giovedì 27 ottobre 2022

STP 4 - Ancora in volo

Aeroporto di Lisbona


 La fila dell'imbarco è un po' una liberazione, il discrimine tra l'attesa e il fatto che ormai il meccanismo non si ferma più, stai salendo a bordo e nessuno si può più mettere in mezzo. Il corridoio del braccio che porta al portellone aperto è un po' la scala santa verso il cielo, in tutti i sensi e la leggerezza con cui lo percorri nell'andata è linimento per l'anima. Intanto salta fuori qualche novità formale: le zone di chiamata che erano 1,2,3 adesso sono diventate A,B,C. Interessante cambiamento, sembra un po' quel che succede in politica, cambiare denominazioni per far vedere di aver mutato qualche cosa, anche se la sostanza rimane la stessa. Una ragazzina francese, intanto, appena fuori dalla coda, si affanna nel tentativo di chiudere una valigia che contiene almeno il doppio delle cose per cui è stata progettata, spinge, tira, si siede sopra, ma poveretta peserà trenta chili vestita e i suoi sforzi appaiono velleitari, quando alla fine come per magia le cerniere scorrono un po' ed il collo si chiude finalmente, tutti gli astanti che partecipavano ansiosamente allo spettacolo tirano un sospiro di sollievo, ce l'abbiamo fatta. Nelle valigie alla fine ci sta sempre tutto, è un po' una metafora della vita. Poi finalmente scorrono gli automatismi della partenza, le assistenti di volo che con aria stanca fanno click clack con le cinture di sicurezza, con un sorriso di circostanza o neppure più neanche quello, la mascherina lasciata cascare verso il basso con noncuranza, i gesti stereotipati che indicano le uscite di sicurezza ed il gonfiarsi nelle gote che riempirebbero il giubbotto. poi solo più ginocchia in bocca ed il carro bestiame prende il volo. 

Mentre senti il rumore secco del carrello che viene ritirato, che bellezza! non puoi non pensare: è fatta, finalmente. Certo qualcosa è cambiato in questi tre anni, neanche più un bicchiere d'acqua, solo un frullare avanti e indietro ad offrire trastulli e amenities alimentari a pagamento, questo è il concetto, racimolare più soldi possibile anche sulle normali compagnie di linea, comportarsi come low cost anche se si tratta di normali voli di linea strapagati. E' stato abolito anche il magazine della compagnia che stava come un breviario nella tasca del sedile davanti a te. Il mondo cambia e questa è la vita, è il mercato bellezza, se non ti va stattene a casa, quindi inutile recriminare. Sono ormai passate le 22 quando sbarchiamo a Lisbona ed al contrario di quanti si affrettano per correre alla ricerca dei gate di transito, noi possiamo prendercela comoda, una lunga notte ci aspetta, emula di altre tristi notti passate in aeroporto. D'altra parte non c'era altra soluzione. Se le tredici ore di attesa tra un volo e quello definitivo, fossero state diurne, avremmo almeno potuto tranquillamente prenderci una pausa in centro città e percorrere un poco le strade di questa bellissima capitale che non vedo da almeno un decennio. Avrei voluto entrare in qualche localino dalle modanature antiche di legno scuro ad assaggiare con un aperitivo davanti, qualcuno degli antipastini che si servono lì, sardine o mariscos, trascurando naturalmente i pasteis di bacalau, che è un pesce che non sopporto, che ci posso fare se è il loro piatto nazionale. Anche in aeroporto, guarda caso, c'è un enorme spazio dedicato alle sardine, scatole di ogni tipo e colore a fare uno spettacolare mosaico a parete, sembra un negozio di profumi o di dolcetti, vedete voi. 

Mi sarebbe piaciuto poi passeggiare un po' e fermarmi davanti ai meravigliosi azulejos che ti compaiono all'improvviso davanti anche nelle vie più nascoste o prendere il tram che sale al belvedere in alto, ma pazienza sarà per un'altra volta. Qui si tratta di organizzarsi perché la notte è lunghissima e quando a poco a poco l'aeroporto si spegne, la gente defluisce e gli immensi spazi diventano sempre più solitari o addirittura deserti. La vita frenetica di poco prima attutisce i rumori e si cristallizza, mostrando solamente più figure isolate e abbandonate sui sedili più nascosti come sacchi vuoti in attesa del passaggio del camion delle immondizie. Anche le luci sembrano diventare più fioche fino a trasformare un ambiente rutilante di luci e di movimento, in un set da film di vampiri, popolato da figure inquietanti. Saranno "normali" quelli che passano la notte in aeroporto o finti aspiranti passeggeri che nascondono la loro essenza da barboni in zainetti mal confezionati e trolley dalle ruote sgangherate? Comunque sia, prima della mezzanotte passi il tempo trascinandoti da un negozio all'altro, chiedendoti, ma chi mai comprerà qualche cosa in questi templi del lusso smaccato. Non riesco a figurarmi un tizio che dia un'occhiata in giro e poi dica: toh, mi compro un Rolex Daytona o un gioiellino di Bulgari, va là, tanto per fare qualche cosa. Eppure ce n'è una fila di queste vetrine, tutte aperte, tutte con commesse elegantissime e con esposizioni sfarzose. Ma a poco a poco le luci si spengono e le commesse se ne vano a casa a dormire; cala il silenzio, e scompaiono anche gli annunci. 

Cerchi di far passare almeno ancora un po' di tempo, visto che l'alba è ancora una speranza lontanissima, al di là di quelle vetrate rese ormai oscure dal buio della notte, con le sagome lontane degli aerei fermi come uccellacci primordiali, archeopterix in attesa di prendere il violo quando tornerà la luce, ma ad un certo punto, diamoci da fare, è meglio cercarsi una poltrona il più possibile comoda prima che vengano tutte occupate. Ci ficchiamo in un angolo, cercando di sonnecchiare alla meglio; per fortuna mi ero portato sudoku e Settimana enigmistica, poi un po' di abbiocco, ma la notte è lunghissima, infinita e popolata di ombre. Inoltre lo zaino a cui appoggiare la testa è duro e pieno di bitorzoli, logico che le macchine fotografiche contenute non siano propriamente cuscini di piuma. Rassegnamoci, in fondo ce lo siamo voluto. In un altro angolo una famigliola di magrebini, cerca di far passare il tempo, la madre ricoperta di creature abbarbicate, che avevano frignato fino a poco prima e con gli occhi ormai chiusi, sedati dalla stanchezza, si tira il velo sulla testa per sprofondare in un limbo almeno visivo, il padre compulsa il telefonino. grande invenzione anche questa per passare il tempo. Anche senza rintocchi arrivano le tre, l'ora della morte, le quattro, le cinque. Arriva qualcuno della security, più addormentato degli astanti, poi quelle delle pulizie, tutte nere e grassissime, segno che sono oramai arrivate le sei. Dei donnoni semiclaudicanti, passi lenti che segnalano la durezza del vivere e che maneggiano scopettoni e moci, come oggetti di maledizione perpetua da affogare nei water e negli angoli più nascosti e segreti, dove appartarsi per preparare cerimonie voodoo. 

Però, queste sedie sono talmente dure da farmi rimpiangere le panchine di pietra della stazione. Capisco che i clienti non premium vadano puniti in qualche modo, niente salette VIP o anche soltanto sale d'attesa business con le poltrone imbottite, ripiene di manager con il laptop aperto, perché ogni stilla di tempo non va perduto inutilmente e bisogna approfittare di ogni momento per aggiungere produttività, per migliorare la performance. E' la maledizione del nostro tempo. Ma qui, tra il parco buoi, siamo al livello della tortura medioevale. Intanto, con qualche cenno sparso, figure che compaiono fugaci, luci che si accendono con lentezza studiata, dopo le sei, l'aeroporto si risveglia; comincia ad arrivare gente, i gate dei primi aerei in partenza si animano, qualche annuncio vola nell'aria, con voci ancora attutite dal sonno come nella reclame del liberanaso. Quando comincia la litania del last call per Amsterdam, c'è già un bel movimento e direi, dopo una sommaria sciacquata alla faccia incartapecorita dal sonno, di trasferirci in zona colazione e mettiamo una faccina che ride come commento di come abbiamo trovato i gabinetti, almeno non contribuiamo a far cazziare sti poveracci. Bisognerà comunque lasciare un obolo dorato anche qui. Sono attirato morbosamente dai pasteis de nata, la specialità lusitana venduta a peso d'oro in diversi angoli bar, da annegare in due falsi cappuccini americaneschi, ormai lo hanno fatto loro come la pizza, bisognerà farcene una ragione e pronunciarlo con accento della west coast, se no sembri fuori dal mondo. 

E lui va giù, bollente come lava fusa con la commistione orrenda di questi falsamente ecologici e insopportabili bastoncini di legno, al posto dei morbidi e lucidi cucchiaini di santa plastica, che raspano lingua e palato in modo talmente fastidioso da farti sparire il piacere della bevanda stessa. Tuttavia la fragranza della pasta sfoglia calda e lo spesso strato di crema vanigliosa che la accompagna, molciscono il fastidio e il secondo ancora più del primo. Davvero buoni anche se pagati come fosse in gioielleria. Comunque l'afflusso della gente è costante, coda infinita a tutte le ore. L'area ristorazione è gremita e fatichi a trovar posto a sedere già alle sette e noi dobbiamo aspettare fino alle undici. Tuttavia adesso l'aeroporto riprende il suo aspetto normale, affollato e cosmopolita, che amo. Vedi circolare di tutto, qui non ci sono le frontiere, è lo spazio del mondo che vorrei, dove ognuno è libero di andare dove gli pare, cosa che credo sia la libertà fondamentale, tutto il resto è noia. C'è il tempo, d'altra parte se no cosa devi fare per passare il tempo, per osservare chi ti circonda e immaginarne le storie segrete, Ragazze fasciate in veli islamici, con le ciglia lunghe e gli sguardi focosi, neri che sembrano usciti da spot rappati, giganteschi omoni tatuati, forse uomini della Wagner in vacanza con le tacche sul cinturone, signore eleganti con le scarpe da ginnastica, famigliole e gruppi di amici e giovani, tantissimi giovani che si muovono, che viaggiano, con zaini e borse, la voglia di viaggio è insopprimibile, ma la gente non lavora a quell'età? e i soldi, di questi tempi, poi, dove li trovano?. Comunque la macchina si muove con un ingranaggio inarrestabile e finalmente il mio volo compare sulla lavagna ed è anche in orario, dai che è ora di andare all'imbarco. Questa volta il salto spazio-temporale è più lungo e il metaverso che mi attende, sarà differente da quello a cui sono abituato. Forza che ce la faremo anche questa volta.




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