domenica 3 gennaio 2016

Ahmedabad

All'Ashram di Ghandi


L'interno del pozzo
Ahmedabad è in preda alla vigilia del Divali. Gruppi di ragazzotti girano per le strade facendo scoppiare quantità industriali di mortaretti. Sembra di essere sotto un bombardamento senza quartiere, solo che la gente non si ripara ma sta a guardare divertita tappandosi le orecchie, al massimo cerca di non farsi affumicare completamente. Anche il traffico, man mano che scende la sera, va scemando. Tutti vanno ad occuparsi dei festeggiamenti e l'Ashram di Ghandi, pigramente adagiato in riva al fiume è popolato da molta meno gente del solito. Sullo sfondo il ponte di metallo. Così le camere museo, sembrano ancora più spoglie, quasi iconiche a rappresentare il messaggio del grande pacifista che vedeva come soluzione ai conflitti, proprio lo spogliarsi del superfluo ed alla fine, forse davvero quasi tutto è superfluo. Purtroppo bisognerebbe anche considerare che il nostro concetto di benessere ha generato un sistema che la decrescita sistematica ucciderebbe senza remissione e non mi sembra che ci sia modo di mediare tra queste due visioni dell'esistere. Argomento complicato da sviscerare, roba da filosofi che oggi forse non interessa davvero portare avanti. Interessa solo ai politicanti d'accatto, quelli delle soluzioni facili e dagli slogan da sbandierare per aizzare la folla. 

Al tempio
Invece a noi interessa più che altro ritrovare la strada dell'hotel tra la nebbia dei botti, buttando solo un'occhiata alle delicate trame dei finestroni della Moschea Siddi Sayid, il cui piccolo edificio è ormai stato trasformato in un'aiuola spartitraffico. Un'ultima occhiata al Dada Hari Vav, un altro bel pozzo da  ritrovare tra le casupole di downtown, da esplorare con le pile nel buio totale e solitario, in un'atmosfera di mistero completo, scendendo nelle viscere della terra piano dopo piano, tra le colonne di pietra fredda. Fuori gruppi di ragazzi guardano curiosi, forse chiedendosi che ci va a fare la gente a quell'ora laggiù, invece di fare festa. Domani sarà vacanza totale, tutti i mercati ed i negozi chiusi, non importa se siano di hindu e mussulmani, la festa va bene a tutti in fondo e le vie principali sono ricoperte di festoni luccicanti. Non sarà neppure possibile avere qualcuno che ti guidi attraverso i vicoli della città vecchia, bisognerà arrangiarsi da soli, senza perdersi. Al mattino la città, che ha vissuto una notte agitata, appare completamente intorpidita e solo dopo le dieci comincia a vedersi gente in giro che ancora si strofina gli occhi e si stira le braccia per svegliarsi meglio. Al tempio Swaminarayam, dove comincia il giro, c'è però già una folla coloratissima, composta soprattutto da donne abbigliate con i colorati sari della festa. E' un tripudio di tinte forti e di veli ricoperti di specchietti e paillettes che ricoprono altri fregi dorati. 

L'henné
Le ragazze mostrano orgogliose allo straniero le mani ricoperte dalle complicate volute dell'henné. La ricerca della bellezza è un mantra comune ad ogni paese e colorare il mondo ha comunque un merito innegabile; la bellezza è pace e allegria, è buonumore e amore e può contribuire a dare un senso a questa nostra complicata esistenza. Ti stacchi a fatica da questa folla un poco invadente ma allegra e che riesce a coinvolgerti col calore dei suoi canti e della sua confusione e ti butti nei vicoli contorti come se volessi perderti apposta e invece è un camminare con la testa alzata a guardare facciate di antiche case di legno, di muri che si sgretolano sotto l'azione corrosiva del monsone, tra piccoli tempietti bianchi giainisti, da cui escono canti arrochiti di anziani bramini. La vita comincia pigra al di fuori delle porte scrostate al di fuori delle quali ogni angolo cela un focolare improvvisato dove una donna cuoce chapatti o charpoi slabbrati dove ancora dorme qualche vecchio avvolto in un lurido cencio che un tempo era bianco. Cani, vacche, capre si nutrono dei rifiuti che possono essere consumati in qualche modo. Capisci che il giro finisce e che hai trovato l'uscita dai vicoli della città vecchia quando ti appaiono i lunghi muri esterni della Grande Moschea che contornano un cortile enorme e solitario. 

La Moschea Siddi Sayid
I tuoi passi risuonano sulla pietra ambrata dell'immenso pavimento. Ai bordi, un lungo porticato dove la scrittura diventa ornamento ed arte e ti conduce alla selva di colonne ordinate che sostengono il soffitto e le cupole cosparse dai bassorilievi di fiori di loto. Ecco, osservi a fondo e afferri il significato profondo che sottendono inconsapevoli questi soffitti, queste pareti erette coi materiali di altri templi di altre religioni, hindu, jainiste, conservandone i simboli, quasi a voler ribadire i punti di identità del sentire religioso, di quel bisogno di trascendente che si esprime certo in forme diverse ma che risponde ad un bisogno comune pervicacemente incistato nell'umanità intera, che forse non darebbe luogo a frizioni malevole se non fossero create a bella posta ed rinfocolate da chi se ne arroga la guida, utilizzandole poi sempre e soltanto per motivazioni economiche. E avanti che mi lascio sempre trascinare in considerazioni che vanno al di là di quanto scorre semplicemente dinnanzi agli occhi. E' una mania, scusatemi. I due mausolei dietro la moschea sono ormai abbandonati dal culto e pervasi dalla vita di tutti i giorni che li circonda e li soffoca. L'antica pietra è assediata da bancarelle, abitazioni e negozietti ricavati da ogni angolo morto, da ogni anfratto o gradino. 

Nella città vecchia
Le merci affastellate si fanno spazio espositivo subornando le pareti scolpite ed i resti di vecchie feste e processioni abbandonati a marcire appena dietro le colonne. Gli scoli delle fogne non riescono a portare via quanto gli animali non possono consumare di organico o quanto invece rilasciano fisiologicamente. La sporcizia puzzolente non riesce ad auto rigenerarsi, aspetta solo il monsone salvifico che ogni anno porta via tutto in una sorta di rinascita shivaitica che si alterna nei suoi due aspetti opposti di distruttore e rigeneratore. Morire e risorgere di nuovo, l'altalena maledetta di cui l'uomo comune che vi rimane incatenato non riesce a liberarsi. Davanti al dio fiammeggiante nell'atto di distruggere questo universo, sta il suo sacro lingam fecondatore che provvederà al nuovo divenire. Come puoi opporti a tutto questo, perché vuoi intervenire per modificare questo elastico, le immondizie, l'aria irrespirabile, la calura opprimente, tutto è parte di questo universo altalenante in cui l'uomo è solo un piccolo ingranaggio che deve lasciarsi andare a questa corrente senza opporsi e soprattutto senza lamentarsi, perché qualunque cosa gli accada se lo è meritato e viene solo dal suo comportamento. Se crepi lebbroso e coperto di piaghe nel fango della strada alla fine è solo colpa tua.

Sala di lettura

SURVIVAL KIT

Allo Swaminarayan temple
Sabarmati Ashram. Quartier generale del Ghandismo da dove è partita la marcia del sale, da qui fino al golfo di Cambay. Simbolicamente eretto tra una prigione e un cimitero, luoghi destinati a chi lotta per lalibertà è stato teatro di tutte la lotta dell'indipendenza indiana. Ora museo che raccoglie tutti i memorabilia del piccolo grande vecchio. Ingresso libero. Sono visitabili le camere dove viveva Ghandi e i suoi compagni.

Moschea Siddi Sayid - Piccola ed elegante dalle finestre con intagli sottilissimi come filigrane. I disegni raffigurano l'albero della vita

Heritage walk - Giro a piedi a fare con guida (circa 1000 R) durante una mattinata nel centro antico della città. Parte alle 8 dal colorato tempio di Swaminarayn e si snoda attraverso gli antichi quartieri (pol) tra tempietti ed antiche case, quella del poeta Kavi Dalpatram, al Kalico Dome, l'Haja Patel ni Pol, il Doshiwadani pol, il Chaumukhjini pol, l'Harkunvar haveli, il Manek Chowk per terminare alla grande Moschea e ai due mausolei antistanti. Un giro appassionante ed imperdibile per vedere il cuore della città.

Dada Hari Vav - Ingresso libero. Un altro dei bellissimi pozzi costruiti nel XVI secolo ricco di sculture e pilastri di pietra che penetra nelle viscere della terra. Particolarmente misterioso se ci arrivate quando è buio. Obbligatoria una buona pila.


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La Grande Moschea




2 commenti:

Luisa ha detto...

adoro l'effetto delle colonne della grande moschea: il taglio alla base dove la sezione passa da quadrata a esagonale per un effetto prospettico fa sembrare che la fotografia sia stata tagliata e giustapposta, con il risultato di dare una visuale quasi spiazzante

Enrico Bo ha detto...

In effetti questa serie di colonne non ricche di sculture come quelle dei templi hindu è davvero suggestiva, la base quadrata che salendo si trasforma in ottagonale e poi a 16 facce e infine cilindrica è un caso forse unico e anche a me ha colpito molto, anche per la vera e propria selva di pezzi che si estende oserei dire a perdita d'occhio. Anche il fatto di poterla vedere praticamente da soli ha avuto il suo fascino.

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