domenica 28 novembre 2010

Una novella perduta del Decameron.

La neve che scende copiosa inclina l'animo, se si può stare al calduccio, alle ricerche bibliografiche. Proprio nei giorni scorsi mi è venuta alle mani una antica pergamena manoscritta, molto mal ridotta che mi pare interessante e perciò, per quanto è ancora leggibile, ve la riporto. Trattasi di un'opera di un copista fiorentino del quattrocento, che la classifica addirittura come una novella perduta del Boccaccio.
Un re bellissimo, sentito il fervente amore portatogli da una fanciulla, mutato poi in disamore, le conforta e a lungo baciatala, la riporta a sé e sempre si dice suo cavaliere.
Commendata era stata molto la virile magnificenza del re dai lunghi capelli (quantunque alcuna, che quivi era di parte ghibellina, commendar nol volesse), quando Pampinea incominciò.
Niun discreto sarebbe, che non dicesse ciò che voi dite del nostro buon re, che non costoro che gli voglion male; ma ciò che a me va per la memoria, questo mi piace di raccontarvi. Essendo codesto bellissimo uomo, virile assai e dai neri e folti crini, benche vecchio, fattosi re in Roma, da uomo ricchissimo che già era, faceva nelli suo palagi meravigliose feste co' suoi baroni. Ne le qual feste armeggiando il brando come era uso, avvenne che una figliola, il cui nome era Amara, per lo suo volto triste e li belli occhi da cerbia che ella aveva, il vide e sì meravigliosamente le piacque, che una volta riguardandolo, di lui ferventemente si innamorò e divisò, avendo pur conoscimento della sua infima condizione, colpita dal di lui potere e grande bellezza, che in ogni modo gli si sarebbe concessa per ottener... (parte illeggibile)
...Ma le guarentige ottenute e vedendo che il re indietro si volea tirare e di lei più non si curava, ella provava intollerabil dolore. Per la qualcosa avvenne che, crescendo in lei la smania continuamente e una malinconia sopr'altra aggiungnendosi, che ad altre e ad altri cortigiani aveva il re dato la primazia sulle terre della giovine, ella infermò e di giorno in giorno, come la neve al sole si consumava. Gli amici dolorosi di questo accidente, con conforti continui in ciò che si poteva l'atavano; ma niente era, per ciò che ella, ferita nell'onore e nelle prebende, aveva eletto di lasciar per sempre lo re e più non volere vivere, in codesto diminuito potere. ...(parte illeggibile)
...così da un assai buon dicitore in rima a quei tempi, con prieghi lo costrinse a far giungere al re la canzonetta che segue:
Muoviti amore e vattene a messere,
e contagli le pene ch'io sostegno;
digli ch'a morte vegno
perdendo per temenza il mio potere.
Di' che sovente lui disio e amo,
se dolci cose mi concede ancora;
che per lo foco, ond'io tutta m'infiamo,
da lui subendo grave pena e dura,
la qual sostegno per lui disiando,
poter perdendo e vergognando.
Deh! Il mal mio, per Dio, fagli assapere.
Poi che di lui Amor, tutta m'ha avuta,
poter poco mi desti a sufficienza
e questo ognor mi tien tanto affannata.
Forse che non gli saria spiacenza
ch'altri m'avrà
s'ei non mi ridarà forza e possanza.
...(parte illeggibile)... Alla giovine piacque molto la risposta del re, e con bassa voce, volti li belli occhi al suolo così gli rispose: - E' il vero che, com'io ad amore di voi mi sentii prendere, così mi disposi di far sempre il voler vostro e per ciò, avrò caro quello il quale vi piacerà donarmi, che mio onore sarà che il piacer vostro mi sarà diletto. Avere uno re così bello e potente per cavaliere, sapete quanto mi conviene, perciò il bacio che volete, senza licenza vi sarà per me conceduto assai.- Al re piacque molto la risposta della giovine, e parvegli così savia come lo supponeva e molte gioie e care le donò e parimenti nominolla reina di Neapoli e Calatabellotta, due bonissime terre e di gran frutto dicendo:- Queste ti doniamo per dote o donna; quello che noi vorremmo fare a te, tu tel vedrai nel tempo avvenire. E intanto ora vogliam noi prender quel frutto che del vostro amor aver dobbiamo.- E detto questo alla giovane inginocchiata e presole con amendune le mani il capo ...(parte illeggibile)...
E secondo che molti affermano, il re molto bene servò alla giovane dai grandi occhi, il convenente. Così adunque operando si pigliano gli animi dei suggetti e le fame etterne si acquistano. Alla qual cosa oggi pochi o niuno ha l'arco teso dello 'ntelletto, essendo li più divenuti crudeli tiranni.
In una nota a margine, il copista afferma che la novella fu poi scartata o mutata dal Boccaccio essendo manifestamente tanto lontana dalla realtà da non esser creduta, pur trattandosi di una invenzione letteraria. Di più non posso riportarvi essendo, se pur tuttologo, incompetente in materia.


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3 commenti:

Tizyana ha detto...

Ha davvero un grande fascino quest'antica pergamena.

laperfidanera ha detto...

Per caso, questo re aveva tale chioma come risultato di trapianti?

Enrico Bo ha detto...

@Tizy - Le cose antiche hanno maggior fascino proprio per che sono così avulse dalla realtà che ci circonda.

@Perfida - A quel tempo i trapianti erano impossibili, di solito si utilizzavano parrucche, ma non capisco che attinenza abbia questo argomento con la novella, che racconta fatti così lontani nel tempo e addirittura quasi incomprensibili al giorno d'oggi.

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