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martedì 28 ottobre 2014

Il salone del dis-Gusto

Sto diventando sempre più insofferente e micranioso. Una volta, quando sentivo cose irritanti, palesemente false o anche soltanto volte a prendersi gioco di me, facevo spallucce, che ognuno dicesse quello che gli pareva meglio. Adesso, sarà l'età e l'accidia tipica dell'anziano, un mix funesto e pericolosissimo, quando comincio a sentire certe sagre di scemenze, paludate da verità divine volte a salvare l'umanità, sento subito le farfalle nello stomaco e vorrei fare qualcosa, anche se poi alla fine finisco solo per cambiare canale. Domenica ad esempio, Linea Verde, il programma dedicato all'"agricoltura" di Rai 1, era in diretta dal salone del gusto di Torino, la kermesse gastrofighettara, che di anno in anno sempre di più attira folle di paganti (20 € d'ingresso tanto per capirci) bramosi di provare mitiche sensazioni degustando rarità alimentari di tutto il mondo. Ora, se questo fosse il senso della questione, non ci sarebbe assolutamente nulla da criticare. Quante sono le manifestazioni che propongono a chi se lo può permettere, il raro, il bello, il prezioso e gli emblemi del lusso destinato a una élite mondiale, campo, uno dei pochi rimasti sfortunatamente, in cui l'Italia è ammirata maestra e quindi fonte benedetta di business redditizio per le nostre casse esangui? Moltissime, dalle mostre del gioiello a quelle del lusso assoluto, delle auto top di gamma, all'alta moda e chi più ne ha più ne metta e parliamoci chiaro ce ne fossero ancora di più. Quello che invece è terribile in questa fiera è che passa un messaggio che, oltre che palesemente falso, fuorviante e interessato, è anche assolutamente pericoloso. 

Qui si vuol far intendere che la sagra del presidio di eccellenza, la santificazione della piccola produzione di nicchia e dell'altissima qualità, posto naturalmente che sia reale e non artefattamente costruita a tavolino, sia agricoltura vera, anzi l'unica possibile e capace di sfamare l'umanità, ma non solo, anche di risolvere ogni problema salutistico. Si è rispolverato poi l'ormai defunto mito del buon selvaggio che protegge con i suoi comportamenti di saggezza antica la terra madre, salvandola dall'aggressione spietata ed insensata della moderna ingordigia delle perfide multinazionali, assurte ormai all'icona del vero nemico da combattere, ignorando che i comportamenti agricoli dei popoli meno sviluppati sono e sono sempre stati i più nefasti distruttori di ogni ecosistema naturale, a partire dal famigerato metodo di coltivazione del taglia e brucia e dalle totali deforestazioni che hanno devastato la Terra, ben di più che qualunque impresa di predatori di legname. Il buon selvaggio se ne catafotte nella maniera più assoluta della natura e della madre terra, cerca solo di sopravvivere alla meno peggio avendo a disposizione solo una agricoltura primitiva che non riesce ad andare al di là della sussistenza e non può fare altro, quindi non gli si può certo addossare colpe morali, ma da qui a santificarlo come conoscitore delle verità assolute e salvatore della natura, è una bufala pazzesca. Da questo nascono poi altri assunti esiziali e tra tutti quello che solo questo tipo di "agricoltura" sia quella in grado di sfamare il mondo del futuro nel modo migliore, trascurando il fatto che in pochi decenni sarà necessaria più del doppio della produzione attuale e che chi deve riempire la pancia non è certo minimamente interessato alle sfumature di aroma del tartufo bianco o del sentore di cenere di uno yogurth. 

Si prendono come basi le bufale raccontate da Panzana Shiva, tutte ampiamente smentite, che su questo campa egregiamente o di altri mistificatori sedicenti scienziati per far loro produrre a pagamento false ricerche immediatamente sbugiardate dalla comunità scientifica internazionale, che però rimangono sul web a imperitura memoria in modo che i creduloni le possano citare all'infinito, fregandosene della verità. Si costruisce un castello puntellato su ovvietà (l'importanza della biodiversità, il giusto guadagno dei produttori, il risparmio dell'energia), per dimostrare falsità globali, il tutto per tenere in piedi il colossale business del biologico, su cui, intravedendo l'affarone, quello di far pagare il doppio quello che vale la metà, si sono buttate molte delle bieche multinazionali (ma in questo caso la cosa non fa scalpore), influenzando così pericolosamente non solo l'opinione pubblica, che quella la puoi menare per il naso come vuoi con una certa facilità, ma indirizzando in questo modo la politica che ovviamente va dove vede che tira il vento ed i votanti. Ora, io non ho niente contro chi mette in piedi un business basato sul niente, anche se è ormai ben dimostrato che il biologico non ha nessun aspetto positivo rispetto alle produzioni tradizionali, anzi in alcuni casi, presenza di micotossine cancerogene e altro, è addirittura peggiore. Non mi interessa se questa gente sfrutta la credulità dei gastrogonzi per fare soldi o sbarcare il lunario, ognuno sia libero di comprare quel che gli pare anche a prezzo doppio se gli piace e se questo gratifica le sue credenze new age, io non ho pietà neanche per chi si rovina con le macchinette mangiasoldi, figuriamoci, in fondo nessuno ti obbliga con la forza e se vuoi comprare a caro prezzo delle meline marce e ti ritiri con ribrezzo e paura se uno ti offre un peperone dicendo che è OGM, saranno cavoli tuoi.

Ma il pericolo gravissimo per il mio paese è che la ricerca viene in questo modo trascurata e scompare a favore della riscoperta dei cazzi di saperi antichi, che se una varietà di pera è stata abbandonata in cambio di nuove varietà, ci sarà un motivo, la gente non era cretina, quella varietà, forse si ammalava facilmente o forse era una vera schifezza, anche se adesso la si vuol far passare per uno straordinario sentore acidulo e di profumo di bosco. O forse era poco produttiva. Anatema, ecco è la sete di guadagno che provoca la perdita di varietà che non producevano nulla anche se erano così buone, peccato che non ci sia nessuno disposto a pagare il doppio o il triplo per questa supposta qualità a scapito di una minore produzione. Perché non te la coltivi tu allora questa meraviglia che produce un terzo e te la vendi allo stesso prezzo? Qui passa il concetto di far credere che l'Agricoltura vera, sia quella hobbistica del ragioniere che dopo una settimana di sportello di banca, ha un pezzo di orto in campagna dove si fa quei dieci pomodori che gli parranno oro del Reno. La cosa grave è che quando tutto il castello del nulla crollerà, perché ogni business basato sulla fuffa, prima o dopo si smonta lasciando in braghe di tela chi ci ha creduto e magari investito, rimarremo senza nulla, indietro irrimediabilmente sulla ricerca e con una schiera di truffati che urleranno a gran voce chiedendo allo stato contributi per essere difesi dalla bancarotta, gridando contro l'ingiustizia del mondo che non li vuole capire. Comunque fate un po' come vi pare.


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sabato 30 maggio 2009

Shí


L'ideogramma "shí" significa mangiare. E' di capitale importanza in Oriente dove non si fa nulla di importante se non a tavola. mangiando, si chiudono i contratti, tutte le cerimonie religiose e non, dalla nascita alla morte. Seguendo il discorso d ieri sul naturale o non naturale, si può dire che rispetto al cibo i cinesi siano piuttosto pratici, giudicando mangiabile tutto quello che si muove, che nasce e cresce sulla terra e sotto e nonostane questo la cucina cinese è una delle più famose, varie ed interessanti del mondo alla faccia del glutammato e di chi lo ritiene quasi mortale, come ogni parola che abbia un sound kimico. Nell'ideogramma si nota , sotto il segno di insieme, quello di una pentola coperta e sotto un mestolo a chiarire che "mangiare" non è il solo atto fisico e animalesco dl nutrirsi, ma significa ritrovarsi con qualcuno nella casa di chi sta cuocendo il riso e partecipare ad una mensa comune. Mangiare assieme è partecipare alla società civile. Se accanto a questo mettiamo l'ideogramma di "parola - Yan" abbiamo il significato di mentire, mangiarsi la parola, usare la parola per trarre in inganno, per spostare la mente del più debole verso il falso. Così oggi molti giocano sulla parola per confondere le idee e tornando al discorso di ieri, per giocare coi termini classificandoli a priori come buoni e cattivi, incasellando i concetti per prevenire una tesi già data per dimostata. Per rafforzare tale assunto, riporterò qui un breve fatto di vita vissuta raccontata dal mio conterraneo Martino Benzi, che riporta il seguente dramma accadutogli personalmente e che di conseguenza ha tutta la mia e credo anche vostra partecipazione: - Oggi mio figlio compie tre anni. Ieri sera la disgrazia: stavamo giocando allegramente nella sua cameretta quando, tragicamente, ha subito una forte contaminazione da solfuro di idrogeno. Potete immaginare la mia preoccupazione, direi addirittura terrore, perché - cito da wikipedia - questo terribile composto -è considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell’arco di pochi minuti. Agisce come l’acido cianidrico inibendo la respirazione mitocondriale. Un’esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi ed alla gola, tosse, accelerazione del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento, perdita dell’appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione. È altamente infiammabile, altamente tossico e pericoloso per l’ambiente; i prodotti industriali che lo contengono devono riportare gli avvertimenti "R12-26-50» e «S1/2-9-16-28-36/37-45-61".- Stavo correndo a prendere le chiavi della macchina per portarlo in ospedale, sperando di giungere in tempo, quando è entrata mia moglie con una pila delle sue magliette appena stirate. “Ha ricominciato a fare quelle scorregge puzzolenti?”, ha chiesto “Dobbiamo dargli di nuovo l’enterogermina, domani va’ in farmacia a comperarla.” Allora mi sono calmato ed abbiamo continuato a giocare, questa mattina era ancora vivo. -

mercoledì 19 novembre 2008

Nostrano è più buono

Sono andato al mercatino dei contadini ed evitati accuratamente come di consueto, i banchetti che proponevano prodotti "biologici" e compagnia bella, mi sono lasciato incantare da dei bei peperoni rossi e delle magnifiche pere Abate. -Tutta roba nostrana, ehehe- mi dà di gomito il furbacchione dalla pelle bruciata dal duro lavoro dei campi, alleggerendomi in modo consistente il portafoglio -Mica roba che arriva dal sud...- e carca la dose. Mentre mi allontano non riesco a fare a meno di mettere in moto il cervello, spesso in stand by, un mio antipatico vezzo. Mi ricordo che tempo fa, proprio nel profondo Sud, avevo fatto un acquisto similare da un collega del sopradescritto agricolo e anche lui, con diversa intonazione vernacolare mi aveva sottolineato: -Tutta robba nos'trana ah, il megghio che ci sia.- Ma allora qual'è il nostrano migliore? Non c'è contraddizione di termini? Allora tutto è migliore (30 e lode politico) purchè sia a kilometri zero? Ma perchè mi volete sempre prendere per il naso.
Tutto questo mi riporta ad un fatto occorso ad una mia amica in Bretagna, terra nota oltre che per les fruits de mèr, anche per le mele ed il sidro delizioso. Bramosa di assaggiare le appunto saporite e giustamente famose pomacee, acquista al mercatino un paio di kg di mele, non grandi (giustamente) ma all'apparenza gustose. Ragazzi! Una squisitezza; raramente aveva assaggiato qualcosa di meglio. Profumate e dolci al punto giusto, croccanti al morso ma delicate e morbide al palato, tando da tornare due giorni dopo a ripetere il rifornimento. Orrore, un più attento esame della merce dello stesso banchetto evidenziava senza ombra di dubbio un cartellino seminascosto che recitava subdolo "Product of Argentina"! Che delusione. Subitaneo cambio di banco truffaldino e nuovo acquisto di mele finalmente garantite nostrane, appunto.
Immangiabili, una vera schifezza. Per forza che poi ci fanno il sidro.

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