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lunedì 28 ottobre 2013

L'orto di papà.

dal web

Mio padre aveva un orto. Piuttosto grande anche. Quasi tutti i giorni inforcava la bicicletta e si faceva i cinque chilometri per arrivare in Valle San Bartolomeo e coltivarselo. Non aveva nessun attrezzo se non vanga e zappa e anche per bagnare doveva ricorrere al trasporto dell'acqua coi secchi dal pozzo vicino, per cui faceva davvero una fatica boia. Poi, passata la mattinata se ne tornava a casa pedalando lentamente con le borse cariche. Spesso allungava il giro e passava da me per lasciare i pomodori più rossi, gli zucchini più belli, i fagiolini che apparivano subito come i più gustosi. Era la sua grande soddisfazione, far crescere cose, coglierle mature al punto giusto e portarle a casa. Siccome non voleva acquistare concimi, non avrebbe potuto portarseli in bicicletta fino all'orto, usufruiva solo di tanto in tanto di un po' di letame che gli faceva avere un vicino, ma la quantità era insufficiente e non bastava neppure come ammendante, così la produzione era piuttosto scarsa. Non usava neanche antiparassitari, non aveva neanche la macchia per distribuirli, salvo una vecchia pompa a spalla per il solfato di rame. Per il diserbo usava la zappa e le dorifere delle patate le raccoglieva con le mani schiacciandole poi dentro una latta con una pietra, con grande soddisfazione. Così possiamo dire che le sue erano coltivazioni assolutamente "biologiche". Naturalmente  il fatto che tutti e lui in particolare, trovassimo quei prodotti buonissimi, derivava, oltre al fatto psicologico del piacere con cui venivano fatti, soprattutto dal motivo che fossero raccolti al punto giusto di maturazione stagionale. Per il resto erano spesso mezzi marci e colpiti da ogni genere di malanno che colpisce le piante coltivate, "naturalmente" molto più deboli di quelle spontanee e soggette ad ogni genere di attacco parassitario. 

La cosa più valida erano le sementi che procuravo io, in quanto faceva parte allora del mio lavoro, tutta roba di prima qualità. Lui si lamentava molto per le patate che producevano poco e venivano sempre piccoline, un po' per la siccità, un po' per le dorifore che attaccavano sempre in massa durante l'estate, quando faceva più caldo ed era faticoso andarle a togliere a mano, un po' perché il terreno era piuttosto argilloso e non permetteva un buono sviluppo del tubero. Un po' di colpa però, era anche mia che gli portavo sempre il seme di Bintje, una varietà poco produttiva e poco adatta alla pianura, ma la cui pasta gialla è particolarmente soda e gustosa, le migliori per la frittura. In verità gli portavo anche un po' di Kennebec a pasta bianca, molto più adatte per purée e le dimensioni di quelle lo soddisfacevano. Andò avanti fin verso gli ottanta anni e quando smise, ne fece quasi una malattia, rimpiangendo continuamente i suoi bei pomodori rossi grossi, gonfi e maturi che erano la sua passione e con cui faceva, assieme alla mia mamma, bottiglie e bottiglie di conserva, imbottita di una famigerata polverina (credo salicicato) conservante, che comunque non ci ha mai ucciso, considerato che i conservanti sono comunque molto meno pericolosi dei composti che si generano quando non li si usano. Datemi retta, tenetivi alla larga da quelle etichette che recitano Non contiene conservanti, anche se purtroppo ormai trovate solo più quelle. Usava dei pomodori grossi, tipo cuore di bue, certo inadatti per la passata, ma già allora il San Marzano era praticamente scomparso per il virus del mosaico e il miglioramento OGM che lo avrebbe salvato, è stato subito impedito dalla idiozia della "saggezza" popolare ben manovrata. Possiamo concludere che il vero valore di quell'orto fosse la soddisfazione psicologica del coltivarlo ed il beneficio proveniente dall'attività fisica connessa, non ci sono dubbi. 

Col passare del tempo ci si è aggiunta la malinconia per l'affetto con cui mi erano date quelle verdure e la convinzione (certamente falsa) dei meravigliosi sapori e profumi perduti che avevano, frutto solo della fantasia e del rimpianto degli anni passati e che non possono tornare. Lo so, c'è una sacco di gente oggi che confonde tutto questo con l'agricoltura, quella attività economica che mantiene il mondo. Certo non sono agricoltori, ma impiegati o altro, lontanissimi dalla realtà produttiva, che sognano un'Arcadia che non è mai esistita, un mondo passato, dove regnava la cattiva qualità, la mancanza di igiene alimentare, la truffa estesissima e facile da fare non esistendo confezionamento e controlli, oggi assai accurati checché se ne pensi. Ma questo in fondo non è importante, c'è spazio per tutti, conta molto di più che la gente creda in qualche cosa, ancorché fasullo, soprattutto per chi su queste cose ci campa. Fa bene alla mente rimpiangere quei prodotti meravigliosi saporiti e profumatissimi (quando invece erano per metà marci e di varietà così scadenti che sono state quasi tutte abbandonate), stiamo meglio pensandoci e su questo si fonda tutta la fuffa del biologico e del c'era una volta, straordinaria operazione di marketing su cui si sono buttate proprio quelle multinazionali che le stesse folle osannanti, vituperano. Ma in fondo va benissimo così, è molto più importante appagare il cuore che l'intelletto e il mondo va avanti benissimo lo stesso. Certo che però, pensandoci bene, quei pomodori di mio papà erano davvero senza paragoni, altro che quelle porcherie del supermercato che chissà cosa c'è dentro. 


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sabato 29 giugno 2013

Campi di grano.



Ho voglia di andar per campi. Chissà, l'estate col suo caldo duro e un po' soffocante dovrebbe indurre alla meditazione sotto il pergolato, che noi chiamiamo topia, un dialettismo colto, visto che il governar la forma delle piante vien detta appunto arte topiaria; invece ho nostalgia di campi riarsi di sole crudo, che picchia sul collo e impone una qualche sorta di cappelluccio. Tutto quel mare di spighe dorate e riarse, leggermente ritorte nella direzione del vento o rosse, quasi bruciate, se d'altra cultivar senza pruina protettiva, immobili e ferme quando non tira più nemmeno un refolo di vento. Dappertutto è quasi giunto il tempo, addirittura nella Fraschetta, terra seccagna e povera, qualcuno ha già cominciato a mietere. Come una puerpera al compimento dei suoi giorni, stan lì in attesa della grande macchina che verrà ad ingoiarle, ingorda, a mangiare tritando il tutto, a battere, a scuotere, a sgranare e poi a separare tutto il possibile, la granella dalla paglia, lasciata cadere così quasi con disprezzo a terra in lunga e umile fila, ad aspettare che altri con calma raccolgano anche quello, che nulla vada perduto. Ho amato quei campi, mi han sempre dato un senso di ricco, di opimo, di fianchi larghi e robusti, icone corrette di una Cerere creata con giusta ragione, quadro esplicativo dell'ingordigia affamata del contadino, perennemente in bilico, sempre sul crinale tra abbondanza bramata e temuta carestia, da allontanare con gli scongiuri di una religiosità sincretica più prossima alla superstizione, assai blandita o tollerata comunque da un clero sapiente che conosceva i suoi polli. 

Cammini adagio lungo il fosso che delimita il campo, immensa tavola piana, meraviglia dell'ingegno umano, espressione innaturale e magnifica com'è l'agricoltura nella sua essenza profonda, artificio inesistente nato da considerazioni millenarie, miglioramenti così lenti e graduali da sembrar frutto di naturali cambiamenti. Pur nella sua immobilità, par di sentire un lievissimo clangore, quando milioni di ariste, rese ormai dure e quasi metalliche dal loro seccume, nella rigidità della morte, paiono sbattute tra di loro dal piccolo spostamento dell'aria quasi ferma. Un suono inavvertibile di cembali pagani, che frangono il silenzio spesso del mezzogiorno. Le spighe turgide, se le guardi attento, fanno fatica a rimanere in alto sui culmi esili e secchi anch'essi, induriti ma fragili, pronti a frangersi come vetri al primo impatto del nemico. Eppure son lì, piene all'inverosimile di cariossidi gonfie e dure, al cui interno il latte della primavera ha lasciato per strada umidità ed umori per mutarsi in glutine denso e quasi vetroso a formare un chicco dalle rotondità piene, divise dal taglio centrale deciso, sensuale e categorico al tempo stesso. E' un quadro come non potrebbero essercene altri a rappresentare l'abbondanza, in ogni tipo di cultura partita dalla terra, non quella fasulla di chi la campagna l'ha letta sul libro e se la raffigura come un'Arcadia dai toni sfumati tesa a ricercar solo sfumature di sogni, di mani nodose e di teste basse, di rimpianti di un passato mai esistito, di esaltazione di ipotesi parateologiche e di rovinevoli economie del niente. E' immagine di concretezza che valuta positivamente il solido, il concreto, rifuggendo da mode che appena si diraderà il fumo del nulla che le ha create, si accartocceranno sulla loro stessa fuffa. Come scalda l'animo un campo di frumento maturo per la trebbia! Non fosse altro per quanto picchia il sole e son senza cappello.    


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domenica 19 giugno 2011

E.Coligia comparata.

Con buona pace di chi ci ha lasciato la pelle, anche il batterio della cacca, se ne sta andando nel dimenticatoio, divorato da altre più importanti notizie, come Pontida. Non ce l'ha fatta, poveraccio, lui, così abituato ad ambienti scuri e sgradevoli, anche se ci si trova benissimo, a far fuori quella specie rognosissima che è l'Homo. Quello ha sette vite, non ci sono né radiazioni, né veleni, né attacchi biologici che tengano, Ne fai fuori un po' e lui, zac, subito si adatta, resiste, come tutte le male piante e dopo un po' non gli fa più né caldo e né freddo. E continua a moltiplicarsi implacabile, mangiandosi, come tutti i bravi parassiti che si rispettino, l'organismo che lo ospita. Non irritatevi, è la sua natura. Al contrario, questo poveraccio di Escherichia si è modificato geneticamente, come succede tranquillamente in natura e questa volta ha voluto tentare anche uno sberleffo crudele. Stanco forse di sentire scemenze interessate sul biologico, biodinamico, macrobiotico, sano e naturale come una volta, ha pensato bene di saltar fuori proprio in uno di quei posti che vengono creati come templi newage dai seguaci delle nuove religioni. Pensa un po', proprio per irridere i cultori del naturale a tutti i costi, che fa bene proprio come categoria filosofica, è andato a ficcarsi dove la natura lo vuole, sui teneri germogli naturali, che fanno tanto bene,  per fare il lavoro che faceva tranquillamente fino a non molti decenni fa, quando non imperava ancora la cattiva tendenza a lasciare un po' da parte la natura, spesso matrigna, e a introdurre un po' di tecnologia e pratica igienica.

Certo la maggior parte moriva attorno ai 50 anni, ma vuoi mettere come mangiavano sano e naturale! E che sapori, che profumi! Certo, si faceva del vino che oggi lo sputeresti subito per terra, ma vuoi metter che lo si faceva pigiando con i piedi sull'aia. L'olio di oliva era talmente acido da far paura e in quasi totale assenza di controlli, te lo rifilavano sfuso (che belli quei tempi senza tutti questi imballaggi inquinanti) tagliandolo come meglio credevano, per non parlare del latte, che tra febbri maltese e tubercolosi era una meraviglia per nonni e parenti del nostro povero Escherichia. Ma anche questo lo resuscitiamo con gli altarini degli erogatori del crudo, così i nuovi adepti, come baccanti invasate, se lo bevono senza bollirlo, vuoi mettere che sapore, come quello che mi dava la mia nonna! Lui ha tentato di mettercela tutta, stavolta, povero batterio, anche se la gente, giornalisti compresi non sapevano neanche chi era, né di averne qualche miliardo ciascuno nella pancia, tanto che dai telegironali più sprovveduti si è sentito dire "epidemia di i.coli", così fai vedere che sai l'inglese; ma mi sa che ha fallito anche questa volta.

Tra pochi giorni non ce ne ricorderemo più e potremo tornare ai supermercati a controllare che sulle etichette dei succhi di frutta ci sia scritto "naturale senza colesterolo" o come ho visto su un pacchetto di carote secche per bambini, comprati in Inghilterra: "junk food 0%".  L'importante è épater le bourgeois, seguire l'onda, non contrastare la credulità popolare. Non si fanno i soldi andando controcorrente. Giustamente le tanto aborrite multinazionali, che saranno bastarde ma non sceme, stanno aprendo di gran carriera intere sezioni di cibo naturale, biologico e chi più ne ha più ne metta. Intanto le legioni di Escherichia Coli che si satollano nelle nostre pance tenteranno, ogni tanto, tra i miliardi di modificazioni genetiche che "secondo casualità e natura" avvengono ogni giorno, di tirarne fuori qualcuna davvero letale. Ma è fatica sprecata. Siamo ossi duri, qualcuno sopravviverà lo stesso. E' la natura.


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martedì 15 settembre 2009

All organic!

Non ho dubbi su cosa farei se dovessi cominciare un business. Una delle poche cose che credo di aver imparato è che nel commercio bisogna seguire la corrente, non devi sprecare preziose energie per convincere la gente di qualcosa di cui è già convinta, quello che è talmente evidente a tutti da non aver bisogno di prove o conferme. Qualcuno ha detto che questo secolo sarà il tempo delle religioni, perchè emerge prepotente quella parte del pensiero che vuol credere a tutti i costi anche nell'incredibile, che vuol lasciarsi andare alla tranquillità di chi ti da assicurazioni senza bisogno di cercare conferme. E' difficile e faticoso accettare la debolezza e l'insicurezza della realtà, mentre è così facile individuare il male e abbandonarsi a chi ti dice: credi in me che ci penso io, rilassati e consuma. I grandi gruppi lo hanno capito da tempo e si sono buttati nell'affare, non vogliono certo sprecare energie ad andare contro corrente. Io mi metterei senz'altro nel biologico-organico-natural-eco-comesistavabeneuntempo. I consumatori apprezzano entusiasticamente questa linea, aumentano con ritmi cinesi di anno in anno e accettano qualunque proposta, disponibili a pagare di più e certi di fare la cosa giusta specie per i bambini e le future generazioni. Qualche giorno fa, una mia amica inglese nutriva amorevolmente il nipotino in fase di postsvezzamento con delle strane cose, tipo quelle che si trovano nei sacchetti colorati a base di patata cosparsa di spezie varie, che normalmente noi chiamiamo le schifezze. Mentre il bimbo se le succhiava di gusto, rispose alla mia meraviglia con un: -All organic- mostrandomi il sacchettino che riportava una serie di dati impressionati. Oltre ad assicurare la mamma compratrice che il contenuto era totally organic, snocciolava una serie di cose buone contenute, una certificazione che tutte quelle kattive e kimiche(?) tipo glutine o colesterolo, non c'erano o se c'erano erano in percentuali assolutamente accettabili (quasi buone) ma comunque naturali (colori, grassi, ecc.) quindi facevano anche bene, assicurava la totale assenza di cose allergiche (adesso tutti pensano di essere allegici a qualche cosa, mi raccomando è un punto importante su cui spingere) e infine conteneva una vera perla che certo copierei per la mia linea di prodotti. Nell'elenco dei contenuti, brillava in ultima posizione : Junk food, 0%. Capito, la legge inglese evidentemente consente di scrivere che il tuo prodotto contiene lo zero per cento di schifezza, assieme al 12% di proteine e al 25% di carboidrati e la gente lo compera felice di aver protetto il proprio pargoletto (pagandolo il quadruplo). Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa l'amico Bressanini. Comunque la forma delle crocchette o quello che sembravano era in tutto e per tutto simile, bitorzoli giallastri cosparsi di puntini rossi tipo salse piccanti (but they are organic carrots!), alle normali schifezze, forse per cominciare ad abituare l'occhio dell'infante ai futuri consumi, un po' come le sigarette di cioccolato che c'erano quando io ero piccino. Potenza del marketing, c'è sempre da imparare.

venerdì 31 luglio 2009

Vitamine e oligoelementi sì! Grassi e zuccheri no.

Oggi la giornata è cominciata bene. Un titolo del giornale mi ha subito aperto il cuore e mi ha fatto considerare come non sia sempre vero che i giornalisti scrivano delle varie cose di cui non capiscono quasi nulla, seguendo solo il vento e la moda del momento. Infatti a pagina 12 della Stampa di oggi campeggiava un bel :”Il biologico? Fa bene solo a chi lo produce”. Un articolo equilibrato che finalmente evidenzia un importante studio inglese che mette insieme i risultati di 50 anni di ricerche sui cibi cosiddetti biologici confermando quello che già sanno benissimo tutti coloro che hanno verso il problema un approccio non parareligioso, new age o semplicemente fideistico e cioè che non emerge prova di alcun beneficio per la salute dal nutrirsi con alimenti cosiddetti biologici. Non solo ma anche alle prove organolettiche, non si evidenzia nei test ciechi alcuna differenza considerabile rispetto agli alimenti derivanti da agricoltura tradizionale. Naturalmente tutto ciò non ha alcuna importanza per i veri credenti che continueranno a pensare di spendere bene il loro denaro in questa direzione e non è addirittura escluso che un effetto placebo li faccia anche sentire meglio. Le reazioni stizzose provengono di più da coloro che su questa religione ci marciano e fanno affari e sono quindi preoccupati che ci sia al problema un approccio più ragionato o almeno interessato a distinguere tra le frasi fatte e i fatti. Che poi questa industria sia particolarmente prospera in Italia, mi sta benissimo, specialmente se contribuisce a far vendere all’estero qualcosa, visto che da noi di inventiva ce n’è parecchia e quella scientifica sembra non interessare al potere costituito e non merita investimenti. Se si riesce a rifilare per il mondo la polenta “biologica” ricca di aflatossine cancerogene, con la scusa che ha il sapore del buon tempo antico, mi sta benissimo, basta che non la rifilino a me (l’altro giorno ho dovuto rifiutare cortesemente in un ristorante un pane fatto con farina biologica garantita sulla parola, tra la meraviglia della ristoratrice, che certo non ha colpe, se lo piazza meglio, ben fa a rifilarlo ai suoi avventori, ben contenti). Come sempre sono felice se c’è spazio per tutti, basta che non limitino il mio, imponendo a furor di talebanesimo luddista divieti di produzione e soprattutto di studi e di indagine seria su biotecnologie, OGM e che sui media riescano a trovare spazio anche quelli si avvicinano al problema in maniera seria e non solo con le chiacchiere. Da una parte un approccio scientifico, dall’altra uno scritto di chi dice, sic “i cibi biologici sono prodotti derivanti da tecniche di coltivazione o allevamento che rispettano la natura, bandendo l’utilizzo di qualsiasi additivo chimico. Questo permette di ottenere prodotti gustosi, sicuri e nutrienti perché ricchi di vitamine, sali minerali e oligoelementi. Lo studio inglese nega questo aspetto (ma quando mai?) perché cerca l’introvabile, la presenza di più proteine, grassi o zuccheri!”. Mi sono permesso di mettere in grassetto quelle che per questa religione sono le parole buone e in corsivo quelle che sono considerate parole cattive, il male da evitare, anzi da bandire con anatema, basta con le proteine, i grassi e gli zuccheri e avanti con gli oligoelementi e le vitamine. Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere, un riso amarognolo, ma così va il mondo. Quasi quasi, vado ad attaccare alla bacheca del bar l’articolo. Ma chissenefrega, se uno ha piacere di pagare il doppio per mangiarsi le pesche mezze marce, saranno affari suoi, no?

mercoledì 10 giugno 2009

Cronache di Surakhis 15: Solo Bio

La polemica infuriava da tempo. Lo scientismo che serpeggiava qua e là tra i sedicenti progressisti, voleva riportare tutto al calcolo, alla precisione, alla prova ed a tutte le altre scemenze che avevano imperversato per l'universo, sottomettendo la vera forza delle specie viventi, la fede e l'istinto. Costoro si ostinavano a pretendere che si seguissero studi e ricerche, assolutamente inutili del resto per provare l'errore nelle cose, che invece tutti sanno e capiscono come evidenti e chiare, per l'esperienza ed per il ricordo degli antichi. Paularius era a capo di una delle più importanti Gilde di Surakhis, quella dei Teobio e non era troppo tenero con quella gentaglia che non voleva riconoscere principi fondamentali della prevalenza di una razza o dell'assioma della superiorità del biologico sull'artificioso e ciò che è contronatura. Cose che tutti sanno e che non hanno bisogno di essere dimostrate. Quindi, quando qualcuno pretendeva di mettere in discussione la Verità, bisognava metterlo a posto senza tante storie. Generalmente bastava controllare il suo contatore dell'aria e rallentare un po' il flusso per ridurlo a più miti consigli; tutta gente pavida quella che volevano imporgli l'uso di roba non rigorosamente bio. Artificiale, puah! Soprattutto in questo momento che doveva andare alla clinica per fare il consueto controllino periodico, in cui lo rimettevano a posto dalle varie magagne accumulate nel tempo. Paularius non si tratteneva molto nel momento in cui il lavoro e gli impegni gli davano qualche momento di relax e data la sua posizione poteva anche permettersi il meglio di quanto offriva la galassia e qualche parte del suo corpo non più giovane, era un po' sovraffaticata, diciamo pure partita completamente, come quando si era preso quella malattia nuova da una multipigia esatettica di Capella (che femmina strepitosa!), che gli aveva ridotto male l'organo a cui teneva di più; ma anche i reni, probabilmente, erano da sostituire. Ma lui aveva chiarito subito, niente robaccia artificiale o OGM (organi genetico-meccatronici) solo prodotti bio. D'altra parte, cosa li manteneva a fare tutti quei ragazzi, pagati a caro prezzo tra l'altro, se non per avere degli organi a disposizione, avendone bisogno? Capace che quei bastardi dei morigeratores piantassero su i soliti scandaletti, come durante le ultime elezioni, quando avevano addirittura accusato l'imperatore di mantenere un harem di ragazzette per i suoi piaceri personali. Questo sarebbe stato veramente grave per la sua immagine di uomo capace ed integerrimo, votato solo al bene dei suoi sudditi. Per fortuna, il Lungocrinito, aveva potuto dimostrare coi fatti (cartelle cliniche e filmati di espianto) che servivano solo per avere qualche organo a disposizione alla bisogna per lui ed i suoi amici più vicini. Questo aveva placato le acque e lo scandalo era rientrato con la generale approvazione, il voto telefonopatico gli aveva dato ragione. Il suo unico concorrente, un comunardo pescato su una luna secondaria di Rigel, eliminato dal televoto era stato subito vaporizzato.

sabato 30 maggio 2009

Shí


L'ideogramma "shí" significa mangiare. E' di capitale importanza in Oriente dove non si fa nulla di importante se non a tavola. mangiando, si chiudono i contratti, tutte le cerimonie religiose e non, dalla nascita alla morte. Seguendo il discorso d ieri sul naturale o non naturale, si può dire che rispetto al cibo i cinesi siano piuttosto pratici, giudicando mangiabile tutto quello che si muove, che nasce e cresce sulla terra e sotto e nonostane questo la cucina cinese è una delle più famose, varie ed interessanti del mondo alla faccia del glutammato e di chi lo ritiene quasi mortale, come ogni parola che abbia un sound kimico. Nell'ideogramma si nota , sotto il segno di insieme, quello di una pentola coperta e sotto un mestolo a chiarire che "mangiare" non è il solo atto fisico e animalesco dl nutrirsi, ma significa ritrovarsi con qualcuno nella casa di chi sta cuocendo il riso e partecipare ad una mensa comune. Mangiare assieme è partecipare alla società civile. Se accanto a questo mettiamo l'ideogramma di "parola - Yan" abbiamo il significato di mentire, mangiarsi la parola, usare la parola per trarre in inganno, per spostare la mente del più debole verso il falso. Così oggi molti giocano sulla parola per confondere le idee e tornando al discorso di ieri, per giocare coi termini classificandoli a priori come buoni e cattivi, incasellando i concetti per prevenire una tesi già data per dimostata. Per rafforzare tale assunto, riporterò qui un breve fatto di vita vissuta raccontata dal mio conterraneo Martino Benzi, che riporta il seguente dramma accadutogli personalmente e che di conseguenza ha tutta la mia e credo anche vostra partecipazione: - Oggi mio figlio compie tre anni. Ieri sera la disgrazia: stavamo giocando allegramente nella sua cameretta quando, tragicamente, ha subito una forte contaminazione da solfuro di idrogeno. Potete immaginare la mia preoccupazione, direi addirittura terrore, perché - cito da wikipedia - questo terribile composto -è considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell’arco di pochi minuti. Agisce come l’acido cianidrico inibendo la respirazione mitocondriale. Un’esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi ed alla gola, tosse, accelerazione del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento, perdita dell’appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione. È altamente infiammabile, altamente tossico e pericoloso per l’ambiente; i prodotti industriali che lo contengono devono riportare gli avvertimenti "R12-26-50» e «S1/2-9-16-28-36/37-45-61".- Stavo correndo a prendere le chiavi della macchina per portarlo in ospedale, sperando di giungere in tempo, quando è entrata mia moglie con una pila delle sue magliette appena stirate. “Ha ricominciato a fare quelle scorregge puzzolenti?”, ha chiesto “Dobbiamo dargli di nuovo l’enterogermina, domani va’ in farmacia a comperarla.” Allora mi sono calmato ed abbiamo continuato a giocare, questa mattina era ancora vivo. -

venerdì 29 maggio 2009

Naturale?

Mi sto appassionando alla discussione che si dipana man mano sul blog tecnico di Bressanini su ciò che è naturale e ciò che è innaturale. Avevo già tentato qui questo argomento più volte suscitando solo commenti stizzosi e inviperiti. Lo so, sulla religione non si scherza ed i credenti specialmente gli adepti dell'ultimora non sono disponibili a confrontarsi, non parliamo di chi su queste cose ci campa. Voglio comunque ritornare sull'argomento ribadendo che io credo che la valenza positiva che ormai il comune sentire dà al “naturale” venga dalla concezione naif che ha inventato il mito del buon selvaggio, amico della natura e difensore inconscio della stessa. Quello che fa la natura è bene, quello che fa l'uomo è male (a parte il buon selvaggio di cui sopra che è ormai parte della natura stessa, quando non è stato sterminato). Pochi si vogliono rendere conto che l’agricoltura, in concetto e in sostanza, è completamente e totalmente artificiale. Nessun organismo animale o vegetale è anche lontanamente simile a 10.000 anni fa, quando più o meno l’uomo da cacciatore- raccoglitore divenne agricoltore - allevatore. Le piante (e gli animali) sono stati modificati in tutti questi anni da un lento ma continuo lavoro di miglioramento genetico, anche inconsapevole o casuale, fino ad arrivare agli organismi che oggi arrivano sulle nostre tavole attraverso oltretutto, a tutta una serie di trattamenti altrettanto “innaturali”. E' naturale fare il vino o un prosciutto o il parmigiano? Ma avete visto un campo di frumento, ma vi sembra una cosa naturale la presenza, l'una accostata all’altra, di quasi 800 spighe per metro quadrato e praticamente nessun altro vegetale? Nessun tipo di coltivazione esisterebbe in natura così come la vediamo. Qualcuno sa che in un solo anno, se non ci fosse l’intervento umano la specie mais scomparirebbe? Il mais (che essendo estremamente plastico è una delle specie più manipolabili) in alcune migliaia di anni è stato trasformato dall’avere 4 o 5 semi sul cosiddetto pennacchio a produrre centinaia di chicchi in una sola spiga così ravvicinati che, cadendo a terra naturalmente, non sarebbero in grado di sviluppare un' altra pianta. Ma questo non interessa molto. Oggi se non cavalchi la tigre del biologico o ti metti contro questa religione, perdi soldi. Come ha già spiegato Dario nel blog, citando un esperimento condotto con criteri scientifici (a doppio cieco per intenderci), se dai alla gente del pane e dici che è bio, lo trova migliore di quello dichiarato non bio, anche se sono perfettamente uguali. Allora, se sei un pocofacente come me, se ne può discutere, se invece vendi prodotti, dai quello che vuole il cliente, arrenditi al bio e vendi a tutto il mondo, agli inglesi, agli americani, ai giapponesi dove dire biodinamico ormai equivale ad un passaporto di eccellenza; anche se il tuo vino non sarà buonissimo o con qualche difetto, lo venderai meglio. Il mondo va in questa direzione. Ho già detto, ma voglio sottolinarlo ancora che, quando qui ho tentato di affrontare l’argomento in modo pacato, i sacerdoti della biochiesa mi hanno subito aggredito stizziti ed ho cambiato argomento, tanto contro la religione non hai armi. Ho visto in TV una signora a cui veniva proposto in regalo un peperone dichiarato OGM, è corsa via per paura di essere contaminata dalle radiazioni, chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che il 90% del grano duro italiano con cui si fa la pasta viene da varietà ottenute negli anni 60/70 (quando in Italia si faceva ricerca in campo sementiero) che sono state prodotte con modificazioni genetiche mediante raggi gamma. Ahahahah, chissà che spaghetto (in tutti i sensi), bisognerebbe passare la notizia a Striscia o alla Gabanelli……

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