Cade una pioggerella leggera che ha rinfrescato l’aria. Il monaco ha terminato una breve meditazione, poi lentamente si è seduto al tavolo ripiegando le gambe con un colpo secco alla lunga tunica grigia. Ha preso con la mano sinistra il bastoncino di china nera e con un piccolo strumento ne gratta con cura la polvere che cade nella cavità della bella pietra nera da inchiostro sulla cui sommità è scolpito un drago dalla coda ritorta. Esegue questa operazione con cura e con lentezza. Un pensiero all’allievo che si domandava perché lui, maestro calligrafo non lasci questo noioso compito a qualche studente per dedicarsi solo al tratto dei caratteri. Una lieve piega della bocca, un accenno di sorriso. Come può comprendere il Tao, se ancora pone queste domande, se non capisce che anche la ripetitività di una operazione semplice apparentemente ripetitiva è parte del tutto, del compiersi totalizzante del gesto, della riuscita finale, dell’essenza di significato che la pennellata dà a dei semplici segni tracciati sulla carta. Quando l’inchiostro è pronto, si ferma un attimo a contemplare il grande foglio di carta disteso davanti a lui, un vuoto di concetti da riempire di forma. Sposta con cura l’ampia manica della veste. Ha scelto un grande pennello, di pelo di martora morbido e flessibile; lo inumidisce quando basta, permettendo all’inchiostro di permearne gli interstizi, lo solleva appena perché non coli e dopo un attimo di attesa, quasi ad attendere che il concetto fluisca rapido dalla sua mente, attraverso il braccio fino al manico, la mano guida l’attrezzo con colpi netti, quasi fossero leggeri fendenti di pugnale, neri tagli decisi sul biancore abbacinante della preziosa carta fatta a mano. Due brevi tratti verticali e uno orizzontale a completare un piccolo rettangolo, con una chiosa centrale; un attimo di sosta poi un deciso taglio verticale ed un secondo al suo fianco finito di scatto con un colpo deciso del polso a formare un piccolo e grazioso uncino; infine due brevi tratti orizzontali a completare il carattere Ming, formato da due ideogrammi semplici accostati, a sinistra il sole, a destra la luna, stilizzazione della falce appesa nel cielo. Sole più luna, accoppiati, non c’è luce più forte, di qui il significato di Luce, Chiarezza, Illuminazione. Che curioso - pensò il monaco – questo concetto di luce accecante che squarcia le tenebre della notte fisica e psichica, dell’ignoranza, del dubbio, che illumina la mente e la apre definitivamente alla comprensione. Che curiosa la lingua cinese e questo ideogramma, che è anche il nome della penultima dinastia imperiale così amante dell’arte e della bellezza, oggi usato anche in tante parole moderne, che definiscono concetti nuovi e sconosciuti, ma all’interno dei quali vivono gli stessi antichi significati. Unito alla carattere di libro (Ming shū) si ottiene : “Il libro della luce” e lo si trova continuamente allegato a tutti quegli strumenti modernissimi che tanto affascinano le persone più curiose. Niente altro che il libretto di istruzione, quello che molti occidentali aprono solo dopo aver rotto lo strumento di cui cercano di capire il funzionamento maneggiandolo maldestramente senza prima volerlo conoscere, cercare di assorbirne l’essenza. Sorride ancora il monaco pensando a questo, mentre il grande foglio che porta impressa la sua opera finisce di asciugare.
domenica 2 agosto 2009
Ming
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2 commenti:
Abbiamo proprio pensato a te Lorenzo ed io qualche giorno fa, guardando il film Hero (Lorenzo non l'aveva mai visto), splendido esempio di cinema visivo, con la sua interpretazione dell'arte della calligrafia.
Ti segnalo l'interessante post geometrico-calligrafico della mia amica Giovanna Arcadu di Matematicamedie: http://matematicamedie.blogspot.com/2009/08/il-tongram.html
Ciao.
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