martedì 22 luglio 2025

Seta 11 - A Turfan

Il palazzo del prefetto - Turfan - Cina - giugno 2025 (foto T. Sofi)
 

La mansion del prefetto
Oggi dobbiamo spostarci a Turfan, che dista solo 150 km da Urumqi, quindi ce la prendiamo comoda visto che il treno parte quasi a mezzogiorno e dopo la solita triste colazione cinese di cui mi faccio bastare un uovo sodo, visto che la fetta di anguria oggi non è prevista, ci si mette in  marcia con calma, dato che abbiamo visto che nelle stazioni è abbastanza facile orientarsi e che, anche se i controlli sono molti, in poco più di una mezzoretta eccoci al nostro binario, in attesa che il vagone dove ci sono i nostri posti si fermi davanti a noi. Questo non è uno dei treni più moderni e visto che deve essere anche piuttosto economico, è decisamente affollato, infatti facciamo fatica a sistemare i valigioni, tra i sedili piuttosto strettini, anche se tutti si attivano per dare una mano agli stranieri; comunque due ore passano in fretta e con la solita puntualità si arriva a Turfan nord (o Turpan che sia), al minuto previsto. La stazione nuovissima come al solito, sembra una cattedrale in mezzo al deserto, o una astronave appena calata nel nulla e qui siamo effettivamente in mezzo al deserto, visto che questa era una delle principali oasi situate sulla via della seta. Siamo nel pieno della depressione del bacino del Tarim, ai margini del deserto di Lop nor, che è la parte settentrionale del Taklamakan. 

una camera

Questa regione ha sempre fatto parte della serie di regni ed imperi turcheschi che si sovrapponevano l'uno sull'altro, nell'Asia centrale, con una serie di lotte continue, i Cinesi sono arrivati solo successivamente in epoca Tang, trovandovi culture già raffinatissime, spazzate poi via dalle ondate mongole che ne hanno quasi cancellato le etnie originali. In questo bacino infatti si erano sviluppati i regni dei Tocari, popoli caucasici, con lingue strettamente imparentate alle nostre, come si è scoperto nell'800 ritrovando le ricche tombe con le cosiddette mummie del Tarim, dai tratti inconfondibilmente indoeuropei. E' quello che trovò anche Marco Polo nel suo viaggio che descrive questa città, che allora veniva chiamata Campichon e della quale racconta le usanze religiose, ricordando la presenza di cristiani e la maggioranza musulmana e la famosa produzione di vino. L'aria caldissima che ci avvolge come un sudario appena usciti dalla stazione ci ricorda che siamo in pieno deserto, che i gradi sono più di 40, saranno pure secchi ma si sentono tutti, e che la città vera è piuttosto distante, quasi una ventina di minuti in macchina, mentre il territorio circostante, una spianata infinita di terra giallastra ti dà l'impressione di essere atterrato sul pianeta di Tataouine, detto per gli amanti di Star wars! 

Il complesso

Comunque arriviamo in centro città dove questa volta ci siamo permessi addirittura un quattro stelle decisamente bello, dove comunque impiegano un'oretta per la registrazione dei passaporti, operazione sempre complessa visto che evidentemente di stranieri se ne vedono pochi. Mangiamo un boccone nel ristorante a fianco prima di buttarci nelle visite, che mica abbiamo tempo da perdere. Il pomeriggio è davvero bollente, il sole picchia feroce, chissà se il nostro Marco è arrivato proprio qui ai margini del "gran diserto del sabion", come lo chiamava lui, che tanto spaventava le carovane che si avventuravano da queste parti, eppure credo che a quei tempi, questa zona fosse piuttosto affollata di viaggiatori, visto che la cosiddetta pax mongolica l'aveva resa sicura e percorribile in ogni senso, pur di avere in bisaccia i famosi lasciapassare del gran khan, in foglia d'oro. Beh oggi, hanno tolto pure il visto e quindi possiamo scorrazzare per tutto il Xinjiang a nostro piacimento e senza che nessuno ci dica niente. Ci dirigiamo quindi verso il complesso di Emin, non lontano dal centro, ma che sembra già decisamente fuori città, disposto com'è tra i vigneti che lo circondano in ogni direzione. Si tratta di un grande complesso che comprende diversi punti di interesse, anche se piuttosto recente nella sua costruzione. 

La moschea

Subito all'ingresso il palazzo del prefetto Emin Hoja, ti consente la visione di una casa architettonicamente impostata secondo le tradizioni aristocratiche uigure all'inizio del 1700, epoca in cui questo capo uiguro sconfisse in una sanguinosa guerra, l'esercito del khanato degli Zungari che dominava l'area, sottomettendosi successivamente alla nascente dinastia cinese dei Qing, che gli lasciò mano libera anche dal punto di vista religioso, così come alle altre tribù via via sottomesse, arrivando quasi fino a Taskent. Il palazzo è di grandi dimensioni e costituito da cortili successivi, con una serie di scale che collegano terrazze ed ambienti in legno riccamente addobbati, con tappeti e oggetti d'epoca, molti dei quali esposti in una galleria sotterranea in vetrine bene illuminate. Le camere da letto mostrano bene l'agiatezza in cui viveva il nostro prefetto. Tutto il palazzo è poi circondato da un muro in terra con una monumentale porta decorata secondo gli schemi dell'epoca. Ma il pezzo forte è costituito dalla moschea che sorge al di là del larghissimo piazzale a cui si accede tramite un ampia scalinata e soprattutto lo straordinario minareto, un imponente cono in mattone crudo, secondo lo stile costruttivo della zona alto ben 44 metri, largo alla base 14, il più grande della Cina e di tutto il Turkestan, costruito nel 1777 dal figlio di Hoja, in suo onore. 

Il minareto

Attraverso coraggiosamente la spianata deserta col sole che picchia feroce sulla testa. Non c'è nessuno  in giro e lo credo bene, con questo caldo solo i turisti più incarogniti insistono a salire i gradoni gialli, dove ogni passo è sofferenza. Per fortuna, le ragioni di sicurezza hanno vietato la salita alla cima del minareto stesso, date le scale malferme di legno tarlato, trappole mortali per chi già ne avrebbe poca voglia, ma che forse si sentirebbe quasi obbligato all'ascesa, visto che siamo arrivati fin qui e poi da lassù, sai che vista. Comunque sia, l'oggetto è veramente mirabile, con la trina ornamentale costruita lungo tutti i fianchi dalle sporgenze dei mattoni stessi, elegantemente disposi fino a formare una serie di disegni geometrici complessi e perfetti, alternando piccoli rombi a fiori stilizzati, che si trovano solo nell'area cinese, per tutto il corpo della costruzione, a formare una sorta di nido d'ape che crea un magnifico effetto di vuoti e di pieni, poi la serie di fasce a minuscoli archetti che girano attorno alla struttura che si rastrema via via verso l'alto fino a terminare in una tonda cupoletta sormontata dall'aculeo puntato verso il cielo. Una serie di sottili finestre illuminano la scala interna. Un capolavoro di questa cultura centroasiatica, che è riuscito a mescolare gli elementi della tradizione islamica a quelli più squisitamente uiguri locali, che domina severa tutta la pianura circostante. 

Il cimitero

La grande moschea che gli sta alle spalle mostra anch'essa una struttura complessa fatta di muri spessi e di sale successive che si rivelano sorprendentemente fresche ed arieggiate. La grandissima sala di preghiera è sostenuta da sottili colonnine in legno e travi sotto un soffitto a graticcio, che scandiscono gli spazi disegnati dal tappeto sottostante. Sul fondo, a fianco della nicchia rivolta verso la Mecca, un Minbar, di piccole dimensioni, opera in legno di mirabile fattura. Credo che anche questa struttura, con la scusa di essere trasformata in museo, sia stata tolta definitivamente al culto, tanto per non correre rischi. Capirete, la storia dell'armonia tra i popoli, ecc. Ma ancora una sorpresa ti attende girando intorno a queste due costruzioni, un grande spazio dedicato al cimitero islamico che ospita le tombe dei maggiorenti di quel periodo. La serie dei tumuli ordinati di terra gialla, inframmezzati da un paio di piccoli mausolei che contengono evidentemente le tombe più importanti, danno al sito un senso di solenne grandezza, così come sono ordinatamente disposte sulla scarpata, mentre alle spalle il muraglione della moschea ne segna il confine col regno dei viventi e soprattutto il grande minareto che alle spalle di tutto sorveglia completamente tutta l'area come un buon padre benedicente. Tutto il sito è gravido di un'aura di composta quiete, quasi volesse garantire a chi riposa lì, la tranquillità dei giusti. 

Le vigne

Lasciamo il posto lentamente, sfilando lungo i muri in cerca delle ombre più corte, passando tra le pergole dei giardinetti, con un senso generale di stordita compunzione o forse si tratta solamente dell'essere tramortiti dal caldo. Siamo in una parte dell'oasi che ti fa pensare di essere in aperta campagna, infatti lasciato il complesso siamo in mezzo alle vigne che si stendono a perdita d'occhio. Sono quasi tutte allevate a pergole basse da cui pendono enormi grappoli in via di maturazione o a spalliere piuttosto alte con abbondanti spazi tra i filari. Sono varietà di uva particolare, adatte soprattutto alla produzione di uva secca che, già citata da Marco, domina i mercati della città e viene esportata in tutto il mondo. Inoltre sono famosi i vini prodotti nella zona, pare i migliori in assoluto della Cina. Lontano nel verde puoi scorgere la cima del minareto che si erge come un faro lontano porto sicuro tra il mare di grappoli. Tra le vigne compaiono case allineate, una sorta di paese che altro non è che uno dei tanti quartieri di Turfan, composta proprio da molti di questi agglomerati lungo la parte più umida della grande oasi. La struttura delle case è caratteristica, si tratta di edifici agricoli attorno a grandi cortili di cui, la parte principale è sormontata sa un'alta costruzione, con le pareti di mattoni alternati a fori in diagonale che costituiscono i famosi essiccatoi per le uve che vengono disposte all'interno, ventilatissimo, su lunghi bastoni verticali che dispongono di pioli sui quali si appendono gli enormi grappoli. 

Portone

Davanti ai bei portoni in legno dipinto, le donne siedono intente ai lavori di cernita e selezione delle varia frutta secca a disposizione, a partire dalle giuggiole che sembrano essere in piena stagione o ai tanti altri lavori che impone l'agricoltura locale. Tutti si mostrano molto gentili, invitandoti spesso ad entrare nei cortili a curiosare intorno. In un cortile un gruppo di donne sta estraendo da un forno contadino una serie di pagnotte bollenti, allineandole ordinatamente su lunghi assi a raffreddare. Ovviamente la più anziana con un largo sorriso ce ne regala subito uno. Impossibile rifiutare e come ovvio ci appare subito buonissimo, con la sua crosta spessa e croccante che cela una mollica soffice e bollente. Forse l'avessimo comprato dal nostro panettiere di città, l'avremmo trovato duro e poco digeribile, ma tanto fa l'effetto psicologico e vi assicuro che raramente ne ho mangiato di così buono. Un po' più avanti, in centro al paese, ecco quello che rimane dell'antica moschea di Kangka, che il nostro Luca ricordava un decennio fa ancora popolata di uomini in preghiera. Oggi eccola con i portali sbarrati da tempo, i lucchetti quasi arrugginiti e la terra che il vento ha spinto contro le fessure che quasi li hanno sigillati per sempre. Anche questo è un edificio, che evidentemente non avendo neppure l'importanza per una soluzione museale, è destinato all'oblio definitivo. 

La moschea abbandonata di Kangka

Sul bel portale che occupa quasi tutta la facciata scandita da quattro sottili colonne minareto, i disegni a fiori sembrano appassire; le costolature eleganti che ornano gli spigoli, salgono fino alla cupola seminascosta. Guardi tra le fessure per indovinare l'interno, ma ti risponde solo il silenzio, mentre attorno, gruppetti di ragazzini giocano, calciando furiosamente una palla impolverata che rimbalza male su quello che potrebbe essere il sagrato di una nostra chiesetta di un paese in via di abbandono. Proseguiamo fino a raggiungere la strada principale che riporta in centro, di qui la parte rurale dell'oasi che ti dà il senso di un paese senza tempo, al di la, lontano, lo skyline dei grattacieli di nuova costruzione, l'oasi moderna. che non si interessa più all'uva secca o al pane appena cotto, ma che scambia le power bank e viaggia coi telefonini appiccicati all'orecchio. In mezzo sulle case antiche gli essiccatoi ancora vuoti, che aspettano forse ancora per poco le uve dolcissime dai lunghi acini profumati. Ci fermiamo a quello che sembra l'ultimo bar del paese, ma in realtà è una specie di ristorantino che serve solo zuppe. Capito che volevamo bere, ci accompagna subito dall'altra parte della strada, dal suo concorrente che vende le Pepsi. Chiamiamo un Didi per tornare in albergo, prima compriamo un po' di frutta, tanto  per mettere sotto i denti qualche cosa, anche se è un po' scomoda da mangiare. Niente paura, i gentilissimi addetti dell'albergo, provvedono a tagliarcela a pezzi e a farcela avere in camera. Cosa chiede di più, è piacevole viaggiare in Cina.

Essiccatoi e muri in mattone crudo

SURVIVAL KIT

Uve

Treno Urumqi - Turfan bei - T9526 - 11:42 - 13:40 - € 2,93

Hotel Metropolo Jin JiangNo.391 Middle Lvzhou Road, Gaochang District, Turfan - 4 stelle - bello, personale gentilissimo, camere grandi, doppio  letti king, bagno grande con ottima dotazione. TV enorme, AC, free Wifi in camera. Pulito. 36 €  con colazione ottima, anche occidentale con toast e dolci, tè e caffè. Consigliatissimo.

Oasi di Turfan (o Turpan) - La città, di 250.000 abitanti, dove la cultura Uigura è stata meglio conservata, è costituita da diversi centri sparsi lungo le oasi della depressione. Ci sono molte cose da vedere per cui consiglierei di soggiornavi almeno tre notti. Spostamenti in taxi con Didi. Ci sono anche mezzi pubblici ma i tempi si dilatano. Da vedere: il complesso di Emin, con moschea (dismessa), minareto, cimitero e la Mansion del prefetto della città Emin Ohja, a circa un paio di km dal centro. Il villaggio adiacente, con le case degli agricoltori, gli essiccatoi dell'uva ed i vigneti che lo circondano e la piccola moschea abbandonata. Il museo dei pozzi sotterranei (karez) di Kan'erjing, la città morta di Jiahoe e il museo di Turfan. Fuori città, nella medesima direzione (conviene prendere un'auto per tutto il giro) l'area delle Montagne fiammeggianti, il complesso dei 1000 Budda di Bezeklik, il villaggio tradizionale uiguro di Tuyok e le rovine della città di Gaochang.

Pani

Lavorazione uvetta
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venerdì 18 luglio 2025

Seta 10 - Urumqi tra parchi e bazar

Urumqi - Xinjiang - Cina - giugno 2025

Tempio di Hong Shan

Quello che  stupisce nelle gigantesche megalopoli cinesi, è la presenza continua e curatissima di grandissimi parchi cittadini che occupano sostanziose aree del centro a disposizione di tutti e che danno la sensazione di essere comunque in città vivibili anche se la incombente ed inoppugnabile presenza di una edilizia mostruosa ed invasiva, potrebbe far avvertire del contrario. Decisamente l'avvento dell'elettrico che ha cambiato di molto l'aria nelle città e la presenza di queste aree verdi, hanno cambiato la qualità di vita in un paese dove  solo venti anni fa, questo era un problema avvertito con una certa pena. Oggi il sentimento ecologico in Cina appare come un aspetto molto sentito dalla popolazione, checché se ne pensi in occidente e questo si avverte da molti segnali, pubblicità, televisione e anche proclami governativi rivolti in questa direzione. A mio parere si faranno molti passi nel prossimo futuro in questa direzione, comunque per il momento è possibile, quando il tempo lo consente godersi delle belle giornate in questi spazi pubblici, perdendosi tra laghetti, aiuole fiorite, boschetti di alberi e siepi potate. Non lontano dal museo c'è ad esempio, una altura attorno alla quale si sviluppa il parco detto Hong Shan, il monte rosso, in cima alla quale c'è un vecchio tempio buddista, piuttosto frequentato da fedeli che fanno offerte. bruciano incensi e lasciano nastri rossi con richiesta di grazie e favori. 

Bimbi al parco

Bisogna rimarcare che da qualche decennio c'è un certo ritorno di religiosità nel paese, anche se ritengo che la maggioranza sia rimasta in territorio di relativo agnosticismo. Da quando il potere non si è più mosso di traverso sul tema antireligioso, purché tutto rimanga sotto il controllo del governo centrale naturalmente, tutte le religioni presenti nel territorio hanno riguadagnato spazio, maggiormente si capisce presso le minoranze, islamiche e tibetane principalmente, popoli dove la religione ha anche una valenza di resistenza alla assimilazione etnica, ma la stessa cosa è avvenuta anche per i cristiani, dopo gli ammorbidimenti col Vaticano e per la tradizione buddista, taoista e confuciana che covando sotto la cenere non si è mai del tutto sopita nel paese. D'altra parte bisogna sempre considerare che i cinesi sono incredibilmente superstiziosi e questa parte di credenze lega molto i fedeli che vanno nei templi e nei vari edifici religiosi soprattutto per chiedere grazie o per implorare buoni auspici per il futuro. In ogni tempio infatti sono sempre presenti appositi spazi dove interpellare monaci o lanciare oggetti vari, le lunette rosse nel sud o qui, le apposite ossa di animali da interpretare, quando non chiromanti, aruspici o interpreti dell'I Ching il libro di interpretazione degli esagrammi più antico esistente, dal quale si ricavano risposte a tutte le domande. 

Sala del Budda

Insomma un settore dove in tutto il mondo eserciti di maghi e fattucchiere campano sulla credulità della gente, anche sui molti che non ci credono, ma non si sa mai. Comunque sia, saliamo fino al culmine della collina dove il piccolo edificio rosso è circondato da fumi di incensi e collane di fiori e di serti di preghiera. La statua della sala principale è un tradizionale Budda sorridente circondato da decine di suoi imitatori in dimensioni contenute e di tanto in tanto le campanelle suonano per segnalare l'atto di deferenza di qualche fedele. Sulle balconate circostanti, una bella visione del centro cittadino che ci circonda con la lontanissima torre della televisione, che si nasconde tra i grattacieli più vicini. Certo che ne ha fatto di strada questa Urumqi modernissima, da piccolo villaggio secondario sulla via asiatica, per arrivare fino a questa sterminata distesa di grattacieli che copre l'orizzonte! Noi intanto scendiamo lungo la scalinata tra gli alberi che percorre il fianco della collina fino ai laghetti sottostanti, pieni di piccoli pedalò di plastica colorata dove gruppi di bimbi giocano agli autoscontri acquatici. Una atmosfera serena ci circonda. Usciamo dal parco, ma basta riuscire ad attraversare tra passerelle e sottopassi, le sopraelevate e corsie  di superstrade che tagliano il centro ed eccoci subito nel parco del Popolo, ancora più vasto, completamente coperto di aree verdi da perdercisi. 

Nel paeco

Nascosti in boschetti sul bordo dell'acqua, gruppi di gente ballano o fanno i più diversi tipi di ginnastica, comandati da qualche improvvisato maestro, mentre a terra un piccolo altoparlante diffonde la musica adatta. Insomma ognuno passa il tempo come meglio crede, d'altra parte è domenica e sicuramente questi spazi sono più affollati del solito. Bello perdersi tra gli spazi nascosti, ma capisco che le nostre signore friggono per passare allo step successivo, tra quelli previsti, lo spazio dedicato al famoso bazar, l'unica parte della città che avevo visitato a suo tempo e del quale avevo un vago ricordo di scuri tunnel circondati da antri e bugigattoli presidiati da vecchietti con la barba e cappellini islamici. Arriviamo invece in uno spazio completamente rifatto attorno al famoso minareto che svetta in una piazza diventata centro di attrazione e di spettacoli, per negozi ed esercizi commerciali di ogni tipo. Anche lo spazio circostante appartenente a quella che doveva essere la moschea e gli edifici delle varie madrase sono stati convertiti in un gigantesco parco giochi commerciale. Va bene, à la guerre comme à la guerre, ci buttiamo anche noi nelle grandi e ora luminose gallerie che espongono quello che la città sa offrire, principalmente parliamo di una sterminata produzione di frutta secca prodotta in tutte le oasi circostanti, dai datteri all'uva, dalle albicocche ai cachi, alle prugne. 

Giuggiole

Oltre a queste, una delle produzioni più caratteristiche che si nota è quella delle giuggiole (Ziziphus jujuba o giogioba), che a tutta prima avevo scambiato per datteri giganti e che invece qui sono frequentissime e pare della miglior qualità del mondo, direbbe il nostro Marco sempre attento ad adocchiare prodotti commerciabili dove si possono acquistare a poco prezzo. Naturalmente oltre al prodotto fresco e secco, molti offrono lo sciroppo ottenuto dalle stesse, il proverbiale brodo di giuggiole appunto, dolcissimo ma per il nostro gusto un  po' stucchevole. A contorno altri buonissimi succhi spremuti tra i quali il mio preferito è quello di melagrane, che spiccano sui banchi splendide, rosse e invitanti come i frutti del paradiso terrestre. Mostruosi sono poi i grani di uva passa di forma allungata e dimensioni mai viste, presenti in decine di varietà diverse, da provare, assaggiare, comprare. Qui e là qualche banco presenta anche un altra produzione per cui la città è nota, quella dei coltelli uiguri dalle lame ricurve ed affilatissime. Ne avevo acquistato uno in occasione della prima visita, non so come poi arrivato fino a casa, forse sepolto in valigia, con una lama che ancora oggi bisogna fare attenzione a toccare se vuoi salvare le dita. E poi ancora zafferano e spezie da perdersi come in ogni bazar orientale che si rispetti, solo che qui è tutto molto grandioso e ricco, forse perché più nuovo e progettato per stupire. 

Sculture di giada

Mi perdo in un negozio di pietre e di giade, che all'ingresso si preannuncia con un colossale drago che sputa vapore, che è poi ghiaccio secco, sparato intorno perché fa scena ma anche in quanto contribuisce a rinfrescare un po' l'aria, che è alquanto torrida, fuori siamo quasi ai 40°C. Di fronte ai lavori degli artigiani delle pietre preziose e semipreziose, io rimango sempre incantato e qui è uno spettacolo di oggetti giganti di giada e giadeite, scolpiti nelle forme più barocche, che mostrano all'interno di superfici nascoste, arabeschi e miriadi di figurine minuscole ricavate dal pieno, schiere di animaletti, paesini di case tradizionali, omini in cammino, tra fregi di fiori, foglie, alberi e bambù, opere d'arte in cui l'occhio si perde, tra forma e colore naturale della pietra e lavoro di straordinaria miniatura dell'artigiano chino per ore e giorni sulla fresa. Io rimango lì a guardare attonito ed affascinato da questi pezzi, a partire dai  più grandi e maestosi fino ai minuscoli pendenti ricavati forse dagli scarti che una furba venditrice prende tra le mani con delicatezza per sottolinearne il valore, te li mostra in trasparenza contro una luce per valorizzarne la purezza e poi ti indica un prezzo come a mostrarne l'incongrua convenienza visto il valore della proposta. Come fai a non comprare qualche cosa? 

Carne di montone

E poi ancora le ambre, gli oggetti in cinabro e le semplici pietre colorate che i cercatori trovano nei greti dei fiumi, che il solo rotolamento tra le acque ha lucidato e reso meravigliose con i loro colori accesi. Ricordo l'amico Ping che ne era appassionato e passava ore a scegliere attentamente nel mucchio senza decidersi mai su quale fosse la più bella e meritevole di acquisto. Insomma dopo un  po' siamo ubriachi di cose belle e usciamo con le tasche piene di miseri acquisti, che poi finiranno indecorosamente in fondo a qualche cassetto. Meglio allora dedicare la nostra attenzione alla gigantesca food court che sta alle spalle del bazar. Anche qui è la fiera del gigantismo con centinaia di banchetti che offrono con esagerazione tutte le specialità locali. in particolari i montoni interi grigliati da scalcare dagli appositi spiedi. Devo dire che come sono presentati fanno davvero gola. Ce ne facciamo una bella porzione  a testa, senza troppo badare al risparmio e devo dire che raramente mi è capitato una carne così tenera e buona, senza neppure il classico sapore forte caprino che detesto. Insomma un degno finale di partita dopo il quale possiamo rientrare in albergo per il meritato riposo. Un poliziotto ci ferma ad un controllo, ma non ci chiede neppure i passaporti, si informa solamente su cosa intendiamo visitare e se ci piace la Cina, poi ci ringrazia sorridendo e ci augura buon divertimento. Lo straniero è merce preziosa e va trattato bene.

Urumqi

SURVIVAL KIT

Hotel XiYouJi - Urumqi - 3 stelle standard, con le stesse caratteristiche di tutti gli altri. TV- AC-  Kit per bagno abbondanti, ragionevolmente pulito. Camere però piccoline. Prezzi attorno ai 250 Y. Abbiamo avuto problemi con le chiavi sempre smagnetizzate e con il water intasato. Servizio gentilissimo ma molto affannato e poco efficiente.

Il gran minareto


il tempio
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giovedì 17 luglio 2025

Seta 09 - Traversando l'Asia sul treno

Parco eolico nel Xinjiang - Cina - maggio 2025


In vacanza
Il viaggio in treno è uno dei classici topic degli itinerari nei paesi lontani. Soprattutto il viaggio notturno. Trascorrere la notte sul vagone che rulla sui binari nel buio, macinando chilometri fa parte di tanti racconti di viaggiatori dell'ultimo secolo. Diciamolo pure è un mezzo comodo che ti consente di fare un sacco di strada tranquillamente seduto o in questo caso sdraiato a dormire o a sonnecchiare, per carità, io ho molte difficoltà a farlo anche in Italia e nel contempo lascia libero spazio alla fantasia ed al sogno, specie se fori del finestrino scorrono le sagome scure delle catene lontane del Tienshan, le montagne celesti. La strada, l'auto, il pulmino con il traffico stradale che comporta, è tutta un altra cosa, molto più stancante e lento, che ti obbliga poi a continue fermate per le necessità dei passeggeri e dell'autista. Il treno invece è un mondo a sé, che trasporta il suo carico di umanità, che mentre viaggia, ha tempo di fare cose, mangiare, leggere o anche semplicemente guardarsi attorno, chiacchierando con i propri vicini, comunicando, intrecciando contatti che difficilmente in altri luoghi avverrebbero. Ho viaggiato su treni di tutto il mondo e l'esperienza, devo dire, non è mai stata negativa, anzi spesso ha dato luogo ad incontri interessanti. Questi, cinesi, non sono certo troppo differenti da quelli trovati altrove, a parte i superveloci che collegano ormai la maggior parte delle città del paese e che sono anche un po' una delle vetrine più smaglianti della nuova Cina che si presenta al mondo, in questi giorni, leggo che è stata appena testata una nuova linea di Maglev a levitazione magnetica che viaggia a 650 km/h, figuriamoci. 

Davanti al museo

Quello di questa notte dove trascorreremo le prossime undici ore, è invece un normale treno, possiamo dire di quelli di un tempo, che tuttavia si presenta ben tenuto e sul quale non sembra faticoso viaggiare. Prese a modello evidentemente, come ho detto, le ferrovie sovietiche, ogni vagone ha un suo addetto responsabile, che si incarica di controllare che tutto sia in ordine ed al quale ci si deve rivolgere in caso di bisogno, disposto anche, se gentile, ad avvisarti quando la tua stazione è vicina o ad aiutarti con la valigia. C'è poi ovviamente uno (o più) capitreno che vanno avanti e indietro a sorvegliare, nonché un gruppetto di agenti di polizia ferroviaria che controllano tutto (e in particolare i nostri passaporti, ma più che altro mi sembra per mera curiosità, lo straniero è merce rara e mi sembra che la grandissima preoccupazione sia che non si abbia una cattiva immagine della Cina, per la serie, attenzione soprattutto non facciamo brutta figura, in ogni caso spesso si fermano tentando se possono, di comunicare). C'è da dire che qui nel Xinjiang, provincia autonoma e turbolenta, o comunque giudicata tale, l'attenzione dedicata alla sicurezza è assolutamente maggiore che dalle altre parti del paese, tuttavia, non hai mai la sensazione di una situazione oppressiva, per lo meno alla superficie. Comunque, i vicini viaggiatori degli altri compartimenti sono molto discreti e appena è diventato scuro, tutti si sono rintanati nelle loro cuccette, avvolgendosi nel lenzuolo di ordinanza. 

Parco eolico

Qualcuno si è aggirato per un po' alla ricerca di prese per ricaricare i telefonini, è poi col buio è calato il silenzio. Al mattino le toilette erano ragionevolmente pulite, mentre la luce dell'alba illuminava il paesaggio severo del deserto, colorando la terra di un giallognolo ocra, che via via diventava più chiaro, mentre i piccoli monticelli di terra sabbiosa coronati per lo più da un ciuffo di erba dura e coriacea, si alternano con una tale regolarità, da farli quasi apparire come artificiali. Lontanissime, catene di montagne che la distanza fa apparire come basse e minimali, segnano l'orizzonte. Poi d'improvviso appare il segno che ti fa identificare questa terra come uno spazio diverso da quelli cui sei abituato. Si allinea infatti ad assoluta perdita d'occhio, una selva infinita di pale eoliche, alte ognuna una trentina di metri, che ruotano lente ma implacabili, come se in quel luogo sperduto fossero state impiantate da secoli e secoli. Sembrano finire al limitare del margine di quelle che appaiono come lievi colline e invece non appena superi l'asperità che ti impediva la vista, eccole proseguire ancora e ancora come se quello fosse l'unico paesaggio possibile di quella terra, per ore continue. L'unica pausa in questa sterminata fabbrica di energia, la vedi di tanto in tanto quando la superficie piatta del deserto, viene completamente ricoperta da altrettanti ettari di pannelli solari rivolti a sud per intercettare al meglio quei raggi che un tempo erano solamente sofferenza per le rade carovane e adesso sono invece preziosa fonte di quella energia di cui l'uomo ed i suoi bisogni, non sono mai sazi abbastanza. 

Urumqi

Certo qui nel deserto non ci sono problemi né di consumo di territorio agricolo, né di turbativa del paesaggio ed in ogni caso non credo che se ci fossero, verrebbero molto presi in considerazione dai decisori dei programmi quinquennali. Come sappiamo, qui si decide e e poi le cose si fanno e basta. Intanto le 9 si avvicinano. La nostra capovagone passa ad avvertire che la stazione si avvicina e noi ubbidienti spostiamo le valigie vicino alla passerella di uscita. Il treno si ferma davanti al numero che segnala il nostro vagone, che si ferma alle 9 esatte, come previsto, non un minuto di più non uno di meno. La colossale stazione di Urumqi (o Wulumuqi, come si chiama in cinese) ci accoglie con le sue faraoniche dimensioni, ricordandoci che siamo sempre in una città di quasi 5 milioni di abitanti, che l'affluenza continua di cinesi, invogliati a trasferirsi qui, fa crescere in continuazione. La città nei secoli precedenti, non aveva una particolare rilevanza, se paragonata ai centri più noti ed importanti della via della seta, ma era solamente una delle tante piccole oasi affacciate sulla alternanza di dune che circondano la depressione della Zungaria. Probabilmente proprio per questa sua mancanza di importanza storica è stata scelta dal regime per farla crescere, scevra da pretese di tradizioni passate, fino a farla diventare capitale della regione del Xinjiang ed allo stesso tempo la più grande città dell'Asia centrale ed assieme la più remota da qualunque mare del mondo. 

Il museo
Considerate, tanto per avere un termine di paragone che il Xinjiang conta 1,6 milioni di kmq, pari ad un sesto dell'intera Cina, attribuendosi quindi una importanza territoriale assolutamente rilevante. La città si trova infatti ad oltre 2500 km dall'oceano Indiano. Allo stesso tempo sta prendendo sempre maggiore rilevanza come cuore commerciale dei traffici cinesi verso l'Europa ed il resto dell'Asia, di qui infatti passa la famosa nazionale 312 che arrivando da Shanghai, che forma quindi uno snodo fondamentale del lunghissimo collegamento tra l'Atlantico e il Pacifico e a sud con l'Indiano. Insomma uno dei poli del commercio mondiale, che probabilmente, o quantomeno così si ritiene, visto lo sviluppo che si sta dando anche allo sviluppo ferroviario e stradale verso il confine. Dal treno, si vede infatti nitidamente il nastro nero dell'autostrada a sei corsie, completamente deserta o con qualche raro camion che la percorre (per adesso) e che si perde nel nulla verso le montagne. Io venni ad Urumqi circa 20 anni fa per un progetto di imbottigliamento di acque minerali, poi sfumato, e il mio ricordo era di una città in pieno sviluppo, ma che non era neppure la metà di quella che vedo oggi. 

Il centro dove sta il nostro albergo, è una selva di grattacieli i cui quartieri sono ripartiti da colossali sopraelevate da sei o più corsie che traversano la città in ogni direzione, facendone apparire la parte sottostante come un sottobosco di una di quelle città del futuro che si disegnano nei film di fantascienza, popolata di traffico, di negozi e di insegne luminose. Ma non vogliamo  perdere tempo e visto che le camere non sono disponibili fino alle 14, ci dirigiamo subito verso il modernissimo museo regionale del Xinjiang, reputato come uno dei più importanti del paese e rinnovato completamente nel 2005. Forse anche perché è domenica, c'è un sacco di gente e non è facile vedere il materiale esposto, su 40.000 oggetti ce ne sono oltre 300 classificati come pezzi nazionali di primo grado. Comunque a parte la carenza illustrativa in inglese di cui però vi ho già detto, la parte più notevole è quella dedicata alle mummie ritrovate nella valle del Tarim, tra le quali la più nota è la cosiddetta Bellezza di Loulan, una fanciulla perfettamente conservata, come del resto gli altri corpi, che presentano caratteriste caucasiche completamente estranee alle popolazioni mongoliche di queste aree, di cui avevo molto sentito parlare e che testimoniano come questa via commerciale anche nell'antichità si svolgessero grandi movimenti di popolazioni. 

Statuetta funebre Tang

La figura della giovane avvolta in tessuti funebri, è assolutamente conturbante  con una grande chioma di capelli chiari appena nascosti da un cappuccio a cono. Appare come appena addormentata, serena ed inconscia del suo sonno che dura ininterrotto da 3800 anni e del mistero che la circonda. Straordinari anche i frammenti di tessuti perfettamente conservati, sete  che ancora conservano disegni di incredibile raffinatezza. Anche una bella statuetta del III sec. a. C. raffigurante un soldato greco-battriano, racconta queste storie lontane che hanno percorso questi crocevia del mondo così importanti nel nostro lontano passato. Se ci capitate godetevi questi pezzi davvero importanti e non lasciatevi fuorviare dal racconto della cultura cinese finalmente intervenuta in queste terre per portarvi la serena tranquillità ed armonizzare le selvagge tribù che popolavano il territorio pascolando capre e cammelli, che si stendono implacabili sulle pareti esplicative, le sole disponibili anche in inglese. Qui sulle rive del deserto del Lop, tra giganteschi laghi salati e oasi fiorenti, fiorivano civiltà avanzate ed imperi potenti ed estesi, le genti si spostavano per migliaia di chilometri e lungo questi flussi di linfa vitale scorrevano idee, filosofia, scienze, poesia e religioni e possiamo dire senza ombra di errore che tutta l'Asia centrale è stata per millenni un fulcro di civiltà decisamente importante nella storia del mondo.

Street food al gran bazar

  

SURVIVAL KIT

Parco del popolo

Urumqi - E' la capitale del Xinjiang, città moderna e in via di costante crescita. Punto di passaggio obbligatorio per visitare questa regione e anche per proseguire verso la Cina centrale. Da vedere: Il Museo Regionale con le famose mummie del Tarim, i bei parchi cittadini come quello di Hong Shan con un bel tempio sulla cima da cui si ha un bel panorama cittadino, e il parco del popolo, grandissimo e molto verde. L'attrazione principale è il gran Bazar, diventato un grande quartiere di divertimenti che accanto alla parte commerciale ha una serie di attrazioni di spettacolo e turistiche assieme ad un grande  spazio dedicato allo street food molto decorativo e fotogenico. Questo spazio ospita anche il grande minareto di Erdaoqiao, uno dei punti più noti della città. La città ha anche un notevole giardino botanico e la più grande mosche Hui del paese. Fuori della città l'escursione più gettonata è al grande lago Tianchi e le montagne del Tienshan e il ghiacciaio del Bogda che varrebbero un viaggio a parte.

tessuto tombale


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mercoledì 16 luglio 2025

Seta 08 - Per musei

Street food - Kashgar - Cina - maggio 2025
 

Al ristorante

All'uscita del parco, c'è una grande scelta di ristoranti e locali per tutte le tasche, perché se è vero che la cultura nutre l'anima, anche il corpo ha le sue necessità, pertanto decidiamo di permetterci un bel locale, di quelli con le sedie pesantissime intagliate nel legno duro, che ci vogliono due inservienti per muoverle ed i tavoloni con la ruota centrale che gira dopo averla ricoperta di piatti succulenti. Alla fine, dopo aver compulsato lo sterminato menù, ricadiamo sempre sul solito plof ed una serie di noodles che sembrano alla vista non troppo piccanti e frutta, tanto per non sbagliarci. Uno stuolo di camerieri non abituati ad avere stranieri nel locale, si affannano attorno a noi trascurando gli altri clienti, mentre nel locale, che è davvero bello, nella parte centrale dotata di palcoscenico, comincia uno spettacolo di danze uigure, in costumi tradizionali. Anche le signore clienti vengono immediatamente coinvolte nella attività coreutica. Le nostre non si fanno certo pregare e così tutti si divertono, le straniere  a ballare, i locali a veder ballare le straniere e a farsi i selfie con loro e tutti a godersi musica e balli. Insomma una pausa che ci ristora nel fisico e nel morale visto che la notte la trascorreremo in treno. Comunque non bisogna troppo indulgere nel divertimento, questo insegna la morale cinese e anche noi dobbiamo adeguarci. Lasciamo dunque il ristorante inseguiti dai ringraziamenti di camerieri e responsabili di sala per aver avuto il piacere di ospitarci nel loro locale e proseguiamo il programma, non è che abbiamo tutto questo tempo da perdere. 

Uiguro

In Cina l'insegnamento confuciano è ancora molto forte, per questo il rispetto per l'imperatore e quindi traslando al giorno d'oggi, il rispetto assoluto per l'autorità è fuori discussione e per questo le direttive del governo vengono seguite senza troppi problemi, anzi, la stragrande maggioranza della popolazione lo trova assolutamente naturale, anche se, attenzione, anche il potere costituito, se dimostra assoluta incapacità o grande debolezza, può essere discusso e lasciare spazio a sanguinose rivoluzioni, così per lo meno insegnava il grande il filosofo anche se penso oggi il partito non sia troppo d'accordo su questo punto. Il secondo principio è il rispetto per gli anziani, da sempre oggetto di venerazione in quanto custodi dell'esperienza del passato e quindi meritevoli di cura e degnazione, basta osservare ad esempio la rapidità con cui sui bus o nella metro, i giovani lasciano il posto a sedere. Seguendo questo stesso criterio, in tutte le attrazioni turistiche, gli ingressi per gli over 65 sono gratuiti e a metà prezzo per la fascia 60/65. Per la verità questo va valutato, in quanto in generale i biglietti di ingresso sono proporzionalmente piuttosto cari, se raffrontati al costo della vita cinese, dai 5 ai 15 euro a seconda dell'importanza dei siti, molto di più di un normale pasto al ristorante e alla fine di un viaggio lungo come il nostro, in cui puoi anche considerare due o tre ingressi al giorno, la cifra totale risparmiata non è secondaria. 

Cavallino Tang

Fanno eccezione i musei statali nei quali invece l'ingresso è gratis per  tutti, la cultura insomma, sempre seguendo il dettame confuciano, deve essere fruibile a tutti senza distinzione  di censo. E ai musei è stato dato un forte impulso negli ultimi anni. In ogni città infatti, edifici faraonici, commissionati ad archistar internazionali, sono stati fatti proprio a questo scopo e naturalmente sono molto visitati. Qui a Kashgar, il più importante è il museo del Xinjiang, rinnovato una quindicina di anni fa, dove sono esposti manufatti ed opere d'arte dal paleolitico all'era moderna. Bisogna dire che l'esposizione è molto ben curata e gli oggetti, che in verità non sono moltissimi, se consideriamo l'immensa produzione artistica di questo paese, sono esposti con molta cura e buona valorizzazione. E' molto probabile che la causa principale della scarsità di opere esposte, nota comune anche in tutti gli altri musei che vedremo, è data dalle distruzioni operate nel periodo della rivoluzione culturale, responsabile di quella che fu probabilmente una delle maggiori devastazioni di opere d'arte del passato della storia. L'altra nota negativa è che, essendo  la totalità del pubblico esclusivamente locale, i cartelli esplicativi in inglese sono rarissimi e poco esplicativi. Naturalmente, ma ormai è inutile rilevarlo, tutto il commento è improntato sulla minimizzazione delle altre culture, che ad esempio proprio qui nel Xinjiang ebbero invece una rilevanza storica fondamentale, a favore della vulgata della pacificazione portata dagli Han e dell'armonia tra i popoli diversi finalmente raggiunta dopo secoli di inutili contrasti. 

Comunque sia, forse anche forse per il fatto che oggi è sabato, siamo circondati da una marea di visitatori che, a frotte, si affollano davanti alle grandi vetrine in cui sono esposti gli oggetti e le cartine esplicative, mentre le guide illustrano ad attente platee di ragazzi storia e fatti riguardanti gli stessi. Uno dei pezzi più importanti è una mummia risalente ad oltre 2500 anni fa, molto ben conservata e poi molta ceramica delle dinastie del Nord e del Sud e intere collezioni di statuette del periodo Tang, inclusi gli splendidi ed elegantissimi cavallini e infine una ricca collezione di libri e documenti antichi. In effetti sarebbe stato interessante poter fruire di maggiori spiegazioni in inglese, ma bisogna considerare che il turismo straniero arriva qui in dosi decisamente omeopatiche e che quindi questo sforzo documentativo potrebbe essere considerato con buona ragione abbastanza inutile. Abbiamo ancora un po' di tempo e facciamo un giro in un vicino bazar dedicato soprattutto al vestiario, rifacendoci gli occhi in una serie infinita di negozi che esibiscono stoffe di ogni colore, sete e lustrini, borse e accessori di ogni tipo. In Cina, opificio del mondo, hai sempre questa sensazione, la merce in quantità esagerata viene esposta in con dovizia e a cascata, in una sovrabbondanza bulimica, come a voler dimostrare che qui c'è di tutto, di ogni qualità, di ogni prezzo, devi solo scegliere e comprare. Giriamo un po' riempiendoci gli occhi della rutilante varietà di offerte, infine ripieghiamo all'esterno del mercato dove tutta una serie di banchetti offre ogni tipo di frutta, per la verità abbastanza cara, ma piuttosto invitante. 

Frutta

Ci facciamo prendere dalla gola e facciamo il pieno di ciliegie, albicocche, piccole ma buonissime, litchi e un paio di dragon fruit, di un rosso così ammiccante e goloso che non potevi lasciarli lì. Oltretutto abbiamo preso dimestichezza coi sistemi di pagamento e tutto sembra funzionare per cui sembriamo ormai dei perfetti cinesi, costantemente con lo smartphone in mano che smanettano per fare qualunque tipo di operazione, dai pagamenti, alla elemosina al mendicante che esibisce il suo bravo codice Qr appeso al collo. Intanto rientriamo in albergo per ritirare i bagagli che avevamo lasciato in deposito. Nell'atrio per poco non inciampo nel servorobot, che abbiamo battezzato Battista e che ritroveremo come presenza costante in tutti gli altri alberghi cinesi. Un umanoide a rotelle che a richiesta dei clienti dalle camere via telefono, viene riempito di quanto richiesto in un apposito vano superiore, cibo che arriva tramite riders dall'esterno o altro necessario e poi va da solo a prendersi l'ascensore e ti porta le cose richieste direttamente in camera. Con una vocetta chioccia e l'emoticon del sorriso, si scusa se ti taglia la strada e procede verso la porta dell'ascensore come nulla fosse. Il mondo va avanti ragazzi, siamo noi che rimaniamo indietro. Il tassista che ci porta alla stazione è stralunato dal fatto che porta stranieri, chiama subito la moglie a casa, insegnante di inglese e vuole che parliamo con lei per confermarci come tali, non sia mai. 

Alla stazione

Intanto arriviamo in stazione, quasi nuova e anche questa faraonica e sovradimensionata nelle dimensioni come tutte quelle che incontreremo nel corso del viaggio. I cinesi pensano al futuro e quando si fanno le cose nuove, meglio progettarle per il doppio o il triplo delle necessità odierne, non si sa mai che serviranno presto. Orientarsi nella stazione, date le dimensioni sembra complicato, molti i controlli per bagagli ed i passaporti, ma poi una volta capito il giro, troviamo facilmente la nostra banchina e il nostro treno. Siamo nella carrozza 12 e gli inservienti, rigorosamente uno per carrozza come nella vecchia Unione Sovietica, aiutano molto gentilmente gli anziani, per giunta stranieri, a far salire i valigioni. Ci sistemiamo al meglio, abituandoci subito, visto che questo è il mezzo di trasporto principale che utilizzeremo per attraversare tutto il paese. Gli scompartimenti sono molto simili ai coupé russi che avevo conosciuto nella mia precedente vita di viaggiatore con la valigetta dei contratti al fianco ed i posti vengono automaticamente distribuiti dall'algoritmo delle prenotazioni in modo che gli anziani abbiano le cuccette in basso, così che si ha la possibilità di finire in scompartimenti diversi. Ma questo è il funzionamento e bisogna prenderlo com'è. Comunque il treno parte con puntualità svizzera e sfila lentamente per la immensa periferia gremita di palazzi come una foresta di cemento. Poi mentre scendono le ombre della sera, siamo fuori città, in un territorio completamente desertico, fatto solamente di montagne di terra gialla dai fianchi erosi da calanchi variegati. Poi, mentre io mi finisco ghiottamente il cartoccio di ciliegie, cala la notte.

Il museo del Xinjiang

SURVIVAL KIT

Treno notturno da Kasghar a Urumchi - Coupé da 4 cuccette - Z6518 - 21:30 - 9:00 - sui 40 € a testa. 

Datteri di Kashgar


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