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Il ritorno da un viaggio è sempre uno strano contenitore dove si mescolano senza riuscire ad amalgamarsi, una serie di emozioni e sentimenti diversi spesso opposti tra loro. Da un lato c'è la inevitabile voglia di tornare a casa che ti prende quando, lontano, cominciano a pesarti la mancanza delle persone a cui sei legato, le tue abitudine consolidate, i tuoi sapori, odori ed abitudini che inevitabilmente, essendo nella sostanza un turista e non un viaggiatore vero, erodono la tua voglia di nuovo e di esotico. Questo non accade di certo a chi fa del viaggio, la componente essenziale della vita, a cui, vero cittadino del mondo, disgusta anzi l'idea di avere un luogo del ritorno alle spalle, ma l'orizzonte rimane sempre aperto davanti, in un continuo ed assillante andare. Una condizione esistenziale che non saprei definire se inestinguibile e ammirevole brama di conoscenza dell'ignoto o se di compulsiva irrequietudine di una perpetua scontentezza della propria condizione. Gli ultimi giorni del mio viaggiare, invece sono quasi sempre tormentati dal tarlo dell'ormai è finita, quel che dovevo fare è stato fatto, è ora di riprendere la strada di casa, il porto sicuro in cui ritirarsi in cui, raccolte le vele, si sta così bene e anche con una certa soddisfazione. Dall'altro lato invece c'è il rammarico di quello che stai lasciando, le cose, poche, che non sei riuscito a vedere compiutamente, le nuove amicizie che devi salutare, quella malia leggera e dolce del lasciare, che in pratica significa perdere, in fondo per sempre, con la tua quasi certezza, data l'età e la condizione, di non poter tornare più su quei passi, su quei sentieri, su quegli orizzonti.
Poi c'è il desiderio di mettere un punto fermo su quello che i tuoi occhi, le tue orecchie, tutti i tuoi sensi hanno raccolto; di esaminare con la mente, di fare dei bilanci, di ricavare un utile arricchimento di te; di approfondire per enumerare quello che credi di aver capito; di cambiare eventualmente i preconcetti che come d'uso ti eri portato nella valigia dell'anima, inutile fardello da sfrondare, da correggere. E infine perché no, tutto questo bailamme di storie, immagini, sentimenti ed emozioni, catalogarle, riordinarle, metterle nero su bianco come si faceva una volta o trasformarle in bit come si usa ora. Un lavoro lungo, che però aiuta a sedimentare gli entusiasmi del neofita, i mugugnamenti del lamentoso ed a trasformarli in un insieme più aderente alla realtà, anche se il tutto rimarrà sempre segnato da ciò che ha, forse casualmente colpito la tua immaginazione e che, a confronti fatti, risulta sempre essere diverso da persona a persona. Così, degli stessi luoghi o fatti, avrai relazioni e giudizi diversi, spesso opposti da persone diverse che li abbiano visti, magari solo a causa di loro particolari stati d'animo differenti e non soltanto per convinzioni o ideologie contrapposte. Mi è capitato più volte di magnificare il mio entusiasmo per qualcosa che ad altri aveva suscitato soltanto noia o addirittura fastidio. Credo che rientri nella complessità della natura umana.
E infine ancora il bello o il brutto a secondo dal lato da cui lo guardi, sta nel fatto che non hai più l'ansia del partire, quel misto di eccitazione per l'avventura che comincia, legata al luogo che hai lungamente sognato di vedere e che hai almanaccato con programmazioni, calcoli, date, itinerari per qualche mese, e di entusiasmo per il solo viaggiare in sé, al di là del luogo scelto, l'adrenalina del camminante che si mette in marcia indipendentemente dalla meta da raggiungere, ma il cui scopo è semplicemente l'andare. Pure sono ormai venuti meno i dubbi ed i timori del non aver calcolato bene, di trovarsi in grane non previste, dei problemi di salute che potrebbero incombere a prescindere, in relazione anche alle difficoltà intrinseche del viaggio stesso, delle insicurezze sull'aver trascurato cose importanti da vedere o da inserire nel programma, o chissà nella scelta delle persone a cui affidarti di cui in fondo non conosci quasi nulla se non per il passaparola del web. Adesso invece tutto è risolto e compiuto, tutto è andato bene, ombre e dubbi dissolti; certo bisogna spazzolare via la polvere e la ruggine accumulata, non era mica una passeggiata in fondo.
Dunque, mettiamoci all'opera per raccontare questa mia nuova esperienza in terra africana; un viaggio non difficile, che ormai, pagando puoi avere tutto a disposizione, ma che ho trovato particolarmente duro e faticoso nell'esecuzione, un po' perché ogni anno che passa le strade diventano sempre più ripide ed in salita, un po' per fattori che mi sono parsi assolutamente oggettivi ed inequivocabili. Un itinerario che pur avevo preparato con cura, grazie alle tante esperienze esplorate da chi mi aveva preceduto e che aveva avuto la bontà di darmi utili consigli e che comunque è risultato meritevole di qualche piccola variazione da consigliare a chi vorrà seguire le mie tracce, senza avere la saccente pretesa di poter tracciare la soluzione migliore o la più completa, perché questo ovviamente attiene alla sfera degli interessi personali che fanno mutare i punti di vista sulle molte soluzioni possibili. Dunque, ora che siamo tranquilli e ragionevolmente riposati davanti alla scrivania ed alla tastiera, non potendo e volendo porsi davanti a penna e calamaio, come vorrebbe qualche mio amico innamorato di un passato che non può tornare, rimandiamo a domani l'incominciare del percorso che un mese fa, mi ha portato a ripercorrere l'ormai noto cammino che conduce all'aeroporto, quel portale magico che ti mette in comunicazione col resto dell'universo, o quasi.
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