sabato 11 luglio 2009
Yī - rén - dà - tiān
Oggi, che i concetti della vita e della morte bruciano decisamente di meno e lasciano la mente libera di vagare su temi più sereni sebbene immanenti, vorrei illustrare un tema filosofico abbastanza interessante che, stando alle interpretazioni del già citato Don Ming, vecchio prete, maestro di comprensione della concettualità linguistica cinese dell'amico Gianni, descrive bene il rapporto tra l'uomo e la divintà, secondo i saggi del regno di Mezzo. Dunque esaminiamo i quattro ideogrammi proposti, che tramite i più semplici costruiscono per aggiunta i più complessi. Il primo Yī , significa uno, l'unità, ed è di facile comprensione; il secondo Rén uomo, persona, individuo ed è la comprensibile stilizzazione di un omino che cammina verso destra; il terzo Dà , in pratica lo stesso omino visto di fronte che allarga le braccia allungandole per quanto gli è possibile per illustrare il concetto di grande, grosso; infine il quarto Tiān, significa cielo, celeste, divino, insomma il concetto di divinità (come ho già detto nella lingua cinese i confini tra sostantivi, aggettivo, verbo, preposizione sono molto labili, quello che conta è il concetto rappresentato dell'ideogramma). Bene, sebbene noi occidentali abbiamo la falsa credenza di un popolo cinese legato al collettivo, al popolo nel suo insieme, all'annullarsi delle pulsioni del singolo, ingenerata forse da una cattiva digestione di concetti maoisti, mai penetrati realmente nella mentalità cinese, in realtà gli abitanti del celeste impero sono estermamente permeati dal concetto di unicità e dell'importanza del singolo. Ecco quindi che la semplicità del segno, Yī, è la forza dell'unità, della singolarità dell' uno che è la base di partenza per arrivare al tutto. Se associamo questa unicità, sovrascrivendola, incrociandola al segno di uomo si ottiene il segno di grandezza, essendo l'uomo l'unico essere della creazione veramente grande. E sopra di questa grandezza cosa può stare? aggiungendo un'altra unicità, solo il cielo, la divinità, concetti equivalenti. Questo senso di unicità e supremazia dell'uomo sul resto del creato, che lo pone in posizione nettamente primaria rispetto a tutto il resto, potrebbe servire a descrivere, certi atteggiamenti o modi di avvicinarsi alle religioni in senso lato o al rapporto con la natura, verso i quali, secondo il comune sentire che abbiamo verso questo popolo, sembra di avvertire sempre un certo senso di predominanza. Ma sono elucubrazioni del sabato, di cui mi piacerebbe avere confutazioni, anche perchè, chi lo dice che il buon Don Ming non sparasse teorie pour épater le bourgeois? Per ora vi saluto, in quanto tutto questo filosofeggiare mi ha fa bruciare la testa in modo irresistibile; non mi posso più trattenere, vado.
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3 commenti:
Vado a ripescare la Grande Triade di René Guènon e poi domani di invio un commento intelligente!;-)
Guénon descrive il carattere Wang come simbolo dell'imperatore, pontifex che unisce il cielo e la terra: tre linee orizzontali (cielo, uomo, terra) attraversate al centro da una linea verticale. Adesso azzardo un'idea che mi è balenata ieri leggendo il tuo articolo. Dimmi se è una cazzata o un colpo di genio: Wang potrebbe essere il quinto ideogramma della serie.
Vero, Enrico, per quanto riguarda certe scuole "utilitariste” cinesi; ma è vero anche il contrario, per quanto riguarda il Taoismo.
E le due affermazioni naturalemente non si elidono, anzi si compenetrano, perché “la Via veramente Via non è una Via costante”.
;-)
Marco
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