mercoledì 13 ottobre 2010

L'Uni3 ai Ferrovieri.


Noto che questa storia di Marco Polo mi ha coinvolto decisamente. Come mi ero accorto, scorrendo il libro, che le descrizioni, puntuali ed intriganti dei luoghi da lui visti, coincidevano perfettamente con la descrizione che ne avrei potuto dare io, settecento anni dopo, vedo che più ne esamino le pagine e più mi colpisce con le sue osservazioni sulla cucina, sulle abitudini, sulla politica di quei mondi lontani. Anche dalla collaborazione così intrigante con Acquaviva, saltano fuori ogni volta spunti interessanti e curiosi. Dato che evidentemente ne parlo spesso, lunedì scorso, ho accolto con piacere l'invito dell'amico Vittorio Babolin a farne l'argomento di una chiacchierata all'Università delle Tre Età di Alessandria. Devo dirvi che è stata una esperienza davvero piacevole, in quanto i miei dubbi che il tema presentato, già fin troppo conosciuto ai più, si rivelasse troppo scontato o noioso, sono stati subito fugati di fronte ad un pubblico assolutamente attento e partecipe, oltre che numeroso, che ha mostrato di apprezzare soprattutto il confronto tra le parole del libro con la realtà odierna sia dei luoghi che delle situazioni.

Di certo salire su quel palcoscenico del Dopolavoro Ferrovieri mi ha dato una bella sensazione, ma non solo per l'occasione specifica. Erano molti anni che non entravo più in quella grande sala, oggi rinnovata completamente (adesso si chiama Ambra , ma per noi rimarrà sempre I Ferrovieri), però, varcata la soglia, non ho potuto fare a meno di tornare ad emozioni antiche ma perfettamente presenti nella mia memoria. Sono passati più di cinquanta anni, da quando ragazzino, per mano a mio papà, a piedi d'inverno, con la mia bicicletta gialla col cambio di cui ero molto orgoglioso in estate, si veniva qui tutti i giovedì sera. Nella grande sala si sospendevano le proiezioni del film e ad un quarto alle nove, dopo Carosello, cominciava, attesissimo, Lascia o Raddoppia. C'era sempre un sacco di gente, quasi nessuno aveva un vicino in possesso di un televisore e le sale si erano organizzate, diversamente nessuno sarebbe andato più al cinema. Così guardavo con attenzione ed appassionandomi, tra i commenti furibondi degli spettatori, le performances dei vari concorrenti guidati dal buon Mike, già inevitabile futura icona del nuovo mezzo di comunicazione che molti desideravano, che pochi credevano di poter possedere nel loro futuro prossimo.

Mentre ci si meravigliava per le complesse risposte che venivano snocciolate nei canonici sessanta secondi, ben attenti al fatto che -La prima risposta è quella che conta! -, c'era sempre attesa sulle decisioni dei vari personaggi, se sarebbero caduti, se avrebbero tentato o meno di raggiungere i mitici 5 milioni del premio finale. Che non era mica poco, più o meno cinque anni degli stipendi dell'epoca. Ho ancora ben vivide le uscite estrose di Mariannini, il caso del controfagotto e la signora Longari caduta sull'uccello. Poi si vedeva il film, allora ai ferrovieri si faceva la terza visione e mio papà, socio di diritto in quanto Deviatore capo, aveva lo sconto sui biglietti, che mi pare costassero 80 lire. La sala era piena zeppa, gente in piedi e nuvole di fumo azzurrognolo che aleggiavano sulle teste. Emozioni antiche. Forse gli anni mi hanno reso troppo sensibile. Il mio, ormai amico, Marco Polo, avrebbe valutato piuttosto i soldi risparmiati con lo sconto sui biglietti e i rapporti costi/benefici dell'operazione.



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4 commenti:

Il rospo dalla bocca larga ha detto...

Ricordo bene il film di Totò che mi face conoscere il tutto. D'altronde ho solo 27 anni... Ma quella storia della Longari non era una leggenda metropolitana?

Unknown ha detto...

Stavo cercando il tuo articolo sull'agricoltura che avevi scritto tempo fa'.
Parlava della storia dell'agricoltura , che e' contronatura ecc... volevo farlo leggere ad un mio amico ma non lo trovo.
Dovresti mettere nel blog il tasto cerca..

il monticiano ha detto...

All'epoca di Lascia e Raddoppia eravamo tutti, almeno io, un po' più poveri e ci accontentavamo anche di poco e la televisione si vedeva anche nei bar.

Enrico Bo ha detto...

@Rospo - beccato, la frase in effetti non è mai stata pronunciata, ma è così bella che mi sembra addirittura di averla sentita (e non è tecnicamente possibile perchè la Longari era nel rischiatutto e io a quel tempo ero già all'università!)

@Alex - Ti riferisci a questo.
http://ilventodellest.blogspot.com/2009/06/seminare-per-il-futuro.html
Ma io veramente quando devo cercare qualcosa (come in questo caso)lo metto nella casella che trovo subito in alto sopra il titolo a sinista. E' forse visibile solo a me? Grazie dell'interesse comunque.

@Monty - bentornato e comunque in effetti un televisore costava quasi due stipendi, che non è mica poco

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 116 (a seconda dei calcoli) su 250!