giovedì 6 agosto 2009

Chapatti, piadine, gofri?

Finalmente invidioso di tutti i blog di cuochi che frequento, ecco un post di cucina. Beh, non esageriamo, però oggi voglio parlarvi di una tipica specialità della Val Chisone, particolarmente interessante perché oltre ad essere una golosità strepitosa è il classico piatto che aiuta la socializzazione e la compagnia. Trattasi del cosiddetto “gofri” che a dire il vero si trova un po’ dappertutto nella terra d’Oc, dalle Alpi ai Pirenei e addirittura dirò che ne avevo trovato di simile in Svezia. Negli Stati Uniti si usa come base dei french toast. Il nome potrebbe arrivare da Wafer (ma qui chiedi l’aiuto di Skakkina) in quanto quello è il criterio e anche l’aspetto. E’ una base neutra come tante nel mondo, dalla pasta della pizza, ai chapatti indiani, alle piadine , ai Nan pakistani e chi più ne ha più ne metta, su cui aggiungere salato o dolce, quindi dal prosciutto crudo alla Nutella, tanto per cambiare. Cosa li rende insuperabili? Il fatto che non se ne possano comprare un certo numero per mangiarli, bisogna farli e via, cotti e mangiati sul posto, belli caldi e farciti, se no subito si ammosciano, diventano molli e inconsistenti, insomma una vera schifezza. Dunque, se non c’è la sagra paesana in valle dove vi rapinano 2,5/ 3 euro dopo un’oretta di coda, c’è solo una soluzione, farseli. E qui casca l’asino, perché la ricetta per la pastella è semplice e gli affettati li vende il salumiere:

· 1 kg di farina

· ½ litro di latte

· 1 litro di acqua (o 1,5 se vi piacciono più croccanti)

· Una bustina di lievito da pizza

· 2 cucchiaini di zucchero

· Sale q.b.

Mescolare bene per evitare grumi e lasciare riposare 3 o 4 orette e la pastella più semplice del mondo è belle che fatta, ma adesso? Bisogna possedere il gofrier, strumento ormai introvabile che consta di un attrezzo bivalve costituito di due cerchi di ghisa sovrapposti e incernierati con la superficie quadrettata, che verranno opportunamente unti con lardo su cui si colerà un mestolino di pastella. Si richiudono i cerchi che sono posti su un attrezzo toroidale da cui emerge una vivissima fiamma di gas che arroventa le superfici esterne. L’attrezzo permette la rotazione a 180° per cui entrambe le superfici riceveranno la giusta dose di calore e dopo 3 o 4 minuti si apre ed ecco che salta fuori il gofri, una cialda rotonda quadrettata di circa 25 cm di diametro, croccante fuori e morbida all’interno, pronta per essere tagliata in due, ripiegata e farcita alla bisogna. Gli amici sono tutto intorno, si chiacchiera, si ride, si beve un sacco di vino nell’attesa e si passa il tempo mentre i gofri vengono via via sfornati e così si passa la sera in compagnia. I miei preferiti sono con il lardo o con la pancetta, ma anche con gorgonzola e miele non sono male. Non aggiungo foto perché questa malefica chiavetta me lo rende difficile, ma fidatevi, ieri sera eravamo in 14 e se ne sono andate almeno 7 od 8 bottiglie, più i distillati ovviamente. Se non li ha fermati la polizia andando a casa, hanno detto che vogliono tornare.

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