venerdì 9 marzo 2018

Malie e fascinazioni



Bene, finita la buriana elettiva e aperti i giochi successivi, che saranno lunghi, io almeno credo, direi che è ora di lasciare che si divertano per un po' mentre il paese va in malora e pensare ad altro. Così, per me almeno che sto cercando di  tirare gli ultimi colpi utili è venuto il momento di ripartire. Certo io sono morbosamente sensibile al fascino dell'Oriente, coi suoi profumi, i suoi colori, le sue folle oceaniche e dense, i suoi panorami corrosi. Mi hanno da sempre attirato i suoni lievi e le folle caciarone, il tintinnare delle campanelle, la forte presenza dell'adesione al soprannaturale e contemporaneamente alla superstizione, anche se questo spinge inevitabilmente alla preminenza dell'irrazionalità sui fatti. Purtroppo anche se affascinante, checché se ne dica, questo spinge le masse verso il fondamentalismo religioso di ogni parte, basta vedere quello che accade nell'induismo indiano o nel buddismo birmano, dando per scontato lo slittamento verso la radicalizzazione che ha avuto l'islam degli ultimi decenni. Tutto questo è la parte che, oltre che irritarmi, mi intristisce di quel mondo e quindi preferisco non farmene influenzare troppo, ma lasciarmi coinvolgere da quella parte etnograficamente esotica e dalla presenza così forte e ricca di arte millenaria che l'Oriente propone. Non solo, ma in generale, quel senso di tranquillità e sicurezza che hai da quelle parti e che è indubitabilmente non ha pari in nessun altra area dal mondo, dalla Latino America, alla stessa Europa e ovviamente agli Stati Uniti. Inoltre riveste ulteriore attrattiva la facilità degli spostamenti, la assoluta economicità delle soluzioni di viaggio e non ultimo l'estrema varietà dei punti di interesse. Insomma non ci dovrebbero essere alternative all'Oriente, a parte la cucina che amo poco. 

Ma l'uomo è così, un essere instabile per definizione, che spesso non ama seguire le strade tracciate, le soluzioni inevitabili e logiche. Ecco quindi che già da un po' mi ha preso questo desiderio di Africa, questa malia oscura ed indefinibile che mi fa volgere la testa quasi controvoglia, ma con una morbosa attenzione e desiderio verso questo sud del mondo, un po' sconosciuto, un po' misterioso, un po' fascinoso. Un vento di malia che spira leggero ma continuo e che racconta di terre lontane, piene di suggestioni nuove e di note antiche, anche se muoversi in quei luoghi è tanto più difficile, faticoso e volte insicuro. Di là non spira la storia dei millenni, ma il profondo ed imperscrutabile buco nero dei milioni di anni, quello dove tutto ha avuto inizio, dove il germe generativo della nostra specie ha mosso i primi incerti passi per affacciarsi e quindi conquistare il mondo e forse infine per distruggerlo. Un luogo dove la povertà è ancora importante e generatrice di problemi epocali che dalla nostra sponda si vuole interpretare, forse naturalmente, forse umanamente, da un punto di vista che tiene conto solo dei propri problemi e del proprio particulare. Il mondo della fame e della miseria, delle guerre e delle carestie, della violenza tribale e delle corruzioni governative, ma anche dei paesaggi infiniti, della natura primigenia ed esplosiva, delle colture marginali, della polvere e del fango, degli immensi fiumi e foreste e dei deserti di pietre e di sabbie, dei mille colori della terra e dell'esplosione dei tramonti nei cieli. 

Solo in Africa ho visto orizzonti così vasti, cieli così carichi di stelle, inquietudine così pesante  negli occhi di uomini e bimbi e serenità così esplicata nei sorrisi di chi batte il mortaio nelle corti dei villaggi. Le file di donne con le taniche d'acqua sulla testa che percorrono i bordi delle strade, la scia polverosa di un'auto che percorre lontana una pista di terra rossa, le mandrie di bovini bianchi e magri dalle corna imponenti mentre la macchia rossa del mantello di  un pastore la sorveglia da lontano appoggiato ad un lungo bastone. Come fai a resistere a questi richiami. Profumi forti riempiono le narici, la voglia di Africa madre si fa sempre più forte e stringente, quasi un obbligo. Quindi prepariamo le borse e prepariamo soprattutto l'animo, è venuto finalmente il tempo di ripartire. Quasi tutto è ormai pronto, mancano pochi giorni e la strada verso il parcheggio Mariuccia sarà tracciata e le sliding doors che portano all'uccello di acciaio si spalancheranno. Qualcuno ci aspetta laggiù ansiosamente come chi parte. E' la storia dell'arciere che colpisce il bersaglio non perché abbia preso la mira, ma perché è la freccia stessa che è indissolubilmente unita al centro e senza dubbi o difficoltà, andrà a colpirlo, non per una volontà precisa ma per inevitabile destino.



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