giovedì 30 novembre 2017

Usa 10 - New Brunswick


Il porticciolo di Bar Harbor al tramonto

Piccoli promontori
Finalmente il Canada. Lo aspettavo con una certa attesa e curiosità. Gli spazi, la natura, le foreste e le colline senza nome. Il primo impatto conferma le aspettative ed è reso ancora più accattivante dai colori che il fogliame ha ormai preso definitivamente. I boschi, qui siamo ancora a bassa quota, sono formati da poche conifere sempreverdi, che mantengono un colore scuro e che salvo poche zone, spiccano qua e là tra la massa di latifoglie ormai gialle in tutte le declinazioni, quando non predomina invece la definitiva virata verso il rosso degli aceri, che costituiscono l'anima vegetale  di questo paese. D'altra parte se sono riportate sulla bandiera nazionale una ragione ci sarà pure. Le abitazioni si sono diradate moltissimo, anche se nel nord del Maine, già si intuiva questo passaggio al predominio della natura su una antropizzazione che deve fare comunque i conti con una climatologia severa. I paesi, se così si possono chiamare, sono davvero quattro case sparse lungo una via principale e la qualità della abitazioni è decisamente più semplice e apparentemente malandata rispetto alle loro omologhe americane, che appare molto più curata e civettuola. Qui, a differenza del sud, compare tra le sterminate superfici boschive, anche una importante parte dedicata all'agricoltura e, a differenza di prima, vedi spesso lontane fattorie, segnalate dai grandi silos che segnalano l'esigenza dello stoccaggio del raccolto. 

L'estuario
E' l'agricoltura dei cosiddetti areali a rischio, condizionata come ovvio da una climatologia che pone incertezze notevoli nella produttività, come la maggior parte di quella delle altrettanto grandi pianure della Russia. Pascoli e superfici destinate alla fienagione si alternano al mais, alla colza ed ai cereali vernini, su cui oggi tanti incompetenti sparano sentenze insensate. Vedi anche i grandi appezzamenti dedicati alla coltura della famosa patata canadese, questa è una delle zone dell'area francofona particolarmente vocata, che per anni hanno fatto parte del mio lavoro. Scorrendo i margini di questi campi non posso non ripensare alle migliaia di quintali di questi tuberi da seme che ho importato  allora, per i nostrani agricoltori di Castelnuovo, produzione che finiva poi quasi tutta nel novarese alla San Carlo, uno dei più forti produttori di patatine confezionate dell'epoca. Era la famosa Kennebek canadese, una patata bianca farinosa molto produttiva, specializzata per la produzione di chips industriali. Ci dovevo venire allora in questo paese, una sorta di viaggio premio per conoscere produttori e luoghi originali di produzione, che avrebbe dovuto essere di grande interesse. Ci andarono invece i vari direttori generali, che le patate le mangiavano solamente, lasciandomi con un po' di bocca storta per parecchio tempo. 

Il fiume
Era però destino che ci arrivassi comunque in queste pianure ondulate attorno al San Lorenzo, anche se adesso anche io, le patate le mangio solamente e neppure posso esagerare. Un appuntamento obbligato che si è dovuto soltanto rimandare. Questo tanto per sottolineare quali sono le strane pulsioni che offre il viaggio. Di tanto in tanto si vedono anche animali al pascolo. Tuttavia la costante del territorio sono gli interminabili tratti di strada che collegano lontane località pomposamente segnate sulla carta e che una volta raggiunte si rivelano agglomerati inconsistenti. Tratti che ti lasciano appunto tanto tempo per pensare a quel passato di cui vi ho appena detto. Si percorrono le ultime propaggini degli Appalachi che digradano dolcemente in ondulazioni sempre più appiattite, in larghissime valli percorse da fiumi tranquilli. Tutto sembra aspettare la neve che prenderà possesso di tutto il territorio per molti mesi. Lo capisci subito dalla segnaletica che ricorda continuamente di fare attenzione alle motoslitte che potrebbero sbucare dai viottoli secondari. Comunque ridendo e scherzando il programma di oggi prevede quasi 650 chilometri per arrivare fino al Quebec dopo avere attraversato tutto il New Brunswick attraverso la Scenic Appalachian route, che poi così scenic non sembra, se devo proprio essere sincero, per arrivare fino a Carleton-sur-mer. 

Attenzione alle motoslitte
Attraversi Gran Falls e Saint Quentin, anonimi villaggi elevati al rango di cittadine e quando attraversi il ponte di Campbellton che porta al Quebec ti senti ormai quasi arrivato anche se hai il culo rettangolare. La strada corre sinuosa lungo la riva sinistra del fiume Kedgwick che si allarga sempre di più per formare l'estuario che contorna da sud la grandissima penisola di Gaspesie che sarà il nostro territorio per i prossimi giorni. La luce comincia a scendere e la vista delle casette sul lungomare di Carleton che si snodano per qualche chilometro, vengono accolte da tutto l'equipaggio, pilota e navigatrice compresa, con una certa soddisfazione. Qui c'è sì l'atmosfera del paesello di mare vacanziero, ma con quel velo di tristezza che ti danno i mari settentrionali, comunque imbronciati e semideserti, complice il fatto che ormai dobbiamo considerare di essere a fine stagione. La costa è bassa ed ogni tanto si infossa in zone umide e ricoperte di erbe paludose che formano variegati specchi di acque ferme popolatissimi di uccelli di ogni tipo, papere, fischioni, spatole e altri dalle gambe lunghe e rosse simili ai cavalieri d'Italia, forse anche loro in visita turistica. 

Sulla spiaggia
Qui è meglio che si cominci a parlare francese, cosa che ti fa apprezzare molto da ristoratori ed albergatori. Si sa che la zona è molto sensibile all'argomento anche se il referendum indipendentista era stato sconfitto, se pur non di molto. Quando ti vedono straniero ma sentono il verbo gallico subito si spalancano i sorrisi e le ragazze della reception che prima avevano alzato appena la testa annoiate da dietro al bancone, diventano subito gentilissime, si alzano entrambe e sono prodighe di consigli, indicano il miglior posto per la cena e concedono senza problemi lo sconticino sulla camera. Potenza della ruffianeria. Direi quindi che, a questo punto non c'è niente di meglio di  un ristorantino romantico in riva al mare con vista sulla sagoma di un faro, che si staglia ormai nero sull'orizzonte nuvoloso, carico di quelle nuvole bigie che portano tempesta. Poca gente e profumo di mare nei piatti serviti con cura  e gentilezza. Mi sa che stavolta la mancia la lascio volentieri. Quando esci satollo senti cadere, implacabile, la prima pioggerellina, gelata ed impalpabile.

Foliage

SURVIVAL KIT

Alla pesca sul mare
Motel L'Abri - 360 Boulevard Perron - Carleton sur mer - Meglio dei soliti, nuovo, pulito e ben fornito coisoliti TV grande,frigo, free wifi, ben riscaldato, docce bollenti, letto King. Cameramolto spaziosa . 113C$. Niente colazione ma kit in cameraper thé e caffè. 

Le marin d'eau douce - 215 route de quai - Carleton sur mer - Ristorantino molto grazioso, con un menù interessante di terra e di mare in stile francese. Noi abbiamo preso un menù pronto (qui si chiamano table d'hote) con Fois de volaille con marmellata /mousse di salmone ai capperi; soupe de citrouille delicatissima; trancio salmone armoriciano al forno davvero speciale e abbondante; fragole al porto/crème brulé per 100 C$ in due (circa 70 €). servizio ottimo e cortese. Tavolo con vista su splendido tramonto. Consigliatissimo. Il migliore ristorante che abbiamo avuto di tutto il tour.






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