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mercoledì 7 febbraio 2024

Recensione - L- See - Le madri di vento e di sale

 

Un libro straordinario ed avvincente che ti colpisce come un pugno allo stomaco sotto molti punti di vista. La vicenda umana, che racconta la storia attraverso ottanta anni di vita di due amiche simbiotiche travolte dagli orrori e dagli errori della vita stessa; la vicenda storica che spiega i fatti, per noi praticamente sconosciuti che hanno insanguinato la Corea ed in particolare la piccola isola di Jeju negli anni dell'invasione giapponese, della guerra mondiale e della successiva spaventosa guerra civile che ha travolto il paese ed infine l'aspetto etnografico, altrettanto poco conosciuto delle donne pescatrici di Jeju, che al pari delle Ama giapponesi, hanno da secoli creato un clan matriarcale o meglio matrifocale, molto interessante sulle coste di questa piccola isola del mar del Giappone, formando una sorta di società dove le donne sono le componenti fisicamente forti della coppia e si sobbarcano il lavoro e la responsabilità della famiglia, mentre gli uomini, considerati deboli e poco decisi, cucinano e si occupano solo della custodia dei figli. Il libro si divora in poche ore e le vicende delle due amiche scorrono veloci, inattese e terribili fino alla fine, quando la protagonista ultraottuagenaria riesce finalemente a chiudere con il proprio dolorosissimo passato. Questo libro apre uno squarcio sui fatti della guerra civile che dal '47 in avanti insanguinò la piccola isola dove, su una popolazione di 300.000 abitanti, quasi un terzo perse la vita trucidata dai componenti della fazione opposta, in soli due o tre anni e cosa ancora più incredibile e termenda, per decenni la cosa fu negata dal governo e anzi il solo parlarne era passibile di arresto e solo dagli anni 2000, poco alla volta, si è potuto fare luce sull'accaduto. Ancor di più questo libro vi apparità straordinario se avete visitato o pensate di andare sull'isola. Riconoscete ogni luogo, le scogliere e le baie dove le Haenyeo, le donne tuffatrici, ancora oggi si immergono per raccogliere a mani nude i molluschi nelle profondità dell'oceano; gli "olle", i centenari sentieri in pietra che percorrono le coste, dove le protagoniste bambine si inseguono prima di prepararsi alle immersioni; il monte Holla, dea protettice degli abitanti dell'isola e del clan delle pescatrici; i villaggi della costa; i crateri spenti che raccontano la storia geologica di questo mondo emerso dal mare. Non so se sia meglio leggerlo prima di arrivare laggiù e rendersi conto di cosa è successo in quella terra sfortunata e meglio empatizzare con quanti incontrerete oppure, come ho fatto io, leggerlo al ritorno, scoprendo man mano tutto lo spaventoso orrore, che oggi copre come una patina di oblio un mondo che può apparire solamente un oleografico residuo di tradizioni passate. I visi delle donne che ho visto e con le quali ho anche parlato, spiegano molto bene queste pagine e pensare che qualcuna di queste per età e condizioni, potrebbero essere tranquillamente le protagoniste di questo libro, lascia senza fiato. Mi spiace solo di non aver potuto vedere laggiù il Parco della pace dell'Incidente del 3 Aprile, eretto a ricordo dei fatti che diedero il via alla carneficina e che solo da pochi anni è stato eretto a ricordo di tutte le vittime dell'eccidio, per lungo tempo nascosto, come del resto l'altra vicenda coreana tristissima delle "ragazze di conforto". Ve lo suggerisco caldamente. 







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martedì 10 agosto 2021

Il mio libro sul Piccolo

Il Piccolo - 6 agosto 2021

Va bene che siamo ad agosto e riempire di notizie i giornali è una fatica immane, ma dai, datemi 'sta soddisfazione di gioire con me per la pagina intera che l'amico giornalista Alberto Ballerino ha dedicato al mio ultimo libro sullo Yemen, l'amarcord di un viaggio fatto tanto tanti anni fa, che ogni volta il pensiero si rattrista a pensare come sia ridotto quel disgraziato paese, che per la verità tanto in buone acque non ha mai navigato, ma adesso peggio di così, credo non sia mai stato. E dire che tanto avrei voluto vedere anche il suo fantastico sud con Shibam la new York del deserto e l'estremo nord di Sadah, proprio la roccaforte degli attuali guerriglieri che tengono in scacco al capitale e avanzano a quanto si sa verso Mareb, la regina delle sabbie. Quanto meno, Covid permettendo, prima di chiudere gli occhi avrei voluto vedere la perduta isola di Socotra di cui mi hanno raccontato meraviglie, dispersa tra le acque dell'Oceano Indiano, luogo di fiaba e di leggenda alla quale temo dovrò definitivamente rinunciare. Comunque l'uscita sul giornale cittadino è sempre una bella soddisfazione. Insomma mica bau bau micio micio, qui è giornalismo letterario vero, insomma una grande goduria che solletica  la mia proverbiale modestia e intanto ne ho già vendute due copie che non è mica male per un povero autopubblicato! Andiamo avanti così e vedrete che l'estate che ormai si è dispiegata in tutta la sua potenza, mi darà ben altre soddisfazioni. La cosa fondamentale è che ormai da 4 giorni non piove, cosa non secondaria e che quindi il mio tetto sta prendendo forma definitiva, addirittura si prevede di finirlo entro qualche giorno, quindi poi vengano pure giù le cataratte dell'universo, ma la casa sarà definitivamente al sicuro da inondazioni e diluvi oltre che dai terremoti, almeno fino a forza sette, così sembra. Intanto già domani ci si prepara per una nuova edizione del pescator grigliante, nel senso che il freezer ospita una quindicina di trote iridee che aspettano di essere spaventate dai carboni sfrigolanti, Fuori frigo altrettanti tomini al miele e altre piacevolezze da montagna, che il gusto cui guadagna, poi si vedrà. Ai convenuti tenteremo di chiedere il green pass, diversamente vedremo. 

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mercoledì 29 gennaio 2014

Una poetessa vietnamita


In questa marcia a tappe forzate che mi sta portando a passi lenti sulla strada del Vietnam, vorrei parlarvi oggi di Xuân Hương Hồ, una poetessa vietnamita vissuta alla fine del 1700 durante la dinastia , un'epoca difficile piena di disordini politici e sociali, guarda caso un periodo di rivolte contro il potere che portarono al regno di Nguyễn Ánh. Tuttavia era anche un periodo in cui la cultura era estremamente raffinata e la nostra signora è ricordata come uno dei capisaldi del pantheon della letteratura vietnamita, come ricorda il poeta moderno Xuân Diệu  che la definisce: la regina della poesia nôm. Ebbe due o tre mariti, tutti deceduti prematuramente, anche se almeno in un caso fu solo una seconda moglie, quasi una concubina, cosa che dovette darle parecchio fastidio, se scriveva a proposito di ciò: "E' come essere una serva ma senza essere pagata". Successivamente, da vedova, tenne una specie di salotto letterario dove convenivano diversi poeti e letterati e dove si facevano giochi letterari più o meno leggeri. Essendo quindi indipendente il suo comportamento non era di certo in linea secondo la morale confuciana dell'epoca e proprio per questo, successivamente molte femministe si sono ispirate alla sua opera.

Oltre al suo grande valore artistico, la nostra era evidentemente una donna di pensiero molto indipendente come si nota leggendo le poesie che sono arrivate fino a noi, caratterizzate da una grande delicatezza di immagini, ma che tuttavia non disdegnano la trattazione di argomenti azzardati. Per questo motivo, pur essendo sicuramente esistita, secondo alcuni storici, il suo nome era anche uno pseudonimo con cui scrivevano diverse poetesse che vollero rimanere anonime, proprio a causa degli argomenti trattati. Purtroppo come sempre la traduzione tarpa quasi completamente la totalità del valore letterario di una poesia. Ancora di più il farlo dalla lingua vietnamita alla nostra. La prima perdita è quella della straordinaria musicalità derivata dai sei toni in cui viene pronunciata questa lingua monosillabica; in secondo luogo diventa intraducibile la grande varietà di allusioni e doppi densi che si ottengono dal gioco di parole delle sillabe, ognuna delle quali ha forzatamente molti significati diversi. Infine si perde anche la grande bellezza dovuta alla calligrafia degli ideogrammi  che contribuiscono al piacere di leggere questi lavori. Rimane soltanto quindi la bellezza del concetto in sé, che tenterò di riportarvi in un paio di esempi, pur considerando che vi proporrò una traduzione di una traduzione. Xuân Hương Hồ scriveva in quartine di settenari rimate a,a,b,a. 


Thiếu nữ ngủ ngày



Mùa hè hây hẩy gió nồm đông
Thiếu nữ nằm chơi quá giấc nồng

Lược trúc lỏng cài trên mái tóc
Yếm đào trễ xuống dưới nương long
Ðôi gò bông đảo sương còn ngậm
Môt lạch đào nguyên suô'i chưa thông
Quân tử dùng dằng đi chẳng dứt
Ði thì cũng dở ở không xong.



Una ragazza assopita in pieno giorno.

Tra i fremiti di una brezza d'estate,
appena distesa si assopì la fanciulla.
Il fermaglio dai capelli è scivolato,
il corpetto di porpora s'è aperto ed allentato.

Non gocce di rugiada sulle due colline del paese delle fate,
e la sorgente dei fiori del peccato ancor non sboccia.
Il gentiluomo, esitante, non riesce a staccarne lo sguardo;
andarsene una pena, sconveniente restare.


Quest'altra invece più birichina.


Thân em như quả mít trên cây

Da nó xù xì, múi nó dầy.
Quân tử có yêu thì đóng cọc,
Xin đừng mân mó, nhựa ra tay.


Il jackfruit

Il mio corpo è come un frutto sull'albero del pane.
La sua scorza un po' ruvida, ma la sua polpa così soda.
Se volete gustarlo, o mio signore, infilategli il vostro picchetto
ma senza accarezzarlo troppo o il suo succo vi colerà sulle dita.

Chi fosse interessato ad altri lavori (in inglese) di questa poetessa alla quale in quasi ogni città viene dedicata una via, dia un'occhiata qui.


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Per un amico triste.

lunedì 24 settembre 2012

Recensione: Han SuYin - Fin che verrà il mattino.

Il romanzo più noto di questa scrittrice euroasiatica (il padre è addirittura di etnia Hakha) è L'amore è una cosa meravigliosa. Dopo il successo planetario del film che ne è stato tratto, è logico aspettarsi che l'autrice abbia campato di rendita. Infatti mi sono avvicinato a questo tomo di oltre 700 pagine come ad un grasso Harmony dal sapore esotico, sperando al massimo di scovarvi qualche cosa di interessante sulla vita cinese. Devo dire invece che mi sono abbondantemente ricreduto, infatti, sfrondata del melenso e della melassa di cui in effetti il libro gronda, l'ossatura della storia è di grande interesse, in quanto descrive minutamente e dall'interno, quindi con grande cognizione di causa, la storia della guerra civile cinese, dagli anni quaranta fino al termine della rivoluzione culturale e oltre. Inoltre, essendo largamente autobiografica (a parti invertite, nella vita il medico è l'autrice che ha sposato un militare dell'esercito nazionalista, nel libro è una giornalista americana che sposa un medico cinese di Chung Ching), il racconto mescola di continuo fatti effettivamente vissuti dall'autrice in prima persona ad avvenimenti di fantasia, tutti però in un rigoroso contesto storico che dettaglia molto bene e, a mio parere, in modo sufficientemente obiettivo, un periodo cinese molto confuso e cosparso di tali orrori, da fare impallidire altre guerre. 

Ho trovato davvero interessante la puntuale descrizione della vita all'interno della Cina di quel periodo e mi sembra che il libro sia di molto aiuto per comprendere gli avvenimenti che hanno portato alla lotta tra nazionalisti e comunisti, la lunga marcia, l'imporsi del maoismo, i rapporti con l'URSS e con gli USA, la guerra di Korea, la rivoluzione culturale, il Vietnam e così via, tutto visto con gli occhi di chi ha vissuto in loco questi avvenimenti e tra la gente comune. La storia risponde bene alle domande che generalmente ci facciamo, quando ci si chiede, ma come è potuto succedere tutto questo, quali meccanismi hanno condotto a fatti che hanno poi determinato gli avvenimenti più importanti del secolo scorso?. Per questi, difficilmente troverete qualcosa, visto dalla parte dell'Asia. Dunque consiglierei, a chi è interessato di ricercare questo libro (che ormai è fuori catalogo) su eBay o sulle bancarelle dell'usato, senza lasciarsi impressionare dalla zuccherosità della storia d'amore che lega il medico idealista alla intrepida e sognatrice giornalista pronta a sacrificare tutto per il sentimento. Fate uno sforza, che vi troverete bene.


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lunedì 19 dicembre 2011

Il valore della chiacchiera.

Ricevo spesso su queste pagine, commenti di approvazione e di lode riguardanti soprattutto l' aspetto affabulatorio che pervade i miei post. Non v'è dubbio che l'adulazione sia la più dolce delle blandizie, un miele dolcissimo che scorre sulla pelle ammorbidendo ogni asperità e che provochi piaceri insuperabili, per cui vi prego, soprattutto se femmine, continuate pure che non mi offendo. L'uomo è fatto così. Basta blandirlo e farà per voi qualunque cosa, soprattutto se magnificate le sue capacità della mente, per non parlar del resto. Per la donna forse è diverso, ma penso che ottengano effetti analoghi concentrando l'approvazione e la lode sull'aspetto fisico e sul fatto innegabile del dimostrare inoppugnabilmente meno anni del dovuto. Ognuno ha i suoi punti deboli, basta saperli individuare e difficilmente si va fuori bersaglio. Eppure, già ne ho parlato in queste pagine, la mia attitudine scriptoria era sempre stata giudicata, dal nostro sistema scolastico come men che mediocre, se non, talvolta, meritevole di recupero settembrino. Dunque cosa è successo per trasformare il bruco molliccio in supposta (no, meglio dire presunta, di questi tempi) farfalla multicolore dalla lingua multiforme? 

Probabilmente dal fatto che per tutta la vita ho campato di chiacchiera, trascorrendo decenni a spiegare, ad indorare pillole a riottosi clienti, a far prevalere il concetto che la qualità poteva essere premiata a dispetto del prezzo, a dimostrare nei fatti che la realtà positiva corrispondeva a quanto promesso, ché non c'è nulla peggio dello sputtanamento susseguente alla qualità od a patti non rispettati e così via. Il discreto successo ottenuto e il buon ricordo lasciato in giro, questa almeno è la mia illusione, mi fa pensare che questa attitudine a raccontare la favola del lupo, si sia, negli anni, arricchita sempre di più, rendendomi adatto a raccontare storie baroccheggianti e convincenti ed allungare brodi, anche all'apparenza scipiti, per farli diventare, comunque di qualche interesse. Così è nato il blog e di seguito il libro, con il suo travolgente successo di pubblico e di critica. Ritengo, in effetti, mio dovere informarvi che il successo editoriale è ormai conclamato, essendo arrivate le vendite on line addirittura a 5 (cinque in lettere) e vi pregherei di non ridere (troppo), ma il pensiero che cinque persone che non mi conoscono abbiano cacciato soldi reali per farsi mandare a casa la mia fatica, mi commuove e mi stupisce ogni volta che ci penso. Questo pensierino prenatalizio, solo per dimostrare quella di cui vi parlavo, cioè la mia naturale e a lungo coltivata, attitudine alla chiacchiera che mi consente di riempire comunque questo spazio anche quando sono immobile davanti al foglio (schermo) bianco, senza avere la minima idea di cosa dire oggi.


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domenica 16 ottobre 2011

Tu chiamale se vuoi, emozioni.



Sono proprio un panetto di burro! E non solo in riferimento alle dimensioni di stazza fisica; è proprio una attitudine mentale. Tutto è partito come uno scherzo. Organizzare una presentazione ufficiale del libro, che poi a tutti gli effetti è un non-libro, sarebbe stato davvero una presuntuosa scimiottata di quanto fanno gli scrittori veri e quindi poteva avere un senso solo se giustamente intesa come un divertissement tra amici che hanno conservato la voglia di ridere e di prendersi in giro. Una corretta dose di ironia avrebbe dovuto condire il tutto e farlo rimanere nelle sue giuste proporzioni. Invece accadono sempre cose che cambiano un punto di vista che vuole essere smagato e vicino alla realtà. Così "l'evento", in questo modo era partita l'operazione su Facebook, è sbocciato ieri al Museo della Gambarina, prendendo pieghe inattese. Vi assicuro che vedere tutti quegli amici che hanno voluto essermi vicini, l'aver ricevuto tanti messaggi di affetto da chi ha voluto essermi comunque d'appoggio in questo tragico frangente, mi ha lasciato commosso e anche un po' più stordito di quanto già non lo sia per naturale attitudine. 

La lettura partecipata e coinvolgente degli amici che hanno voluto dare una partecipazione davvero appassionata e professionale mi ha coinvolto emotivamente. Vi assicuro che sono commosso. Le parole che ho sentito, gli scritti che ho ricevuto mi hanno davvero colpito perché li ho sentiti davvero sinceri e non di facciata. Grazie alla Gambarina che ci ha ospitato, grazie a Lauro che ha colorato l'aspetto alessandrino, grazie a Gianni che ha interpretato sé stesso con arguzia e divertimento, grazie a Luciana, così emozionale nella sua interpretazione accorata, grazie a Stefania, mio sostegno indispensabile nelle Transiberiane, che ha dipinto in modo così convincente il mondo sovietico; ma un grazie di cuore soprattutto a Paola, la demiurga che ha costruito tutto questo con l'affetto e la dedizione di una grande amica. Che vi devo dire, doveva essere una presa in giro e invece a momenti mi scappa la lacrima, sono proprio un tenerone indecente, ma non temete, anche se Umberto Eco non è potuto intervenire, mi riprenderò.




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domenica 29 maggio 2011

Un vecchio bardo (non balordo).

Il fatto è che mi piace raccontare storie. Ho sempre avuto voglia di farlo. Forse in una mia vita precedente, passavo di corte in corte, accompagnandomi con il liuto e cantando vicende di dame innamorate e di cavalieri valorosi, mentre madonne dai lunghi colli leggermente reclinati mi guardavano con occhio acquoso, sospirando in attesa di finali a sorpresa. Forse l'innesco me lo ha dato la mia bambina quando era piccola. Vederla, mentre si appassionava a sentirmi dipingere luoghi lontani, intrecci coloriti, scenografie fantasiose di storie esotiche, mi dava una soddisfazione difficile da spiegare. Quando a poco a poco si dipanavano i personaggi del Ramayana in un racconto barocco che mi piaceva arricchire di sempre nuove vicende collaterali o mentre descrivevo gli spazi sconfinati attraversati da Ulisse che voleva scoprire il mondo, godevo di quei piccoli occhi spalancati che, non appena prendevo fiato, mi incitavano a proseguire, a dare nuovo spazio alle vicende. Voleva sempre nuove notizie sull'occhio di Polifemo o di come si potesse sfuggire a Scilla e non finire nelle fauci di Cariddi o come Hanuman il re delle scimmie arringava al suo esercito o maggiori particolari sulla reggia di Ravana a Ceylon, l'isola incantata.

Solo venti anni dopo mi confessò di essere stata terrorizzata dalle storie del demone Ravana che rapiva la piccola principessa Shita e della paura che la prendeva ogni volta in cui doveva passare davanti alla stampa thailandese che lo raffigurava, nel piccolo corridoio per tornare alla sua stanza, blu e terribile con le mani adunche di carpitore di fanciulle, che occhieggiava muto sul muro, mentre lei correva disperatamente al di là della porta, a nascondersi sotto le coperte per non farsi acchiappare dal mariuolo. Da lì è nato il tarlo e la bramosia di raccontare a tutti, quasi  una droga affabulatoria a cui non so resistere, perchè è certo una gran soddisfazione accalappiare l'attenzione di una platea. Così sono rimasto ad invidiare gli scrittori, di cui leggo le prose chiare e fluenti che ti prendono e ti impongono da sole la voglia di andare avanti per sapere come va a finire o anche soltanto perché è così piacevole lasciarsi andare al fluire delle parole ben scritte, alle storie correttamente strutturate. Invece quando ci provo io, ecco che, forse per la voglia di essere convincente o per l'ansia di non lasciare scappare il pubblico, i fatti e le parole mi si affastellano tutte assieme di colpo, creando uno spazio denso di confusione.

Le frasi si annodano, il periodare si complica in subordinate sempre più confuse e quando rileggo, ho sempre la sensazione che capo e coda si confondano come se il filo chiaro della storia, nella fretta si sia ingarbugliato come quando cerco di mettere ordine nella massa di caricatori di batterie ammucchiati nella borsa fotografica e che, a furia di rimestarvi, hanno formato un unico nodo indistricabile e confuso. Un pastiche di sintassi approssimativa e di errori ortografici che per fortuna voci amiche correggono. Lo capisco, è la differenza tra uno scrittore e un imbrattacarte, però in fondo che importa, finché mi rimane questa bramosia, continuerò a raccontare storie, a delineare i tanti personaggi che ho incontrato, che mi hanno appassionato e che, in fondo, sono stati il sale della mia vita. E' bello continuare a farlo anche se gli occhioni spalancati della mia bambina adesso hanno altri interessi; mi basta che una sola persona legga quello che mi è saltato fuori e mi sarà sufficiente. E forse non è necessario neppure quell'unico spettatore, in fondo il guitto recita soprattutto per sé stesso. E dopo questa poderosa captatio benevolentiae domenicale andatevi a cercare un altro blogger all'altezza se ne siete capaci!


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giovedì 26 maggio 2011

Eventi inattesi.

Ohibò, a volte accadono cose che neppure la più fervida immaginazione avrebbe potuto prevedere. Ci sono schiere di analisti, di esperti, di gente capace a valutare il cosiddetto sentiment del panel di indagine, che poi pontificano e fanno le loro previsioni in linea con quanto deve per forza accadere, poi invece succedono fatti che provocano sorprese davvero incredibili. Calma, calma, che avete capito, niente post politico oggi, abbiate pazienza ancora qualche giorno; a me delle cose importanti piace ragionare a bocce ferme, magari dopo averle fatte decantare un po' prima di ragionarci sopra. Sto parlando invece di un fatto che non solo mi ha sorpreso al punto da mettermi in difficoltà nel commentarlo, vedete infatti come la prendo alla larga, ma che mi ha rovesciato una convinzione che ritenevo sicura e conclamata come il fumo per i turchi o il razzismo nel Canton Ticino. Ma veniamo al punto senza più menare il can per la spiaggia. Sono sempre stato convinto che la benemerita nascita di molte case editrici come Boopen per autori cosiddetti a proprie spese (adesso vengono chiamati self per nobilitare la cosa) sia una strepitosa idea di business che le nuove tecnologie del web hanno prodotto, aprendo un colossale mercato nell'asfittico mondo dell'editoria italiana, dove, se è verissimo che nessuno legge, è altrettanto vero che esiste uno sterminato numero di aspiranti autori che scrivono, scrivono montagne di cose inutili che un tempo sarebbero rimaste manoscritte, tristi e neglette ad ammuffire nei cassetti.

Questi nuovi sistemi consentono invece di pubblicare virtualmente qualunque cosa e di arricchire i cataloghi virtuali delle suddette editrici, certe che poi ognuno degli orgogliosi aspiranti letterati acquisterà qualche decina di copie da regalare tronfio a parenti e amici che, nascosti a stento i sorrisetti di compatimento, attenderanno che il detto si sia tolto dalla vista per infilare, nella migliore delle ipotesi in qualche tiroir, l'opera lungamente ponderata, quando non direttamente nel cassonetto, non essendo neppure possibile riciclarla. Quelle povere pagine non avranno nella generalità dei casi alcuna probabilità di essere lette da qualcuno, basteranno i grandi attestati di stima e di approvazione che non si negano a nessuno. Il responsabile di tanto imbarazzo, se mantiene un barlume di intelligenza non andrà mai ad indagare con domande specifiche negli incontri successivi, se non vorrà ottenere tortuosi giri di parole e disperati tentativi di uscire dalle panie in cui l'interrogato si è improvvidamente cacciato da solo. Poi passerà un po' di tempo e rimarranno due o tre copie che il maldestro non è riuscito a regalare a nessuno e che faranno da testimonianza imperitura della sua sciocca presunzione. Una cosa è comunque certa e innegabile, comunque ben prevista dagli esperti di cui vi dicevo e che, quindi hanno modulato il meccanismo per farlo comunque essere un grosso guadagno per la casa editrice: che di queste opere, sebbene diligentemente esposte nel sito prescelto e disperatamente propagandate tramite tutti gli account dei social network di cui l'aspirante si serve, non se ne venderà mai una copia.

Chi mai infatti vorrà tirar fuori qualche euro, gravato inoltre da pesanti spese di spedizione per ritrovarsi tra le mani altra inutile carta priva di valore e contenuti validi, quando si fatica già ad acquistare roba di autori interessanti e conosciuti. E' tragico destino scolpito nel marmo, per lo meno si evita lo sperpero di mandare al macero le copie inutilmente stampate, dove un tempo gli "autori a proprie spese", come ricorda Eco nel Pendolo, vedevano ingloriosamente finire la cifra irrazionalmente investita per conquistare l'impossibile immortalità. Perchè tutta questa chiacchierata? perché è accaduta appunto quella cosa impossibile ed imprevista che non avrebbe mai potuto accadere. Ebbene, sì! Qualcuno, un incredibile Innominato,  ha acquistato una copia del mio libro, nel senso che ha tirato fuori denaro reale per trasformare l'immagine virtuale del Vento dell'Est in un volume vero. Questa cosa mi ha lasciato davvero incredulo ed emozionato, come per quegli accadimenti che neppure si immaginano come possibili. Però, ragazzi, se uno vende un libro, una copia dico, non andate subito a sindacare che a causa del numero ancora un po' basso, forse non riuscirà ad entrare nelle classifiche di vendite del mese, ma deve essere considerato a pieno titolo uno scrittore, non ci sono santi. Ci sarà un circolo degli scrittori in cui essere degnamente accolto da queste parti o toccherà aspettare un invito dall'Accademie Française?


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lunedì 16 maggio 2011

Anelare all'immortalità.

Non resistendo ai pressanti inviti ho radunato, rimaneggiando un po\Per rimanere in tema libresco, dopo il salone di Torino, bisogna riconoscere che in fondo lo scopo principale di chi vuol pubblicare qualcosa è certo una bramosia di comunicazione, ma anche e forse soprattutto un desiderio di immortalità, di lasciare un segno materiale da qualche parte che possa essere trovato e commentato in futuro. Per ora il web, con la sua eternità non cancellativa sebbene immateriale, non è ancora abbastanza credibile e quindi un libro, con la sua solida tradizionalità risulta più convincente. Ma come fare dopo aver prodotto l'oggetto, a proprie spese naturalmente, ad evitare che finisca direttamente in discarica, anche se nel napoletano rimarrebbero ancora molte possibilità di affioramento, dopo essere stato scorso frettolosamente dagli amici a cui lo hai rifilato e che naturalmente non possono riderti in faccia direttamente? L'ideale sarebbe quello di far finire una copia in un luogo di conservazione importante dove, data la presumibile conservazione del resto, potrebbe approfittare dell'essere accomunato alla roba valida di cui sarebbe infingardamente circondato, fatto già di per sé stesso comprovante il suo valore relativo se non assoluto. Però questa auspicabilissima via non è di facile attuazione. Così per la mia opera prima ho pensato a questo escamotage. Come sapete ho frequentato lo stesso liceo del mio concittadino Umberto Eco, possessore di una nota, preziosa e sterminata biblioteca e approfittando di ciò gli ho inviato la seguente email che pongo alla vostra attenzione:

Egregio Prof. Eco
Mi permetto di disturbarla in qualità di suo lettore, ammiratore, concittadino e di vecchio studente, come Lei, del Liceo Plana, cosa di cui meno gran vanto tra gli amici.
Riferendomi ad una Sua intervista da Fazio, se non erro, mi sembra di ricordare che Lei abbia detto che, ricevendo una gran numero di libri assolutamente inutili e non interessanti, sarebbe giusto che chi pretenda di occupare uno spazio nella Sua ben nota biblioteca dovrebbe avere almeno la creanza di pagare una quota a titolo generico di rimborso spese, quantificandolo in 40 Euro circa per un dorso di 3/4 cm.
Poiché anche io appartengo alla schiera di pubblicatori a proprie spese (genia che Lei ha ben illustrato nel Pendolo) sarei interessato, non certo per ambizione letteraria, dacché non ho l'anello al naso e la frequentazione del Liceo Plana mi ha reso conscio della mia limitatezza (avevo 4 in italiano scritto in terza liceo), ad essere ospitato nei suoi scaffali, anche se dello scantinato.
Nel caso volesse accettare questa mia richiesta, sarei ben lieto di inviarle, unitamente all'assegno di 40 Euro, il mio libro Soffia il vento dell'Est che nonostante possa sembrare incredibile, ha venduto 1 (una ) copia.
Anche se mi manca ancora un po' per avvicinarmi alle sue normali tirature, ringraziandoLa dell'attenzione, alessandrinamente divoratore di bellecalda, Le porgo i più cordiali saluti.
 Per il momento il professore non mi ha ancora risposto, ma ho buone speranze che lo faccia, nel qual caso vi terrò informati dello svolgersi degli eventi.

lunedì 4 aprile 2011

Quattro in italiano.


Quanto accaduto in seguito al post del primo aprile e più ancora dopo quello che annunciava l'uscita del mio libro su Boopen, mi hanno convinto che se ho una capacità, è quella di farmi sopravvalutare da chi mi ascolta. Non c'è dubbio che tutto ciò mi abbia aiutato nella vita e nel lavoro, ma la realtà deve essere considerata con freddezza, accantonando le ali dell'entusiasmo, anche se non c'è nulla di più delizioso e gradevole dell'adulazione. Per il pesce prometto che mi comporterò meglio il prossimo anno, tuttavia devo dire che sono rimasto commosso anche se stupito dal credito che sono riuscito a mettere insieme. Soprattutto nel caso del libro, ho raccolto espressioni di stima che vorrei riportare a livelli più vicini alla realtà, se no passa il messaggio che io sono davvero bravo a scrivere. A prescindere dal fatto che da questo giudizio ad essere scrittore lo spazio rimane grandissimo e nella maggior parte dei casi invalicabile, è necessario esaminare bene gli antefatti prima di dare giudizi avventati. Di norma è la scuola che ti fornisce quantomeno la tecnica dello scrivere; ti aiuta poi a maturare la capacità di generare idee e ti abitua a coordinarle per poter alfine dare loro un sembiante letterario che deve essere quantomeno sufficiente prima di, come si dice, aprire bocca.

Il libro su Boopen
Il Liceo Classico è sempre a mio parere, quanto di meglio abbiano inventato per arrivare a questo fine. Quindi, tanto per chiarire alle mie ammiratrici ed ammiratori la situazione, mi vedo costretto a fare outing, che tanto è di moda. L'ultimo anno del Liceo è quello topico che porta alla Maturità, prova in tutti i tempi, epocale, vera e propria svolta di vita. La professoressa Pagliano, era alle prime armi nell'insegnamento, dettava infatti la lezione e l'autore chiave su cui si basò il programma dell'anno fu Sperone Speroni seguito dal Pulci, evidenti argomenti della sua tesi di laurea, tralasciando o relegando al ruolo di minori, Foscolo e Manzoni, mentre di Ungaretti, Quasimodo e Saba rimasero fuori dal programma senza pietà. Tuttavia un'idea ben chiara del mio valore ce l'aveva, come risulta dall'allegata pagella che riporta i miei successi nella lingua di padri, anche se in greco e latino non ero molto meglio. Verò è che nel terzo trimestre, non riportato, ma credetemi sulla parola, arrivai ad una totale sufficienza, dovuta probabilmente alla sua bonomia, ma di certo le armi con cui mi presentai all'esame erano piuttosto deboli. Ebbene proprio lì cominciò a manifestarsi quella dote di cui vi ho parlato all'inizio e che per fortuna mi ha accompagnato per tutto il resto del mio cursus honorum, tanto che, inopinatamente uscii con la media del 7, che all'epoca era considerata piuttosto alta, tanto che mi diede diritto all'ammissione gratuita al collegio universitario del Poli. Il 7 in italiano, credo il primo nei tre anni di Liceo, lasciò basita la stessa Palliano che all'esposizione dei tabelloni, me lo fece notare incredula, anche se, spero, non dispiaciuta. Il suo giudizio era sempre stato piuttosto tranchant, poche idee male espresse con un italiano approssimativo e genericamente povero. Forse era troppo severa ma non aveva torto, tanto è che il giudizio corroborava quello dal prof. Rangone dei due anni precedenti, di certo più ricco di carisma ed esperienza che in prima Liceo mi aveva anche rimandato ad ottobre. Quindi a chiosa di quanto detto sappiate con chi avete a che fare. E' pur vero che la pagina del sito dove viene presentato il libro ha già raggiunto ben 150 visite (credo la quasi totalità dei miei cultori) ma non poniamo limiti alla provvidenza.


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domenica 2 gennaio 2011

Letteratura e lettura.

L'altro giorno ho invano cercato una spiegazione logica alla facilità che ho di allungare il brodo, in contrasto alla stitichezza di idee che pervadeva la mia prosa scolastica. Forse una ragione è dovuta ad un trip che mi prese nel periodo del liceo; probabilmente in quei banchi che avevano ospitato qualche anno prima Umberto Eco, era rimasto un virus malevolo che mi aggredì irrimediabilmente e la cui prima conseguenza fu quella di condurmi ad iscrivermi ad una cosiddetta biblioteca circolante, istituzione scomparsa da tempo che ti permetteva dietro il versamento di una piccola quota annuale, mi sembra 200 lire, pari ad un biglietto del cinema, di prendere un libro alla volta. Solo per le novità editoriali era necessario un piccolo supplemento ad ogni volume, ma potevi andare avanti a leggerti a volontà tutti i classici o l'intera collezione Medusa a sbafo. La passione mi travolse in maniera incredibile. Divenni in breve lettore insaziabile. Non avevamo la televisione; mio papà diceva che non voleva darmi una distrazione allo studio, quindi dato che la voglia latitava comunque, arrivai a sciropparmi quasi un libro al giorno per circa tre anni, quasi un migliaio di libri di ogni genere che ingurgitavo in una sorta di bulimia letteraria inarrestabile. A questo risultato si giunse sicuramente a causa di diverse componenti.

Le più maligne tra le mie lettrici daranno di certo la colpa o il merito a seconda dei punti di vista, al fatto che, benchè bellissimo, le ragazze non mi filavano di striscio, cosa assai brutta per un giovinetto adolescente, sballottato tra le spire tempestose della foga intellettualistica e il baratro della cecità onanistica, sempre in bilico tra i due estremi dove queste sirene ammaliatrici tendono a trascinare i poveretti ancora mancanti di solide fondamenta psicologiche. Sta di fatto che avendo le fanciulle di quel tempo altri interessi, sprofondai in questo mare letterario in cui, forse già si misero le basi della mia futura tuttologia onnivora e che mi premisero, da un lato di superare il periodo del brufolo e dall'altro di formarmi una solida base libresca. Alla visita di leva, nelle interminabili ore di attesa tra un controllo e l'altro, in attesa del colloquio psico-attitudinale, mi ero portato Centomila gavette di ghiaccio, tanto per rimanere in argomento e non so se la cosa piacque all'investigatore, che appuntò qualcosa velocemente. Fui scartato per soprannumero. Classe troppo numerosa quella del 46 o sospetto di idee pericolose? La libreria circolante chiuse e ormai il 68 era alle porte, inoltre anche se le ragazze continuavano a non essere interessate al mio articolo, bisognava pur prendere in mano la situazione in qualche modo. La chiacchiera poteva essere un grimaldello per entrare in quel mondo meraviglioso.


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domenica 28 novembre 2010

Una novella perduta del Decameron.

La neve che scende copiosa inclina l'animo, se si può stare al calduccio, alle ricerche bibliografiche. Proprio nei giorni scorsi mi è venuta alle mani una antica pergamena manoscritta, molto mal ridotta che mi pare interessante e perciò, per quanto è ancora leggibile, ve la riporto. Trattasi di un'opera di un copista fiorentino del quattrocento, che la classifica addirittura come una novella perduta del Boccaccio.
Un re bellissimo, sentito il fervente amore portatogli da una fanciulla, mutato poi in disamore, le conforta e a lungo baciatala, la riporta a sé e sempre si dice suo cavaliere.
Commendata era stata molto la virile magnificenza del re dai lunghi capelli (quantunque alcuna, che quivi era di parte ghibellina, commendar nol volesse), quando Pampinea incominciò.
Niun discreto sarebbe, che non dicesse ciò che voi dite del nostro buon re, che non costoro che gli voglion male; ma ciò che a me va per la memoria, questo mi piace di raccontarvi. Essendo codesto bellissimo uomo, virile assai e dai neri e folti crini, benche vecchio, fattosi re in Roma, da uomo ricchissimo che già era, faceva nelli suo palagi meravigliose feste co' suoi baroni. Ne le qual feste armeggiando il brando come era uso, avvenne che una figliola, il cui nome era Amara, per lo suo volto triste e li belli occhi da cerbia che ella aveva, il vide e sì meravigliosamente le piacque, che una volta riguardandolo, di lui ferventemente si innamorò e divisò, avendo pur conoscimento della sua infima condizione, colpita dal di lui potere e grande bellezza, che in ogni modo gli si sarebbe concessa per ottener... (parte illeggibile)
...Ma le guarentige ottenute e vedendo che il re indietro si volea tirare e di lei più non si curava, ella provava intollerabil dolore. Per la qualcosa avvenne che, crescendo in lei la smania continuamente e una malinconia sopr'altra aggiungnendosi, che ad altre e ad altri cortigiani aveva il re dato la primazia sulle terre della giovine, ella infermò e di giorno in giorno, come la neve al sole si consumava. Gli amici dolorosi di questo accidente, con conforti continui in ciò che si poteva l'atavano; ma niente era, per ciò che ella, ferita nell'onore e nelle prebende, aveva eletto di lasciar per sempre lo re e più non volere vivere, in codesto diminuito potere. ...(parte illeggibile)
...così da un assai buon dicitore in rima a quei tempi, con prieghi lo costrinse a far giungere al re la canzonetta che segue:
Muoviti amore e vattene a messere,
e contagli le pene ch'io sostegno;
digli ch'a morte vegno
perdendo per temenza il mio potere.
Di' che sovente lui disio e amo,
se dolci cose mi concede ancora;
che per lo foco, ond'io tutta m'infiamo,
da lui subendo grave pena e dura,
la qual sostegno per lui disiando,
poter perdendo e vergognando.
Deh! Il mal mio, per Dio, fagli assapere.
Poi che di lui Amor, tutta m'ha avuta,
poter poco mi desti a sufficienza
e questo ognor mi tien tanto affannata.
Forse che non gli saria spiacenza
ch'altri m'avrà
s'ei non mi ridarà forza e possanza.
...(parte illeggibile)... Alla giovine piacque molto la risposta del re, e con bassa voce, volti li belli occhi al suolo così gli rispose: - E' il vero che, com'io ad amore di voi mi sentii prendere, così mi disposi di far sempre il voler vostro e per ciò, avrò caro quello il quale vi piacerà donarmi, che mio onore sarà che il piacer vostro mi sarà diletto. Avere uno re così bello e potente per cavaliere, sapete quanto mi conviene, perciò il bacio che volete, senza licenza vi sarà per me conceduto assai.- Al re piacque molto la risposta della giovine, e parvegli così savia come lo supponeva e molte gioie e care le donò e parimenti nominolla reina di Neapoli e Calatabellotta, due bonissime terre e di gran frutto dicendo:- Queste ti doniamo per dote o donna; quello che noi vorremmo fare a te, tu tel vedrai nel tempo avvenire. E intanto ora vogliam noi prender quel frutto che del vostro amor aver dobbiamo.- E detto questo alla giovane inginocchiata e presole con amendune le mani il capo ...(parte illeggibile)...
E secondo che molti affermano, il re molto bene servò alla giovane dai grandi occhi, il convenente. Così adunque operando si pigliano gli animi dei suggetti e le fame etterne si acquistano. Alla qual cosa oggi pochi o niuno ha l'arco teso dello 'ntelletto, essendo li più divenuti crudeli tiranni.
In una nota a margine, il copista afferma che la novella fu poi scartata o mutata dal Boccaccio essendo manifestamente tanto lontana dalla realtà da non esser creduta, pur trattandosi di una invenzione letteraria. Di più non posso riportarvi essendo, se pur tuttologo, incompetente in materia.


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mercoledì 6 ottobre 2010

Recensione: McEwan - Lettera a Berlino

Proseguo con le mie letture estive e oggi parliamo di un altro classico libro da spiaggia. Si tratta del lavoro più noto di Ian McEwan, pubblicato nel 1989, Lettera a Berlino. Si tratta della più classica delle spy stories, una situazione tipica della guerra fredda dei pieni anni '50. Ambientato nella livida Berlino divisa di quel tempo, mi è parso di ripercorrere la mia visita di pochi anni dopo in quella città, quando il muro era la presenza incombente, il Charlie point la frontiera tra due mondi e il grigiore assoluto di uomini e ambiente si stendeva sui viali e sui palazzi come una cappa ossessiva. La storia è discretamente descritta e, anche se oggi la si avverte come un po' datata, il triller corre veloce fino alla fine lasciandoti in bocca quelle sensazioni d'antan tipo Il nostro agente all'Avana.

Mi sembra comunque un po' al di sopra dei romanzacci tipo Ken Follet, tanto per capirci, che da quando è uscito col fatto che Il nome della rosa è troppo noioso in confronto ai suoi e che preferisce Dan Brown, ha finalmente gettato la maschera, chiarendo la sua posizione nel ranking. Mi sembra che ne abbiano anche ricavato un film dato che la vicenda si presta molto bene, con le sue scene che alternano suspence e violenza, condite ed alternate con mestiere alla parte che riguarda la vicenda amorosa della coppia protagonista. Diciamo un paio d'ore da spendere sotto l'ombrellone. Se volete entrare nella parte, caricate sul vostro iPod (so che siete tutti tecnologici) i brani citati nel libro che ripercorreranno, se siete della mia leva, tutta la vostra giovinezza, da Elvis di Heartbreak Hotel, al Rock around the clock di Haley, passando per Little Richard e Ellington. Se volete l'elenco completo date un'occhiata qui. Voi, come regalo extra beccatevi questo Chuck Berry con Maybelline, che è sempre un bel sentire.







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sabato 18 settembre 2010

Recensione: Pavese - La spiaggia.

Niente di più adatto alla accennata vita da tricheco spiaggiato che la lettura di questo romanzo breve di Cesare Pavese, La spiaggia, appunto, che lui stesso non amava molto e che ha considerato un semplice esercizio di stile, una sorta di allenamento alla scrittura da sviluppare poi successivamente, utile insegnamento questo, ai desiderosi di cimentarsi nell'agone letterario.


Risulta però assai gradevole, mentre l'onda che si rivolta piano sulla riva e il chiacchiericcio dell'umanità varia che popola questo anomalo ecosistema, fanno da rumore di fondo, scorrere queste pagine lievi che raccontano di una Liguria degli anni quaranta dove la vita da bagnante non era affatto dissimile da quella odierna.


Una vicenda semplice da cui traspare bene la fatica di vivere di Pavese, il suo inscindibile legame con le sue colline lasciate a malincuore per questa vacanza in cui il disagio traspare continuamente e in cui si sottolinea, se mai ce ne fosse bisogno, il deficit interpretativo per quell'universo femminile così misterioso e di certo non solo per lui incomprensibile.


Una insondabilità che si ritrae da ogni tentativo di decifrazione, quasi che la donna sia, come probabilmente è, una specie diversa ed aliena e che rimane così sospesa in un'area estranea, destinata a non entrare mai in contatto, in sintonia. Una sessantina di pagine che vi riempiranno l'oretta necessaria a digerire il croissant prima di scivolare tra le onde che in questa stagione si fanno via via più frizzanti e frescoline.




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giovedì 26 agosto 2010

Recensione: Angela Staude - Giorni cinesi.

Oggi vorrei parlarvi di un libro che da tempo mi interessava e che finalmente ho potuto leggermi con calma, complici i miei ozi fenestrellesi. Si tratta di Giorni cinesi, di Angela Staude, vedova di Tiziano Terzani, edito da TEA. E’ il diario del periodo che va dall’80 all’83, in cui Terzani portò la famiglia a vivere in Cina a Pechino, per poter fare, come suo costume, un giornalismo davvero “dentro” alla realtà che voleva descrivere. Il libro mi attizzava molto in quanto descrive un momento della Cina che io non ho potuto conoscere, avendo avuto l’opportunità di lavorarci solo oltre un decennio dopo.

Allora il paese stava uscendo dal fallimento tragico dell’esperienza maoista e dal suo estremo colpo di coda, la rivoluzione culturale e proprio quegli anni segnarono la presa di potere di Deng Xiao Ping che mise le basi per la Cina che oggi è a tutti gli effetti il secondo paese del mondo e la reale locomotiva economica di questi anni. Devo dire che leggendo questo diario interessantissimo, che dipinge un paese devastato, visto nei suoi aspetti più intimi e segreti, girato in bicicletta e con mezzi locali, sfuggendo appena possibile al controllo dell’apparato, con un punto di vista altrettanto interessante ed inconsueto dato dalle testimonianze dirette dei due figli iscritti a 7 e 11 anni nella scuola cinese, si ha una illustrazione di un paese oggi assolutamente irriconoscibile. La testimonianza di disperata depressione psicologica dei tanti cinesi con cui i Terzani furono in contatto, non combacia in alcun modo ad esempio con le mie esperienze, più recenti di un solo quindicennio, a dimostrazione di che incredibile ed assolutamente imprevista evoluzione possa avere un paese in pochi anni.

E’ vero che i loro contatti erano principalmente provenienti dal mondo degli intellettuali e degli artisti, che maggiormente avevano sofferto durante il periodo maoista, mentre la mia esperienza è stata più rivolta al mondo delle attività industriali, dunque impiegati, operai e imprenditori, quella classe media che allora era appena all’inizio del suo formarsi e che ha maggiormente beneficiato dell’esplosione economica dell’ultimo ventennio, ma io non ho potuto notare quasi mai quelle sensazioni di disperata negatività così ben descritte nel libro, anche perché evidentemente la maggior parte dei miei incontri avveniva con persone che di anno in anno aumentavano in maniera esponenziale il loro benessere materiale. Alla fine del libro però, appare chiaro che il cambiamento sta per scoppiare, con tutti i vantaggi e ovviamente tutti i contrasti e le problematiche che sarà destinato a produrre. Soprattutto per chi conosce già la Cina, il volume sarà estremamente interessante.


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giovedì 1 aprile 2010

Italian elections- Recensione

E' davvero incredibile come l'editoria moderna, quella anglofona in particolare, sia così rapida nel preparare e pubblicare libri su fatti ed eventi ritenuti di interesse per il grande pubblico. Testi evidentemente cotti e mangiati al volo, roba da consumare nelle fasi immediatamente successive all'evento che richiama l'attenzione. Così è appena comparso presso una piccola editrice inglese, la Teasing Ed., che con la ben nota e corrosiva attenzione che ha avuto negli ultimi anni il mondo britannico della politica italiana e dei suoi aspetti più divertenti e deteriori, un interessante volume che si legge in un attimo sulle elezioni italiane di pochi giorni fa. E' un tentativo irridente ma molto interessante di "afferrare la verità" che sta dietro alla nostra ultima tornata elettorale come recita il titolo (Italian Election - Catching the trout) e che va alla ricerca con spirito di osservazione acuto ma anche un po' irridente degli eletti meno presentabili e allo stesso tempo più improbabili e di uno in particolare su cui non mi soffermo per non rovinarvi la sorpresa. L'autore insiste sulla incredibile tendenza italiota al sostegno dei "figli di" e al termine della rapida lettura ci si porta dietro un banale senso di "ognuno ha quel che si merita". Certamente la prontezza della presentazione del volume nelle librerie ha lasciato spazio a qualche disattenzione e a qualche errore di stampa che si presta a divertenti equivoci, ma non fermatevi all'esteriorità, cercate di cavarne invece il meglio. Vi invito dunque a non perdere questa pubblicazione che ha il merito di sottolineare fatti reali e tra l'altro appena avvenuti sotto i nostri occhi e sotto quelli del mondo. Se volete approfondire l'argomento potrete avere ampi stralci della pubblicazione qui.


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lunedì 22 marzo 2010

Il Milione 3: peste e corna.


Beh, il nostro Marco aveva ben chiaro in testa di voler scrivere per tutti quelli che avessero interesse alla conoscenza del mondo, andando oltre le semplificazioni del sentito dire, ben conscio che conoscere gli altri significasse innanzitutto cominciare ad intendersi e ad apprezzarne i lati positivi e comunque portasse ad un arricchimento utile.

Ma proseguiamo nel primo viaggio esplorativo che i due Polo (padre e zio) avevano fatto qualche anno prima, lungo la cosiddetta Via della seta del Nord, quando li avevamo lasciati in Soldania su mar Nero, che corrisponde alla attuale Crimea, dove le repubbliche marinare avevano dei punti commerciali di riferimento. In particolare ancora oggi sono ben visibili le mura di una cittadina nei pressi di Yalta chiamata (in russo) Forteza Genovesa, avamposto dove ben protetti, avvenivano gli scambi con le genti dell'interno. Erano porti franchi dove giungevano genti da lontano a scambiare merci, come oggi al gran mercato di Odessa. Da lì cominciava sempre l' espandersi delle grandi pestilenze endemiche dell'Asia centrale che arrivavano in Europa a seminare la morte. Peste e colera che i marinai trasportavano oltremare. Ero a Sinferopoli una quindicina di anni fa e la città era tappezzata di manifesti che imponevano di bollire l'acqua del rubinetto, mentre gli ospedali erano intasati di casi di colera. Le persone giravano per la strada con pezzuole sul viso e non ti dava la mano. Ma la curiosità ed i racconti di genti incontrate nei mercati che narravano di lontane meraviglie e di grandi regni, li spinge ad andare oltre:

Cap.3

...Quand'è furono dimorati alquanti dì in Soldania, persaron di andare più oltre e missonsi in cammino tanto cavalcarono che pervennero a Bolgara e ad un' altra città la quale ha nome Ontaca alla fine delle Signorie del Ponente sul grande fiume...ed oltrepassatolo andarono per uno diserto lungo diciotto giornate e non trovarono niuna abitazione ma Tarteri che stavano sotto loro tende e viveano di loro bestiame...

E' facile immaginare il senso di straniamento che avranno provato lasciando la costa sicura e popolata per penetrare l'immensa pianura sarmatica da Kazan (Bolgara) fino al Volga per poi percorrere territori sconosciuti fino agli Urali meridionali ed oltre. Ottocento anni dopo, la vista del Volga ghiacciato mi lasciò ugualmente smarrito per le sue dimensioni inusuali e le lunghe giornate trascorse in treno attraverso la Baskiria da Samara a Ufa, circondato da un paesaggio sempre uguale dove l'uomo è assente, mi davano il senso di procedere nel nulla. Si dice in Russia che cento anni non sono tempo e cento chilometri non sono distanza. Ma in quel tempo non si pensava di dover arrivare almeno un' ora prima per il check-in e si poteva procedere secondo ritmi meno stressanti.


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Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!