Visualizzazione post con etichetta estate. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta estate. Mostra tutti i post

martedì 6 giugno 2023

Voglia di estate

Menton

 

E' pur vero che l'estate non si dispiega ancora, nella pratica non ha ancora cominciato a pompare quel caldo soffocante che ci fa lamentare. Certo piove un po' e se non fa danno, diciamo pure finalmente, ma la stagione direi che è abbastanza piacevole e se non è estate i sentori però ci sono già tutti, In televisione comincia la stagione delle repliche; le attività invernali, UNI3, cicli di spettacoli, conferenze e varie ed eventuali hanno chiuso tutto e cominciano ad uscire le proposte per le serate all'aperto; nei weekend comincia il momento delle code senza un domani sulle autostrade. Tutto nella regola insomma. E allora pensiamo a preparare i bagagli per portarci avanti con gli otia propri di questa stagione che a mio parere è la più piacevole dell'anno. Sarà perché per me, di norma, comprende anche il mare, che è una condizione di benessere assoluto a cui mi dispiacerà rinunciare in futuro. Il mare è uno stato di essere che mi rallegra solamente all'idea, un vivere con pochi abiti e col rumore della risacca, lieve e carezzevole, come pochi altri, la sensazione di poter, a piacere, disporre di quel liquido amniotico nel quale lasciarsi andare, che ti fa sentire più leggero e tonico. Forse basterebbe una bella dieta, direte voi maligni, per avere più o meno la stessa sensazione, ma no direi che si tratta proprio di una piacevolezza categoriale che non è sostituibile altrimenti. Poi in generale hai anche il vantaggio di essere lontato dai tuoi luoghi base e quindi più difficilmente inseguito dalle incombenze e dagli obblighi della vita quotidiana, grane, bollette, sospesi, beghe condominiali, insomma libero finalmente, anche se la consapevolezza di ritrovare tutto dopo, per di più ammassato e ancor più urgente, rimane, per carità. Va beh, avrete capito da come sto menando il can per l'aia, che ho poco da dire, d'estate va in pensione anche quel poco di neuroni ancora attivi, sembra che ogni giorno ne periscano irrimediabilmente molte migliaia. Pace all'anima loro. Ci sentiamo dunque, se riesco ad attivare la poca voglia di fare, nei prossimi giorni. 


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

sabato 11 settembre 2021

E adesso fa caldo

Alessandria - il ponte Mayer

L'uomo è davvero un animale incontentabile. Non finivo di lamentarmi fino a ieri di come ormai la montagna stesse volgendo il capo verso l'inverno, gufando neve, gelo e tormenta e adesso son già qui a neanche 24 ore di distanza, nella città tentacolare che mi lamento di come faccia ancora caldo, della pelle appiccicosa e e delle lenzuola che si attorcigliano attorno alle gambe. Bisognerebbe porre un freno alla lamentosità della gente, oggi ancor più di un tempo dato che tutte queste querule geremiadi vengono poi moltiplicate sui social sui quali, io per primo, si sfogano tutti i malesseri degli incontentabili umani. Chi li ha inventati forse non aveva neppure previsto che il motivo di questo successo inimmaginabile, fosse dovuto in primis a questo aspetto di pianto continuo e ovviamente poco motivato, almeno nella maggior parte dei casi. Certo poi viene la possibilità di esternazione della propria parte oscura, l'odio sparso a piene mani e la goduriosa possibilità di spargere scemenze, insulti e menzogne a profusione senza doverne pagare pegno. Questa un po' la sindrome già conosciuta, dell'abitacolo della propria auto, luogo liturgico all'interno del quale persone di norma ammodo ed educatissime, si lasciano andare alla esternazione delle peggior cose all'indirizzo di chi li circonda, anche questi protetti a loro volta dalla confortevole corazza di lamiera del proprio veicolo. 

Non è detto infatti che, fermata l'auto o nel nostro caso abbandonata la tastiera e scesi in strada, poi la gente sfoderi il proverbiale cacciavite per perforare l'intestino tenue del proprio avversario, qualche volta lo fa, è vero, ma in misura minima rispetto ai casi che si dovrebbero prendere in esame. Questo succede dappertutto, anche nella rispettosissima Cina dove nel traffico ho sentito più volte al mio pilota e accompagnatore pronunciare l'orribile e irriguardoso wan ba tan, uovo di tartaruga (l'edulcorazione del nostro stronzo) l'impronunciabile insulto rivolto a chi tagliava improvvidamente la strada, cosa che mai sarebbe stata digeribile se pronunciata di persona personalmente, direbbe Catarella. Insomma sarei quasi portato, non dico a giustificare la cascata inarrestabile di insulti, vituperi e porcherie inviate via web, accettandole come sfogatoio liberatorio del popolo, una sorta di stanza delle violenze data in uso temporaneo dove tutto è concesso una tantum, anche l'uso della mazza da baseball per sfondare ogni cosa a portata di mano, per poi poter tornare, una volta uscito, ad una vita civile e dignitosa fatta di prego, scusi, prima lei. Ma sì, anche se fa caldo, maledizione, gustiamoci ancora un po' questa libertà e ragioniamo sul fatto che avremmo potuto benissimo nascere in Afganistan.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

lunedì 30 agosto 2021

Sorgo nero

immagine dal web

E' una campagna apparentemente serena quella che scorre veloce dietro i finestrini dell'auto, mentre vai senza soffermarti troppo se non coda dell'occhio, sulle fughe di colori ed i quadri regolari dei campi. In realtà è soltanto apparenza, se ti fermassi a guardare meglio scorgeresti una sofferenza nascosta, poco appariscente, che tuttavia permea il territorio in maniera abbastanza uniforme. Dietro alla campagna rigogliosa della tarda estate, avverti, se vuoi interessarti davvero di come stanno le cose, un senso di mancanza e di deprivazione che si va facendo sempre più forte e pericolosa, una insoddisfazione sorda che incide sullo stato delle cose in profondità. C'è una siccità insistita che prosegue da mesi e l'acqua, che non arriva se non a scrosci inutili e violenti, comincia a mancare. Le stoppie dei frumenti e dei cereali a paglia corta, sono ormai sterili spuntoni che a malapena coprono campi seccagni nei quali la superficie si spacca dopo essersi ritorta e asciugata; quelli arati sono oramai privi completamente di umidità e non hanno avuto più la forza di far crescere che qualche raro stelo di erbe dure e filose. 

Gli appezzamenti di mais che dovrebbero essere al loro massimo vigore, visti da lontano paiono distese di oro puro, ricchezza gioiosa, ma da vicino si mostrano gialli e secchi con qualche misera striatura di verde che sta ormai scomparendo. Le foglie avvizzite si sono accartocciate le une sulle altre e se le le penetri si spezzano scrocchiando come bende rinsecchite di mummie antiche che emanano sbuffi polverosi. Anche la piralide ha fatto poco danno nel cercare un poco di umidità nelle spighe quando ancora erano tenere e dolci. Lo sviluppo si è arrestato e sono rimaste piccole e stortagnole, di certo i chicchi radi e striminziti. Il vento che sfiora la coltura ne fa gemere i fusti che scricchiolano come chiedendo aiuto. In mezzo a qualche campo emerge qualche orgoglioso fusto di elianto, residuo evidentemente di una coltura precedente, che è rimasto inutile parassita a marcare la differenza di bisogno d'acqua, ma con una capocchietta piccola e insignificante, segno della perdita della vigoria dell'ibrido dei suoi genitori. 

C'è invece qua e là, qualche campo di girasoli che tuttavia hanno perso la solare corona di petali gialli, cedendo la bellezza vana in favore di un abnorme disco centrale ormai carico e gremito di semi neri, ricchi di olio e sostanza, che stanno ancora gonfiando a dismisura. Loro hanno bisogno di poca acqua e si adattano anche a questo clima più difficile. Quest'anno poi, ci sono anche diversi campi di sorgo, molti di più che in passato, questi invece rigogliosi e forti mostrano con orgoglio una pannocchia apicale grassa e turgida, al massimo della sua possibilità. E' il cereale dell'Africa, abituato a vivere di poco o nulla, poco nutrimento, poca umidità, poca cura. Laggiù sopporta ogni genere di stenti, ma resiste e ce la fa quasi sempre ad arrivare a maturazione. Qui, non gli sembra vero di trovare quello che agli altri sembra misera micrania. Il pretenzioso e nobile frumento, il mais arrogante, faticano assai, devono avere tutto al meglio, se no è tutta una lamentela, non ce la fanno proprio, una fatica di vivere che li rende sempre più deboli e lamentosi, che pena. Loro no, sono abituati a farsi bastare il poco che c'è e a riuscire a sopravvivere quando gli altri faticano. Il girasole del lontano est che si fa bastare la poca umidità che trova e il nero sorgo africano a cui è sufficiente anche meno, abituato com'è a ben altra sofferenza. 

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

domenica 29 agosto 2021

La temperatura scende.



Ci godiamo questi scampoli di fine estate come il sibarita che tira su con la cannuccia le ultime sorsate del cocktail con l'ombrellino sullo sdraio imbottito del villaggio vacanze. E' pur sempre vero che dopo il primo temporale d'agosto si scivola via, velocemente purtroppo, verso quell'autunno malagevole che precede l'inverno. E' una metafora della vita naturalmente, molto fastidiosa in verità, perché se è vero che stiamo qui ormai da quasi tre mesi a guardare il cantiere da veri nullafacenti (e che altro dovrebbero fare i maledetti pensionati succhia risorse di questo povero stato in miserie croniche) la vita scorre via veloce di giorno in giorno, ogni volta uno de mas y uno de meno. Questo Covid maledetto che ha rubato a tanti la vita e a moltissimi lavoro e risorse, a me ha rubato il tempo, ormai quasi due anni coi piedi inchiodati a terra come oche da fois gras, adesso a malapena mi lascia muovere nella mia aia sempre che munito di crin gras o come meglio dir si voglia, mettendo in ridicolo il mio spleen di andare a vedere cosa ci sia dietro la collina, certificandomi che tra non molto a fare quella strada che automaticamente diviene sempre più erta, non ce la farò più fisicamente o peggio mentalmente, che già le cose bene non vanno, se è vero che l'altro giorno mi dannavo perché non trovavo più il telefono, mentre stavo telefonando al mio amico, che pur quasi inchiodato su una seggiola a rotelle, è sempre pieno di entusiasmo e progetti. Tuttavia questa è la nostra condanna, invidiare chi sta meglio di noi e non girarci neppure un attimo a guardare quello che sta dietro alle nostre spalle, neanche fossimo a Kabul a distinguere tra talebani e qaedisti, per scegliere da quali farci segare il collo. In fondo noi apparteniamo a quel mondo che gli abitanti di quelle terre disgraziate, prima seduce e poi manda direttamente affanculo, fregandosi allegramente della loro sorte, tradendoli di volta in volta senza pietà. Dovrebbero averlo capoto da un po' credo, eppure ogni volta che andiamo ad esportare i nostri McDonald, ci aspettano come salvatori, meravigliandosi di quando li abbandoniamo in brache di tela ai primi tagliagole di passaggio, non appena abbiamo finito di vendergli le armi che ci avanzavano, le immondizie che non sapevamo più dove mettere, di depredargli quel poco che hanno, magari lasciando ad altri molto più furbi la roba più fine e ricercata, litio, terre rare e quant'altro, ma tranquilli, c'è chi ci pensa. 

D'altra parte è sempre stato così, quando le varie potenze europee si spartivano l'Africa depredando tutto il possibile, noi abbiamo preso uno scatolone di sabbia, mollandolo non appena ci si è accorti che galleggiava sul petrolio e abbiamo tentato di occupare l'unica terra che tutti gli altri avevano scartato, forse perché era l'unica nazione africana con un vero esercito, che infatti ce le ha suonate sonoramente, come del resto aveva fatto a tutti quelli che avevano tentati di prenderseli prima. Forse in queste cose non ci sappiamo fare. Rimane solo da guardare in TV la carneficina dei corpi tritati, magari spegnendo l'audio per non sentire commenti che interpretano le vicende secondo gli interessi delle nostre camarille locali, che le elezioni sono sempre alle porte. Ognuno pensa solo a razzolar qualche voto, è normale, il puzzo dei cadaveri tanto non arriva fin qui e si possono comunque usare a seconda degli interessi, anzi bisogna portarne a casa qualcuno per far vedere quanto siamo umani, meglio donne angariate e burqate da liberare e lasciare affogare gli altri che in questo momento non sono in copertina, anzi ci vuole il blocco navale. Vero che siamo ancora ad agosto e i cortei di quattro antivax non bastano a riempire le pagine dei giornali, già sottilissimi, ma per fortuna è ricominciato il campionato e Bebe Vio riesce a farci sognare comunque.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


sabato 21 agosto 2021

Le ombre dei ricordi

Kawa mrojiona


L'estate starà pure finendo, però dopo pessimi giugno e luglio, ci si stanno godendo le dolci giornate di questo fine agosto montano, come se non ce ne fossero mai state di uguali. Il mattino con la sua freschezza pungente, che ti fa aggrottare le spalle fin che il sole non sorge da dietro la montagna un po' più pigro di un mese fa, ma che poi sale ancora deciso e scalda subito le ossa ancora crocchianti per la notte. Le ginocchia cigolano un po', faticano a rimettersi in moto, è così la mattina per l'anziano, facciamocela andar bene comunque, fino a che ce la si fa a fare la salita e i gradini che portano alla farmacia del paese, il negozio più frequentato naturalmente. Poi puoi scendere tranquillo fino a comprare il giornale, entrando rapido, complice il rito della mascherina, i sorrisi di turno e i buon giorno scanditi dall'abitudine e dalla serena coscienza di essersi di nuovo ritrovati il giorno successivo, inshallah. Il rito del marocchino al bar con due paste di meliga per farsi buona la bocca, rimasta un po' storta dopo aver compitato velocemente i titoli della prima pagina, ma che vuoi, niente di nuovo sotto il sole, tutta roba prevista e prevedibile, il buono deve ancora venire, si sa. Un po' di commenti, appunto da bar, per far venire l'ora di pranzo. Certo che è dura, stare sotto un grande ombrellone, con le ginocchia vellicate dai raggio del sole caldo mentre dietro la schiena ti accarezzano questi meravigliosi 25°C o giù di lì, più o meno. 

Verranno due gocce nel pomeriggio. Ma faccia un po' quello che vuole, tanto, chi sta meglio di così. Certo rimane la nostalgia del fatto che non puoi neanche più sognare qualche terra lontana, forse ormai perduta per sempre, chissà se e quando si potrà, magari la gamba non ce la farà più o peggio ancora la testa, che già sembra faccia un po' troppa fatica adesso, tanto per poter macinare i rimpianti dei vecchi. Di pomeriggio sul mio terrazzino c'è una pace che anche l'aria è ferma, la lucertolina sul muro di pietra è immobile, ferma anche lei a godersi questi scampoli di sole, delicato e gentile. Anche i miei cagnolini di solito aggressivi verso la sua specie, la guardano svogliati, godi anche tu lucertola, succhia la vita immobile e vivi il tuo sereno breve futuro. Del tuo passato forse altrettanto lieve avrai contezza? Chissà. Il cameriere polacco del bar ha sgranato gli occhi quando gli ho ordinato un kawa mrojiona, vile sfoggio di memorie lontane appunto, un caffè freddo shekerato col ghiaccio tritato che mi aveva, con le sue origini, portato alla mente, bevuto in quella piazza di Varsavia, 55 anni fa, quando dovevo ancora cominciare la conquista del mondo. Gincuje bardzo Luca che me lo hai portato alla mente. C'era lo stesso sole discreto, la stessa aria leggera di fine estate e le gonne leggere delle ragazze svolazzavano al vento del nord. Le nubi lontane non facevano paura, affatto, i temporali estivi bagnavano poco anche lassù e la bandiera rossa sul palazzo di governo pendeva floscia, forse presagendo il suo destino venturo. In mano avevo un ciondolo di ambra che forse suggeriva il mio.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

venerdì 20 agosto 2021

Serata China

 


E' accaduto l'impensabile, per la prima volta ad uno dei miei appuntamenti, il "servizio d'ordine" presente, incaricato di controllare il green pass, eheheh, un controllo spietato, ha dovuto respingere la folla che voleva entrare ad ogni costo nel salone dove ho fatto la mia chiacchierata estiva. Accidenti, questo proprio non me lo aspettavo! Sarà che la Cina è un argomento di attualità e che probabilmente suscita un certo interesse, fatto sta che, complice il virus che ha ridotto le capienze della sala per disposizione di legge, sia la mancanza di sedie, ma una quindicina di mie aficionadas e amici vari se ne sono dovuti tornare a casa, con le scuse di chi, facendo il suo dovere, ha dovuto loro impedire l'accesso. Troppa gente, capito, troppa gente ad una mia conferenza, cose da pazzi e dire che qui in agosto ci sono spettacoli di tutti generi, ad esempio Vecchioni in persona e le serate di Tangram teatro, mica baubau micio micio. Va bene è ovvio che se la gente si sbatte per venire a sentire le banalità che racconto, mi fa un piacere talmente grande che sono qua che giro gonfio come un pavone, tuttavia, sono davvero dispiaciuto che ci siano persone che avevano pensato di passare la serata da me e che hanno dovuto rinunciare. Oltre tutto non abbiamo neppure la possibilità di fare una replica, organizzativamente complicata. Dai, sarà per un altro anno, sperando che il Covid ci dia tregua e scusatemi ancora per il disagio e grazie al sindaco e agli amici della organizzazione comunale che mi hanno dato una mano a preparare la sala. 

Fenestrelle - non solo mucche


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

venerdì 23 luglio 2021

Estate dolce

Prati - Fenestrelle Val Chisone 


Un'altra giornata che più piacevole non si può. Dopo i 34°C alessandrini trascorsi in attesa della soluzione di tutta una serie di magagne che non ho nessuna voglia di star lì a raccontare, essere qui sul mio terrazzino col cielo azzurro sopra Berlino e una brezza leggera che stimola il pensiero non ha prezzo, anche se qualche nuvola bianca si addensa per il piagnucolio serale. Neanche sento lo stridore della mola abrasiva che taglia le pietre che dovrebbero servire a completare il mio tetto o la sega elettrica che spunta le travi messe lì allo stesso scopo, quello di evitare che nuovamente, appena ripioverà forte e accadrà presto, lo so, mi si riempirà nuovamente la casa di acqua rovinando il parquet appena risistemato. Nemmeno il martello che picchia inferocito sui lunghi chiodi delle perline che completeranno il tutto e che si confondono con la sparachiodi automatica che pare una pistola impazzita da autodifesa legaiola, mi danno fastidio, basta non stare a sentirle in fondo, se non mi turbano i centootto colpi della campana grande che suona alle otto del mattino a pochi metri dalla mia testa, che fastidio volete che siano un po' di colpi bene assestati che oltretutto ti stanno rifacendo casa nuova! Non importa nulla, conta solo il garrulo chiocciare di due uccellacci sopra il grande albero al di là del muro, quello che mi inonda ogni giorno di foglie secche e rami spezzati, che chiacchierano tra di loro come due comari che non hanno mai abbastanza maldicenze da proporsi. Mi consolo pensando che in tre pasti mi sono già scofanato mezza anguria  da 11,5 kg, ma un pezzettino, piccolo, lo ha mangiato anche mia moglie. Gli altri 6 chili li comincio stasera, anche se comincio ad avvertire una certa acidità di stomaco, ma di certo non è per l'anguria. 

Piaceva tanto al mio papà, l'anguria e quando se ne portava a casa una, camalandosela a piedi per tutti e tre i piani della scala, correva subito in cucina, dove aveva uno speciale coltello apposito che si era fatto da solo unendo un trincetto da ciabattino ad un vecchio manico, per provvedere a tassellarla e constatare se il venditore che gli aveva garantito una dolcezza senza pari, lo avesse fregato. Poi assaggiava il tassello e concludeva: - E' buona -. Se la mangiava poi a tocchetti con gran gusto e la buccia la tagliava con cura maniacale in pezzetti minuti con lo stesso coltello per occupare meno spazio nel sacchetto della spazzatura. Chissà se là dove è adesso ci saranno angurie e ciliegie, altra sua grande passione, mi piacerebbe saperlo, dato che piacciono anche a me e il traguardo di fine corsa non sarà poi così lontano. Forse mi basterebbe così, ne sarei contento come di certo lo è lui. Qualche bella fetta ghiacciata di anguria dalla buccia verde scuro, rossa e dolce e un poco di quelle belle ciliegie quasi nere, grosse e dure, come quelle che l'amico Dionigi mi permetteva di raccogliere quando si andava alla sua cascina a certificare il grano da seme. Faceva sempre un gran caldo come adesso, ma non mi sembrava così gravoso e le cicale avevano un frinire amico. Mi sembrava di avere ancora tutta la vita davanti ed invece era solo un attimo fa.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

venerdì 25 giugno 2021

La trota ha il suo perché

foto dal web


Intanto il tempo scorre nelle incombenze più varie, a volte divertenti, a volte fastidiose. L'estate va avanti, già ormai ci siamo a pieno titolo nell'estate dopo il solstizio e quindi non si ha ragione nemmeno per lamentarsi del caldo. E' la stagione, ci tocca insomma, non stiamo a fare piagnistei, lamentiamoci piuttosto se facesse freddo. Ieri ho fatto un bel giro del quale magari domani vi renderò conto, mangiando anche un delizioso filetto di trota affumicata ricoperta di granelli di nocciole e mandorle, una vera squisizia, che ho gustato assai, ve ne faccio cenno tanto per significarvi che non è giusto lamentarsi continuamente. Sarà che questa mia vena di moderata rilassatezza, forse dai più inattesa, visto che vi ho abituato al rude borborigmo lamentoso dell'anziano a cui non va mai bene niente, coincide con una lontananza congrua dai vituperati cantieri di sbancamento, ma tutto sommato ogni tanto bisogna pure tirare il fiato e il permanere tre o quattro giorni nella città assolata non è poi così male. Sarà una questione di cuore. Sì, bisogna sempre starlo a sentire, magari tenerlo sotto controllo ogni tanto e qui rimango criptico poi, magari vedremo. Insomma moderata soddisfazione e mandrogna voia d'lasmi stè, tanto per cambiare. 


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

lunedì 21 giugno 2021

Calura

foto dal web


Fa un caldo porco, sto boccheggiando come un pesce finito spiaggiato sull'arenile che anela solamente più ad essere grigliato, tanto quella deve essere la sua fine. Fuggito dalla montagna e dal cantiere in perenne evoluzione, in attesa di migliori nuove, sono tornato per poche ore, almeno così spero, nella città assolata e rovente per incombenze varie, vaccinali, mediche, bancarie e chi più diavolo ne inventa, più ne metta. Ieri sull'autostrada un monsone rovinoso per poco non mi spazzava via assieme ad un serpentone di centinaia di macchine fumanti. La città intanto è basita dalla calura ed in attesa di qualche rovinoso temporale che la distrugga almeno in parte pur che le faccia scendere di un poco la temperatura basale.  Nel frattempo la gente, molta, si trascina lungo i marciapiedi calcinati dal solleone cercando di camminare rasente i muri nell'ombra corta meridiana. La maggior parte a dire il vero porta ancora la mascherina, segno che in fondo in generale si attiene alle regole ed i coglioni banfatori vessilliferi di strane libertà (ma perché non vanno contromano in autostrada se tanto detestano obbedire alle regole), fanno solo tanto rumore ma non sono poi così numerosi. 

Se trovi qualcuno per la strada che conosci anche alla lontana, ti ferma subito per raccontarti in ordine alfabetico le sue infinite disgrazie. Tu stalle ad ascoltare, te ne sarà rimeritato in paradiso. D'altra parte non faccio io la stessa cosa con voi in questo spazio virtuale? Va bene, direi che come segno di vita basta così. Ma sapete che ci sono amici che, latitando io, un po' per pigrizia, un po' per disamore, un po' per sindrome della pagina bianca, mi contattano per sollecitarmi a scrivere, insomma che gli manco. Questa da sola è cosa talmente grande che merita la pena spremersi almeno un po' per far colare un minimo di succo di meninge e riempire la pagina in qualche modo. Sono loro molto grato di questa attenzione e li tranquillizzo, man mano che mi tornano le forze, vaccino permettendo, posto che non mi si modifichino geneticamente le dita per digitare sulla tastiera, mi farò vivo; in qualche modo ce la farò state tranquilli. Per il momento vado a rinfrescarmi.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


domenica 22 settembre 2019

L'estate è finita




Ma allora l'estate è davvero finita? A vedere la situazione sulla spiaggia non appena il sole è sparito o non ha ancora intenzione di mostrarsi e dove solo pochi giorni fa facevi fatica a trovare un posto dove stendere l'asciugamano, si direbbe proprio di sì. Allora il pensionato nullafacente e affamatore dell'INPS, ente che si augura una sua veloce di partita, per auspicare la sua sopravvivenza economica, deve proprio tirare materialmente i remi in barca e ritornare alla base? Temo proprio di sì. Settembre andiamo è tempo di tornare diceva il vate a i suoi (amati?) pastori, noi allora lasciamo gli stazzi e torniamo verso la pianura, che verde non è come i pascoli dei monti, ma... non è chiaro se ancora rovente o ormai freddagnola e nebbiosa in attesa che cominici a "scarnebbiare" come si usa nella mia mesopotamica città di anziani senza futuro. Già l'arrivo dell'autunno inclina al pessimismo ed alla micraniosa melanconia, incentivata dagli anni che si accumulano sul groppone, a nulla valgono le iniziative di chiassosi festeggiamenti che la città tenta disperatamente di organizzare nel difficile tentativo di mostrare vitalità e di allontanare l'idea dell'inevitabile declino. 

Intano cominciamo ad arrivare a casa e preoccuparci delle varie bollette giacenti nella cassetta della posta e di tutte quelle altre incombenze che ti sei illuso di non dover affrontare nella tua calda estate. Lo abbiamo già detto, è finita. Bisogna cominciare a definire la progettualità che ci aspetta, che qui siamo in un ritardo pazzesco e che anzi ti fa dubitare di poter realizzare quello che, in quella mente bacata e sempre in cerca di stimolo incongruo con l'età, hai macinato durante il periodo di dormienza estiva. Sarò l'unico animale che ha un letargo mentale durante il periodo caldo? Comunque forza diamoci da fare che novembre arriva in fretta. Saranno pure finite le ferie estive ed già l'ora di pensare alle ferie autunnali per quelli che riescono a sopravvivere ancora un po', mangiando quei pochi fondi che l'Ente teneva nei forzieri più nascosti o quei quattro soldi che sono riusciti a mettere da parte, in questo caso comunque benedetti dal sistema, perché se non fatti girare, non producono PIL. Questa deve essere la vita dei rami secchi che la società ha ormai espulso dalla vita attiva. Quindi, non voletene a questi poveri scarti del paese attivo, dovete farvene una ragione, è un po' la nostra vendetta. 


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:



lunedì 2 settembre 2019

E no, l'estate è finita

foto T. Sofi

Dai che è andata anche per quest'anno! L'estate è bella che finita e qui tra i monti ormai al mattino prendi la felpina di default e poi, due gocce nel pomeriggio le fa comunque. Certo con la luna nuova son saltati fuori i funghi e questo di certo non è una notizia negativa, specialmente se te li frigge (tutte belle fette di cappelle giganti) l'amico Cristiano dei Cacciatori di Casteldelbosco, una sicurezza, ma nel'aria c'è una malinconia diffusa, i parcheggi si sono svuotati, non puoi neanche più lamentarti che non si trova posto, il dehor della Rosa Rossa è praticamente deserto per lunga parte della giornata, insomma, guardiamo in faccia la realtà, è ora di tornare a casa e cominciare a pensare ai nuovi progetti, almeno fino a quando ci sarà concesso dalla natura o dall'economia. Insomma i topi stanno abbandonando la nave che affonda. Intanto il cielo non è più di quel bell'azzurro cupo, al massimo infiocchettato da qualche bella montagna di panna bianca che scivola piano dietro la sagoma del forte, la quinta naturale della nostra valle. 

Oramai, qui intorno tutti stanno sgombrando le sedie e le panchine e pensano alle loro incombenti ferie, che pure loro avranno diritto, dopo un paio di mesi dedicati ai "villeggianti", di prendersi una meritata pausa; anche la carissima Lorena ci ha lasciato per qualche giorno su una spiaggia. Già, certo ci sarebbe sempre il mare che aspetta e settembre è proprio un gran bel mese, non ci sono dubbi. Magari da lì fare progetti per quel vento dell'est che continua a spirare con costanza nella mia testa, potrebbe essere più produttivo. Qui non sono riuscito a concludere ancora niente, troppe cose da fare. Magari anzi qualcuno potrebbe darmi qualche prezioso consiglio per lo Yunnan, dove le incertezze su come muovermi sono ancora troppe (fatelo pure qui se volete). Intanto i bagagli di fine estate si stanno accumulando e chissà mai se riusciremo a farli stare tutti nel bagagliaio. Per carità, è la lamentela consueta, poi alla fine si imbarca tutto. Ancora un paio di giorni di oziose chiacchierate coi pochi rimasti, su come risolvere i problemi del mondo, al più un ultima polenta concia all'Alpe e poi via, l'estate è davvero finita.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

venerdì 30 agosto 2019

L'estate sta finendo

L'estate sta finendo, come recitavano i Righeira nel lontano '85, per lo meno qui nella mezza montagna dove la trascorro, sognando futuri, spero probabili lunghi voli (pindarici o reali staremo a vedere), regalandomi però ancora giornate bellissime di sole e di azzurro. La maggior parte dei pochi vacanzieri di questi luoghi secondari del diletto non lavorativo, se ne sono già andati, chi per tornare alla dura fatica, come lo definiscono sostanzialmente alcuni dialetti, la maledizione che obbliga l'uomo a vendere il suo corpo e la sua mente per fare cose che mai farebbe se non fosse pagato per farle, chi per i vari impegni a cui la vita ti obbliga. Io, ramo secco della società industriale, costretto mio malgrado alla forzata inattività, adatto solo al più al lavoro non retribuito, ho ancora qualche giorno per gustare questi scampoli di cielo che profuma di resina e che comincia a far sentire attorno anche un vago sentore di porcini, che, fritti, sono sempre una bella soddisfazione per chi li raccoglie e soprattutto per chi li mangia; d'altra parte qualcuno dovrà pur farlo. Ieri sera abbiamo avuto un'ultima cerimonia di addio, col solito gruppo di amici, a strafogarci di gofri, la mitica specialità culinaria povera della valle, per carità, si tratta poi solo di acqua, farina, latte e lievito. So già che qualcuno di voi più acuto o maligno, dirà, certo certo, dipende poi dalla quantità di lardo, pancetta, gorgonzola, nutella e marmellata con cui li farcisci. Sì, sì, state sempre a spaccare il capello in quattro, tanto poi chi deve andare a misurare la glicemia sono io. 

Però fa un poco di malinconia vedere, al mattino, il paese semideserto e che solo qualche giorno fa ancora brulicava di "villeggianti" ( ma ancora qualcuno li chiamerà così?) che si assiepavano per vedere passare il gruppo degli "spadonari" con i loro tamburi malandati che battevano il consueto tututùn tututùn tututùn tuntùn, visto e rivisto così tante volte. Stamattina nel dehor della mitica Rosa Rossa, citata pure dal De Amicis, non fo' per dire, ero completamente solo a buttare un occhio agli sgradevoli titoli della "büsiarda", come ancora la chiamano i vetero comunisti posto che ancora ne esistano. Poi sono arrivati due anziani, una coppia di lungo corso e dall'affiatamento invidiabile, che ogni giorno vengono a bersi il caffè, con un cornetto da dividere in due, forse anche loro hanno problemi di glicemia. Lui legge il giornale, anzi ne scorre i titoli e poi li enumera a lei che lo ascolta in adorazione, mentre gira il cucchiaino nella tazzina. Dal tono amaro o entusiastico con cui glieli declama o li condisce con un breve e lapidario commento, capisci subito il suo orientamento politico; lei fa un cenno di assenso addolorato con la testa oppure una piccola esclamazione stupita, come se non si aspettasse tanto, poi beve un piccolo sorso e posa la tazzina, che porta con sé una piccola traccia di rossetto, che nonostante l'età rimane evidentemente un vezzo da conservare per sentirsi viva. Poi chiuso il giornale, le due teste dai capelli ingrigiti dalle tante estati trascorse insieme, si levano e se ne vanno a braccetto a piccoli passi lungo il paese. Il tempo del'estate sta finendo, speriamo di passare l'inverno.





Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


venerdì 22 novembre 2013

La cura dell'uva.




Doveva essere una fissa dovuta alle ristrettezze del la guerra. Sta di fatto che mia mamma ogni tanto tirava fuori la storia: a 'sto bambino bisognerebbe dargli qualche ricostituente. E dire che non ero certo un bimbo patito, anzi sono sempre stato piuttosto grassoccio, un bel  bambino in carne insomma. Sarà però che grassezza fa bellezza, ma lei aveva sempre questa idea che bisognasse pompare qualcosa per via orale, una specie di doping alimentare per meglio mettermi in grado di affrontare le difficoltà della vita. In estate, a Valle San Bartolomeo, con l'orto a disposizione proprio a fianco, non c'erano problemi di verdure a chilometri zero, direbbero oggi i Culdiretti, però sembrava non bastare mai. Così, non so come, un anno venne fuori la storia della cura dell'uva. Chissà dove l'aveva sentita questa storia, forse nel negozio all'inizio della via del Dazio, quello che mi aveva rifilato la cioccolata con la muffa o dal lattaio dove si andava con la bottiglia di vetro in mano a farsela riempire con un mestolone di alluminio (chissà come sarebbe apprezzato dagli odierni babbioni questo risparmio di confezionamento e di odiosa plastika) anche se tutti vociferavano che ogni tanto ci si mescolasse un po' d'acqua per allungarlo un po'. Comunque quell'estate, partì il trip. In cortile c'erano due pergolati, che da quelle parti in dialetto si chiamano topie, per inciso sarà un derivato dell'"arte topiaria", qualcuno lo sa? Quella vicino alla tampa, alias l'immondezzaio per voi puristi della lingua, proprio dietro il gabinetto  (eh già non ci pensavo mica che allora il cesso stava in cortile, piuttosto lontano dalla casa, come le norme dell'igiene e del buon senso prevedevano; col calore estivo, infatti, gli effluvi odorosi non erano certo graditi, anche in quei tempi ruvidi), era una Luglienga, che anche ad agosto rimaneva piuttosto aspra e piccolina. 

Ma si sa che le nostre colline sono poco adatte all'uva da tavola, così ogni tentativo di farmela ingurgitare falliva miseramente. Già ero un bimbo viziato e capriccioso come tutti i figli unici e spesso me le davano vinte purché facessi per tempo i malefici compiti delle vacanze, un libricino odioso che condensava esercizi misti di un po' tutte le materie, che per soprammercato la mia mamma comperava in due copie (diverse tra di loro naturalmente) e che toccava religiosamente riempire un po' per giorno prima di andare a giocare con gli amici e che io avrei volentieri rimandato a fine estate. Così scambiato il dovere col piacere, mi salvavo dall'uva bianca, ma ad un certo punto dell'estate arrivava a maturazione la grande topia del cortile di uva "americana". Qui non c'era salvacondotto. Pare che per ottenere beneficio salutistico, bisognasse mangiarne almeno due grossi grappoli al giorno, uno per ogni fine pasto. Il gusto deciso e diverso di quell'uva mi era particolarmente odioso e la vista di quel gigantesco e sproporzionato agglomerato di acini nel piatto mi metteva subito di malavoglia, ma non c'era pietà, la cura dell'uva, una volta partita doveva essere in ogni caso portata a compimento. Così per tutto il mese di settembre, avevo lì il supplizio che mi aspettava, viola come la morte, nel piatto bianco sbrecciato da un lato, con tutto il suo seguito di micidiali fermentazioni intestinali che mi costringevano a corse frettolose in fondo al cortile dove, chiusa in fretta la porticina malandata che si teneva serrata con uno spago, ero sempre terrorizzato dal cadere giù in quel buco che mi pareva enorme, nero e minaccioso, una promessa cupa di inferno scatologico che mi attendeva malevolo e pronto ad afferrarmi se mi fossi distratto, inghiottendomi nel mare melmoso e fumante. Da allora non sopporto assolutamente l'uva americana. E' sicuramente quella che mi ha fatto alzare la glicemia.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

giovedì 29 agosto 2013

Tra inferno e paradiso.

Nella drammatica fase di interregno che sta tra la montagna ed il mare, c'è questa cosa priva di forma e forse anche di sostanza, la piana. E' una specie di non luogo, di purgatorio dove le anime si aggirano punite e condannate a fare tutte quelle cose penose, che pure sono obblighi inderogabili e tutti a scadenza. Bollette, conti in sospeso, anticipi arrivati tra capo e collo, cose da riparare in un tempo ristrettissimo, rinnovi entro e non oltre ed altre piacevolezze del genere. Ma non basta, rientri anche in una specie di limbo in cui riappaiono problemi vitali come la candidabilità di certuni e la coerenza di altri, enti astratti che rimangono a determinare i destini dal cielo dalle stelle fisse. Così è tutto un correre a destra e a manca, per ottemperare agli obblighi, inseguito da queste voci fastidiosissime che fuoriescono da uno schermo nuovamente e forse inutilmente riacceso, dopo che era rimasto muto per un bel po' e che lo ritornerà presto, con buona pace mia che non ne sentirò la mancanza, come non l'ho sofferta precedentemente. Un parlare chioccio di se stessi e su se stessi, privo di rilevanza pratica, l'inutile istituzionalizzato. Ecco perché sto dedicando poco tempo a questo spazio, cosa di cui mi sento un po' colpevole ma non troppo visto che l'estate è segnale di rallentamento delle attività, non solo tra chi scrive, ma, devo riscontrare anche e soprattutto da parte di chi legge (e non vuole essere un rimprovero, spero solo che ritornerete festosi a suo tempo). Notate come sto allungando il brodo al fine di raggiungere un numero di righe decenti a farmi accettare il pezzo dalla mia coscienza, visto che sono il caporedattore di me stesso. E ciò detto lasciatemi andare in banca che tutti voglion soldi!.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Sansone
Civiltà perdute.

lunedì 5 agosto 2013

Discesa agli inferi.

Sono dovuto scendere a valle per impegni inderogabili, incluse bugne varie del nuovo PC, che gli cogliesse il vermicane a lui e a quelli che lo hanno inventato. Accidenti ragazzi è una vera e propria discesa verso l'inferno. Ad ogni calo di quota e man mano che le ore passano, il numerino che segnala situazione meteorologica, continua a salire, il sudore comincia a gocciolare. Arrivato alla meta, il forno crematorio è già acceso. Cerchi disperatamente di sbrigare le varie incombenze, acquisti , raccolta materiali dispersi, irrigazione vasi, che dio li abbia in gloria. Non si trova niente di quello che serve, tutto è difficilissimo, ogni cosa da fare una grana  e intanto si cola. Va bene, solo il tempo di lasciarvi queste due righe, una doccia veloce, passo dal computeraio e prendo quello che ha fatto, quello che non ha potuto fare ci penseremo a settembre e fuggo, chi c'è c'è. Stasera mi aspetta una merenda sinoira, non vorrei arrivare tardi, sapete com'è.

mercoledì 18 luglio 2012

L'estate sul canale.

Le estati sono sempre state torride. Ma il nostro caldo estivo è diverso da quello dalle altre parti del mondo. Il monsone d'Oriente dove calore si confonde con umidità appiccicosa, a scrosci di pioggia, ad aria spessa che ti fa sentire a disagio mentre tutto intorno a te continua una vita chiassosa e movimentata, come abituata e intoccata da quel disagio. I paesi del deserto dove invece il sole morde come un cane rabbioso e rende le strade deserte; dove il secco e l'arsura implacabili annullano la parola e quasi rendono impossibile il movimento e tutto appare come immobile e mummificato dall'incantesimo di una strega cattiva. Le estati del nord chiare e luminosissime, dove pure senti l'afflato del tepore del cielo, ma avverti come un'ansia di approfittare di uno stato che sarà sempre troppo breve, troppo a lungo atteso ed in un attimo perduto e che subito si mescola a qualche brezza già troppo fresca, quando arriva la sera. E poi la nostra estate mediterranea calda e tenera allo stesso tempo, fatta di frinire di cicale e di profumi di erbe marine o di fieno e di paglie tagliate, di terra che respira, di ombre cercate e riposanti, di scrosci di temporali e di afa meridiana. 

Ero solo un ragazzino, ma nelle mie estati di paese, cercavo con ansia la corrente fresca che ti spirava incontro, mentre scendevi pedalando forte per aumentare la velocità, giù dalla discesa che dalla piazza portava verso la Cerca e l'aria ti asciugava le guance, mentre il rumore che la cartolina che avevi fissato alla ruota posteriore scoppiettava al vorticare dei raggi, simulando il rumore del sognato e mai avuto, motorino, il famoso, ironia della parola, Mosquito. Arrivavamo in basso al canale con le canne da pesca artigianali e si finiva sotto un salice e, infilato maldestramente il cagnotto nell'amo tropo grande, si rimaneva muti a guardare la lenza troppo spessa che affondava nell'acqua ferma in attesa di un'arborella di pochi centimetri, mentre l'occhio seguiva affascinato gli insetti che si muovevano sull'acqua tenuti a galla dalla loro assenza di peso e dalla tensione di superficie. Si muovevano a scatti qua e là some pattinatori su uno specchio di ghiaccio grigio e verde, sola vita in movimento oltre alle grandi libellule dalla testa blu che si tenevano in equilibrio sugli steli dell'erba di palude. Passavamo le ore in silenzio, sognando forse i piccoli sogni che si formano quando ancora la vita è soltanto un futuro di campi inconoscibili e i desideri non riescono a essere grandi perché ancora hai l'innocenza di chi non sa. Si tornava verso la grande piazza a sera, mentre il sole era ancora alto sulle colline, con i quattro pescetti pescati in un sacchetto e la salita così faticosa da rimontare. Dopo di allora, perduta l'innocenza, non sono mai più andato a pescare.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!