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lunedì 5 ottobre 2020

Luoghi del cuore 65: Una torre antica a Lu Monferrato


Balconata di Lu Monferrato - 4 ottobre 2020



Campanile
Trasportarvi in poche ore, dal centro di Sulawesi alle colline monferrine, sembra un po' il gioco del vorrei me non posso, la volpe e l'uva o giù di lì. Va bene che siamo incatenati in casa coi piedi inchiodati al pavimento come le oche da fois gras, ma anche se è ovvio che i problemi sono ben altri e che lamentarsi è da dementi, purtuttavia, c'è molta gente che come me, morde il freno e si dispiace che il poco tempo che gli rimane vada sprecato, sul divano davanti alla televisione. Tiè, sono sette mesi e per chissà quanto ancora, che avevo voglia di dirlo e adesso mi è scappata e l'ho detto. Sia come sia, all'inizio dell'autunno andare su è giù per le strade del Monferrato è comunque un privilegio raro,come mi diceva una volta un collega americano, con le foglie dei vigneti che cominciano ad arrossire come fanciulle beccate a bere di gusto dalla coppa di Bacco. Ogni collina, ogni cocuzzolo e non erto e carognoso come certe asperità dove la violenza della natura mostra ancora evidenti i lavorii della sua violenza scioccamente inattesa, ma si svelano dolcissimi e delicati con curve morbide e lievi come mammelle appena sbocciate. Su ogni punto appena un poco più elevato, mentre prati ancora verdi e vigneti ordinati salgono lenti, un paese dai tetti rossi ed in cima un campanile o una torre, da cui puoi fermarti a rimirare tutte le altre che ti circondano, un cerchio magico che ha rari paragoni. Lu Monferrato, nome curioso e sintetico, uno dei tanti con le vie strette e concentriche che circondano il punto sommitale, case vecchie e per la maggior parte con le persiane chiuse da tempo immemore, è fatica vivere dove all'intorno ci sono poche opportunità. 

La salita alla torre civica

Proprio la cima del paese è stata lasciata libera da costruzioni, un prato verde, gradini erti per raggiungerlo, che ancora mantengono nel cemento scritte inneggianti ad un regime passato, al centro la torre quadrata e semplice che domina la balconata con la spettacolare vista all'intorno, di qua Cuccaro, Moncalvo, Vignale e più lontani, a chiosa ognuno delle rispettive colline tutti gli altri paesini uguali e diversi dello splendido Monferrato, di là l'inizio della pianura dove intravedi anche Alessandria. La torre segna il punto, protezione e minaccia al tempo stesso, simbologia di potere, al di sotto del quale puoi metterti al riparo, ma a cui è necessario dare ubbidienza; niente anarchia sotto queste torri e guarda bene sul lato ovest, ancora è bene chiara la gabbia dove si esponeva la testa dei ladri più pericolosi come quel manigoldo che osò rubare le reliquie del Santo custodite nella vicina chiesa per appropriarsi della preziosa teca nella quale erano custodite, come raccontano le cronache di epoca settecentesca, un certo Pietro Bello di Grazzano che, come ricorda la sentenza, fu condannato “a dover essere trascinato a coda di cavallo fino al luogo del patibolo ed ivi pervenuto debba essere appiccato per la gola, di modo ché muoia e la di lui anima si separi dal corpo, indi tagliatogli il capo dal carnefice, da esporsi in pubblico nel luogo di Lu e poscia il di lui cadavere sia parimenti abbrucciato col fuoco ivi preparato”. Non so se mi spiego, il capo condannato a rimanere lì a futura memoria, marcendo alla mercé dei corvi fino a che qualcun altro non prendesse il suo posto. 

La gabbia della testa

Appena sotto, la grande chiesa cinquecentesca, come le altre del paese, ad esporre rosse facciate di mattone vivo, materia povera, propria delle possibilità da paese, ma ugualmente grandiosa e apparentemente sovradimensionata se rapportata all'abitato che le sottende. L'interno quasi fastoso con i suoi affreschi e una famosa cappella con elencate le centinaia di abitanti del paese che ebbero la vocazione, una percentuale davvero inquietante. Il curato che distribuisce cioccolatini per la festa dei nonni, qualche persona intorno, qualche disperato al bar, per dimostrare che il paese non è completamente abbandonato. Le altre chiese, più piccole ma ugualmente dignitose alzano orgogliose i campanili al cielo, chiuse, crisalidi non più necessarie, mute testimoni di tempi diversi. S. Martino, S. Biagio, S. Maria, S. Nazario. Qualche calcinaccio cade di tanto in tanto, ma non c'è molta gente che possa prendersene cura; anche l'imponente edificio di epoca fascista, che cade letteralmente a pezzi inutile ed abbandonato da decenni, ha porte e finestre sbarrate da tavole di legno per impedire che qualcuno, venuto da chissà dove lo occupi abusivamente. Ma tutto intorno, le strade che ruotano l'abitato, mostrano frequenti balconate sulla dolce bellezza che le circonda, una visione annebbiata soltanto dai molti effluvi di saporosità monferrina che si levano nell'aria verso il mezzogiorno. Il tasso di presenza di ristoranti nella zona proporzionato al numero di residenti, sembra che sia tra i più alti del mondo, ci sarà una ragione, direi, ecco perché l'ora indicata è tra le più adatte alla visita. D'altra parte il Monferrato è anche questo.

Cuccaro

SURVIVAL KIT

Il Ristoro - Via Marconi 125 - Lu M.to - Cominciamo subito dal fatto che la visione del panorama dalla balconata vale già da sola la visita quindi bisogna aggiungere che il ristorante ha il tono di una elegante casa privata. Il menù è tipicamente monferrino senza sorprese o rivisitazioni. Preantipasto con aperitivo di bollicine gentilmente offerto, antipasti di assaggio: flan con fonduta, battuta ottima, da condire se volete con del buon olio, lingua al verde, vitello tonnato; due assaggi (abbondanti) di primi: tagliatelle al sugo tradizionale di Lu e agnolotti classici di arrosto, secondo maialino lardellato (delizioso) o coniglio o brasato, dolci classici, io ho scelto un semifreddo alle amarene molto buono. Caffè con biscottini e amari offerti. Servizio elegante e cameriere gentilissime. Prezzo congruo. Consigliato.



ULTIM'ORA

Il campanile di S. Biagio (foto S. Mazzoglio)

Leggo in questo momento un articolo sul Piccolo che proprio ieri sera alle 21,30, nove ore dopo che lo avevo fotografato proprio lì sotto, il campanile cinquecentesco della chiesa di S.Biagio è crollato dopo le piogge dei giorni scorsi. Pensare che poco prima ero lì sotto mi fa un po' senso. Eppure sembrava così solido! Neanche l'invasione spagnola lo aveva sfiorato.







Monferrato
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Antica finestra

Imputato alzatevi

martedì 14 agosto 2012

Il forte di Fenestrelle.

Vista del forte di Fenestrelle dall'Andour.


Triste muraglia.
Distesa sul crinale,
vano baluardo.




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Tarda primavera.

domenica 14 marzo 2010

Elezioni regionali.

Certo l'Europa è una vecchia signora demodée e priva di slanci. Ha finito gli ormoni e si preoccupa solo, ricca e decrepita, delle rughe della pelle che mostrano la sua irrimediabile discesa e non pensa né si preoccupa per la quantità di neuroni che ogni giorno le si spengono nella testa, i giovani che diminuiscono o se possono se ne vanno. L'Italia va ancora peggio, ormai infettata dal virus di un declinio inarrestabile e si lascia andare come quei vecchi in un triste ospizio, ossessionati solo dai problemi della sicurezza, che infermiere interessate istillano loro ogni giorno assieme al Valium, per sedarne gli ultimi momenti di lucidità. In fondo non è nemmeno spiacevole accettare un allettamento definitivo, in un bambagismo senza spigoli, che ti fa guardare con occhio benevolo l'amoralità dei comportamenti, che ti fa superare il disgusto per la corruzione istituzionalizzata, accettata comunque perchè almeno così qualcosa si fa, senza un moto di ripulsa quando ogni volta che scoperchi una pietra, vengono fuori i vermi. Il tutto condito con la più classica invidia dell'anziano verso il potere smaccato, che non ha potuto avere o che non ha più o che se ancora ne detiene uno scampolo non vuol mollare a tutti i costi perchè gli mantiene l'illusione della gioventù, il potere che serve ad avere danaro e sesso, le due ossessioni dell'uomo. Ma scendiamo ancora più giù lungo le ripe scoscese delle Malebolge ed arriviamo alla mia terra, alla mia città popolata di vecchi accidiosi che tali, per tradizione erano anche da giovani, già nati vecchi; una città che da 80 anni non ha saputo mai innovare, ma che è scesa lentamente verso il basso, perdendo a poco a poco ogni suo punto di eccellenza. Il mio amico Ping, quando viene in città dalla Cina, si meraviglia di ritrovarla sempre uguale. - In 20 anni, avete fatto tre case nuove e un ponticello che va bene per la Barbie.- Eh già, da loro, una città come la nostra la rifanno in un anno. Ora le toglieranno anche quello scampolo di Università che manteneva, con qualche ragazzo, un minimo di presenza giovanile. Città specchio di una regione, il Piemonte ormai diventata simbolo nazionale della decadenza, delle occasioni perse, delle rimostranze su come si doveva fare. Quadro troppo pessimista e negativo? Lo specchio e la conferma di tutto questo sono le elezioni regionali alle porte. Ieri un amico, acuto osservatore del dibattito politico, mi faceva notare una cosa interessante. Con l'aria che tira, le elezioni le vincerà certamente un personaggio di una forza politica dichiaratamente milanocentrica, proveniente da un'area del Piemonte che non si sente affatto piemontese, ma lombarda. Un partito che non ha mai fatto mistero di considerare il Piemonte come un'area depressa da tenere come serbatoio di voti, ma da depredare progressivamente di ogni attività economica utile alla crescita. Chiedetelo ai dipendenti del San Paolo, vi faranno un bel quadro di come sono contenti da quando quella che doveva essere un'unione alla pari, ha spostato l'asse del potere completamente ad est. Anche la piccola Cassa di Risparmio di Alessandria è stata assorbita da una banca milanese. Il Gruppo del Credito Valtellinese è venuto a fare shopping da noi, dove ormai tutto è in svendita. Un Governatore della regione di tal fatta completerà l'opera? Se questo avverrà, non bisogna piangere, io credo che abbiamo quello che ci meritiamo. Pensate che un argomento come questo non viene neppure utilizzato dalla sua avversaria politica. Forse neanche ci pensa più il piemontese tipo, abituato a pensare sempre al ribasso, a ridurre le spese, a resistere con quel poco che ha fino a quando arriverà la mietitrice a toglierlo dalle grane, di potersi ancora permettere la Mercedes (Bresso).

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lunedì 1 giugno 2009

Mettersi alla prova.

Sul fatto che la Val Varaita sia un paradiso verde intenso, credo saranno tutti d'accordo. Il problema è riuscire ad evitare le giornate nebbio- piovose, quando le nuvole cominciano a calare verso il basso e l'umidità fredda tutto avvolge per ricordarci la nostra debolezza. Ma il gruppo di camminatori trappisti a cui appartengo per interposta persona, non demorde e non cede di fronte a nessun segno meteorologico. Quando si deve andare non ce n'è per nessuno, la cima deve essere raggiunta ed il camminare è dolce anche se il polverino delle microgocciole inumidiscono le gote e gli scarponcini cominciano la loro opera piagante anche sui calcagni che dovrebbero già essere usi alle prove più impegnative. Ma non di sola sofferenza vive l'uomo, così è stato scovato da Carla e Loris, esperti esploratori del gruppo, un gradevole alberghetto a Sampeyre , l'albergo Alte Alpi, nel centro del paese, che per una risibile cifra, oltre a dare riposo alle stanche membra, fornisce un menù tipico della valle di tutto rispetto. Si comincia infatti con una scelta di salumi di cacciagione (salame di cinghiale, di cervo, e di altri ungulati) molto profumati e arricchiti da burro locale alle erbe, si prosegue con una sorta di salade della casa di pollo equilibrata nei sapori, una rolata di coniglio addolcita da carotine e verdure, un carpaccio di piemontese con un delicato olio ligure che non annichiliva la gustosità della carne, uno sformatino di funghi locali e un capunet della tradizione piemontese con il cavolo delicatamente croccante. Un primo di gnocchette della valle con panna e burro fuso, non mi hanno levato la possibilità di un assaggio di un agnolotto al tartufo nero e salvia. Sono crollato dinanzi alla polenta e cinghiale e prima delle crostate, ma qualcuno ha avuto la forza di assaggiare l' arrosto di tenero agnello. Potenza del camminare. Non posso fare a meno di allegare una documentazione iconografica. Sulla strada del ritorno, sotto la pioggia scrosciante non ho saputo resistere alla tentazione e, tanto per proseguire la polemica dei giorni scorsi, ci sono cascato di nuovo, fermandomi lungo la strada vicino ad un banchetto di un produttore di frutta, circondato dagli immensi frutteti della zona per effettuare un acquisto a km zero. Naturalmente di kilometri ne avevo già fatti una sbarcata, ma tanto di lì dovevo passare. Le mele bollate e striminzite, quelle che al supermercato buttano nel cassonetto, le vendevano allo stesso prezzo del mio negozio, mentre zucchine, fragole e ciliege, tutta roba di stagione, molto più care. Si sa, dal produttore al consumatore la strada è più corta e magari il consumatore ha il cervello in debito di ossigeno. Poi però si lamenta che il grossista gliele compra a 10 cent. Per fortuna la serata, dedicata ad una severa applicazione di Country Line Dance ha fatto smaltire ad alcune le calorie accumulate.






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