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domenica 13 novembre 2011

Scuola e comunicazione.

Forse qualcuno dei miei attenti lettori si sarà chiesto come mai, nonostante abbia dichiarato di essere in terra d'Africa e più precisamente in Senegal, continuino a fioccare in questo spazio una serie di note di "viaggio". Addirittura qualcuno si sarà spinto ad ipotizzare che io sia in realtà seduto a casa mia e cerchi di appagare la mia brama di sensazioni con acido lisergico o altre soluzioni virtuali. Sarebbe stata una bella idea ma voglio disilludere tutti, non solo sono in loco, ma addirittura sto tornando, anzi scrivo queste righe proprio mentre, con rammarico, lascio questa terra, anche se per un'altra magia elettronica, compariranno solo domenica mattina quando io (spero) starò già consumando l'acido lattico accumulato nella mia dolce tana, coccolato dai famigliari che mi attendono con "ansia". Dunque in un paese "selvaggio" la comunicazione è così semplice? Pensate che alcune sensazioni sono state postate in diretta sul bordo polveroso di una strada di qualche paesotto senza nome mentre i camion transahariani passavano nella loro nuvola di polvere che li segue come la bava delle lumache. Il fatto è che qui si è pensato che la possibilità di connettersi fosse un punto importante per lo sviluppo del paese e il wifi è quasi dappertutto e gratuito. Accanto a questo che, assieme alla telefonia mobile, percorre il paese prepotentemente facendo, grazie ai suoi costi minimi, forse saltare una fase intermedia dello sviluppo, come in tanti paesi del terzo mondo, bisogna considerare che questo è un paese giovanissimo grazie al fatto che nessuno che si rispetti ha meno di cinque figli. Il problema della scuola è quindi uno dei più importanti e sentiti. E' importante sottolineare che tutte le persone con cui sono venuto in contatto a partire dalle più umili e disagiate, pongono al primo posto assoluto la necessità di fornire a qualunque costo, una istruzione adeguata ai propri figli. 

E dato che gli amici che mi hanno dato questa opportunità, si interessano proprio di questo aspetto, il giro di alcune delle scuole frequentate dai bambini seguiti dall'associazione, è stato di particolare interesse. Chiariamo subito che qui la riforma Gelmini è già in atto da tempo e vedere queste classi di 50 - 60 bambini guidate da inflessibili maestri, mostra un mondo antico che avevamo dimenticato, in cui i problemi dei bambini non sono lo zainetto firmato o  il diario con la griffe, ma averli i quaderni e le matite, oltre ai soldi per pagare la retta, anche se bassa, per quelle famiglie che devono pensare a mettere tutti i giorni qualcosa da mangiare nel piatto. Certo ci sono scuole migliori e altre meno, ma bisogna pensare che questo è uno sforzo titanico per un paese molto povero e senza risorse, anche se questa mancanza è compensata dall'assenza di grandi predatori e di guerre e disordini che hanno accompagnato le altre aree "ricche" di questo disgraziato continente. Quindi una mano anche piccola è sempre benvenuta anche se apparentemente sembra una goccia nel mare, sempre utilissima e spesso risolve problemi familiari anche gravi con poco. Ecco perché sono davvero grato a Paola, Rosanna e Bruno per avermi dato l'opportunità ed il privilegio di poter conoscere queste situazioni da vicino e grato anche per aver potuto incontrare tante persone che anche solo in pochi giorni mi hanno dato molto. Adesso è il momento di assorbire tutto quello che ho visto, di assorbirlo ed assimilarlo. Nei prossimi giorni, magari mentre medito, toccherà parlare di altro, visto che, vi mollo per qualche giorno e subito succede di tutto, ma poi non voglio rinunciare a proporvi un po' alla volta qualche storia di persone vere. 

sabato 1 ottobre 2011

1 ottobre.

Oggi è il primo di ottobre, data che spinge a pensare a castagne arrosto, focolare caldo e funghi  alla piastra, mentre invece se butti l'occhio fuori dalla finestra par d'essere in piena estate.La Stampa dice che a Roccagrimalda, vicino ad Alessandria, gli alberi di pere sono fioriti come a marzo e in più hanno le pere attaccate; forse non le staccano perché costa troppo farlo se non si trova qualche extracomunitario da prendere per la gola. Per fortuna tra qualche giorno partirà automaticamente l'accensione dei termosifoni nelle case e tutto andrò in equilibrio naturale. I politici cominceranno a governare, gli industriali ad investire e i lavoratori ad essere licenziati. Un rientro nei ranghi, insomma, che renda di nuovo comprensibile l'andamento delle cose. Siamo in un'epoca in cui è diventato più difficile capire le cose, gente di destra chiede la patrimoniale, gente di sinistra vuole aumentare l'età pensionabile, noi in mezzo che si fa fatica a seguire. Capisco bene che è finito il tempo delle certezze, ma chi ha la testa vecchia non si orienta più, cribbio. Al primo ottobre ci deve essere un'aria frizzantina e dal cielo nuvoloso si deve veder cadere uno spilluzzicamento di umidità insana che non è ancora nebbia ma già comunica alle tue ossa che è ora di coprirsi meglio, che è ora di mettere il sussidiario nella cartella e di andare a scuola. Già, cominciava il primo ottobre la scuola. Io non me lo ricordo mica il mio primo giorno, quando la mia mamma mi accompagnò a cominciare quello che oggi definiremmo il mio percorso formativo. 

Rileggevo il bel libro di Luciana Pasino sul primo giorno di scuola visto dalla parte di tanti insegnanti e ho cercato di ricostruire il mio, ma senza successo. Forse perché nello stesso edifico ci ero già stato portato l'anno prima  all'asilo e quindi non ci sono stati cambiamenti drammatici, salvo che il grembiulino bianco ed il panierino di vimini con il simbolo delle tre ciliege che mi contraddistingueva, fu sostituito dal severo grembiule nero e dal terrificante ed enorme fiocco a gassa blu, che la mamma mi faceva con cura ogni mattina e che mi faceva sembrare, da bimbo paffuto, se pur bellissimo, come un funebre uovo di Pasqua. Il panierino finì come contenitore delle mollette da bucato, diremmo con un cambio d'uso, e ancora lo conserva mia moglie oggi nella sua terza vita di ripostiglio per aghi, fili e arnesi da cucito, ma cosa è rimasto dell'essenza del fiocco blu, diciamo del suo significato intrinseco? Se ne è andato anche lui in pensione precocemente, con una di quelle soluzioni di 19 anni, 6 mesi e 1 giorno che si considerano oggi la causa primigenia, assieme ad innumerevole altre simili, del baratro finanziario sul bordo del quale ci troviamo oppure ha voluto ritirarsi di fronte alla sostituzione della sicurezza con la precarietà, del certo con il dubbio e l'essere sempre in bilico? 

Difficile a dirsi; inconsciamente allora si facevano programmi a lunga scadenza ed il pensiero che il domani sarebbe stato migliore non veniva neppure messo in discussione, talmente pareva ovvio. L'autorità era la maestra Vittoria Fracchia, vestita decorosamente e dalla serietà ineccepibile, a cui ogni mamma guardava come ad una entità superiore che distribuiva soprattutto certezze. Voi fate quello che dovete e il futuro ce lo avrete in tasca. Il maestro di mio papà, se faceva le aste storte, gli minacciava: - Se continui così, andrai a zappare!- ed era una minaccia consequenziale. Adesso invece pare sempre che ce l'abbiamo in saccoccia, ma il significato è diverso, sentiamo che c'è sempre qualcosa che spinge dietro e non è bello. Il primo di ottobre, non cambiava mai, era un appuntamento definito e sicuro come lo sarebbe stato il nostro futuro. Se avessi venti anni oggi sarei impaurito e depresso. Invece vedo che i ragazzi non lo sono affatto, non rilevano questi che per me sarebbero barriere pesanti ed invalicabili, anzi sono carichi di progetti, di entusiasmi e di voglia di fare. L'uomo ha una adattabiltà incredibile. Basta un attimo e si abitua a tutto; in generale sopravvive sempre e va avanti, ia che si trovi tra i ghiacci siberiani o nella foresta congolese, anche se il primo di ottobre fa caldo e sudi in camiciola.


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venerdì 3 giugno 2011

Recensione: L. Pasino - Il primo giorno di scuola.

Un lavoro molto intrigante, questo che Luciana Pasino, Alessandrina tanto per cambiare, studiosa di letteratura giovanile e didattica della poesia, in collaborazione con Vagliani, ha costruito, mettendo assieme oltre cinquanta testi di insegnanti che raccontano il loro primo giorno di insegnamento. Una stesura antologica che, presentando questo momento topico "dall'altra parte", con tutte le sue debolezze e pulsioni, assieme all'eccitazione ed all'orgoglio di una missione appena intrapresa, è assolutamente sconosciuta e neppure immaginata da chi l'ha solo vissuta come allievo. Il periodo raccontato parte nel 1861, dall'inizio dell'Unità d'Italia, che fu anche l'avvio della scuola pubblica, fino ad arrivare ai giorni nostri e gli interpreti sono sconosciuti maestri, inviati in paesini sperduti così come firme famose, a partire da Matilde Serao, Ada Negri, Pascoli, Mussolini, Pasolini e molti altri, accomunati dalla straordinaria esperienza di avere davanti a sé giovani menti da crescere e rendere uomini e donne degni della società in cui dovranno vivere.

Molto di più di semplici racconti a tratteggiare l'emozione dell'inizio di un impegno sociale e civile, ma l'insieme dei brani costruisce davvero l'immagine dell'importanza di questo lavoro, dell'amore e della convinzione necessaria a svolgerlo, comune nel tempo, così come le difficoltà e il disinteresse di fondo dello stato che in fondo  lo trascura dandolo per scontato e gli stipendi da fame e il senso di abbandono a cui viene lasciato il sistema, come se una volta istituito dovesse funzionare da solo. Vi divertirete come me, scorrendo le storie di maestri che a dorso di mulo raggiungevano aule disastrate in cui pascolavano i maiali o che arrivavano fuori delle frontiere conquistate con l'orgoglio della missione di dispensare cultura. Quelli a cui veniva rimproverato di non avere i baffi per mostrare maggiore carisma o ancora quelle maestrine alle prese con le difficoltà di avere qualche gessetto, un bottiglione di inchiostro o una sdrucita e superata carta geografica, a cui le mamme raccomandavano di picchiarli forte quei discoli, ma tutti uniti dalla coscienza dell'importanza del proprio lavoro. Un libro che può servire anche a ricordare alle istituzioni che da questa scuola pubblica possono nascere i nostri punti di forza, mentre il suo abbandono contribuisce in maniera decisiva alla decadenza del paese. Intanto se vi capita, non perdetevi una visita del Museo della scuola ospitato nello splendore di Palazzo Barolo a Torino, a cui la stessa Pasino dedica il suo tempo e le sue cure attente.


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martedì 2 febbraio 2010

Geografia in saldo.

Più o meno tutti sapete che ho una particolare inclinazione per questa materia. Credo che senza questa base e questo interesse, non si riesca in alcun modo a subire il fascino ed il bisogno della conoscenza, ad essere trascinati dalla curiosità che, come già detto più volte, ti porta a compiere lo sforzo necessario ad andare a vedere cosa c'è dietro quell'arco di colline. Senza geografia, difficilmente si è portati a voler capire come la pensa qualcuno così diverso da te, che vive in un altro luogo, che a volte è anche un altro tempo e poi magari capita che venga a vivere vicino a te e, se non ci si capisce, la convivenza diventa problematica. Senza geografia è raro riuscire ad apprezzare un luogo la cui bellezza o anche la cui mancanza di bellezza possono diventare motivo di attrazione e di coinvolgimento o ad essere affascinati da opere dell'uomo che hanno alla loro base, motivazioni e ragioni d'essere sempre legate a doppio filo al posto che le ospita. Senza geografia si rimane monchi di una parte essenziale nella comprensione di una mostra di arte orientale o nell'assistere ad un concerto di musica klezmer o nel guardare un balletto classico. Potremmo dire che è un sapere trasversale che condisce un po' tutta la conoscenza, una spezia che esalta i sapori delle diverse materie che diversamente rimarrebbero un po' sciape. Leggo però che un'altra brillante iniziativa del nostro ministro dell'istruzione eliminerà quasi del tutto questo tipo di sapere dalle nostre scuole. Beh, di certo tutto questo è in linea con i precedenti provvedimenti, tesi a quanto sembra, al di là dei concetti teorici, nella pratica a peggiorare per quanto sia possibile il livello delle nostre scuole pubbliche (che contrariamente al comune sentire, sono nei fatti tra le migliori del mondo, se si considerano i momenti in cui, nella vita reale e nel mondo del lavoro, i nostri ragazzi si confrontano con i loro concorrenti stranieri. In effetti tutti coloro che hanno dimestichezza con le istituzioni scolastiche all'estero sanno bene che i nostri studenti spiccano in modo assolutamente esagerato quando vengono calati in realtà internazionali, anche se in Italia erano nella media, e vengono apprezzati senza riserve in tutto il mondo.) Quale sia il disegno è difficile dirlo. Il più banale, che di solito è anche il più probabile, è una miope necessità di risparmio di risorse che taglia dove è più facile tagliare, perchè anche se qualcuno grida, di danno non ne fa, mentre una interpretazione più malevola, indicherebbe una intenzione di smantellare via via la scuola pubblica a favore di quella privata, quella che dalle mie parti, un tempo era chiamata la scuola dei deficienti, di quelli che non essendo riusciti a fare un anno in tre, cercavano di farne tre in uno, pagando. Questa idea, però prevederebbe una certa intelligenza e lungimiranza, un disegno a lungo termine programmato, che richiede comunque una certa, seppur luciferina, capacità dura da ipotizzare, conoscendo i personaggi coinvolti, anche se a pensar male spesso ci si azzecca come diceva Andreotti. E' chiaro che un disegno (teorico naturalmente) di una scuola magari un po' meno obbligatoria, con meno conoscenza, tesa a scoraggiare chi ne avesse meno passione o meno denaro a disposizione per pagarsi buone scuole, avrebbe una duplice convenienza, quella di avere una élite, magari meglio preparata e una buona e larga massa, più disponibile a lavori che oggi rimangono scoperti e poco appetiti, unitamente al vantaggio di una base allargata di zucche semivuote in cui è facile calare idee e da manipolare alla bisogna, indirizzandole nella direzione corretta e senza troppa fatica e con poca carota, tra l'altro evitando anche un uso esagerato del pur sempre necessario bastone, che poi tutta 'sta cultura non è mica così necessaria. Che bellezza, per chi deve governare, disporre di una massa di elettori del tipo di quello studente di una prestigiosa università americana, che citava ieri un giornalista su La Stampa, che era sicuro che dall'Italia agli Stati Uniti si potesse arrivare in auto via terra, o di quel turista incontrato da una amica su di un aereo per Capo Verde che non aveva la minima idea di dove fosse il posto in cui stava andando, anzi non sapeva neanche che si trattava di isole, ma l'unica cosa che gli interessava era che ci fosse un bel villaggio con cucina italiana ed una buona animazione o quell'altra cliente che in agenzia non voleva pagare l'escursione termica , anche se nel deserto era forte, perchè tutte le escursione le acquistava direttamente sul posto (e risparmiando, la furbona). Certifico trattarsi di fatti veri e reali. D'altra parte, basta notare nei vari quizzetti televisivi, il terrore che compare sul volto dei concorrenti quando si accende la temibile domanda di geografia. Una strage, in generale. Comunque il mondo va sempre nella direzione che si merita. Ma, se volete dare una piccola mano a cercare di farlo sterzare almeno un pochino, date un occhiata al sito dell'AIIG, l'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia da cui ho ricavato il logo, e per quanto servirà firmate la petizione sull'argomento che si apre cliccando qui.

martedì 28 ottobre 2008

Dibattito sulla scuola

Ricevo da Lorenzo e pongo alla vostra attenzione il discorso pronunziato da Piero Calamandrei al III congresso dell'associazione a difesa della scuola nazionale il giorno 11 febbraio 1950 :

'Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A 'quelle' scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi, ve l'ho già detto, per rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico'.

Quasi sessantanni e sembra ieri. Tempus fugit.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!