giovedì 24 novembre 2011

La storia di Fatma e le calebasses.

Calebasse - foto dal web
Non c'è niente da fare. Aveva ragione la mia zia Blanche di Parigi, quando diceva di avere les deux mains gauches pour faire le menage. C'è chi come me nasce, con un rigetto fisico-psicologico per tutto quanto riguarda le cosette da mettere a posto in casa, aggiustare, sistemare e così via, cose che per altri sono invece un piacere e un divertimento.  Il fatto è che le mogli a questa battuta non ci stanno, non capiscono che se uno è un artista, anche solo come atteggiamento psichico, è ovvio, non ce la fa, è più forte di lui. Come Fatma, una bella ragazza che ho conosciuto a Mbour (prometto che poi col Senegal chiudiamo). Ha sposato Abdu, per amore; gli ha fatto in sequenza sei bellissimi bambini, che riescono ad andare a scuola solo con l'aiuto di qualche amico italiano; adesso sono nell'indigenza più nera. Per forza, lui è un artista. Intaglia calebasses, le grandi zucche gialle senegalesi, con bei disegni geometrici tradizionali africani, mirabili intrecci senza fine, da vendere ai turisti. Ma ultimamente se ne vendono poche. Così, nella baracca spoglia dove stanno, i soldi che che Fatma riesce a far su con le collanine sulla spiaggia bastano appena per pagare l'affitto e un po' di riso. Se gli ordini un lavoro, deve farsi anticipare i soldi per comprare la zucca. 

Gli si era mandato dei semi per cominciare un orto familiare, in un terreno incolto fuori dal paese, ma la terra è bassa anche in Senegal e l'acqua così lontana, che se non andava a prenderla Fatma, seccava subito tutto, mentre lui rimaneva con gli occhi pensosi in aria a immaginare complessi arabeschi colorati. Occhi sognanti e ciglia lunghe, forse proprio quelli che avevano fatto innamorare Fatma, ma adesso che ogni giorno tutte quelle bocche pretendono di essere sfamate, l'amore non basta più, anche per non farne arrivare altre. Il suo sguardo dolcissimo si è indurito. Vorrebbe divorziare, ma sarebbe ancora peggio, dove andare con sei figli e senza un lavoro concreto? Così, nel piccolo cortile polveroso, continua il menage triste fatto di sguardi carichi di rimproveri non detti e di una disperazione senza soluzioni. Prima o poi se ne andrà da quella porta, scostando con un gesto secco la tenda sdrucita, prima di consumare questo scampolo di vita nell'attesa che i figli crescano, ma quando? Ma attenzione, che non tutte sono in queste condizioni. Ecco dunque che, dopo circa tre mesi che il pesante quadro del mio ingressino era piombato a terra fragorosamente (ricordate, ve ne avevo parlato qui), causando danni, mi è stato posto un aut aut definitivo. O lo riappendi o saranno guai seri. Ieri dunque, tra mille maledizioni, sono riuscito a mettere insieme un a specie di martello, qualche chiodo disuguale e una scaletta sbilenca che mi reggeva a malapena (anche se non era colpa sua certo). Il tentativo, detta così fa ridere, non è cosa di tutto riposo. 

Tocca salirci sulla scaletta, senza cadere, tenere in bocca i chiodi, come avevo visto fare a mio papà, ma senza ingoiarli; con due mani sollevare il quadro, con l'altra brandire il martello e con la quarta infilare il chiodo in un punto scelto a casaccio, tanto è inutile prendere le misure, che poi il punto lo sbagli comunque e tanto lì non si pianta mai, la prima volta. Ma se il chiodo è corto, non riesci a tenerlo con la quarta mano mentre martelli con la terza, così ti martelli solo le dita e fa anche male e se ti dicono, intanto di non smoccolare troppo forte che i vicini non sono sordi, ti girano anche. Il fatto che il quadro sia pesante, poi, non obbliga certo a mettere tre chiodi, tanto lo sai che sono solo due quelli che tengono su, ma per tranquillità conviene metterli, così ti puoi anche dare una martellata in più e va già bene che non ho rotto niente salendo e scendendo dalla scaletta, perché non c'è niente da fare, la conformazione fisica e l'attitudine mentale del mio corpaccio non sono compatibili con il negozio di cristalli. Avete voluto sposarvi per amore, allora adesso, per favore, non guardate  con occhi sognanti il marito della vostra amica che, quando gli raccontate che lo sportello del mobiletto della cucina è rotto irrimediabilmente e dovrete comprarne uno nuovo, vi guarda con commiserazione dicendo: "Tutto si può aggiustare con gli attrezzi adatti!" 


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2 commenti:

bruna (laperfidanera) ha detto...

Ti insegno un trucco: PRIMA scegli il punto, reggendo il quadro e una matita con cui segnare il punto stesso. POI appoggi il quadro e conficchi il chiodo nel punto prescelto, senza ingombri o pesi a intralciarti. ;-)

Enrico Bo ha detto...

@Bru - il trucco è molto interessante ed astuto, ma con quale mano si tiene la matita, visto che le altre quattro le ho già tutte impegnate e va già bene che sono uno scimpanzé (non ve lo avevo ancora detto?)

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