mercoledì 10 novembre 2010

Hotel Rossija.

E' certo vero che la bellezza è salvifica, ma credo che sia altrettanto provato che l'homo inscipiens sia portato naturalmente al brutto. Se tutto questo può avere un suo senso nei casi emergenziali, bisogna dire che la maggior parte degli scempi viene perpetrata anche e soprattutto quando la lussuria della bramosia economica si accoppia al desiderio di cambiamento e alle necessità contingenti. Alcune delle cose più brutte vengono fatte proprio in questi frangenti. Mosca non fa eccezione di certo a questo assioma, senza parlare delle periferie, che quelle sono orribili in tutto il mondo. Il centro zarista di un tempo aveva di certo una sua unità mirabile di palazzi e monumenti che, nella lucida visione urbanistica ottocentesca, conducevano attraverso un crescendo di solida bellezza alla gemma centrale del Cremlino, facendo di questa capitale una mirabile commistione di grandeur europea pervasa dalla mollezza concessa dai grandi spazi asiatici e dalle suggestioni dei suoi imperi secolari, perfetta mescolanza di raffinatezze bizantine e ferocia mongola.

Proprio ai piedi del Cremlino sorgeva lo Zaryadye, uno dei quartieri probabilmente più belli d'Europa, un insieme apparentemente disordinato di chiese ortodosse dalle cupole orientali colorate e di palazzetti che costituivano un unicum straordinario. Nel suo delirio di potere, al culmine del risultato economico della NEP e del successivo slancio industriale, Stalin decise di raderlo al suolo nel 1935, per costruirvi uno dei grandi grattacieli di stile assiro-americano che tanto lo avevano colpito di New York. La distruzione fu completata appena prima dello scoppio della guerra, come si vede in una cartolina dell'epoca. Quindi, quando si potè mettere mano al progetto erano ormai arrivati gli anni 60. Cominciò allora la costruzione dell'Hotel Rossija, forse la più grande offesa dell'umanità al buon gusto ed alla cultura. Mi ci portava l'amico Ferox, data la comodità della posizione. Arrivavo sempre la sera tardi dall'aeroporto ed il gigantesco cubo nero che emergeva dalla notte ti dava subito un senso di tenebrosa inquietudine. Nell'ingresso squinternato e semideserto si aggiravano losche figure dagli incarichi incerti e sempre in cerca di attività border line nella migliore delle ipotesi.


Al bancone, infastidite incaricate ricoperte di belletti cospicui, controllavano di malavoglia i documenti e la prenotazione ottenuta tramite amici degli amici, che diversamente avere una camera in maniera normale, con una telefonata ad esempio, era impresa impossibile. Con il tuo passi in mano, osservato altezzosamente dal finto facchino che evidentemente svolgeva altre poco pulite attività, ti caricavi il valigione alla ricerca, prima degli ascensori per vedere se almeno uno funzionasse e poi ti incamminavi lungo gli infiniti corridoi resi bui dalle lampadine rotte o rubate, dove si allineavano senza fine le quasi 4000 camere dell'albergo più grande del mondo. Anche la dejurnaija del piano, quasi sempre appisolata su un divano letto sgangherato, non faceva da ultima barriera come suo compito, così ti trovavi da solo la chiave abbandonata su una rastrelliera arrugginita e ti ritrovavi finalmente nella tua camera malandata e squallida. Staccavi subito la cornetta per impedire ai drappelli di signorine, che invece in folti drappelli svolgevano una alacre attività, di telefonarti ogni dieci minuti per tutta la notte, al fine di offrirti un relaxing massage, evidentemente uno dei servizi più richiesti nell'albergo e ti buttavi distrutto dal viaggio nel letto sgualcito in attesa di fuggire la mattina, dopo aver tentato di fare una specie di colazione, in uno stanzino triste, dominato da un gigantesco samovar di acciaio con un thé annacquato e qualche fetta di pane rinsecchita con cetrioli e composta.


Negli anni, mentre il degrado aumentava in parallelo al malaffare, le mafie probabilmente si impadronirono dell'intero controllo dell'edificio. Per evitare il completo cedimento della funzionalità, alcune parti, come pezzi di corridoi, furono cedute a società private che ne fecero dei sub-alberghi, rinfrescandone alla meglio le camere prese in gestione. Così dopo essere penetrato nel mostro ti infilavi in una sottosezione chiamata Hotel Gioconda, gestito da "Italiani" con annesso ristorante detto dei Salernitani, che proponeva "pesce appena arrivato dall'Italia", dove robuste guardie del corpo presidiavano gli ingressi rinforzati, selezionando i clienti attraverso le porte trapuntate. I business più ambigui fiorivano da quelle parti, suscitando credo, robusti appetiti.


Il direttore del Rossija fu infatti presto assassinato tra l'indifferenza generale, come molti responsabili di funzioni in odore di "sviluppo commerciale" in quel periodo. Però su tutto dominava il mostro assoluto di quella costruzione che da un lato ottundeva la vista delle mura rosse del Cremlino, dall'altra sgorbiava irrimediabilmente il lungo fiume, tristissimo e orrendo al tempo stesso. Solo un bombardamente avrebbe potuto risolvere la situazione. Bene, inopinatamente nel 2006 un'orda ruspe salvifiche circondarono il cadavere putrescente e lo demolirono completamente. Oggi l'area, mi dice l'amico Ferox, è circondata da una completa recinzione, in attesa, si dice, della ricostruzione di un'Hotel a 7 stelle per rappresentare meglio l'orgoglio Putiniano e della Nuova Russia. Nessuno conosce davvero il progetto. Forse il nuovo mostro che sta per nascere sulle macerie delle delicate chiesette ortodosse, subirà altre modifiche. Gli appetiti dei vampiri non demordono, anzi si fanno più brutali e famelici, d'altra parte si sa, con la cultura non si mangia, provate a mettere la Divina Commedia in un panino.



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9 commenti:

il monticiano ha detto...

Ho il timore che in quell'area ci costruiscano un Hotel che le 7 stelle verranno pòrelevate dal firmamento.

Primo Estinto ha detto...

Che bel racconto.... e che eleganza nella scrittura.....la tua teoria sullo scempio e del brutto architettonico e' data da lussuria+cambiamento+necessita' e' quasi una formula matematica che mi fa pensare a tante cose anche di casa nostra.Alla deprecabile citazione di
Tremonti che con la cultura non si mangia....ho risposto nel mio blog su leopoldo II di Toscana alias Matteo Renzi.

Sandra M. ha detto...

Ho fatto in tempo a vedere quel mostro, nel 2005.

Adriano Maini ha detto...

Un signor racconto in stile oserei dire noir, ma di pregevole fattura.

FEROX ha detto...

Dunque, caro Henry, visto che mi hai tirato in ballo, dal mio letto di convalescenza, e con le poche forze rimastemi a disposizione ti ripresentero' quella che e' la mia teoria circa queste costruzioni, staliniane e non.
Secondo me gia' dai tempi di Stalin si e' fatta avanti nell' URSS (e poi in Russia) una particolare corrente stilistico-architettonica, che definirei "Architettura del Brutto". Una genia di architetti, assoldati dal potere, ispirandosi anche alle brutture stilistico-architettoniche yankee, di cui Stalin e' sempre stato invidioso, ha elaborato il progetto del "grattacielus horribilis", che tu sai essere stato eseguito in ben 7 esemplari, di cui uno "regalato" ai Polacchi (siccome sono sempre stati simpatici ai russi....contraccambiati peraltro in quanto a simpatia reciproca....). E devi sapere che la genia di architetti del "Brutto" ha figliato, tramandandosi lo "skifness style", per dirla in termini anglosassoni, come si suol dire di padre in figlio. A tal punto che se tu percorri adesso il Kutuzovskij Prospekt, venendo dall' aeroporto di Sheremetjevo in direzione del centro, noterai sulla destra un grattacielo assolutamente recente, ma fatto esattamente a sembianza e somiglianza di quei 7 grattacieli staliniani, che per bruttezza forse non hanno paragoni nel mondo, per lo meno in Europa. Un altro esponente dell' "Architettura del Brutto" e' poi senz' altro Zurab Tzereteli, l' architetto di Tbilisi tanto ammanicato col recentemente silurato sindaco di Mosca Luzhkov. Se attraversi la Moscova di fronte al Gorkij Park, guardando sulla sinistra dal ponte noterai una specie di "isolotto" di colore grigio-nerastro che emerge dalle acque del fiume moscovita. Consiste in una serie di imbarcazioni - tipo galeoni -disposte a croce una sull' altra, su cui troneggia gigantesca, eseguita con proporzioni assolutamente improponibili, la figura nientemeno che di Pietro il Grande, fondatore della Flotta Russa. Altra bruttura difficilmente concepibile e' il monumento a Gagarin, nell' omonima piazza, e anche il monumento allo Sputnik, che essendo issato su una scia pressoche' verticale (ma leggermente inclinata a ore 18.10) ha subito scatenato la fantasia dei russi, che l' hanno bonariamente ribattezzato il "monumento all' impotente...". E con le penultime forze oggi rimastemi a disposizione, ti diro' che al Rossija io ci andai per la prima volta negli anni 70, in piena dittatura sovietica. E allora dappertutto troneggiavano statue di Lenin e slogan inneggianti al paradiso dei lavoratori. E dalla mia finestra del Rossija, dall' altra parte del fiume, vedevo una grossa scritta bianca su immancabile sfondo rosso, su cui era apposta questa frase ammiccante, ma per me di oscuro significato: "IL COMUNISMO E' IL POTERE DEI SOVIET PIU' L' ELETTRIFICAZIONE DI TUTTO IL PAESE". Ricordo che iniziai a verificare affannosamente tutte le prese di corrente della mia camera, timoroso del fatto che non potesse essere disponibile il "220". Ma la corrente c' era. E allora, cosa poteva significare la misteriosa frase dello slogan? Dopo lunga e ponderata riflessione, aiutata anche dalla penombra serotina di Mosca, che mi faceva baluginare davanti agli occhi luci e strutture dell' edificio in mattoni rossi su cui promeggiava la scritta, capii.
L' edificio in questione era una centrale elettrica.
Dedussi che quello era lo slogan dedicato alle centrali elettriche, in quanto asse portante del successo industriale del paese.
E che per bruttezza non avevano peraltro nulla da invidiare ai grattacieli staliniani......

Ferocemente

FEROX

Fabio ha detto...

Sempre interessante e piacevole il tuo modo di narrare. Un incubo gli scempi architettonici perpetrati con l'avvallo di una politica dallo spirito rozzo e poco incline alla cultura. Un caro saluto, Fabio

Enrico Bo ha detto...

@Monty - Mi sa che lì le stelle le hanno finite

@Primo - Bello il post, speriamo bene, ci vuole carisma.

@Sandra - Ma dai forse c'ero anch'io , è stato il mio ultimo anno.

@Adri - Mah, era un posto un p' lugubre, ma col tempo ci si faceva l'abitudine, pensa che ci hanno fatto pure una edizione del grande fratello russo (mi pare).

@Ferox- Sei grande, di questi commenti si sente il bisogno, vita vissuta. A parte tutto mi sembra proprio che stai meglio. E' quasi ora per te di ritornare alla Santa Madre.

@Fabio- per la serie tutto il mondo è paese.

Lara ha detto...

Davvero scritto divinamente. Sei un grande narratore e pensatore.
Grazie, è stata per me una bella lezione!

Enrico Bo ha detto...

@Lara - Grazie carissima , con la Russia poi, il tuo nome calza a pennello. Anche le tue cose mi piacciono molto.

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