martedì 8 settembre 2009

Fenomenologia dello gnocco.

Ci sono molti settori in cui le femmine amano cimentare la propria abilità per mettersi in discussione o in competizione. Quello che preferisco, per estetica ed etica o più semplicemente per inclinazione naturale, diranno i miei detrattori, è la cucina. Quindi niente di più logico che la bagarre si sia scatenata per tutta l’estate, anche nel nostro piccolo gruppo, microcosmo testimone di tendenza. Una dopo l’altra le nostre ragazze si sono scatenate per superarsi a colpi di piatti semplici o ricercati, sempre riuscendo a stupirci con tecnica, fantasia e qualità. L’ultima prova è toccata ancora a Carla che ha voluto esibirsi in una prova difficilissima nella sua semplicità. Il tema della serata è stato sua maestà lo gnocco. Esclusa proditoriamente la sua versione femminile che pure avrebbe suscitato entusiasmi quantomeno di facciata, verbali e per onor di firma, si era deciso che il candido ed all’apparenza umile grumo di pasta, sarebbe stato il protagonista unico ed assoluto della serata che non doveva essere turbata da altri motivi di distrazione per non sviare l’attenzione gustativa delle nostre stanche ma mai dome papille in religiosa attesa. Niente ordalia di antipasti dunque, per lasciare largo spazio alla cascata gioiosa che attendeva la bollitura dell’acqua, ma che piemontesi saremmo se non avessimo ceduto almeno a qualche fetta di sapido e stagionato salume nostrano e a due calde teglie di peperoni di Carmagnola ricoperte dall’abbraccio di una delicata bagna cauda. Sarebbe stata un’offesa alla tradizione e soprattutto il periodo stagionale lo richiedeva d’imperio. Ma solo un tocco e poi via a calare con cautela, a piccole falangi per non affastellarli troppo al primo bollore, le prime tranche di gnocchi delicatamente sporcati di farina per non farli attaccare tra di loro, chè anche se amici, non devono stringersi troppo, avvinti in un abbraccio che li danneggerebbe irreparabilmente, lasciandoli ad un a uno separati, al nostro affetto interessato. Erano stati, già dalla mattina, preparati con cura ed amorevolmente l’impasto trattato ed i lunghi cilindretti formati e stirati rivoltolandoli sulla tavola prima del taglio cadenzato che ne aveva dato la forma definitiva, piccolissima come si confà alla grande qualità, prima del tocco fatale della forchetta a formarne l’aspetto finale, con le quattro unghiate dei rebbi e la dolce concavità resa così più atta a sposarsi col sugo alla quale saranno destinati. Già, l’impasto, qui sta il segreto, a cominciare dalla patata utilizzata, la Desirée, una varietà a buccia rossa e a pasta tra il bianco e il giallo, compatta ma tenera, coltivata dall’amico René sopra i mille metri, che si sa, con la montagna il gusto ci guadagna come recitava uno slogan famoso. La qualità della patata è fondamentale nello gnocco, così come lo è la giusta proporzione di acqua e farina, ovviamente segreta, perché il risultato finale deve essere dominato dalla assoluta leggerezza, da una aerea levità che sola eviterà l’intozzamento dovuto alla quantità e alle difficoltà sgradevoli della pesantezza postprandiale. E come create da mani angeliche sono state le schiere di piccole pallottole che a poco a poco emergevano dal bollore galleggiando felici come a dire, forza pescateci che siamo pronti. E la schiumarola cominciò a svolgere il suo impegnativo compito per formare i piatti attesi con ansia. Una prima ondata attese l’abbraccio di un saporoso ragù di carne che da tempo a fiamma bassissima scaldava le polveri sopra altro fuoco, seguita da altre ondate senza tregua per spossare le truppe e renderle idonee all’attacco finale, di ulteriori piccoli cumuli ricoperti da un’onda di bianca e marezzata crema al gorgonzola. Naturalmente sul tutto, parmigiano come se piovesse. Un rosso maghrebino di grande interesse col ragù ed un altrettanto intrigante Chateau del Luberon, con il gorgonzola, hanno bagnato le gole aiutando la sequenza dei piatti. Di colpo siamo crollati senza avere la forza di contare il numero di piatti che con astuzia i nostri anfitrioni preparavano piccoli ed innocenti, come il successivo non potesse in alcun modo ingombrare più di tanto lo spazio già occupato dai precedenti. Poco onore abbiamo così potuto fare al pur leggerissimo tiramisù e alle pesche ricoperte di gelato che come si sa disnausia e che ha concluso le nostre fatiche. Grande gnoccata, ma bisogna farsi forza che l’estate sta per finire e domani sera ci attende una ulteriore e difficile prova: la pasta e fagioli, di cui se ce la farò, vi darò conto nei prossimi giorni.

5 commenti:

Martissima ha detto...

ho l'impressione che da queste parti la cucina sia un ambiente molto amato e soprattutto molto usato....buona pasta e fagioli...un po' d'invidia mi invade....ma solo un po' ^_______^

Enrico Bo ha detto...

beh con quello che pubblichi tu in tema di cucina, invidia è una parola grossa

Anonimo ha detto...

Bravo.
Ed onore a sua maestà il gnocco (non guardarmi male, "lo" gnocco sarà corretto, ma mi fa schifo pronunciarlo e scriverlo...).
Caro il mio Ingordo Merendone (come diceva Gianvito a Ceni), permettimi una bestemmia tecnologica: se le cuoci col microonde, qualunque fetentissima qualità di patata diventa ottimale.
Con la bollitura, se sbagli patata ti viene fuori una sguana, col micro la cosa ha del miracoloso.
E perdona la bestemmia, caro il mio agronomo.
Dottordivago
P.S. Ah, se hai conosciuto il grande Mario da Canda, sai benissimo che "agronomo" non è un bel titolo...

Diego ha detto...

giovanotti, siete gastrosessuali !

Martissima ha detto...

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verrò a vedere se hai eseguito bene i compiti ;-))

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