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Alessandria - il ponte Mayer |
Non è detto infatti che, fermata l'auto o nel nostro caso abbandonata la tastiera e scesi in strada, poi la gente sfoderi il proverbiale cacciavite per perforare l'intestino tenue del proprio avversario, qualche volta lo fa, è vero, ma in misura minima rispetto ai casi che si dovrebbero prendere in esame. Questo succede dappertutto, anche nella rispettosissima Cina dove nel traffico ho sentito più volte al mio pilota e accompagnatore pronunciare l'orribile e irriguardoso wan ba tan, uovo di tartaruga (l'edulcorazione del nostro stronzo) l'impronunciabile insulto rivolto a chi tagliava improvvidamente la strada, cosa che mai sarebbe stata digeribile se pronunciata di persona personalmente, direbbe Catarella. Insomma sarei quasi portato, non dico a giustificare la cascata inarrestabile di insulti, vituperi e porcherie inviate via web, accettandole come sfogatoio liberatorio del popolo, una sorta di stanza delle violenze data in uso temporaneo dove tutto è concesso una tantum, anche l'uso della mazza da baseball per sfondare ogni cosa a portata di mano, per poi poter tornare, una volta uscito, ad una vita civile e dignitosa fatta di prego, scusi, prima lei. Ma sì, anche se fa caldo, maledizione, gustiamoci ancora un po' questa libertà e ragioniamo sul fatto che avremmo potuto benissimo nascere in Afganistan.
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immagine dal web |
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Ci godiamo questi scampoli di fine estate come il sibarita che tira su con la cannuccia le ultime sorsate del cocktail con l'ombrellino sullo sdraio imbottito del villaggio vacanze. E' pur sempre vero che dopo il primo temporale d'agosto si scivola via, velocemente purtroppo, verso quell'autunno malagevole che precede l'inverno. E' una metafora della vita naturalmente, molto fastidiosa in verità, perché se è vero che stiamo qui ormai da quasi tre mesi a guardare il cantiere da veri nullafacenti (e che altro dovrebbero fare i maledetti pensionati succhia risorse di questo povero stato in miserie croniche) la vita scorre via veloce di giorno in giorno, ogni volta uno de mas y uno de meno. Questo Covid maledetto che ha rubato a tanti la vita e a moltissimi lavoro e risorse, a me ha rubato il tempo, ormai quasi due anni coi piedi inchiodati a terra come oche da fois gras, adesso a malapena mi lascia muovere nella mia aia sempre che munito di crin gras o come meglio dir si voglia, mettendo in ridicolo il mio spleen di andare a vedere cosa ci sia dietro la collina, certificandomi che tra non molto a fare quella strada che automaticamente diviene sempre più erta, non ce la farò più fisicamente o peggio mentalmente, che già le cose bene non vanno, se è vero che l'altro giorno mi dannavo perché non trovavo più il telefono, mentre stavo telefonando al mio amico, che pur quasi inchiodato su una seggiola a rotelle, è sempre pieno di entusiasmo e progetti. Tuttavia questa è la nostra condanna, invidiare chi sta meglio di noi e non girarci neppure un attimo a guardare quello che sta dietro alle nostre spalle, neanche fossimo a Kabul a distinguere tra talebani e qaedisti, per scegliere da quali farci segare il collo. In fondo noi apparteniamo a quel mondo che gli abitanti di quelle terre disgraziate, prima seduce e poi manda direttamente affanculo, fregandosi allegramente della loro sorte, tradendoli di volta in volta senza pietà. Dovrebbero averlo capoto da un po' credo, eppure ogni volta che andiamo ad esportare i nostri McDonald, ci aspettano come salvatori, meravigliandosi di quando li abbandoniamo in brache di tela ai primi tagliagole di passaggio, non appena abbiamo finito di vendergli le armi che ci avanzavano, le immondizie che non sapevamo più dove mettere, di depredargli quel poco che hanno, magari lasciando ad altri molto più furbi la roba più fine e ricercata, litio, terre rare e quant'altro, ma tranquilli, c'è chi ci pensa.
D'altra parte è sempre stato così, quando le varie potenze europee si spartivano l'Africa depredando tutto il possibile, noi abbiamo preso uno scatolone di sabbia, mollandolo non appena ci si è accorti che galleggiava sul petrolio e abbiamo tentato di occupare l'unica terra che tutti gli altri avevano scartato, forse perché era l'unica nazione africana con un vero esercito, che infatti ce le ha suonate sonoramente, come del resto aveva fatto a tutti quelli che avevano tentati di prenderseli prima. Forse in queste cose non ci sappiamo fare. Rimane solo da guardare in TV la carneficina dei corpi tritati, magari spegnendo l'audio per non sentire commenti che interpretano le vicende secondo gli interessi delle nostre camarille locali, che le elezioni sono sempre alle porte. Ognuno pensa solo a razzolar qualche voto, è normale, il puzzo dei cadaveri tanto non arriva fin qui e si possono comunque usare a seconda degli interessi, anzi bisogna portarne a casa qualcuno per far vedere quanto siamo umani, meglio donne angariate e burqate da liberare e lasciare affogare gli altri che in questo momento non sono in copertina, anzi ci vuole il blocco navale. Vero che siamo ancora ad agosto e i cortei di quattro antivax non bastano a riempire le pagine dei giornali, già sottilissimi, ma per fortuna è ricominciato il campionato e Bebe Vio riesce a farci sognare comunque.
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Kawa mrojiona |
L'estate starà pure finendo, però dopo pessimi giugno e luglio, ci si stanno godendo le dolci giornate di questo fine agosto montano, come se non ce ne fossero mai state di uguali. Il mattino con la sua freschezza pungente, che ti fa aggrottare le spalle fin che il sole non sorge da dietro la montagna un po' più pigro di un mese fa, ma che poi sale ancora deciso e scalda subito le ossa ancora crocchianti per la notte. Le ginocchia cigolano un po', faticano a rimettersi in moto, è così la mattina per l'anziano, facciamocela andar bene comunque, fino a che ce la si fa a fare la salita e i gradini che portano alla farmacia del paese, il negozio più frequentato naturalmente. Poi puoi scendere tranquillo fino a comprare il giornale, entrando rapido, complice il rito della mascherina, i sorrisi di turno e i buon giorno scanditi dall'abitudine e dalla serena coscienza di essersi di nuovo ritrovati il giorno successivo, inshallah. Il rito del marocchino al bar con due paste di meliga per farsi buona la bocca, rimasta un po' storta dopo aver compitato velocemente i titoli della prima pagina, ma che vuoi, niente di nuovo sotto il sole, tutta roba prevista e prevedibile, il buono deve ancora venire, si sa. Un po' di commenti, appunto da bar, per far venire l'ora di pranzo. Certo che è dura, stare sotto un grande ombrellone, con le ginocchia vellicate dai raggio del sole caldo mentre dietro la schiena ti accarezzano questi meravigliosi 25°C o giù di lì, più o meno.
Verranno due gocce nel pomeriggio. Ma faccia un po' quello che vuole, tanto, chi sta meglio di così. Certo rimane la nostalgia del fatto che non puoi neanche più sognare qualche terra lontana, forse ormai perduta per sempre, chissà se e quando si potrà, magari la gamba non ce la farà più o peggio ancora la testa, che già sembra faccia un po' troppa fatica adesso, tanto per poter macinare i rimpianti dei vecchi. Di pomeriggio sul mio terrazzino c'è una pace che anche l'aria è ferma, la lucertolina sul muro di pietra è immobile, ferma anche lei a godersi questi scampoli di sole, delicato e gentile. Anche i miei cagnolini di solito aggressivi verso la sua specie, la guardano svogliati, godi anche tu lucertola, succhia la vita immobile e vivi il tuo sereno breve futuro. Del tuo passato forse altrettanto lieve avrai contezza? Chissà. Il cameriere polacco del bar ha sgranato gli occhi quando gli ho ordinato un kawa mrojiona, vile sfoggio di memorie lontane appunto, un caffè freddo shekerato col ghiaccio tritato che mi aveva, con le sue origini, portato alla mente, bevuto in quella piazza di Varsavia, 55 anni fa, quando dovevo ancora cominciare la conquista del mondo. Gincuje bardzo Luca che me lo hai portato alla mente. C'era lo stesso sole discreto, la stessa aria leggera di fine estate e le gonne leggere delle ragazze svolazzavano al vento del nord. Le nubi lontane non facevano paura, affatto, i temporali estivi bagnavano poco anche lassù e la bandiera rossa sul palazzo di governo pendeva floscia, forse presagendo il suo destino venturo. In mano avevo un ciondolo di ambra che forse suggeriva il mio.
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E' accaduto l'impensabile, per la prima volta ad uno dei miei appuntamenti, il "servizio d'ordine" presente, incaricato di controllare il green pass, eheheh, un controllo spietato, ha dovuto respingere la folla che voleva entrare ad ogni costo nel salone dove ho fatto la mia chiacchierata estiva. Accidenti, questo proprio non me lo aspettavo! Sarà che la Cina è un argomento di attualità e che probabilmente suscita un certo interesse, fatto sta che, complice il virus che ha ridotto le capienze della sala per disposizione di legge, sia la mancanza di sedie, ma una quindicina di mie aficionadas e amici vari se ne sono dovuti tornare a casa, con le scuse di chi, facendo il suo dovere, ha dovuto loro impedire l'accesso. Troppa gente, capito, troppa gente ad una mia conferenza, cose da pazzi e dire che qui in agosto ci sono spettacoli di tutti generi, ad esempio Vecchioni in persona e le serate di Tangram teatro, mica baubau micio micio. Va bene è ovvio che se la gente si sbatte per venire a sentire le banalità che racconto, mi fa un piacere talmente grande che sono qua che giro gonfio come un pavone, tuttavia, sono davvero dispiaciuto che ci siano persone che avevano pensato di passare la serata da me e che hanno dovuto rinunciare. Oltre tutto non abbiamo neppure la possibilità di fare una replica, organizzativamente complicata. Dai, sarà per un altro anno, sperando che il Covid ci dia tregua e scusatemi ancora per il disagio e grazie al sindaco e agli amici della organizzazione comunale che mi hanno dato una mano a preparare la sala.
Fenestrelle - non solo mucche |
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Prati - Fenestrelle Val Chisone |
Un'altra giornata che più piacevole non si può. Dopo i 34°C alessandrini trascorsi in attesa della soluzione di tutta una serie di magagne che non ho nessuna voglia di star lì a raccontare, essere qui sul mio terrazzino col cielo azzurro sopra Berlino e una brezza leggera che stimola il pensiero non ha prezzo, anche se qualche nuvola bianca si addensa per il piagnucolio serale. Neanche sento lo stridore della mola abrasiva che taglia le pietre che dovrebbero servire a completare il mio tetto o la sega elettrica che spunta le travi messe lì allo stesso scopo, quello di evitare che nuovamente, appena ripioverà forte e accadrà presto, lo so, mi si riempirà nuovamente la casa di acqua rovinando il parquet appena risistemato. Nemmeno il martello che picchia inferocito sui lunghi chiodi delle perline che completeranno il tutto e che si confondono con la sparachiodi automatica che pare una pistola impazzita da autodifesa legaiola, mi danno fastidio, basta non stare a sentirle in fondo, se non mi turbano i centootto colpi della campana grande che suona alle otto del mattino a pochi metri dalla mia testa, che fastidio volete che siano un po' di colpi bene assestati che oltretutto ti stanno rifacendo casa nuova! Non importa nulla, conta solo il garrulo chiocciare di due uccellacci sopra il grande albero al di là del muro, quello che mi inonda ogni giorno di foglie secche e rami spezzati, che chiacchierano tra di loro come due comari che non hanno mai abbastanza maldicenze da proporsi. Mi consolo pensando che in tre pasti mi sono già scofanato mezza anguria da 11,5 kg, ma un pezzettino, piccolo, lo ha mangiato anche mia moglie. Gli altri 6 chili li comincio stasera, anche se comincio ad avvertire una certa acidità di stomaco, ma di certo non è per l'anguria.
Piaceva tanto al mio papà, l'anguria e quando se ne portava a casa una, camalandosela a piedi per tutti e tre i piani della scala, correva subito in cucina, dove aveva uno speciale coltello apposito che si era fatto da solo unendo un trincetto da ciabattino ad un vecchio manico, per provvedere a tassellarla e constatare se il venditore che gli aveva garantito una dolcezza senza pari, lo avesse fregato. Poi assaggiava il tassello e concludeva: - E' buona -. Se la mangiava poi a tocchetti con gran gusto e la buccia la tagliava con cura maniacale in pezzetti minuti con lo stesso coltello per occupare meno spazio nel sacchetto della spazzatura. Chissà se là dove è adesso ci saranno angurie e ciliegie, altra sua grande passione, mi piacerebbe saperlo, dato che piacciono anche a me e il traguardo di fine corsa non sarà poi così lontano. Forse mi basterebbe così, ne sarei contento come di certo lo è lui. Qualche bella fetta ghiacciata di anguria dalla buccia verde scuro, rossa e dolce e un poco di quelle belle ciliegie quasi nere, grosse e dure, come quelle che l'amico Dionigi mi permetteva di raccogliere quando si andava alla sua cascina a certificare il grano da seme. Faceva sempre un gran caldo come adesso, ma non mi sembrava così gravoso e le cicale avevano un frinire amico. Mi sembrava di avere ancora tutta la vita davanti ed invece era solo un attimo fa.
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foto dal web |
Intanto il tempo scorre nelle incombenze più varie, a volte divertenti, a volte fastidiose. L'estate va avanti, già ormai ci siamo a pieno titolo nell'estate dopo il solstizio e quindi non si ha ragione nemmeno per lamentarsi del caldo. E' la stagione, ci tocca insomma, non stiamo a fare piagnistei, lamentiamoci piuttosto se facesse freddo. Ieri ho fatto un bel giro del quale magari domani vi renderò conto, mangiando anche un delizioso filetto di trota affumicata ricoperta di granelli di nocciole e mandorle, una vera squisizia, che ho gustato assai, ve ne faccio cenno tanto per significarvi che non è giusto lamentarsi continuamente. Sarà che questa mia vena di moderata rilassatezza, forse dai più inattesa, visto che vi ho abituato al rude borborigmo lamentoso dell'anziano a cui non va mai bene niente, coincide con una lontananza congrua dai vituperati cantieri di sbancamento, ma tutto sommato ogni tanto bisogna pure tirare il fiato e il permanere tre o quattro giorni nella città assolata non è poi così male. Sarà una questione di cuore. Sì, bisogna sempre starlo a sentire, magari tenerlo sotto controllo ogni tanto e qui rimango criptico poi, magari vedremo. Insomma moderata soddisfazione e mandrogna voia d'lasmi stè, tanto per cambiare.
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foto dal web |
Fa un caldo porco, sto boccheggiando come un pesce finito spiaggiato sull'arenile che anela solamente più ad essere grigliato, tanto quella deve essere la sua fine. Fuggito dalla montagna e dal cantiere in perenne evoluzione, in attesa di migliori nuove, sono tornato per poche ore, almeno così spero, nella città assolata e rovente per incombenze varie, vaccinali, mediche, bancarie e chi più diavolo ne inventa, più ne metta. Ieri sull'autostrada un monsone rovinoso per poco non mi spazzava via assieme ad un serpentone di centinaia di macchine fumanti. La città intanto è basita dalla calura ed in attesa di qualche rovinoso temporale che la distrugga almeno in parte pur che le faccia scendere di un poco la temperatura basale. Nel frattempo la gente, molta, si trascina lungo i marciapiedi calcinati dal solleone cercando di camminare rasente i muri nell'ombra corta meridiana. La maggior parte a dire il vero porta ancora la mascherina, segno che in fondo in generale si attiene alle regole ed i coglioni banfatori vessilliferi di strane libertà (ma perché non vanno contromano in autostrada se tanto detestano obbedire alle regole), fanno solo tanto rumore ma non sono poi così numerosi.
Se trovi qualcuno per la strada che conosci anche alla lontana, ti ferma subito per raccontarti in ordine alfabetico le sue infinite disgrazie. Tu stalle ad ascoltare, te ne sarà rimeritato in paradiso. D'altra parte non faccio io la stessa cosa con voi in questo spazio virtuale? Va bene, direi che come segno di vita basta così. Ma sapete che ci sono amici che, latitando io, un po' per pigrizia, un po' per disamore, un po' per sindrome della pagina bianca, mi contattano per sollecitarmi a scrivere, insomma che gli manco. Questa da sola è cosa talmente grande che merita la pena spremersi almeno un po' per far colare un minimo di succo di meninge e riempire la pagina in qualche modo. Sono loro molto grato di questa attenzione e li tranquillizzo, man mano che mi tornano le forze, vaccino permettendo, posto che non mi si modifichino geneticamente le dita per digitare sulla tastiera, mi farò vivo; in qualche modo ce la farò state tranquilli. Per il momento vado a rinfrescarmi.
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foto T. Sofi |