giovedì 7 gennaio 2016

Bhavnagar


Zone salate



Al ristorante
I contrasti e le differenze tra l’India di ieri, un caotico sovraffollamento di mali antichi, miseria, odi razziali e difetti umani, confrontata con quella che vuole essere l’India di domani, li senti sulla pelle attraversando città diverse anche se vicine. La nuova Ghandinagar, costruita con l’ottica della città del futuro a qualche chilometro da Ahmedabad, con le sue immense strade rettilinee che si allungano all’infinito, incrociandosi con angoli retti perfetti che tracciano immensi quadri contenenti i palazzi del potere, gli edifici della nomenclatura regionale, le sedi di gruppi di influenza come l’Akshardam, la base del ricchissimo ordine religioso degli Swaminarayan e poi le ville dei grandi ricchi nascoste nel verde di immensi parchi, rappresenta la voglia di ricchezza e di efficienza costruita sulla spinta consentita dai bassi salari e dalla scolarità elevata, forse lo specchio di quello che vorrebbe essere la società indiana nel futuro. All’opposto Bhavnagar, una infinita serie di costruzioni ad un piano dirupate e cadenti dove si ammassa una umanità corrosa da una povertà cattiva e lurida, invasa da cartacce, immondizie e scarichi di questa società che basa la sua riuscita sul consumo e che da qualche parte deve pur lasciare i suoi residui.

Al bar a Bhanavgat
Nelle stradine strette e ingombre di mezzi malandati o addirittura inservibili, abbandonati alla ruggine, sopravvive una massa di persone il cui successo consiste nell’arrivare a domani in qualche modo, pur in una quasi assenza di bisogni. Lo senti nella polvere che ti lega i denti e colora l’aria di giallo, nello stridore continuo dei clacson che vogliono solo affermare di esistere, nello sguardo spento di chi rimane per ore seduto sui gradini della porta. Anche se la maggior parte dei negozi sono chiusi essendo il giorno successivo al Divali e sembra esserci meno gente in giro, un’idea di inedia ferma nel tempo avvolge la città. Una vita che prosegue sugli sfridi di risulta della civiltà. In fondo, il mare caldo del mar Arabico è soltanto a poche decine di chilometri più a sud. Per larghi spazi prima di arrivare alla città, che in fondo è periferia di se stessa, si stendono a perdita d’occhio invece di fertili campi, infiniti spazi dove affiora una patina bianca di sale, bandiera implacabile di aridità infertile e invivibile, che la assedia, Da sud non arrivano brezze fresche e profumi di erbe e di pesce, ma fumi lontani, maligni e velenosi.

Il Nilambag palace
Anche se fin qui non arrivano i clangori e le urla di dannati e neppure lo puoi vedere, questo, invisibile e inesistente sulla carta, è uno dei luoghi simbolo di questa area, il cimitero delle navi di Alang. Qui la terra finisce nel mare con un declinare minimo che prosegue per chilometri rendendone indistinguibile il punto di passaggio e qui vengono ad arenarsi le carrette del mare di tutto il mondo, dai vecchi cargo battenti barriera liberiana dei romanzi e delle barzellette, alle superpetroliere ormai obsolete e superate dalle loro sorelle più moderne ed efficienti.  Arrivano come mostri malati di vecchiaia corrosi dalle magagne e dalle ruggini, si allineano disordinatamente secondo la forza della marea di quella giornata e rimangono lì inclinate su un fianco ad aspettare la morte definitiva. Come termiti affamate, ogni giorno, decine di migliaia di uomini arrivano dalla terra e le aggrediscono come un esercito divoratore che a mani nude le smonta pezzo per pezzo, incurante dei veleni che portano nelle loro viscere, a loro volta carne da macello sacrificabile per una manciata di rupie.

Mortaretti per ilDivali
Nessuno può venire a vedere questi centri di recupero di materiali, l’ingresso è tassativamente vietato, non è bello avere testimoni da questo girone dell’inferno non ancora catalogato, dal contrappasso da definire. Anche questa è l’India. Nascondere lo sporco sotto il tappeto, che non si veda, per lo meno non troppo. In città invece non appena scende la sera senti invece la voglia compulsiva di festa non ancora finita. Davanti al palazzo del maharaja, trasformato in albergo lussuoso, mentre mangi nel grande giardino tra le lucine occhieggianti distese tra gli alberi, i guardiani, il personale di servizio, le guardie in divisa, non sanno resistere e stendono file di petardi nei vialetti bui e poi li accendono compulsivamente. Gli scoppi fortissimi proseguono senza sosta e poi altri ed altri ancora, illuminando la notte di rumori assordanti che ottundono i sensi e le coscienze.

Dwcorazioni per il Divali
SURVIVAL KIT
La hall del Nilambag Palace


Hotel Narayani Heritage – Nilambag palace, Dairy road, Bhavnagar – Molto carino come tutti gli Heritage, in quanto nati dal riadattamento di antiche residenze, questo hotel sfrutta le basse costruzioni alle spalle del più lussuoso Nilambag Palace, residenza del Maharaja, visitabile e che offre nel giardino un gradevole Garden restaurant, molto consigliabile. Le camere sono pulite e piuttosto grandi. I bagni come spesso accade sono piuttosto basici. AC, TV, Frigo ma non c’è wifi. Colazione valida con frutti esotici tra cui il chiku. 


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Narayani heritage hotel

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