domenica 5 aprile 2009

Semi di trifoglio

Com'è dolce e suadente il dialetto veneto, così morbido da scivolare via leggermente, arretrando, quasi facendo un piccolo inchino, senza gridare, quasi a volersi scusare. Mi ricordo quando, tanto tempo fa, quasi in un altra vita, ero un tecnico sementiero. Si frequentava allora, per acquistare o vendere la produzione, o anche semplicemente per essere aggiornati sui prezzi, il mercato di Milano che si teneva ogni mercoledì pomeriggio in Piazza degli Affari, oggi credo piazzetta Cuccia, ma un po' defialto a sinistra e fuori del palazzo della Borsa, quasi come un fratello minore che si vergogna a fronte del maggiore, ricco ed importante. Così verso l'una e mezza arrivavano i primi, a passo lento, intabarrati in inverno, più sciolti in estate, ma sempre con giacca e cravatta di rigore, mentre gli ultimi lasciavano l'angolo verso le cinque e mezza, quasi svogliatamente dopo aver sentito l'ufficialità del listino prezzi, che la commissione aveva appena stilato all'interno di uno stanzone, anch'esso laterale al palazzo. Gli importanti operatori che uscivano dalle grandi porte centrali dopo aver trattato pacchetti di Generali, Fiat ed Alleanza, invece, non poggiavano neppure lo sguardo su questa, all'apparenza, dimessa umanità, ma se ne filavano via dritti nel primo pomeriggio. Si ritrovava qui, dunque, un po' tutto il mondo economico-agricolo padano che con fare un po' schivo, si scambiava derrate per miliardi con una stretta di mano. Operatori, come me, dei Consorzi Agrari, a comprare o vendere sementi, cereali o altre materie utili all'agricoltura (indicate con apposita sigla: MUA), mulini e mangimisti, acquirenti, commercianti, ammassatori di sementi e cerealie e oltre a qualche raro grande agricoltore, che veniva soprattutto ad informarsi dei prezzi, molti mediatori. Era questa un po' la figura fondamentale del mercato, che si aggirava qua e là tra gli altri operatori, che stavano tendenzialmente fermi in un loro posto fisso, consolidato nei lunghi anni di militanza, con passo lento i più anziani e famosi, di gran carriera e frenetici gli altri, quasi a voler conquistare spazio, marcare il territorio. Avevano tutti un calepino nero in mano ed una matita piccola con cui annotavano vorticosamente affari nelle paginette stazzonate, quintali, camionate, prezzi, tutti accettati con un piccolo cenno del capo. I contratti scritti arrivavano nei giorni successivi, magari dopo la consegna della merce e nessuno poteva venir meno a quegli accordi, bastava una volta ed eri messo fuori dal giro, come un appestato, nessuno avrebbe più fatto niente con una persona non "seria". Serietà, era la qualità che definiva positivamente chi si presentava sul mercato; senza quella patente, inutile presentarsi, non ti dicevano neanche qual era il prezzo del granone quel giorno, mentre intorno giravano vorticosi gli affari. "Guardi che sale, diceva un grasso mediatore al dubbioso , ne prenda almeno due mezzi treni". Non ho mai capito questa unità di misura, perchè non si potesse dire un treno di orzo, ma tutti trattassero uno o due mezzi treni. Ma non si pensi che gli affari venissero in un bailamme caciarone e chiassoso come accadeva nel palazzo, intorno alla corbeille dei titoli, con gente assatanata a fare segni, gridando, compro, vendo. Tutt'affato, sulla strada regnava un rispettoso bisbiglio, i prezzi e le quantità venivano sussurrate avvicinandosi con le teste, con pudore, come per non volersi far udire dai vicini. Un gesto furtivo, una mano scivolava nella tasca del pastrano ed un pacchettino avvolto nella carta da zucchero blu, il "campione", cambiava di tasca e diventava la prova inviolabile della qualità della merce. Solo i saluti , approccio rituale in cui si parlava del tempo, che in campagna è di importanza globale, erano fatti a voce normale. Poi, il mediatore invariabilmente, se eri venditore, faceva una faccia un po' desolata sottolineando che il mercato era molto, molto debole, ma forse lui aveva un compratore disponibile e le proposte scivolavano così, con gli occhi bassi dei più astuti, con la testa dritta e l'occhio severo di chi voleva rimarcare "guarda che non mollo". Gli operatori più importanti e famosi, arrivavano sempre in ritardo e difficilemte si buttavano nel centro del gruppo, rimanendo ai lati, in posizione distinta, fermi in attesa di venre avvicinati, come ragni al centro della tela. Qualcuno si portava dietro il figlio o il nipote, che stava lì senza parlare, mai interpellato, in attesa, con gli anni, di capire il mercato e guadagnare autorevolezza. Era uno tra questi, forse il più importante commerciante di semi da prato italiano, che verso le tre arrivava con passo lento e si posizionava sull'altro lato del marciapiede (chissà perchè gli scalini dei marciapiedi sono così ambiti per segnalare, con quei quindici centimetri in più, l'importanza di chi ci sale) subito circondato da una coorte di clientes con i pacchettini in mano.Lui sembrara un satrapo che amministrasse la giustizia, questo prendeva, l'altro, dopo uno sguardo al campione, allontanava con un cenno della mano, altri non badava quasi sdegnoso, chè forse si erano mostrati poco "seri" in passato e pur si presentavano forse sperando in una dimenticanza o in una insperata o almeno provvisoria riammissione a corte. Era certo finanziariamente il più potente ed anche il più astuto e capace, sempre border line con le disposizioni legislative in materia sementiera, e sempre il più veloce a capire il vento dell'andamento dei prezzi per cogliere per primo le occasioni. Camion e treni (pardon mezzi treni) di semi di erba medica, trifoglio e loietti, non avevano misteri per lui e gli altri, invidiosi si accontentavano delle briciole. Così un certo suo concorrente veneto, detto dai maligni Busìa, per la sua tendenza a dissimulare la qualità della sua merce, guardandolo con malevolenza dall'altro lato della strada, mi sussurò un giorno all'orecchio questa frase indimenticabile:" 'l ga fatto tanto mal quel sior lì, che se il Signore se lo toésse...." , così, lasciando in sospeso, con le mani appena giunte e gli occhi volti al cielo in una preghiera accorata, da politico democristiano di seconda fila, che rubava, sì, ma poco e quasi chiedendo scusa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho frequentato saltuariamente la borsa merci di Milano all'inzio degli anni 80 e mi sono ritrovato perfettamente inserito nel tuo racconto,mi è parso di rivedere quegli occhi furbi in sguardi che sembravano assenti ma ai quali non sfuggiva nulla di ciò che aveva per loro un qualche interesse.Ciao GLM

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