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L'isola di Filfa |
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La baia dall'alto |
Ci sono a Malta dei luoghi segreti, dei punti nascosti dove non si rischia di fare a spinte per guadagnarsi la posizione, dove non devi affannarti per arrivare alle ore in cui i pullman dei croceristi non sono ancora partiti? Ci sono, ci sono, anche in questo territorio così piccolo dove tutto sembra investigabile con facilità. Basta avere voglia di fare qualche passo in più senza spingersi poi così in là, tanto i chilometri sono sempre pochissimi. Ecco dunque perché goduta la storia ed i suoi monumenti a Rabat e Mdina, cerchiamo di arrivare con soli cinque chilometri in uno dei punti meno noti dell'isola, forse dal punto di vista paesaggistico, uno dei più belli, proprio per quel senso di maestosa solitudine che ti consente di sederti di fronte al mare e fartene possedere. Ti servirà l'auto. Prendi la stradina che porta a Bahrija, già il nome lancia suggestioni. Traversa la piazzetta centrale del paese, che sembra assolutamente spopolato, al meno in questa stagione, un paio di trattorie debitamente chiuse e le persiane sbarrate, qualche rara auto ferma, apparentemente abbandonata nelle viuzze laterali. Prosegui diritto, piegando leggermente a destra finito il paese, di fianco al parco giochi, verso la discesa, seguendo sempre la Triq Saif ta' San Martin che diventa un viottolo, anche se malamente asfaltato e ti troverai a discendere su una sorta di pista da bob incassata tra muraccioli di pietra, in curve tortuose verso una costa che indovini subito contorta e scoscesa.
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Fomm ir-Rih |
Nell'aria profumi mediterranei, tra campicelli pietrosi semi abbandonati, cespugli di tamarisco, carrubi e cardi selvatici dai grandi fiori viola. Finalmente arriverai su una piazzola dove lasciare l'auto, una sorta di belvedere che ti lascia immaginare il percorso di un sentiero inselvatichito che prosegue verso il basso, mentre della infossata baia di Fomm ir-Rih (la bocca del vento) si intravede appena l'incavo superiore. La via, almeno dall'alto non è così evidente, cosa che ti potrebbe invogliare a desistere, ma non cedere e prosegui lungo il sentiero, che percorre il greto di un torrente secco, circondato da profumi e da una fioritura delicata di gialle ginestre, dal rosso acceso della sulla, dalla massa dei rigogliosi ed invasivi cespi di acanto che ricoprono la ripa, nascondendone l'orlo a precipizio. Il sentiero sembra scomparire invece prosegue, anche se chiuso da paletti per impedirne l'accesso a bici e cavalli, lungo una falesia di terra chiara, erosa dall'acqua in gradoni successivi, una sorta di Scala dei Turchi in tono minore che ti porta direttamente alla fenditura del fondo della baia, nella quale potrai scendere a precipizio, tenendoti ai cespi ed alle rocce circostanti, fino al fondo di questo Averno, dove il mare rumoreggia spinto a scavare ancora dalla forza della risacca, affondando in una colossale caverna. La baia suddivisa in calette successive è completamente solitaria e priva di segnali antropomorfici. In alto qualche sorta di capanno appena accennato. Nascondigli per i cacciatori che qui attendono il passaggio dei migratori stremati che si avvicinano all'isola quasi privi di forze dopo la lunga traversata, giusto in tempo per farsi massacrare in questa residuo ancestrale di predatorietà territoriale.
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La costa |
Qui te ne puoi stare a lungo in solitudine a guardare il mare, che è pure un'attività piuttosto appagante. Cinque chilometri fa eri al centro di un'orda di tedeschi coi sandali e di cinesi in cerca di selfies, qui sei di fronte ad un luogo dove da un momento all'altro potrebbe apparire un gruppo di Nehandertaliani di ritorno da una caccia la cinghiale. Risalire è utan po' più dura, ma lascia stare, ne valeva la pena. Torna indietro con calma, lascia la mente libera di vagare, qui non c'è campagna elettorale o preoccupazioni per il futuro, qui sono trascorsi i millenni senza lasciare tracce, altri ancora lo faranno. Ma vai, altri tratti di costa aspettano. Tutta questa zona, che è rivolta a sudovest, è piuttosto impervia e le stradine la percorrono quasi con fatica, d'altra parte è anche la più elevata dell'isola. Poi scendi di nuovo per arrivare ad altre balconate, altre scogliere imponenti. Passerai prima per il Verdana Palace, altra magnifica villa castello, immersa in un parco verde, che non riesci ad intravedere in quanto è ben racchiusa da un alto muro, essendo oggi diventata la residenza estiva del Presidente. Tutto attorno, l'unica area che puoi dire davvero boschiva dell'isola, tanto è vero che si chiama il Boskett, una piccola ma fitta foresta di alberi marini, tra cui predomina il pino di Aleppo, che sparge attorno sentori di resine, con tante aree di picnic prese d'assalto durante il periodo di maggiore calura. Un poco più a valle, quando oramai il terreno è spoglio e cespuglioso, la guida segnala presenza delle famose Cart Ruts.
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Cart Ruts |
Si tratta della misteriosa presenza su un terreno di scabra e piatta roccia porosa, di una numerosa serie di solchi rettilinei e paralleli scavati a fondo, anche per decine di centimetri e che appaiono come segni del passaggio di ruote di pesanti mezzi di trasporto, carri o slitte che hanno determinato in un andirivieni evidentemente continuo, questi segni inequivocabili. Lasciamo l'auto ai margini del campo in vista di lontane cave di pietra ancora oggi ben funzionanti, che sottolineerebbero la correttezza di questa interpretazione e ci mettiamo alla ricerca di questi segni di un passato antichissimo, fotografando all'impazzata ogni minima fenditura che appaia tra i cespugli di erba ed i monticelli di pietre. Tutto sembra piuttosto vago se devo dire la verità e non molto convincente. Mentre ce ne torniamo dubbiosi alla macchina, notiamo un pullman di turisti che sbarca una massa umana dopo un casotto diroccato. La guida ci fa un segno. I famosi o famigerati Cart Ruts sono laggiù, noi avevamo male interpretato delle normalissime spaccature della roccia. Dopo una opportuna scarpinata ecco infatti che si evidenziano bene i percorsi inequivocabilmente paralleli delle ricercate tracce neolitiche. In verità ce ne sono parecchie in giro per l'arcipelago, anche Gozo conserva le sue ed il fatto che siano tutte più o meno in vicinanza dei famosi templi megalitici, suggerirebbe la correttezza della teoria di queste tracce come vie di trasporto dei pesantissimi materiali, dalle cave ai luoghi di erezione degli stessi imponenti massi. Infatti proprio qua vicino, in una spettacolare posizione, affacciati sulla costa che digrada irreparabilmente sul mare, ci son i più importanti: il tempio di Hagar Qim e quello di Mnajdra.
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L'ingresso dell' Hagar Qim |
Il primo, che significa "le pietre che stanno in piedi", si presenta con una dimensione talmente vasta da colpire l'immaginazione. Ricorda immediatamente una Stonehenge sul bordo del mare. La sua pietra più grande, oltre 20 tonnellate è schierata dietro, in fila con le altre, solo di poco più piccole a chiudere le camere posteriori. L'ingresso classicamente trilitico ti fa entrare nel dedalo dei corridoi che aprono la vista attraverso stretti passaggi, su spazi che contengono altari, pietre scolpite, massi su cui la mano umana ha lavorato a lungo, oltre 5000 anni fa. Al di là dell'ingresso, il terreno digrada rapidamente verso il dirupo. Poi solo il mare blu scuro. Lontana il piccolo scoglio dell'isoletta di Filfa, un parallelepipedo di roccia forse allora irraggiungibile, che avrà dato adito a leggende e storie di misteri ultraterreni. Se non ci fosse la tremenda ma ahimé necessaria copertura a vela a protezione, potresti sentirti qui, davvero spostato indietro nel tempo non appena sorpassi il dolmen iniziale. Settecento metri più avanti il secondo tempio replica sensazioni e malìe. Ma qui non c'è solo il mistero della capacità organizzativa e costruttiva, ma sono stati anche ritrovati manufatti di rara raffinatezza, che non possono non stupire. Il mare sta muto davanti a te, troppo lontano e troppo alte le scogliere in questo punto per lasciarne arrivare la voce. Puro colore steso su una tela increspata da un vento teso e regolare che spazza la costa con severa costanza.
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Cappella di Maria Maddalena |
Forse sarebbe bello proseguire sulle falesie a piedi, percorrere questo lungo tratto di costa selvaggia e priva di strade per poterne assorbire le suggestioni, di certo uguali, quando il sole calava all'orizzonte allineandosi nei solstizi agli ingressi nella pietra che uomini come noi avevano perfettamente calcolato lungo angolature immutabili. Bisogna almeno arrivare fino a Gar Lapsi, altra spaccatura nella costa con rocce a picco sul mare profondo, blu scuro, quasi viola. Oppure ancora più avanti verso nord-ovest, dove puoi ancora percorrere uno stradina asfaltata sulla cresta alta della costa che passa proprio sotto il punto più alto dell'isola, la cima di Ta' Zuta, di ben 253 metri, per poi oltrepassare la cappelletta di S.Maria Maddalena, sull'orlo della scogliera e poco più avanti la stazione radar, fino a raggiungere i Dingli Cliffs, con una serie infinita di balconate e punti di vista molto accattivanti e che non ti fanno di certo pentire di aver deciso di spendere un pomeriggio a camminare in questa natura scabra e ruvida al tatto. Non rinunciate a questa zona, in auto, in bus o a piedi, tutti i modi saranno buoni. Rimaniamo ad aspettare il tramonto in un cielo sgombro di nubi. Il vento teso e freddo vi farà rialzare il bavero del piumino, ma rimanere così di fronte all'orizzonte che cambia colore, ti lascia il tempo di navigare con la testa, finalmente senza smartphone in mano e lontano da Google.
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Ghar Lapsi |
SURVIVAL KIT
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Una camera del tempio |
Templi di Hagar Qim e Mnajdra - Se avete tempo per un solo sito megalitico, scegliete questo. I due templi a distanza di meno di un chilometro sono di fronte al mare in posizione fantastica. Purtroppo sono entrambi coperti, per proteggerli dalle intemperie da due colossali tensiostrutture che rompono un poco la magia del sito. Ingresso 10 € (incluso nel pass). Carrettino elettrico per il ritorno(in salita) 1 €. Consigliato specialmente quando il sole picchia a martello. D'inverno chiudono alle 17. Nei solstizi vengono organizzate visite guidate sull'argomento per poter apprezzare gli allineamenti col sole. Il primo più in alto, è il più grande con molte camere ovali piuttosto disordinate. Il secondo presenta invece una evidente struttura trilobata, in linea con gli altri dell'isola. Le sculture e gli oggetti ritrovati, tra cui le straordinarie Veneri steatopige, assieme alle pietre scolpite di fregi, sono al Museo archeologico della Valletta. Questo può anche essere punto di partenza per bei trekking sulla scogliera antistante, circa 5 km, fino ai Dingli cliffs, che meritano assolutamente. Luoghi ideali per il tramonto.
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Dingli cliffs |
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