sabato 18 giugno 2011

Vino e abati.

Ultima giornata dedicata al vino, testimone di coltura e di cultura come poche altre cose al mondo. Un prodotto così difficile e complesso, che si produce con tempi lunghi, cure assidue e sapienti, che necessita di conoscenze specifiche e tecnologia sempre più raffinata per migliorarne la qualità, rappresenta lo spirito (in tutti i sensi) dell'uomo. Che senso avrebbe investire tanti sforzi per raggiungere quella sfumatura, quel sentore, la ricerca affannata di una nuance avvertita con difficoltà, che addirittura deve essere spiegata per essere completamente percepita, ignorata dai più che ingollano con indifferenza a premiare unicamente la quantità, se non si spiegasse con il desiderio insopprimibile dell'uomo di trovare l'acme di ogni cosa, la punta estrema della soddisfazione sensoriale, che diventa alla lunga speculazione filosofica e dignità di esistenza? E' un discorso complesso che sempre nella storia ha distinto chi, alieno dai bisogni di tutti i giorni poteva passare il suo tempo a parlare di filosofia e arte e chi, servo o schiavo doveva innanzitutto pensare a riempire pance per sopravvivere. Questa è il discrimine per quanti vogliono fare, generalizzando certi aspetti di nicchia, dedicati a chi può permettersi di pagare uno spread consistente per una sfumatura qualitativa, e l'agricoltura reale.

Correttissimo che esista e che ci si costruisca un business in questa economia asfittica, ma quando la si contrabbanda per la soluzione di un sistema generale allora si sente odore di fuffa. L'ho presa alla larga, ma così devi affrontare il mondo del vino, consumo regale dedicato ad un mondo fatto per economie ricche come fortunatamente è la nostra. Non a caso nuovo status simbol per le classi elevate di quelle economie emergenti che stanno determinando le sorti del mondo. Proprio nell'Alto Adige, e oggi lo voglio indicare con questa sua accezione italiana, il mondo enologico va a presentare molte di queste realtà. A pochi chilometri da Bressanone, l'abbazia agostiniana di Novacella  sposa proprio questa attitudine all'eccellenza con le sue caratteristiche storiche ed artistiche. Anche qui nove secoli di vita e una presenza ancora piena ed efficiente di monaci, che conservano il meraviglioso antico e costruiscono l'eccellente moderno. La chiesa, uno dei più splendidi esempi del barocco bavarese, ti lascia senza fiato, così inondata di luce che si posa quasi accarezzando gli stucchi rosa ed azzurri, come a giustificare la ridondanza e il desiderio compulsivo di ornare, che aveva preso questo secolo; il vicino chiostro dalle volte gotiche, ricordo di altro pensiero e stile di vita, con le sue tracce di artisti del trecento; infine la bella pinacoteca, testimone di un passato ricco di committenze per importanti artisti, le tavole di Friedrick Pacher sopravvissute alle razzie bavaresi, gli oggetti liturgici, gli antichi strumenti musicali.


Ma il pezzo forte è costituito dalla biblioteca, ricca di quasi 100.000 volumi rari, dai manoscritti miniati dall'anno mille, agli incunaboli delle preziose cinquecentine, alle carte geografiche antiche. La sala centrale rococò contiene i volumi teologici ed è il vero gioiello dell'abbazia. Ti vien voglia di fermarti qui, al freddo, ben coperto, che il calore fa male ai volumi, a consultare qualche vecchio testo di filosofia medioevale, qualche carta di esploratori del mondo quando ancora gli spazi bianchi sulle carte erano tanti e pochi coloro che avevano desiderio di riempirli. Ma ecco subito il contraltare, la cantina moderna a produrre una linea di vini di alta qualità, in linea con la filosofia del luogo, 600.000 bottiglie che vorresti portare tutte con te e che devi invece lasciare qui vicino al gazebo delle 7 meraviglie del cortile centrale. Il tempo però incalza e al fine di passare dalle parole ai fatti, si è scelto, per la liturgia del caso, un altro luogo che pare creato apposta a questi scopi: il castello di Rametz.

Trentotto ettari di vigneto, parte dei quali a serrare il castello in un abbraccio affettuoso; cantine storiche dove è presente una bella collezione di strumenti vinari e di botti antiche che appagano l'occhio, ma che vengono lasciate doverosamente vuote a favore di tanta moderna ed efficace tecnologia, per una produzione di alta qualità, che una degustazione guidata impone anche ai palati meno usi a provare il piacere di scoprire il fondo di melone nel Riesling, la mandorla in uno straordinario Gewurtztraminer da riservare agli aperitivi, il retrogusto forte di prugna secca del Pinot nero, i petali di rosa di un moscato rosato d'affezione e infine i sentori di mela del Pinot grigio (Golden o Morgan, questo proprio non sono riuscito ad apprezzarlo). Orgia finale con lo speck Kaiser prodotto in azienda. Carichi del proprio pacchetto rimane giusto il tempo per una toccata e fuga nella grande passeggiata del Passirio a Merano, prima di inscatolare tutto quanto si è assorbito in questi quattro giorni, nel tentativo, spesso vano, di farne tesoro più avanti.


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3 commenti:

Anonimo ha detto...

ehila'!! mio nonno, piccolo ma appassionato produttore di vino, lo avrebbe adorato questo posto.
sai, nel 2002 mi regalarono due bottiglie di vino fatte da lui nel 1972 (anno della mia nascita). non bevo vino, povero nonno, ci ha provato tanto a farmelo amare come lo amava lui, ma adoro tutto cio' che gli gira intorno.

Enrico Bo ha detto...

Male un pochino bisogna berlo. Ma dove sei finita? Ancora in vacanza?

Anonimo ha detto...

no, sono in libano, ma sembra che io abbia un marito pigro e inoltre piccoletta ha cambiato gli orari e non dorme molto... mi devo riorganizzare!!!

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