venerdì 31 agosto 2012

Recensione: Lu Hsun - Fuga sulla luna.

Volume molto interessante per coloro che vogliono approfondire la conoscenza del Paese di Mezzo. In questo caso il nostro autore, che ha scritto molto nei primi anni del secolo scorso, ha vissuto uno dei periodi più travagliati ed interessanti della Cina, quello della caduta dell'impero e della nascita dei fremiti socialisti e prerivoluzionari che attraversavano il paese, sull'onda dello sconvolgimento russo. E' una raccolta di racconti scritti negli anni 20, che ci raccontano di una Cina di paese, dove arrivano ovattati gli stimoli delle novità occidentali a turbare la stabilità confuciana radicata da millenni. Le figure tratteggiate, il pazzo, il mendicante, lo scemo del villaggio, il ricco prepotente e il giovane rivoluzionario, raccontano le loro vicende personali, ma sullo sfondo dominano le etichette cinesi di sempre: il terribile esame per diventare funzionario imperiale, il detto non detto a cui si deve fare riferimento per non turbare l'armonia, gli scoppi di violenza che di tanto in tanto percorrono la società cinese nelle rivolte contro il potere e la sopraffazione dei piccoli potentati locali, la crudeltà assoluta che spesso appare a noi gratuita e priva di sentimento, l'importanza del non turbare l'armonico andamento delle cose, anche a scapito della giustizia; tutte costanti ben riconoscibili anche nella Cina di oggi e molto utili per capire la mentalità di un paese. 

Il tutto è sempre condito dalla poetica tipica orientale, dove si deve immaginare e dove la natura colora e rappresenta i sentimenti. Certamente qua e là traspaiono anche le vicende personali dell'autore, figura discussa durante il periodo, in cui i letterati partecipavano prepotentemente alla discussione politica che andava formandosi, con la forte influenza russa e che condusse infine alla rivoluzione maoista. Non mancano i riferimenti alla cultura giapponese che al pari di quella russa influenzava in quel periodo l'intellighenzia cinese. L'attenzione dell'autore viene sempre riposta sull'aspetto popolare, dando rilevanza all'uomo e alle sue sfaccettature, alla tradizione, ma anche alle idee nuove che vorrebbero, come in tutti i movimenti dell'epoca, portare alla costruzione di un uomo nuovo, cosa ancora più difficile in un paese dove è totalmente sconosciuto il concetto di democrazia, ma ben radicato invece quello di dovere, di rispetto verso l'autorità. Lasciatevi tentare da questo raccontare piano, che si sofferma sui piccoli particolari all'apparenza insignificanti, conditi sempre da un finale delicato, mentre le storie si formano nei cortili degli hutong di Pechino o nelle vie polverose della campagna povera dove breve è il confine tra l'agiatezza, fatta del possedere quanto serve alla vita quotidiana e la povertà, che significa disperazione e spesso morte. Per chi vuole cercare di capire la Cina.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 116 (a seconda dei calcoli) su 250!