venerdì 17 aprile 2009

Gambitto di re.

Tirato per i capelli da Skakkina, riemerge in me prepotente l'ombra cupa del giocatore di scacchi, certo il gioco più affascinante che l'uomo abbia pensato. Equilibrato e privo di momenti morti, ha una spietatezza che si adatta perfettamente alla torbida mentalità umana. Devi distruggere il tuo avversario senza alcuna pietà, senza dargli tregua, senza un attimo di respiro, basta un minimo vantaggio per prevaricare la sua resistenza fino all'epilogo finale, la sua distruzione fisica e mentale. I pezzi sulla scacchiera sono solo un tramite, una raffigurazione epifanica, è il tuo avversario che deve essere annientato nella realtà. Non si può giocare con la moglie a scacchi, chiaro Ska? Grandi campioni non si sono mai ripresi dopo cocenti sconfitte finendo pazzi o tra i deliri dell'alcool. Mi è sempre piaciuto questo gioco perchè non mente mai, vince sempre e invariabilmente chi è più bravo, senza scuse, senza possibilità di dare la colpa all'arbitro od al tiro di un dado o all'uscita della carta sfortunata. Non c'è quartiere, chi è meno capace viene sterminato. Ed il modo di giocare illustra perfettamente il tipo psicologico che hai davanti; riconosci subito chi è aggressivo, chi ama il rischio, chi preferisce difendersi sempre, attaccando solo quando scorge una piccola falla nelle forze nemiche, chi è timido, chi valuta tutte le possibilità lasciandosi sempre una via di uscita, chi si getta nella mischia senza badare ai pericoli. Non ho avuto la possibilità di misurarmi con molti avversari, quindi non so bene il mio valore scacchistico, ma la Russia era un posto interessante per questo aspetto. Saputo che il buon Zhenjia, giocava a scacchi, approfittavo delle lunghe ore che spesso trascorrevamo in treno traversando i boschi di betulle bianche della Grande Madre. Lui aveva sempre con sè, come tutti i giocatori, una scacchiera portatile, che estraeva con destrezza disponendola sul tavolinetto dello scompartimento coupé. Aduso ad una vita mimetizzata, lui, ebreo, che aveva trascorso una vita sotto un regime duro abituato a colpire chi alzava la testa fuori dal coro, timoroso del potere come non mai e quindi a questo ossequioso al massimo, anche in me, che pure gli ostentavo grande affetto ed amicizia, vedeva comunque il lontano pericolo che giunge dalla posizione gerarchica. Ma gli scacchi sono la verità, non ti puoi nascondere, lì scatta ed esce prorompente la tua vera natura. Avevo scoperto per vie traverse che era molto bravo, un 1° categoria sul limite per diventare Maestro; infatti con una furia ed una rapidità sconvolgente mi stroncava dopo poche mosse approfittando delle mie più piccole distrazioni ed errori. Subito dopo l'apertura, mi trovavo invariabilmente in difficoltà con i pezzi mal disposti e chiusi, mentre lui mi sferrava attacchi micidiali. Quando tentavo qualche maldestro affondo, giungevo subito sfiancato alla meta e con le retrovie scoperte ed rapidamente mi arrivava la stoccata finale. Un sorrisetto trattenuto e poi zac, sheck matt, il re è morto. Ogni tanto però anche lui lasciava il fianco esposto a qualche mio assalto e anche se raramente, ogni tanto riuscivo ad avere la soddisfazione di pareggiare o addirittura vincere. Questo faceva salire di molto la mia autostima, senonchè una volta in cui stavo avendo ragione di lui, grazie ad una sua disattenzione, in una partita bellissima in cui mi aveva circondato quasi completamente, capii tutto. Di tanto in tanto il malefico, sbagliava apposta, timoroso di umiliarmi troppo, per darmi la soddisfazione tronfia del capo che bastona il suo sottopancia. Ero proprio dipiaciuto di vincere anche quella partita così immeritatamente, quando, ad un tratto, mentre stavo per cogliere di malavoglia il frutto rubato, gli salta fuori una bellissima combinazione, di cui naturalmente io non mi ero avveduto ed ecco che il timoroso omino alla costante ricerca di qualcuno da responsabilizzare, sempre in attesa di sentire bussare alla porta il KGB, non seppe resistere e dopo un lungo sospiro, il drago nascosto nelle sue viscere emerse con prepotenza ed in poche mosse annichilì lo schiocco che pensava di avere già in tasca la vittoria. Comprese subito di essersi tradito, ma era stato più forte di lui, gli scacchi non mentono, mettono a nudo la tua psiche senza pietà. Subito si rannicchiò tra le spalle, quasi scusandosi, ma ormai era troppo tardi per nascondersi. Dopo quella volta giocò malvolentieri con me e solo se lo sollecitavo a lungo.

8 commenti:

ska ha detto...

Ehi, che bel post! Ed è così vero!
Fa emergere prepotentemente la nostra natura, e forse è questo che non mi piace!
Perché in effetti nell'arco dei miei quasi 32 anni ho potuto constatare più volte una certa... paura del successo. Mi fermo a mezzo metro dal traguardo. Se vinco quasi mi vergogno. Eppure sono molto competitiva, cosa che sembrerebba quasi in contraddizione con quanto appena detto.
Quando gioco a scacchi mi innervosisco immediatamente perché so che voglio vincere a tutti i costi, ma se non capisco la strategia dell'avversario (ed avviene praticamente sempre) non riesco ad andare avanti, e passo il tempo a difendermi. Le poche volte che mi capita di intravedere una via verso la vittoria, sto lì a sudar freddo e a pensare e a ripensare se per caso non mi sia sbagliata. Penso a tutte le possibili contromosse dell'avversario nel caso scegliessi la mossa A o la mossa B, e poi... puntualmente faccio quella sbagliata! E l'avversario (il mio compagno, nella fattispecie) se ne accorge subito e mi dice "ma cavolo, avevi al vittoria in tasca, dovevi solo fare la tal mossa!"
Un giorno che mi sentivo particolarmente sensibile ai miei "fallimenti" l'ho vista conme un'enorme metafora, e credo sia l'ultima volta che ci ho voluto giocare, circa un anno e mezzo fa...
Mi hai fatto venir voglia di leggermi "Schachnovelle", che credo sia appunto un libro sulla metafora degli scacchi e che avevo iniziato tempo fa e interrotto perché non mi andava di leggere in tedesco. Con tutto il tempo che ho adesso lo posso pure fare...

Enrico Bo ha detto...

Allora leggiti se non l'hai già fatto, la variante di Lunenburg, mi ha ispirato un po' questo post. Ma direi che adesso forse è meglio che ti dedichi a roba più divertente, eheheh

Anonimo ha detto...

sono quasi completamente in disaccordo con il cappello (ne sparo tre: gli scacchi è un gioco molto più prosaico, prevalentemente di memoria, fra due parilivello prevale l'umore del momento), ma il post è magnifico. grazie. (partitina online?)
:)
l'orsopio

Enrico Bo ha detto...

Mah, giusto dici tra pari livello, ma se uno è più bravo vince (quasi) sempre.
Comunque dai , la prima la comincio io :

e2-e4

Anonimo ha detto...

ehi frena! Intendevo tecnologica, non "per corrispondenza". ma dovremmo prendere un appuntamento, direi :)

L'orsopio detto anche "il nero muove e perde"

Enrico Bo ha detto...

ok ma come si fa, io sul PC non ho gli scacchi; con skype e la scacchiera davanti?

Anonimo ha detto...

prova qui:
http://it.games.yahoo.com/
devi registrarti, poi è un porto di mare :)

l'orsopio - negli scacchi "quisipuo"

antonio ha detto...

Caro Enrico,
sono un po' in ritardo, ma ho letto il tuo post (si chiama così il pezzo che hai scritto sugli scacchi?) schacchistico. e' assolutamente vero cosa scrivi. Gli scacchi dovrebbere essere utilizzati come strumento educativo: negli scacchi sei il solo responsabile delle tue decisioni, devi prendere delle decisioni in un tempo limitato, le regoloe sono chiare e vanno rispettate, vince il migliore, sempre.
Antonio

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