Gorbio |
Non so voi, ma da qualche anno, i giorni che precedono la partenza, per lo meno nel mio caso, non sono percorsi da quella eccitazione sgarzolina, da quel sottile brivido che dovrebbe dominare il momento dell'attesa, quel desiderio insopprimibile che l'accadimento cominci il più in fretta possibile per poter godere dei piaceri tanto attesi, sognati, a lungo esaminati nei progetti, nei pensieri e più volte aggiustati per renderli migliori e più aderenti a quanto voluto. Con la presenza, che aleggia come un'ombra alle spalle, di quel timore oscuro, che qualche cosa non sia stato previsto, conteggiato, che tu non sappia qualche cosa di importante e che per questo irrimediabilmente tu te la perda per sempre, dato che quasi certamente non ci sarà un tempo per il recupero. No, sono ormai anni, forse da quando si è fatta più impellente la bramosia di percorrere le strade del mondo in maniera sempre più parossistica, vista la vicinanza sempre maggiore ed inevitabile alla meta finale, che nel momento prepartenza e parlo di un mese abbondante, non solo nei due o tre giorni che precedono la corsa verso l'aeroporto, che in questo frangente, io piombo in un torpore inspiegabile, una pigrizia atavica che mi fa rimandare cose teoricamente non prorogabili, la preparazione e soprattutto l'affinamento di itinerari, informazioni, cura di dettagli che poi eviterebbero in loco dubbi e ricerche affannose ed errori.
Dovrei invece, come facevo un tempo, mettermi lì, con calma, esaminare i vari punti di interessi classificandoli tra imperdibili e meno importanti, quando per cause varie si dovrà fare una scelta, inserire varianti del non si sa mai, opzioni B nel caso che. Dato la zona che percorrerò e le probabili difficoltà linguistiche che provocheranno problemi di logistica, dovrei con ordine, stilare un lungo elenco di nomi e luoghi nella grafia locale, da mostrare alla bisogna. Leggere diari di viaggio che ormai oggi affollano il web e che potrebbero dare molti ulteriori spunti e tante tante altre cose, non ultimo, preparare le varie cose, l'attrezzatura fotografica, quella documentale, anche se all'aspetto farmacistico e vestiario, per fortuna ci pensa chi viaggerà con me. Invece nulla di tutto ciò, mi siedo davanti al PC e blimblanando (che meravigliosa dolcezza ha questo vocabolo vernacolare della mia terra) qua e là senza costrutto, giochicchio, perdo tempo su Fb, compulso la posta e mi dedico a mille altre inutili cose, trascurando quelle che servirebbero davvero. Perché dunque mi comporto in questo modo dannoso e improduttivo, quando non riprovevole? Otium latino o invece scafata certezza che affannarsi è inutile, tanto gli imprevisti, sono sempre appunto imprevedibili e quindi bisognerà pensarci al momento oppure infine triste invecchiamento della corteccia cerebrale che anestetizza molto e sa che il piacere finale sarà comunque ridotto e consiglia invece un letargico riposo nella speranza (vana) di mantenere vive le forze?
Rimane un mistero difficile da spiegare se non col fatto che col passare degli anni divento sempre più pigro e svogliato, pensando inconsciamente che poi tanto alla fine tutto si risolverà in qualche modo. Forse questo è un sistema per tentare di avvicinarsi un poco di più al tentativo di diventare più ontologicamente viaggiatore e cercare di distaccarsi, molto velleitariamente tuttavia, dall'essere turista nel midollo, col tuo bel biglietto di ritorno fissato in tasca. Illusioni naturalmente, il viaggiatore parte e basta e questo e null'altro dovrebbe fare, è questa l'essenza del viaggio, il muoversi verso una direzione anche a caso, mettere la prua al vento e lasciarsi trasportare, poi guardarsi intorno per cogliere il nuovo che si para davanti a te, senza giudizi o remore, guardare a basta, raccogliere sensazioni, gustare emozionalmente, ascoltare storie e soprattutto ricordarle. Una storia zen, che si svolgeva proprio tra le montagne dove mi troverò tra non molto, racconta che nonostante queste fossero avvolte da una fitta nebbia, un viaggiatore venne spinto da un monaco a proseguire nel sentiero per arrivare dopo molte ore di grande fatica ad uno dei punti più belli della valle. Quando stanchi e sudati arrivarono lassù, non si vedeva assolutamente nulla all'intorno ed il tizio si arrabbiò molto col monaco che lo aveva costretto a quella fatica, oltretutto dicerto già sapendola inutile, ma quello sorridendo candidamente (i monaci zen in effetti non fanno altro che prendere per il culo la gente) gli disse che la bellezza del viaggio sta proprio e soprattutto nel viaggio stesso, nell'andare verso una meta, quello che si troverà una volta raggiunta, non ha in fondo la minima importanza. E ancora, non è necessario pensare se, prima o poi verrà il momento di tornare. Questo giungerà da solo, quando con gli occhi socchiusi all'ombra di un grande albero al centro di un villaggio, sentirai che è l'ora di andare a casa.
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1 commento:
Tranquillo..hai senz'altro pensato a tutto . Anche questo lungo viaggio sarà completo e interessante come i precedenti !!!!! ciao Buon viaggio a te e a Tiziana(ottimo navigatore !!!)
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