Constato che la soluzione dell’oggetto misterioso è ancora lontana dalla soluzione, ma ammetto che era difficile. Dunque torniamo a quel giorno caldissimo in cui ero fermo davanti a quella capanna di fango e paglia del Rajastan. La donna era molto intimidita davanti alla non voluta invadenza dello straniero, ma la sua curiosità la rendeva comunque disponibile al contatto. Intanto arrivò anche Tiziana, che la rese meno sospettosa assieme al consueto gruppetto di bambini vocianti per la inattesa novità. Il nostro trasportato era ormai sparito tra le capanne ed Abu, svolse con cura la sua funzione di intermediario culturale, chiarendo che eravamo Italiani, paese completamente ignoto alla nostra gentile ospite, che intendeva innanzitutto mostrarci la sua attività abituale, quella di produttrice di piatti di foglie essiccate, in uso presso i ristoranti di campagna per disporre il cibo su una superficie protetta, anche se a perdere, una sorta di fast food indocampestre. Notando però la mia crescente curiosità verso l’oggetto che teneva tra le mani, me lo porse con gentilezza, facendo risuonare i campanellini interni che si confusero con la sua risata divertita, mentre noi cercavamo di capirne l’uso e l’utilità. Come avrete visto dall’immagine, l’oggetto è costituito da una superficie inferiore zigrinata da spuntoni un po’ consumati da un uso evidente, da una base cava, quasi una piccola cassa di risonanza, contenente dei pallini metallici liberi che sbattendo contro le pareti provocano un suono simile dei campanelli ed una parte superiore che funge da maniglia, modellato artisticamente a foggia di animale mitico. Abu cominciò a chiarircene l’uso, mentre Saritha, così si chiamava la donna, si copriva, un po’ vergognosa con il lembo più colorato del sari. Dunque lo strumento è una sorta di brusca e striglia e serve a scrostare dal fango e dalla sporcizia, soprattutto le piante dei piedi, in campagna non si usano le ciabatte, men che meno le scarpe, con la ruvida parte inferiore e pare sia piuttosto comune da quelle parti. Poiché questa operazione viene fatta in genere alla sera al rientro dal lavoro e durante le operazioni di toeletta, tenendo conto che, nonostante le difficoltà e la scarsità di acqua, gli indiani hanno una attenzione maniacale per la pulizia e la cura del corpo, il suono dei campanelli, provocato durante lo strofinamento, che si ode chiaramente al di fuori della capanna, segnala agli astanti che qualcuno, all’interno si sta lavando e quindi necessita di una certa privacy. Non potendo resistere oltre iniziai subito la trattativa e Saritha, ridendo, mi lasciò volentieri l’oggetto dietro pagamento di un prezzo di affezione. Anche Abu sghignazzava, quando l’Ambassador riprese sbuffando la strada per Jodpur dove arrivammo verso sera, quando l’ indaco delle case si confondeva col colore della notte che stava calando velocemente, mentre la calura della piana non accennava a dare tregua.
mercoledì 13 gennaio 2010
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5 commenti:
Chi l'avrebbe mai detto!
storia carina davvero. Sempre grande tu Enri a raccontare.
g
Pienamente d'accordo con Giovanna. :)
Non ci sarei MAI arrivata...
Brusca e striglia per le piante dei piedi??? A questo non avrei mai pensato!
Enrico, il tuo commento da me era un po' "commiserevolmente ironico" o sbaglio?
Cerca di cavartela bene, eh?;)
Beh ci eravate abbastanza vicini.
@Annarita - Ma quale ironia! Solo sana invidia dello sturmunddrang ormonale dei diciannovenni. Ahimè!
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