venerdì 7 maggio 2010

Lettere dalla Kampuchea 6: Scene da un matrimonio.


Aprile, l'apice della stagione secca in cui non si svolgono lavori agricoli è, per tradizione il mese dei matrimoni in Cambogia. Il nostro sarà proprio un gran bel matrimonio. La strada davanti alla casa dello sposo è stata quasi completamente sbarrata con la costruzione di una enorme tenda arancione dove sono disposti decine di tavoli; nei giardini pubblici di fronte il "catering" ha disposto grandi pentoloni da cui verrà in continuazione fornito cibo agli invitati che arrivano. Al mattino del primo giorno sono già arrivati i monaci per la parte religiosa della cerimonia. Noi, bardati a puntino con le nostre camicie cambogiane di ordinanza, facciamo la nostra figura, prendendo posto in un tavolo di prima fila, da dove si possono seguire i vari momenti della festa con tutta calma. Mentre ci vengono serviti maiale, pesce fritto e una zuppetta di pesce (sempre tre portate per volta), gli sposi, in tradizionali vestiti cambogiani color bronzo, vengono benedetti dai monaci e fanno offerte e altri atti di devozione ai componenti anziani della famiglia. L'orchestra tradizionale suona musica sulla sfondo e tutti i movimenti sono svolti con una grande staticità. Per almeno due ore gli attori del dramma, inginocchiati e quasi immobili fanno soltanto lievi inchini o piccoli movimenti delle mani. La temperatura intanto sta salendo a livelli insopportabili; sotto il tendone la cappa plumbea intorpidisce corpi e movimenti mentre il sudore scorre copioso. Gli invitati fraternizzano e anche noi siamo oggetto di cortesi attenzioni. Si siede con noi un parente importante che ha studiato in Mongolia. Oltre alla lunghissima unghia del mignolo che caratterizza gli uomini più agiati, esibisce un anello di rubini e brillanti che non passa inosservato. Un gruppo di anziane donne si affastella nello stanzone della cerimonia per vedere da vicino gli sposi. Tutte portano ricercate e di certo preziose camicie ricamatissime e ricoperte di pietre dure. Intanto la cerimonia prosegue, gli sposi si sono cambiati d'abito, questo è color oro vivo. Ne cambieranno cinque o sei nei due giorni di festa, sempre coordinati, come anche i tre compari dello sposo e le tre damigelle della sposa. Anche i gioielli sono diversi e in tono con gli abiti. Una parrucchiera è arrivata appositamente dalla capitale e tutte le signore ospiti ne possono approfittare. Le ragazze sono in gran spolvero e bisogna dire che, se nella normale vita di ogni giorno, non sono molto appariscenti, in queste occasioni, truccatissime, in vestiti sontuosi e con pettinature strutturate e ripiene di fiori, appaiono veramente bellissime. Intanto i monaci con le bisacce colme di opfferte se ne sono già andati. In un momento di tregua, lo staf dei fotocineoperatori, stende fondali e provvede alle foto di rito, sempre ufficialissime, con lunghe pose e attento controllo delle pieghe dei vestiti. Siamo ormai nel pomeriggio e mentre degustiamo il cosiddetto pesce formaggio (dal suo caratteristico odore), anatra arrosto e zuppa di verdure, parte il momento del taglio dei capelli agli sposi. Ecco che mentre i poverini sempre immobili (la sposa ha la testa leggermente piegata di lato con un sorriso immutabile da ore, pare una bambola di porcellana) rimangono seduti davanti alle offerte rituali, i parenti e gli amici più importanti fingono di aggiustare loro i capelli, bagnarli con profumi e renderli ancora più belli. Mentre il caldo arriva ad un livello insopportabile, giunge inatteso uno scroscio di pioggia talmente violento da abbattere in pochi minuti il tendone; torrenti d'acqua bagnano tutto il bagnabile, mentre la strada si allaga immediatamente. Nessuno fa una piega, tutto viene tolto e dopo una mezzoretta, rimontato al suo posto. E' tutto un andirivieni di ospiti, che vengono e vanno, sono via via accolti, salutati, nutriti e omaggiati, mentre le operazioni per i poveri sposi proseguono imperterrite. Arrivano un gruppo di ragazze ad eseguire danze tradizionali, come le Apsaras dei bassorilievi dei templi. Il maestro di cerimonie scandisce i tempi e detta lo svolgersi dei vari momenti. Finalmente a sera riguadagnamo la guest house, mentre in un attimo gruppi di bambini e mendicanti ripuliscono i tavoli di ogni cosa selezionando lattine, bottiglie di plastica per un riciclo immediato. Alle sei di mattina del giorno dopo, ci aspettano per la processione. Siamo qualche centinaio di persone che partendo dal tempio, ognuno fornito di apposito vassoio con una offerta simbolica, chi una testa di maiale, chi un pollo, chi due scatole di pelati, chi frutta o altro, procedono al suono degli strumenti e guidati dal cerimoniere, attraversando il paese verso la casa dello sposo. Due deliziosi bimbi aprono il corteo. Quando arriviamo, deponiamo i doni in una camera (io avevo un pacchetto di biscotti che sembravano amaretti), i genitori degli sposi ci accolgono con piccoli doni tradizionali tra cui una bustina in cui ci devono essere alcune piccole banconote, simbolo di opulenza. Mentre la sposa in uno splendido vestito rosso, fa ancora foto con le bellissime amiche, ci viene servita una colazione di pesce, costine di maiale e verdure fritte. Parte intanto la cerimonia della legatura delle mani, in cui i parenti a coppie legano le mani destre degli sposi con un sottile filo colorato a simboleggiare l'unione. Potete immaginare come questo interminabile susseguirsi di momenti dalla durata infinita, mentre per gli ospiti fanno parte di una rilassante giornata in cui si mangia e si chiacchiera in totale relax, per gli sposi e i loro damigelli sia un calvario durissimo. Infatti lo sposo, tra caldo, stress e postura obbligata, si sente male. Come lo capisco, io che nella stessa occasione, con obbligazioni infinitamente più leggere, avevo dovuto ricorrere alle amorevoli attenzioni di un amico medico. La sposa invece, di ferro, come tutte le femmine, continua imperterrita a mantenere posizione e sorriso immutabile, come un bassorilievo khmer sui templi di Angkor. Intanto viene servita una saporitissima zuppa, maiale arrosto e un grande pesce alla griglia con chatney di mango ricoperto di aglio. Poi andiamo a prenderci un paio d'ore di riposo (noi), mentre gli sposi si preparano per il grande banchetto finale. Alle 17 arriviamo nel locale dove è stata approntata la parte, per così dire occidentale della cerimonia. Intanto vi faccio presente che poiché gli ospiti arrivano quando pare a loro, i genitori degli sposi e gli sposi stessi, stazionano sulla porta per alcune ore per accogliere i circa mille (1.000 in cifra) invitati. Nell'immenso salone ci si siede in ordine di arrivo e subito parte il servizio delle nove portate del banchetto, a gruppi di tre. Si apre con una zuppa leggera di germogli di soya, verdure e mandorle seguita da un tenerissimo arrosto di manzo e un anatra laccata. Quindi una delicata insalata di see food, il pesce brasato e una saporita zuppa di pesce, infine ancora carni, un riso con verdure e un dolce di sago con black eyed peas. L'orchestra, occidentale questa volta, si produce nel repertorio cambogiano neomelodico del momento. Noi siamo al tavolo con tre splendide ragazze con cui la conversazione è difficile, se pur volenterosamente tentata. L'ultimo posto vuoto viene coperto da uno strano personaggio, con regolamentare unghia lunghissima, che arriva, si siede, mangia velocemente il tutto e si allontana nella notte senza profferir parola. La segretaria di Lieke è in ritardo. Dopo un po' si avvicina al nostro tavolo una stupenda ragazza con una bellissima acconciatura, tacchi alti e un delizioso vestito giallo coperto di bei ricami. Non la riconosciamola, invece è proprio lei, la dolcissima Narì, tappata per l'occasione che ci lascia di stucco. Poi passano gli sposi, lei in grande abito bianco a salutarci e a ringraziarci, infine tutti i classici, taglio della torta (che loro non mangiano) e lancio del bouquet alle amiche. Ce ne siamo andati a letto stanchissimi, non riuscendo a capire come abbiano potuto reggere gli sposi, che abbiamo lasciato mentre stavano ballando un lento classico. Il giorno prima avevamo chiesto allo sposo, un ragazzo straordinariamente gentile e piacevole, come mai, lui e la sua futura moglie, entrambi istruiti e moderni, avessero accettato il matrimonio combinato dalle famiglie, senza che i due sposi si conoscessero. Lui ci ha detto candidamente che i suoi genitori, di cui lui aveva completa fiducia, avevano di certo maggior esperienza di lui e che era certo che avessero scelto la sposa migliore possibile, cosa che a lui, giovane ed inesperto, sarebbe invece stata molto difficile. E noi, avvocati del diavolo:- Ma e se poi non ti piace e non ci vai d'accordo?- Ci ha risposto che tutto è possibile, ma che loro hanno più fiducia nel loro metodo, in cui in effetti non si separa quasi nessuno. -Nel vostro mondo invece, dove potete scegliere chi vi piace, divorziate quasi tutti.- Ha aggiunto con un leggero sorriso. Non saprei cosa ribattere. Spesso le abitudini degli altri ci appaiono strane o addirittura assurde, bisognerebbe avere la forza di accettare che anche quelle altrui hanno dei fondamenti, delle ragioni profonde, anche se non è detto che siano le migliori.
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