venerdì 2 giugno 2017

Malaysia 33 - Tatuaggi e vino di riso


Una piccola Iban



La sera sul fiume
Dopo la pioggia, la luce della sera dona alla superficie dell'acqua un velo di magia. Il fiume che appariva limaccioso ed oscuro sembra un piatto d'argento che brilla sotto gli ultimi raggi, che filtrano tra i rami degli alberi più alti. Nella longhouse regna la pace della giornata che sta per finire. Gruppetti di anziani sono seduti nel ruai, il lungo corridoio comune e passano il tempo chiacchierando. Qualcuno, con la schiena appoggiata alla parete, monda i granelli di pepe raccolti nella giornata prima di confezionarli nelle bottigliette di plastica recuperate dell'acqua. L'arrivo di qualche straniero è evento raro e molto gradito, una variante nella giornata che desta curiosità e voglia di comunicare. Jemat si è seduto vicino a me e ha una gran voglia di chiacchierare. Ha un'età indefinibile ma le rughe sul volto e la schiena curva raccontano che di anni sul fiume ne ha visti passare molti. Lui si ricorda ancora quando non c'era ancora il lago e il fiume era solamente un piccolo rigagnolo fangoso che si gonfiava solo quando le piogge scendevano più violente. Si ricorda anche della vecchia longhouse che sorgeva più a valle del corso d'acqua e che oggi la crescita del livello ha cancellato. A quel tempo non c'era ancora la lamiera, ma solo legno duro strappato alla foresta e tetti di foglia di palma che andavano cambiati ogni cinque anni e del generatore non si conosceva neppure l'esistenza, la vita era più tranquilla e nessuno andava in città a scuola o a lavorare. 

Ha tagliato qualche testa?
Ha la schiena e le braccia completamente ricoperte di grandi tatuaggi, come del resto la maggior parte degli anziani, ottenuti in lunghe e dolorosissime sessioni tramite una minuscola lesina di bambù appuntita che trasmette il colore alla pelle. Sono disegni rituali che raccontano sempre la storia di chi li porta; ognuno di essi dice di un fatto a cui quell'uomo ha partecipato e di cui è orgoglioso, un viaggio, una impresa, un evento in cui lui ha mostrato il suo valore, come una caccia epica ad un animale pericoloso oppure altri animali visti come simboli protettivi. Il suo vicino ha la schiena ricoperta di fiori e di stelle che dicono della sua perfetta sintonia con la foresta, un altro ha felini e grandi uccelli che forse ha cacciato con successo. A Nyambong, che ne è letteralmente ricoperto, faccio notare che l'unica porzione di pelle che gli rimane libera è il dorso della mani, ma lui si rabbuia. Ganie mi spiega subito la mia gaffe, il dorso delle mani è tabù per i tatuaggi. Non bisogna dimenticare che la fama di questo popolo è soprattutto quella di essere noti come tagliatori di teste, argomento su cui è considerato scortese insistere troppo e solo chi ha compiuto questo atto può tatuarne la testimonianza sul dorso della mano, mentre un dito riporterà la tribù di provenienza dell'ucciso. Una medaglia al valore che non si può esibire falsamente. Questo marchio era stimato come molto utile nell'al di là, dove il mondo gira al contrario e i tatuaggi scuri delle mani diventano bianchi e luminosi e servono ad illuminare il cammino al valoroso nel buio eterno della morte. 

Tattoo
Già, questo è un popolo bellicoso per natura e quando scattava lo Ngayau, la dichiarazione di guerra, i guerrieri si mettevano alla caccia del nemico con lo scopo precipuo di portarsene a casa la testa da esibire davanti alla longhouse e che sarebbe rimasta come imperitura dimostrazione di valore per la famiglia oltre che di rispetto per il morto. Qui si ricordano ancora le guerre storiche, come la più famosa, contro l'invasione inglese nell'800 e lì di teste bionde se ne mozzarono parecchie o contro i giapponesi durante l'untima guerra, senza tralasciare le sanguinose battaglie avvenute negli anni 60, quando ci furono le infiltrazioni comuniste dal sud indonesiano del Kalimantan. Naturalmente non si contano le varie scaramucce tra villaggi, faide e disaccordi su banali fatti di vicinanza, insomma beghe tra vicini, che forse sarebbe interessante vedere durante le nostre riunioni condominiali se fosse nella nostra tradizione. Ufficialmente comunque il taglio delle teste fu abolito da Brooke nel 1925 e tutti riconoscono che adesso la vita è migliore e decisamente meno pericolosa, tuttavia nell'organigramma della longhouse si nota che i nomi di cinque uomini sono sotto la casella denominata Sicurezza, che insomma, non si sa mai. Tuttavia i crani cacciati da ogni famiglia sono ritualmente conservati, in un luogo sacro dello spazio personale, per rispetto verso quei sacrificati e ad onore della famiglia stessa.  

Riposo della sera
Non è opportuno esibirli agli estranei, ma rimangono lì a ricordare che non si è stati dei brubru qualunque e occhio che siamo qua vigili e attenti, eventualmente. Chiaro!? Ma poi si butta tutto in ridere, insomma, qua ci sono ospiti da festeggiare e mentre cala la sera, gli uomini ritornano a casa. La figlia del capo arriva ancheggiando, conscia di quello che rappresenta. E' chiaramente una ragazza moderna che lavora in città e come prima azione dopo aver salutato educatamente all'occidentale va a lavarsi i lunghi capelli che esibisce con garbo. Intanto parte il rumore scoppiettante del generatore e piccole luci si accendono qua e là nelle varie camere. Quella del capo ha anche un televisore e la ragazza prende subito posto assieme ad un gruppetto di amiche sul pavimento antistante, trascurando i divani che pure fanno bella mostra di sé lungo la parete, ma che evidentemente non sono abitudine così comoda ed entrata nell'uso. E' partita la telenovela e ragazzi dagli sguardi languidi lanciano occhiate roventi a diafane fanciulle su sfondi di templi induisti. Bolliwood colpisce duro qua. La spettatrici sembrano rapite dalla vicenda e non fanno caso a quanto succede intorno. Arriva il capo a cui veniamo presentati con gran pompa; sembra puttosto contento di avere qualche ospite, cosa sempre più rara da quando hanno aperto il resort a valle del fiume; ci saluta e ci ringrazia della visita prima di ritirarsi per le abluzioni della sera. 

Chiacchierare
Questa è l'ora in cui la maggior parte degli abitanti della casa si dedica a lavare via tutto il sudore della giornata e qui, diciamo la verità, fa pareccbio caldo. Questa dunque è una pratica piacevole e gioiosa a cui tutti si dedicano con fervore quando cala la sera. La casa è decisamente animata, tutti girano qua  e là e si nota come tutti entrano ed escono nelle parti privare con una certa libertà, insomma la vita è davvero comunitaria, infatti si nota subito che nelle pareti che dividono una famiglia dall'altra o quella che separa l'abitazione dal ruai, ci sono larghe aperture da cui puoi vedere come si svolge la vita all'interno e che vengono chiuse solo durante la notte, quando nella sala anteriore vengono stese le stuoie imbottite per dormire. Nel nostro gruppetto che pare radunare i più sfaccendati continuano ad arrivare bottiglie di plastica contenenti il vino di riso, che evidentemente è uno delle produzioni più importanti della casa. Ogni giro è servito in piccoli bicchieri di vetro o di bambù e per la verità sono proprio le donne quelle più convinte che fungono da puscher. Bisogna continuamente brindare al piacere della nostra visita, alla salute degli astanti, al piacere di stare insieme. 

Selezione del pepe
Il segno del brindisi è proprio l'Ooo... haa! pronunciato con un ritmo ascendente prolungato, quasi una spinta a bere per la prima parte e discendente con un tono di soddisfazione per la seconda parte, la parola tra l'altro che dà il nome anche all'agenzia del nostro David e di Ganie che dopo un po' di bicchieri comincia a sentirsi davvero nella parte ed a suo agio. Tra una bevuta e l'altra le perplessità e gli imbarazzi cominciano a sciogliersi e devo dire che le risate un po' sguaiate cominciano a diventare più fequenti. Ganie mi rimarca come sia piacevole sentirsi davvero a casa, quando si sta in una longhouse, certo la vita di città ha i suoi vantaggi e le sue comodità, ma qui è diverso, si è in famiglia, si sente davvero un senso di comunità in cui è piacevole vivere sentendosi protetti e parte di qualche cosa di antico e tribale. Sotto l'impiantito di legno ricoperto dalle stuoie, senti i maiali che grufolano, i rumori della foresta, il crocchiare dell'hornbill nascosto tra i rami alti. L'oscurità della notte è ormai scesa e le lampadine fioche generano ombre tremule. Le ombre si sono allungate nel ruai. La moglie del capo esce dalla sua cucina e ci annuncia che la cena è pronta, poi finalmente sazi e contenti potrà partire la festa.

Nel ruai

Il totem del villaggio
SURVIVAL KIT

Iban policy - Vivere qualche giorno con questa gente implica il fatto di incontrare usi molto particolari e differenti da quelli a cui siete abituati e che teoricamente potrebbero infrangere tabù religiosi o altro. Tuttavia non fatevi troppi problemi, siete sempre dei turisti paganti in fondo e alle vostre gaffe tutti sono abituati, al più faranno ridere gli astanti, a meno che non arriviate in luoghi davvero nascosti e remoti. Comunque non insistete ad esempio, per vedere i teschi conservati dalla famiglia, su questi c'è molto rispetto e riservatezza e cercate di non toccare i totem rituali posti all'entrata del villaggio. Bevete almeno il primo bicchiere che vi viene offerto o per lo meno fingete di farlo, un rifiuto netto si considera offensivo, poi eventualmente accusate malattie che vi impediscono di bere. Non rifiuate di ballare e di fare festa. Loro hanno piacere di ridere e divertirsi con voi che siete comunque un momento di novità nella vita di tutti i giorni.




Schiena
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:



Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!