Partire, un tarlo antico che ha pervaso la mente dell'uomo fin dai tempi di Ulisse, che ha spinto Marco Polo a percorrere vie sconosciute e misteriose, che ha mandato Colombo e mille altri, affamati di conoscenza ad affrontare l'incognito per vedere, per capire, per sentirsi vivi. Magari avevano un'altra scusa, la voglia di commerciare, la ricerca di ricchezze o semplicemente il desiderio di avventura, ma in fondo c'era sempre la brama di vedere cosa c'era dietro la collina. I cinesi hanno molti caratteri per descrivere le tante sfaccettature del concetto di partire. Da - 打 con il segno della mano che prende con sé qualche cosa prima di lasciare la casa, nel senso di partire da, un moto da luogo, Cong - 从 dove un paio di omini si mettono in marcia, chiarendo assai bene il senso di movimento dlela partenza, Zou - 走 dove la stilizzazione del segno di piede chiarisce ancora meglio in senso del camminare, insito nella partenza, Qi - 起 doveancora il piede e il simbolo dell'arco sottolineano il senso della rapidità con cui la freccia lascia la scocca per andare a vivere, a vedere un luogo lontano, nuovo e ancora sconosciuto, Shang - 上 che significa anche "su" a testimonianza che per partire bisogna alzarsi, decidersi per muoversi e molti altri ancora, ma l'ideogramma antico che è scomparso dai dizionari moderni è Rou, un carattere semplice ed elegante che raffigura la scena che vede chi si mette a cassetta di un carro quando si parte per lasciare il villaggio natio.
Ai lati, le due stanghe del carretto, il giogo di traverso e la stilizzazione della groppa del cavallo con la coda che si agita per l'ansia di cominciare il viaggio. Partire, andare, lasciare la casa per conoscere il mondo. In questa sua forma primitiva veniva usato in un composto che dapprima indicava il rigogolo, l'uccellino che arrivava nei villaggi a primavera, si fermava pochi giorni per la stagione degli amori e poi ripartiva, ansioso di nuovi mondi, di nuove scoperte. Era il segnale per le ragazze da marito che bisognava partire per la nuova famiglia e l'ansia che portavano nel cuore era una mescolanza di rimpianto per ciò che si lasciava ed un desiderio affannoso per conoscere quanto lungamente atteso e sospirato. Un segno aperto, di movimento assoluto, così in contrasto con Hui - 回 - ritornare - un ideogramma che più chiuso non potrebbe essere, così concentrato a disegnare la doppia cerchia del villaggio, uno sbarramento, certo protettivo, ma che segna uno sbarramento anche mentale, quasi invalicabile. Invece il nostro Rou, con la groppa del suo cavallo che scalpita sta lì, ammiccante, segno inequivocabile che sta arrivando l'ora, che non puoi più aspettare, che la voglia, la necessità di andare non si può fermare in nessun tempo, in nessun luogo, anche perché il biglietto dell'aereo ormai l'ho pagato e non è rimborsabile.
Refoli spiranti da: E. Fazzioli - Caratteri cinesi - Ed. Mondadori
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5 commenti:
Si può sapere quando e dove?
Non raccontar frottole, che al rimborso manco ci pensi.
Cristiana
@cri - Ti rispondo con un indovinello. Vado in Là o su di pende da come guardi la mappa. Per i tempi , domani avrai la risposta.
Ciò che mi meraviglia e mi affascina nel leggere questi tuoi post è che parli così dettagliamente di quei segni-lettere cinesi che anche uno come me riesce a seguirti perfettamente.
Viaggi all'interno del Celeste Impero, tuttavia. Fuori, i notabili cinesi ne fecero ben pochi nel corso della storia, no?
@Monty - Tutto riesce facile ha chi è interessato a seguire.
@Adri - Mica tanto , anche loro hanno avuto i loro grandi esploratori e nell'anno 100 d.C. avevano mandato una delegazione di ambasciatori ad Antonino Pio che non li ha ricevuti neanche di striscio! Negli annali cinesi dell'epoca, c'è persino l'elenco dei doni che avevano portato con sé!!!!
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