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La foto è saltata fuori da facebook, come un amo irresistibile nella pesca dei ricordi. In fondo anche a questo può servire il web e chissà che non venga proposta, nella prossima serie, se ci sarà, di Squid games, in fndo i giochi dei ragazzini son simili in tutto il mondo. Ed eccomi subito ragazzino, nel paesello dove stavo nelle mie estati bambine. Queste non erano ancora gli anni delle nuove esplosioni ormonali che portavano gli occhi a cercare quelle irreristibili falene che popolavano le notti di sogni irrealizzati e irrealizzabili, ma quelli che venivano subito prima, precedendo di poco le puberi delusioni, quelli delle infinite ore di gioco col gruppetto di ragazzotti che si trovavano sulla piazza del paese in cerca di qualche cosa da fare. Avevo capito subito (che mente intelligentissima!) che la mia manualità era del tutto deficitaria, come sarebbe rimasta per tutto il resto della mia vita. Nei vari giochi di abilità in cui non aveva la prevalenza la testa, risultavo sempre tra gli ultimi, per non parlar delle attività sportive, dove avevo avuto l'onta di essere stato relegato a paraspigolo nella palestra dove si giocava a pallacanestro, dopo aver constatata la mia percentuale infima nei tiri liberi e la mia assoluta inettitudine al palleggio e nei giochi di coppia non venivo mai scelto se eravamo dispari o preso per ultimo con un sospiro di delusione da parte del capitano del caso, se eravamo pari. A biglie un disastro, un furbacchione addirittura piu' piccolo di me, me le aveva fregate quasi tutte, sul sagrato della chiesa ed io ero rimasto lì con la montata di lacrime che faticavo a trattenere, a rimuginare sulla mia incapacità, rivangando nellamente le strategie perdenti che avevo adottato, mentre il piccolo infingardo se ne andava col mio tesoretto vinto che io non avrei piu' potuto ricostituire.
Non parliamo dei vari gochi con le figurine, quelle che si tiravano contro il muro, nelle varie versioni, o ad arrivarci piu' vicino o a coprirle con l'ultimo lancio. Qui non partecipavo neanche per non farmi divorare le poche doppie che avevo, da tenere con cura per poter partecipare al classico celo-manca fuori della scuola. Certo inquesta attività andavo molto meglio, utilizzando quelle tecniche contrattuali, che imparai subito con successo al fine di aumentare il mio scarso mucchietto. Ma in questo gioco delle cinque pietre della foto, devo dire che ero veramente negato. Per chi non lo conoscesse, consisteva nel lanciare le cinque pietre, cercando di mantenerle a terra in una posizione favorevole, poi se ne sceglieva una, quella caduta piu' lontana, la si lanciava in alto e poi mentre scendeva se ne raccoglieva una a terra, prendendo al volo quella lanciata, fino a raccoglierle tutte, il gioco proseguiva poi raccogliendone due, poi tre, poi quattro. Se nel corso della routine te ne cadeva qualcuna dalla mano, passava il turno al tuo avversario e tu dovevi ricominciare da capo. Vinceva chi non sbagliava mai fino alla fine. Bene io non ci sono mai riuscito, infatti per qualche oscuro impedimento di coordinazione, non riuscivo mai a riacchiappare la pietra lanciata che mi cadeva ingloriosamente a terra, condannandomi alla consueta ignominiosa sconfitta. Devo dire che, anche per chi, come me, si comportava in maniera manifestamente inetta, non c'erano bullistiche messe alla berlina, bastava la soddisfazione di manifesta superiorità. Però faceva parte di quell'amarognolo in bocca che spesse volte ha colorato la mia verde età.
2 commenti:
Se ti può consolare ai giochi non eri l'unico bambino scarso e crescendo le cose sono migliorate non in modo sostanziale. Praticamente sono abbastanza negato anche a calcetto. Ciao.
Beh ormai non è piu molto importante
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