, saltano da un ramo all'altro con velocità ed inaudita perizia, afferrandosi ad ogni appiglio che arriva a tiro. I rami morbidi si flettono e forniscono ulteriore spinta per il salto successivo. Uno spettacolo che solo il fastidioso colare dell'acqua sul volto, impedisce di godere appieno, con lo sguardo rivolto in su. Dopo quasi tre ore di faticosa arrampicata, sei marcio come un'oca ed il minuscolo lago verde ti appare come una esoterica fonte nella foresta paurosa di Harry Potter. Quando riesci a riguadagnare l'uscita sei contento lo stesso, intanto perché ce l'hai fatta a non cadere nel fango e ad aver scavallato tutta la collina e poco importa se ti sei beccato la solita sanguisuga nella caviglia o se hai anche le mutande marce, tanto il raffreddore o la gola che brucia erano garantiti fin dall'inizio. Se no non sarebbe stata una foresta pluviale, mi sembra. Alla fine non c'è niente da fare, ci casco tutte le volte.
Survival kit
Pronti al balzo |
Parco nazionale di Andasibe-Mantadia - Ingresso 30.000 con guida e battitore, per almeno 4 ore di trekking nella foresta (mancia almeno 5.000). E' uno dei parchi più famosi facilmente raggiungibile da Tana a soli 150 km sulla N2. Oltre 15.000 ettari di foresta pluviale molto bella e benconservata che ospita 11 specie di lemuri tra diurni e notturni tra cui l'aye aye, difficile da vedere proprio perché si muove solo di notte. Si possono vedere, ma con una certa difficoltà, dato che la visita si svolge prevalentemente sotto la pioggia, altri animali e molte specie di uccelli, farfalle, anfibi e rettili. Si vedono anche molti insetti particolari tra cui lo scarabeo giraffa tipico di questo parco. Conviene dormire vicino all'ingresso e partire al mattino evitando le ore più calde scegliendo uno dei tanti itinerari più o meno lunghi a seconda delle vostre forze. Calcolate al minimo quello di due ore, qualche cosa vedrete comunque. Molte possibilità di alloggiamento nelle vicinanze. Mesi migliori per la visita aprile, ottobre, novembre.
Un formicaio |
Hotel Feon'ni Ala - Andasibe - attorno ai 20 €. Ottimamente posizionato ai margini della foresta, vicino all'ingresso del parco. Di notte si sentono le grida dei lemuri. Bungalow spartani come più o meno in tutto il paese, ma ragionevolmente puliti, Letti con zanzariere. C'è molta umidità. Acqua calda. Free wifi discreto alla reception. Ristorante con menu cinese. Pollo con patate e birra locale 13.000 Ar. Porzioni non abbondanti. Colazione standard inclusa come in tutto il resto del paese,: succo fresco, frutto, pane burro marmellata e thé o caffé.
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
8 commenti:
Il camaleonte ♥
Sai, fino all'ultimo mi sono detta sì, io lo farei sicuramente, un posto imperdibile. I lemuri, la natura, la pioggia pazienza fa parte del tutto. Poi all'ultimo mi scrivi SANGUISUGA ATTACCATA e io dico ok, scherzavo, non ce la posso fare.
Dimmelo sinceramente, a parte lo schifo, quanto fa male? Brrrr!!
(Però anche tu, scusa, ma in certi posti si va con i pantaloni lunghi!)
@Simo - Non esageriamo, intanto una sanguisughetta non si sente neanche te ne accorgi solo quando ti levi le calze e vedi che c'è una macchia rossa sul calzino . Un'altra macchietta rossa ti rimane sulla pelle per due o tre giorni e poi finito. Potrebbe essere anche una cosa curativa, rimedio tradizionale eheheheh. Poi è ovvio che si va coi pantaloni lunghi, ma le sanguisughe riescono ugualmente ad attaccarsi ai calzini e ad arrivare alle caviglie tenerelle. Secondo me ce la puoi fare senza problemi.
Le sanguisughe—foresta la pluviale Mozambico—sono amanti: ci vai senza mutande e godi il succhio
goderne è dire troppo, è un succhie e ti risucchio che non porta pene se smutandato trovi forse altre realtà più dolorose
Signor Enrico: il mio fu solo un celiar a signora Ciccola—e un saluto
coi chiari di luna la celia è assai gradita che sul faccialibro, basta toccar tasto dolente e ti ricopre l'insulto più malvagio
Li odio—ma senz'anima—i vari cosiddetti chiaman social
Siete troppo avanti per me, ma colgo la sfida. Potrei stupirvi:)
Posta un commento