Dunque tanto per farvi capire quali sono le fondamentali attività del pensionato medio che transita per il mio ufficio (leggi tavolino del bar Rosa Rossa) voglio portare alla vostra attenzione questo problema di cui si è molto discusso e su cui tanto ancora si discuterà. Avendo io postato sul libro delle facce un video che raccontava la performance della street band che l'altro giorno percorreva le vie del nostro paesello dimostrando bravura e simpatia, la natura del contendere si è soffermata sul nome del gruppo stesso: I Sensa Doit, come stava scritto sulle loro uniformi che, tradotto dal piemontese, significa I senza garbo, gli sgarbati, ancorché fossero invece garbatissimi e socievoli oltre che molto bravi. Tuttavia la discussione si è appuntata su come sia la corretta grafia della parola garbo nell'idioma piemontese, che qualcuno vuole lingua e altri semplice dialetto.
Ora, posto che Garbo si può tradurre in piemontese anche con il curioso e affascinante lemma: Ghëddo, che, come potete vedere sul dizionario piemontese, così si scrive con la vocale pronunciata in modo molto stretto, nel lemma in questione in cui la vocale viene pronunciata allo stesso modo del dittongo eu in francese, con un suono più allungato e strascinato, la mia opinione è che la parola in questione debba essere scritta Döit, come riporta anche il dizionario on line Piemunteis.it a cui vi rimando e sul quale potrete anche sentire la pronuncia ufficiale. Insomma con la dieresi, altrimenti detta Umlaut dai nostri amici alemanni, invece che con la ô con l'accento circonflesso o con la œ come suggerisce l'amico Carlo. Gli amicidel gruppo stesso non aiutano in quanto se date un'occhiata alla loro pagina FB, nei testi viene scritto con l'accento circonflesso mentre nella titolazione con la dieresi. Siccome la diatriba è piuttosto importante vi pregherei di dare il vostro contributo al riguardo. A chiosa finale di questo argomento vi aggiungo un gustoso modo di dire che utilizza la parola in oggetto.
Avej el döit ch'a l'han j'asu a plé ij biscöit, a lavé ij bicer, a lavé le sane.
Avere il garbo che hanno gli asini a pelare le caldarroste (non i biscotti come avevo erroneamente scritto prima, quelli si dicono i Biscutin), a lavare i bicchieri, a lavare i boccali. [Agire grossolanamente]
Per vedere il video cliccate qui:
https://www.facebook.com/enrico.bo/videos/10213510135213030/
6 commenti:
Post bin ënteressant ma...
Il piemonteis i giovani (almeno dalle mie parti) non lo parlano più; lo capiscono ma non lo parlano. E non bisogna usare parole passate di moda, dròle, baravantane, còme eva.
Come si scrive? Il guaio è che non si è mai scritto molto, fino a poco tempo fa io lo scrivevo come si scrive l'italiano. Poi sono stato ripreso e cerco di adeguarmi, almeno 'na frisa. Ma quando devo citare il mio amico Bepon se non scrivo pron. bepun sembra veneto anche a me. Non sono razzista ma è un'altra cosa. E non tutti concordano, anzi...
Una cosa ancora: le varianti locali; quand'ero piccolo, 'na vòta, si capiva da dove veniva uno dalla parlata. Qualche anno fa ho visto che una cosa simile ma ben più marcata capita per gli occitani, non solo francesi.
Grazie Juhan, in effetti se andiamo a parare nelle varianti siamo persi. Io poi nonavrei neanche titolo in quanto alessandrino, detentore di ben altro dialetto.
Hai ragione, Enrico, siamo pensionati nullafacenti e per passare il nostro tempo vuoto ci occupiamo di quisquilie senza neppure giungere ad una qualche soluzione.
Ma che bello risentire il suono di una parola desueta del nostro vecchio dialetto, comunque la si scriva e pronunci, e scoprire che vive ancora in qualche modo, sulla bocca di un simpatico gruppo di musicisti ragazzini!
Verissimo Rob, ormai possiamo solo più farci affascinare da questi suoni di un tempo ancora più accattivanti in quanto residui di un rimpianto di un passato che ci fa gola perché non lo potremo mai più avere.
un link a una cosa personale, qui: http://tamburoriparato.blogspot.it/2014/03/noi-bogianen.html
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