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lunedì 2 luglio 2012

Gara di Country line dance al Cowboys Guest Ranch.



Il giorno più caldo dell'estate. 38°C all'ombra. La macchina un fornetto a microonde. Voghera, nella bassa padana dove l'afa stende una nebbiolina sulle coscienze delle casalinghe inquiete. Un capannone colossale. In realtà un grande forno dove puoi bollire una intera mandria di manzi e manzette, quelli che si azzoppano sulla pista di Abilene. Quella pista infinita da percorrere in mesi di fatiche per arrivare lì, sotto il capannone di Voghera del Cowboys Guest Ranch, al Country Festival 2012, dove passano come ombre i fantasmi di Tex e dell'OK Corral, dove ci sono 50°C buoni, con jeans pesanti e stivali texani ai piedi. tacchi che battono sulla pedana di legno, con ritmo che incalza e alza la polvere del New Mexico. Polvere, sudore, sangue (no, sangue no, ma quasi). Altro che rave party, centinaia di persone che ballano senza tregua, aspettando la gara. Date un'occhiata ai video. I quello sopra potete vedere anche la mia gentile signora, in quello sotto invece,170 ragazzi che si sono smazzati migliaia di km in pullman dal nord della Francia e dalla Spagna, per ballare questi 3 minuti. Se non è passione vera questa! La mia ragazza e gli amici del Country Fever erano "solo" 73, e sono arrivati quarti, mica male! L'ho riportata a casa un po' cotta ma sana e salva.




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lunedì 11 aprile 2011

Country line dance.




Metti una sera dopo cena. Una corsa veloce nella notte già calda di una primavera quasi estiva, zigzagando tra le risaie della Lomellina, ormai scure e deserte come della badlands dell'Arizona. Un paesino, Frascarolo, ormai addormentato dopo le 9 di sera, un piccolo bar con le finestre accese ed una tenda dove si sta aggregando un gruppo di persone. Comincia la musica, ma niente canti di mondariso o consueti revival da sagre paesane. Sonorità ed accordi di chitarre introducono cappelli similstetson, stivali texani operati, camicie a scacchi e fazzoletti con bandiere del sud. E tutti cominciano a ballare, il gruppo compatto si coordina in automatico in ranghi ordinati con coreografie complesse e difficili, evidente risultato di lughi anni di allenamento. Tutti si divertono, uomini compresi, che si sa, sono una parte del genere umano assolutamente inidoneo al ballo, eppure in questa Country line dance dove non acchiappi neanche una dama tutta per te, eccoli lì un sacco di maschi che si muovono a tempo. Niente da fare, qui si che soffia e forte il vento del west.

Sarà che tutti, da ragazzi sognavamo di fare i cowboy, quando ancora gli indiani erano i cattivi; sarà che il cappello in testa e le cinture con la grande fibbia d'argento muovono la fantasia e tutti hanno desiderato la mitica route 66 con vento che corre tra i capelli, mentre la Harley corre tra i deserti rossi e le rocce di Monument valley, che la bandana non l'ha inventata Silvio. Sognavamo Tex tra i Piute e i Navajos che in fondo erano brava gente già allora e ci vedevamo in un saloon di Abilene, con l'Appaloosa legato alla staccionata e i manzi ormai marchiati, ma con la pistola pronta e veloce casomai si dovesse dare una mano al ghigno triste di John Wayne, anche quando dovevano issarlo sul cavallo con la gru.

E' così, la country music mette allegria e forse davvero i piedi si muovono da soli quando scattano il Toush Poush o il Cannibal Stomp, pensate poi alle femmine che ballerebbero anche al sentire cetre e ditirambi, chè Tersicore è donna, non c'è niente da fare, figuriamoci poi se di mezzo ci sono gonne con le frange o jeans attillati. La birra scorre a fiumi naturalmente e il tempo passa in fretta, con l'unica concessione mediterranea di una pasta all'amatriciana di mezzanotte, che le calorie si devono pur recuperare. Quando si spegne la console e i gruppo del Country Fever e gli altri amici si disperdono tra saluti e arrivederci ai prossimi appuntamenti, la notte è fonda ormai. Il gancio della luna illumina il deserto intorno alle ultime case del paese che pare abbandonato. Lontano, al di là delle risaie immense e solitarie, ulula il coyote.


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mercoledì 19 gennaio 2011

Etologia della danza.

Oggi bisogna alleggerire un po', se no l'aria diventa troppo pesante; già la nebbia è implacabile e non smette di avvolgere la città come l'Alessandria dei tempi migliori. Comunque una delle dimostrazioni, se mai ce ne fosse ancora bisogno, del fatto che l'uomo e la donna sono due specie diverse è data dal ballo. Questa strana attività, che comunque accompagna le nostre due individualità fin dai primordi, nasce come tante, arte, attitudine alla filosofia ecc, per appagare qualche bisogno nascosto che trova sfogo nell'applicarsi a cose apparentemente inutili alla vita ed alla sopravvivenza, ma che evidentemente danno una qualche utilità accessoria che, con la soddisfazione che concede, rende l'attività stessa congrua e giustificata. Come ho già detto, la sottospecie maschio, alla fine un qualche utile di fondo lo ha di solito trovato, basta osservare lo sguardo famelico che i giovanotti hanno sempre avuto quando si aggirano nei luoghi deputati, controllando le aggregazioni dell'altra sottospecie per valutarne l'attitudine e marcando continuamente il territorio.

Nella femmina invece gli accadimenti sono strani e di più difficile interpretazione. Appena nell'aria si snoda una melodia o meglio ancora un ritmo, sia esso provocato dalla siringa di Pan o da percussioni tribali, sia che le note si dipanino suadenti come a formare un tappeto fiorito che addobba come palcoscenico naturale un qualunque ambiente, ecco che un fremito smuove l'aria, con movimento involontario, le ginocchia sono prese da un tic nervoso, i piedi si muovono da soli, il corpo intero comincia a contorcersi come a liberarsi delle pastoie della ragione e le baccanti improvvisate vengono travolte dalla furia coreutica e scatenano le loro pulsioni tersicoree su palchi improvvisati. Tutto ciò probabilmente ha una spigazione ancestrale in cui l'esibizione dei corpi, il sottile languore che viene trasmesso dai movimenti sinuosi ed il ritmo ossessivo è fondamentale nell'ottundere i già scarsi processi mentali del branco famelico della sottospecie avversaria, di cui abbiamo detto prima, attirandola morbosamente al fine di poter sceglierne gli esemplari migliori, eliminando gli altri, inutili co-attori di questa recita infinita. La realtà è che la femmina ama ballare senza se e senza ma. Il problema è che col passare del tempo, il branco famelico diminuisce continuamente di numero, appesantito ed appagato da altri soddisfacimenti meno raffinati e decisamente più rozzi, dal cibo ormai abbondante e disponibile, all'ordalia sportiva che placa il germe violento dell'ormone infiacchito dall'età.


Così per appagare comunque la voglia mai sopita di muovere i corpi al ritmo delle cetre e dei timpani, sono sorti come funghi appositi luoghi dove strutture dedicate campano di questi desideri, istruendo le novelle Menadi alle ultime novità. Naturalmente le poche fortunate che hanno ancora a disposizione un rappresentante della sottospecie nemica, adatto alla bisogna e anzi ben contento di sottoporsi alla fatica, possono spaziare nel vasto mondo dei balli di coppia, dal liscio al latino americano, fino al sensuale ed avvolgente tango argentino. Le poverette, invece, che non riescono ormai più a smuovere i corpacci in disfacimento su cui un tempo, avevano cullato dolci illusioni, li abbandonano nelle poltrone dotate ormai di vibromassaggio e si trovano costrette a ripiegare sui cosiddetti balli di gruppo, nati appunto, come è giusto, vista la richiesta, per soddisfare questi pruriti. Grande successo quindi, grazie alle novelle Mimallonidi, per il Country line, ballo che arriva dal nuovo mondo, ma che si avvale di esperienze antiche e che può dare finalmente le cercate soddisfazioni. Certo bisogna controllare che l'investimento dia i risultati attesi. Ecco quindi a corredo della chiacchierata di oggi, la performance della mia sposa appartenente ormai di diritto al corso advanced.







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La musa inquietante.






giovedì 4 febbraio 2010

La musa inquietante.

Ne ho già parlato, ma devo ribadire che Tersicore è una Musa che pretende fedeltà e dedizione, quando ti accoglie tra i suoi adepti, non c'è più niente da fare, è un abbandondarsi totalizzante che non lascia spazio ad altre passioni, che ti prende senza che tu possa più opporti al suo abbraccio soffocante. E come ho già detto è, in generale, la femmina a soggiacere a questo dominio, quando entra nel tempio e se ne fa sacerdotessa per sempre, pronta a partecipare e a subirne i prepotenti e periodici baccanali, in cui persa la cognizione del tempo e dello spazio si fa interprete perfetta del volere della dea. Tutti credo concordano col fatto che invece, il genere maschile è assai meno sensibile a questo morbo, se non in rari casi, in cui diventa difficile discernere se l'attività coreutica è veramente fine a se stessa ed al godimento puro che deriva dallo stordimento causato dall'apnea delle continue giravolte, con conseguente minore afflusso di sangue arterioso agli emisferi cerebrali, cosa che come è noto era ricercata da certi particolari cultori del piacere estremo, oppure se viene considerata come parte accessoria ma non certo secondaria, dell'arte dell'acchiappo, attività questa, ancora molto curata da diversi elementi, anche in età più avanzata, che suggerirebbe all'opposto, altre e meno impegnative, se pur soddisfacenti dedizioni, come gli scacchi e le bocce (aggiungo per carità di patria, tenere in piedi un blog). Rimane il fatto che tutte queste sacerdotesse ambirebbero invece ad avere un sacerdote accanto che consentisse contemporaneamente lo studio e lo sviluppo del baccanale in maniera tradizionale, mentre, proprio per le ragioni sopra accennate, questa categoria deficita nel modo più tragico, costringendo le poverette a non potersi dedicare a settori come il liscio e i balli standard per totale mancanza di materia prima. Più soddisfazione invece arriva dalle sezioni latino-americano e tango argentino, ma qui è facile leggere la cifra della succitata voglia di acchiappo, che fa lievitare se pur di poco, la presenza maschile. Ecco il motivo del grande successo dei balli di gruppo che possono sfuggire parzialmente a questa logica di coppia, potendo comunque avere soddisfazione anche da una sbilanciata presenza dei due sessi. La mia povera signora è stata particolarmente sfortunata sotto questo riguardo, avendo maturato da un lato una sfrenata passione per la danza e subendo al suo fianco la presenza di un personaggio, assolutamente inadatto, per dimensioni e per attitudine, alla bisogna. Per non intristirsi dunque avvizzendo vicino al caminetto nei lavori di ricamo e di tombolo, abbandonata da tempo la sublime arte del Tai Ji (dopo aver confessato che praticava solo per amore), ha dovuto quindi rivolgersi a questo tipo di balli, che per la verità, anche visti dall'esterno appaiono accattivanti e non privi di una loro selvatica attrattiva. Così il virus della febbre del Country Line Dance e la scuola di ballo Eclisse, l'hanno ormai completamente conquistata, ne è avvinta e convinta allo stesso tempo e pare ne tragga un buon giovamento fisico e psicologico e questo mi sembra che sia un bene. Naturalmente io, anche se non partecipe dell'attività più propriamente ludica, sono chiamato spesso ad intervenire per documentare e allo stesso tempo ho così la possibilità di apprezzare i progressi e di controllare che il danaro delle lezioni sia stato ben impiegato. Comunque anche al fine di tenervi al corrente di questi fatti, allego il video che illustra la performance di Natale, chi sa che anche qualcuna delle mie lettrici non venga attratta nel gorgo. Non fatevi distrarre dagli altri ballerini, la mia ha cappello nero e camicia a scacchi blu.

sabato 16 gennaio 2010

Il poncho ricamato.


Ancora pochi kilometri nella selva poi, un altro piccolo paese, Zinacantan, poche case sparse attorno ad una chiesa bianca profilata di giallo vivo. Era in corso una festa e tutto il sagrato era addobbato di colori e di festoni, mentre gli uomini con in testa il Majordomo ballavano al suono di una orchestrina . Suoni che curiosamente mescolavano sonorità latine a ritmi più cupi, più antichi e severi capaci di dare un senso di estraneità senza vera allegria. Gli uomini a piedi nudi, ballavano ritmicamente e anche rimanendo a prudente distanza era tutto un rutilare di colori vivacissimi che emergevano con prepotenza dai mille ricami delle loro camicie che la tradizione vuole preparate con cura dalle donne della famiglia. Questa è una delle principali attività delle donne Tzoziles che abitano questa parte della selva e si dice che se non è in grado di ricamare una bella camicia per il suo uomo, una ragazza non è ancora pronta per sposarsi. Lasciammo la piazza lungo un sentiero laterale senza dare nell’occhio, dopo aver visto l’interno della chiesa in tutto simile a quella di Chamula, con un piccolo specchio alla base delle statue lignee dei santi, dove il postulante per liberarsi della brujerìa, il malocchio, dopo aver preso la pozione di erbe suggerita dal curandero, esegue la limpia, raccontando la sua storia tra le lacrime e pregando fino a che la sua espressione non appare serena. Lo specchio la restituisce tale solo quando il dio-santo lo ha perdonato, dopo l’offerta magari di quattro uova e della lunga preghiera protratta fino allo sfinimento. Niente sacerdote, neanche qui, un cappuccino viene solo qualche volta all’anno per somministrare i battesimi e se ne va dopo aver celebrato una breve messa. Curiosando tra le case, il volto triste di una bimba che fungeva da butta dentro, ci invitò ad entrare in una capanna a due stanze. Nella cucina, con il fuoco al centro bolliva una gran pentola nera con verdure, mais e fagioli, mentre il fumo usciva dalla piccola apertura sul colmo del soffitto. Buttò dentro una gran manciata di chilli rossi come il fuoco e come i ricami che ornavano la sua camicia bianca, mentre nell’altra camera, la figlia grande lavorava su un telaio mobile una lunga pezza di stoffa colorata. Su uno sgabello in un angolo, un vecchio televisore in bianco e nero forniva il rumore di fondo dell’ambiente. Comprammo un sacco di cose e non solo per gli occhi tristi della bambina, poi prima di andarcene, la vecchia, con un calcolato coup de theatre, ci mostrò uno straordinario huipiles, una sorta di poncho, vecchio di qualche decennio, con un fittissimo ricamo di uccellini colorati disposti con ordine attorno al buco centrale, un lavoro talmente bello e piacevole da non poterlo lasciare là. Breve trattativa con la vecchia tzozile, di poche parole, ma rigida nella definizione del prezzo e ce ne tornammo alla macchina accompagnati per mano dalla bambina, che già sembrava avere gli occhi un po’ meno tristi. Tornammo a San Cristobal mentre calava la notte, felici come ragazzini e festeggiammo la serata a El Tuluc. Tortillas con formaggio fresco e infine un piatto imperiale: uno strepitoso filetto relleno de queso amarillo con espinachas, completamente avvolto da fette di bacon e, come diceva Tex Willer accompagnato da una montagna di patate fritte.



lunedì 7 dicembre 2009

Suoni tra antiche mura.

La notte è scura e senza luna, ma lungo tutto il fianco della montagna la scala coperta illuminata del Forte di Fenestrelle, che tanto emozionò DeAmicis, risale come un serpente le balze ripide della chiusa, un blocco dopo l'altro, come le caselle di un Lego di giganti. (Magari date un'occhiata qui, al sito ufficiale). I cortili interni, i ripidi passaggi tra i bastioni, sono coperti da un leggero strato di polvere di neve scivolosa portata dalla tormenta che di tanto in tanto sibila tra le alte mura. Le stesse sensazione che ho provato a Simatai, un tratto diroccato, un po' lontano dal turismo di massa, della Grande Muraglia, coperta di ghiaccio e di neve e siamo solo a poche decine di kilometri da Torino. E' un passaparola rapido ed ecco in un attimo, centocinquanta persone convergono verso Porta Reale illuminata per una serata occitana. Sarà questo il viral marketing a cui fa cenno ParkaDude nel suo commento al mio post precedente? Basta promettere un po' di musica ed eccoli qua, un po' infreddoliti nelle giacche a vento per il piacere di ascoltare le sonorità medioevali della ghironda, il ritmo battuto dei paesi d'Oc, il desiderio di un ballare di gruppo. Certo lo spettacolo della fortezza illuminata e le suggestioni dei suoi spazi interni gioca un ruolo fondamentale nelle sensazioni che vengono suscitate, ma forse un buon aiuto lo avrà dato anche la promessa di una cena dai sapori valligiani, certo preparata con lo scopo di dar forza e resistenza ai ballerini nell'agone che li attendeva. Nei protetti saloni, dove un tempo le guarnigioni aspettavano un nemico mai giunto o sorvegliavano prigioni di rango a partire dalla Maschera di Ferro, gli involtini di prosciutto si succedevano alle delicate frittatine ai funghi, seguite dai più classici tomini al verde, la polentina al forno col lardo croccante, la tipica glara, piatto della valle, infine miniagnolottini burro e salvia e crostate di frutti. Il tutto per 10 euro, un obolo che da solo varrebbe la vista della fortezza illuminata. Ma non erano ancora stati tolti gli ultimi piatti dalle tavole, che già dai saloni di Porta Reale arrivavano i primi accordi della Courento d'la Val Clusun, la furia coreutica, in particolare delle femmine presenti, non si riusciva più a trattenere ed a gruppi serrati, badando ai ripidi scalini, ecco le baccanti accorrere e gettarsi nella mischia. Cosa ci sarà nel genoma femminile a scatenare questa bramosia tersicorea di muovere il corpo secondo i ritmi di ogni luogo e di ogni tempo? Tu parli, ma è chiaro che non vieni ascoltato, si è interrotto il meccanismo della comunicazione; mentre sale lontano il battere delle percussioni, l'occhio delle fanciulle a te vicine, si fa fisso e vitreo, la palpebra sbatte, la pupilla si dilata, mentre il capo si muove a scatti nelle varie direzioni. I piedi si muovono da soli e un fremito percorre tutte le membra, poi il vortice le prende e te le porta via finchè la musica durerà. Certamente in tutte le culture la donna ha sempre ballato per l'uomo, ma anche per sé stessa, per abbandonarsi al piacere ludico di nuovere il corpo, di seguire una cadenza, di battere un ritmo. E bravi a segnarlo il ritmo occitano, questi ragazzi della Peiro Douzo, che non hanno mollato fino all'una, per la gioia dei presenti, tra rigodun e scottish, fandanghi e bourré. Basta poco alla gente per divertirsi, certo un luogo del genere aiuta, avrebbe detto avrebbe detto la Marchesa, qui imprigionata, ma secondo me, se andate a darci un'occhiata, rimarrete stupiti e meravigliati anche voi.



lunedì 1 giugno 2009

Mettersi alla prova.

Sul fatto che la Val Varaita sia un paradiso verde intenso, credo saranno tutti d'accordo. Il problema è riuscire ad evitare le giornate nebbio- piovose, quando le nuvole cominciano a calare verso il basso e l'umidità fredda tutto avvolge per ricordarci la nostra debolezza. Ma il gruppo di camminatori trappisti a cui appartengo per interposta persona, non demorde e non cede di fronte a nessun segno meteorologico. Quando si deve andare non ce n'è per nessuno, la cima deve essere raggiunta ed il camminare è dolce anche se il polverino delle microgocciole inumidiscono le gote e gli scarponcini cominciano la loro opera piagante anche sui calcagni che dovrebbero già essere usi alle prove più impegnative. Ma non di sola sofferenza vive l'uomo, così è stato scovato da Carla e Loris, esperti esploratori del gruppo, un gradevole alberghetto a Sampeyre , l'albergo Alte Alpi, nel centro del paese, che per una risibile cifra, oltre a dare riposo alle stanche membra, fornisce un menù tipico della valle di tutto rispetto. Si comincia infatti con una scelta di salumi di cacciagione (salame di cinghiale, di cervo, e di altri ungulati) molto profumati e arricchiti da burro locale alle erbe, si prosegue con una sorta di salade della casa di pollo equilibrata nei sapori, una rolata di coniglio addolcita da carotine e verdure, un carpaccio di piemontese con un delicato olio ligure che non annichiliva la gustosità della carne, uno sformatino di funghi locali e un capunet della tradizione piemontese con il cavolo delicatamente croccante. Un primo di gnocchette della valle con panna e burro fuso, non mi hanno levato la possibilità di un assaggio di un agnolotto al tartufo nero e salvia. Sono crollato dinanzi alla polenta e cinghiale e prima delle crostate, ma qualcuno ha avuto la forza di assaggiare l' arrosto di tenero agnello. Potenza del camminare. Non posso fare a meno di allegare una documentazione iconografica. Sulla strada del ritorno, sotto la pioggia scrosciante non ho saputo resistere alla tentazione e, tanto per proseguire la polemica dei giorni scorsi, ci sono cascato di nuovo, fermandomi lungo la strada vicino ad un banchetto di un produttore di frutta, circondato dagli immensi frutteti della zona per effettuare un acquisto a km zero. Naturalmente di kilometri ne avevo già fatti una sbarcata, ma tanto di lì dovevo passare. Le mele bollate e striminzite, quelle che al supermercato buttano nel cassonetto, le vendevano allo stesso prezzo del mio negozio, mentre zucchine, fragole e ciliege, tutta roba di stagione, molto più care. Si sa, dal produttore al consumatore la strada è più corta e magari il consumatore ha il cervello in debito di ossigeno. Poi però si lamenta che il grossista gliele compra a 10 cent. Per fortuna la serata, dedicata ad una severa applicazione di Country Line Dance ha fatto smaltire ad alcune le calorie accumulate.






Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!