sabato 3 settembre 2011

Siamo nati per soffrire.


Sì, ci sono momenti in cui è davvero difficile prendere la decisione; anche perché sai cosa ti aspetta e vuoi allontanare da te l’amaro calice. Ma prima o poi bisogna dimostrarsi uomo ed andare in fondo al proprio destino. Eppure stavi lì, tranquillo, coricato o tuttalpiù seduto senza che nessuno ti sollecitasse, senza che ci fossero obblighi di alcun genere; potevi continuare così per un tempo indefinito. In fondo cosa è il tempo durante la meditazione? Una variabile trascurabile dell’esistenza, un aspetto privo di valore da non considerare. Allora, avevi appena finito di compitare un kakuro; avevi sbagliato tanto per cambiare, ma nulla turbava comunque la tua serenità. Chi se ne frega se il kakuro non viene, è un altro non essere che dà sfogo ai contatti delle sinapsi, ma il terzo occhio della mente intanto vaga lontano, concentrato su un punto fisso, dove all’infinito si incontrano le linee dell’orizzonte. Due azzurri diversi ma non ridondanti, due aspetti del fuori di te che si assimilano, si confondono. Forse è il sole che picchia troppo forte. Ecco allora che, come spinto da una forza estranea e maligna al tempo stesso, la tua massa corporea (notevole peraltro) si leva come per magia, frutto di meditazione tantrica o di levitazione magnetica e scivola lenta ma decisa verso il suo varo naturale. La ripa ciottolosa agevola la discesa verso la superficie liquida in lieve movimento. E’ un attimo. Quello che dovrebbe essere il naturale abbandono in un desiderato liquido amniotico in cui proseguire l’ottundimento dei sensi si rivela per quello che è. Un terrificante luogo di supplizi. Già il ciotolume infame ha offeso la tenera pianta delle estremità stanche, ma si pensava che la sofferenza sarebbe stato presto lenita dalla legge di Archimede, non appena a varo concluso, il peso avvertito del corpo fosse stato sminuito dalla spinta verso l’alto. Purtroppo si erano fatti i conti senza l’oste. Il primo contatto con la superficie liquida mostra immediatamente quale sarà la morte di cui si dovrà morire. Una temperatura artica, assolutamente inopportuna per questi luoghi e per queste ore, ha trasformato l’onda che si frange sulla battigia in uno strumento di tortura. I piedi sono ormai dentro, non si può recedere dal cimento e già mille aghi di gelo penetrano la tenera cute; man mano  che si procede più avanti, il tormento sale  impietoso lungo i polpacci, raggiunge le cosce ben  tornite (così diceva Omero) e devi prepararti ad affrontare la prova più dura. Una sosta si impone, per raccogliere le forze e tentare una resistenza. Ma sta per arrivare il momento più duro, quando lo sciabordìo dell’onda tenta maligna di bagnare quel che non vorresti mai. Il costumino è ben poca barriera al gelido abbraccio a cui ti appresti. Tenti di salvare il salvabile e mentre l’onda arriva impietosa, ti rizzi sulla punta dei piedi o alla peggio tenti un piccolo saltello per evitare l’inevitabile, ma poi, eccone una più violenta e cattiva e una torbida mano di ghiaccio ti afferra e ti strizza, non ti lascia più, ormai ne sei preda posseduta e ti trascina nel gorgo. Ancora un fiato, un’ultima resistenza mentre sale il livello circondandoti il molle ventre che solo chiederebbe calde carezze e ti lasci andare vinto definitivamente mentre l’acqua ormai ti arriva alla pappagorgia. Poi come per magia fisica o forse termodinamica la sensazione di gelo si attenua, gli aghi ghiacciati si ritraggono, gli iceberg puntuti altro non sono che colpi di onda quasi tiepida e piacevole. Che goduria il bagno, quasi quasi sto a mollo fino all’ora di pranzo!  

7 commenti:

Unknown ha detto...

Per tutto ciò che hai detto, la mia preferenza va alle spiagge dei Caraibi.
Cristiana

Francesco Zaffuto ha detto...

una descrizione deliziosa del sottile limite

FEROX ha detto...

In montagna si sta molto meglio. Qui l' acqua e' nei torrenti e nella doccia. Nessuno si sogna di fare il bagno, ma tutti mangiano come degli squali
Ferox

Enrico Bo ha detto...

@Cri - anche a me gusta il Caribe....

@Fra - E' un limite delicato più che altro. Oltrepassarlo è una sfida.

@ferox - che piacere risentirti attivo!!!!Magna , magna!

Anonimo ha detto...

Ecco, io non raggiungo mai quel momento dove la magia si compie, quando la sensazione di gelo si attenua. E quindi mi godo il mare da due passi piu' in la'!
Che ci vuoi fare... siamo nati per soffrire... ma se posso qualche sofferenza me la evito. E il bagno lo faccio nelle acque basse e in pieno solleone!

cortomaltese ha detto...

Caro Dr Bo, ecco siamo alle solite.
Adesso ci becchiamo( fa otarie e sofferenze degli ultimo post) l’elogio, un po’ lascivo, del mare.
Ma vi sembra giusto che dobbiamo sempre aspettare che sia qualche altro o qualche altra cosa a stimolarci , a darci le sensazioni che ci fanno sentire concreti ? Mi domando se non sia un po’ l’emozione che prova il gnocco quando viene viziosamente lambito dal caldo e sensuale abbraccio un ‘onda di burro fuso e di salvia fragrante oppure l’estasi, quasi sodomitica, che prova la tenera cerva, già oggetto delle tue commoventi attenzioni cannibalico-animaliste in uno dei leggendari post estivi , quando , svegliandosi , dopo il lungo sonno invernale del freezer, si trova a nuotare , aggraziata , nel vellutato semicupio di un aromatico salmì aromatico .
Altra cosa, se permetti , è la montagna.
Già quando la guardi da lontano ti fa capire che non intende assolutamente venirti incontro. Se Tu stai fermo lì dove sei , quella proprio non ti caga. Anzi , con maliziosi ottici sortilegi, il più delle volte si fa sembrare più lontana di quello che è. Ed in effetti se valuti l’arco del tuo passo e lo paragoni alla distanza da percorrere ti viene da dire…… “ lassu non arriverò mai “( conosco una inossidabile ragazza che lo dice già dopo il terzo passo , qualche volta ancor prima n.d.r)
La montagna te lo dice subito : “ … la mia parte migliore è fatta di pietre; …. tollero l’erba perché serve per le vacche, ma deve stare al suo posto…. giù in basso ;….. per arrivare devi salire, perché le montagne, per definizione sono in alto; ……quanto più sarai vicino alla mia punta tanto più sarai più stanco cosi che continuerai a chiederti fino all’ultimo passo :”riuscirò ad arrivare” ?
Dice allora la Montagna; ma scusa chi te lo fa fare ?perche non vai al mare?”
Be’ , le ho detto …... non vado al mare perchè il mare è come un penitenziario senza sbarre, una casa di cura tipo “villa Serena” ( ogni confort, bellavista , grande parco, ma non si esce dal cancello) , al di la dell’ orizzonte c’è tutto, è vero, , ma lo posso solo immaginare ( certo se avessi un barca…ma allora non è andare al mare , ma andare per mare , altra cosa.. come diceva Shackleton) .Libertà virtuale come quella della rete ( certamente meglio che niente e con un eccellente rapporto costo beneficio ).
La montagna è fatta di storte alle caviglie, di magliette inzuppate di sudore , qualche volta di passi incerti, sempre di male ai piedi. Di arrivare non puoi mai essere sicuro e molte volte deve misurarti sulla tua capacità di saper rinunciare ( attrattiva per alcuni fin troppo seducente , scelta al limite dell’harakiri ( (腹切り) per altri.
Però se arrivi in punta …..la parte vecchia di te è rimasta giù a fondo valle , davanti a te , sì, che davvero si apre un nuovo orizzonte, anzi in genere , molti nuovi orizzonti. Ognuno è a portata di mano. Sai che dovrai solo fare le stesse cose che hai fatto oggi : scendere, salire di nuovo; scendere, salire di nuovo; scendere salire di nuovo… e sgranerai un orizzonte dopo l’ altro come in un rosario . E se l’hai fatto oggi lo puoi fare anche domani. Libertà reale. E ti senti veramente leggero ( minore gravità , avvenuto dimagramento, ebbrezza da altitudine) ,
Allora Enrico , andiamo in Rognosa, …domani

cortomaltese

Enrico Bo ha detto...

@Corto - - Caro il mio febbricitante (per i monti) Maltese, date le dimensioni e la profondità (marina quasi) del commento ho pensato di dedicarti un Ris-post acconcio il 6 settembre 2013

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