E’ sempre stata una questione ontologica; fin dalla notte dei tempi sono esistite tra i viventi due categorie kantiane, assolute, separate da una barriera invalicabile; poi con il passare dei millenni ciò che era scritto nel libro della natura si è andato istituzionalizzando e si sono così formate, migliaia di anni fa le due CRU (caste riconosciute ufficialmente), quella dei Keepintheass, la più numerosa, popolata e caciarona, e quella dei Putintheass, elitaria, quasi nobile, a cui non si accede specificamente per censo, nascita o merito, anche se questo aiuta assai, ma più per inclinazione naturale, per dote innata. Transitare da una casta all’altra è quasi impossibile anche se molti lo tentano invano, la propria natura ti risucchia inevitabilmente come in un magma denso e puzzolente. I Put (così sono chiamati per brevità) sono in generale forti e potenti e con questa loro forza possono permettersi di essere liberal, aperti e generosi, tanto poi spetta a loro dettare le regole della partita a carte distribuite, mentre i Keep sono brutti, sporchi e cattivi, sono deboli e poco capaci, timorosi che anche quel poco che hanno sia loro tolto; così sono facilmente e giustamente manipolabili dall’altra casta che sfruttando queste loro debolezze porta a compimento l’unica relazione esistente tra le due caste. Così sempre temendo, sono razzisti, malevoli ed egoisti, ricettacolo di tutte le nequizie, vivono decentemente solo in quegli angoli della galassia popolati prevalentemente da criptopenici. Paularius, Put da innumerevoli generazioni, era un po’ preoccupato per la quotidiana rogna che la sua posizione di presidente dei proprietari minerari gli imponeva quel giorno. Era già svanita la serenità, tipica di chi fa il proprio dovere, che gli aveva dato la serata precedente trascorsa con gli i ragazzi della Gilda delle Zilionny Rubachky, in ronda in città, dove avevano scovato un gruppetto di Andromediani clandestini in un sottoscala, dando loro la lezione che si meritavano e che d’altra parte la legge prevedeva. Anche se uno dei suoi, un piccolo Megalopenico di Antares II si era tolto delle belle soddisfazioni e se prima di tornare a casa al meritato riposo, se ne erano grigliati un paio, senza neanche mangiarseli tutti, che erano duri e fibrosi da morire, ognuno aveva riguadagnato il letto con i pensieri e il peso morale delle incombenze della giornata successiva. Infatti alle 10:00, Paularius aveva convocato la commissione dei Morigeratores per comunicare l’applicazione rigorosa della nuova legge appena approvata al Parlamento galattico, l’istituzione delle gabbie salariali a tutti i lavoratori delle miniere. Puntualmente, all’ora prevista, si presentarono in quattro, lasciando una lunga scia bavosa sul pavimento di legno pregiato. Erano gasteropodi Keep dell’emisfero Sud e anche se gli furono subito antipatici, cominciando con le solite bavose lamentazioni, li ascoltò con degnazione. Ad un suo cenno della mano cessarono però subito di sproloquiare e Paularius con poche taglienti parole rimarcò i vantaggi che la nuova legge avrebbe portato a tutti i lavoratori, in fondo era stata promulgata nel loro esclusivo interesse. Le Gabbie sarebbero state istallate appena fuori della miniera ed i lavoratori che non avessero mantenuto gli standard produttivi, mensili, s’intende, così chi avesse problemi fisici, poteva tranquillamente recuperare nei giorni successivi, sarebbe stato cosparso di sale e appeso nelle gabbie stesse per dieci giorni, affinché i vapori di cloro dell’aria gli corrodessero almeno parzialmente le appendici, a monito di tutti gli altri che, passando, sarebbero stati correttamente e senza altra coercizione, stimolati ad aumentare la produzione. Le Gabbie salariali erano il futuro dei rapporti di lavoro anche per tutte le altre galassie che guardavano a questa riforma come ad un punto fermo per i rapporti del mondo del lavoro. Uno dei Morigeratores prese la parola ed iniziò una incomprensibile giaculatoria sulla giustizia e sull’uguaglianza tra i viventi. Paularius fece un cenno annoiato e due Sardar lo prelevarono portandolo via di peso, carne buona per li strizzosauri. Gli altri tre si dichiararono moderatamente soddisfatti, anche se vollero inserire nella dichiarazione d’intenti che il loro intervento aveva ridotto la permanenza nelle gabbie di un giorno, in cambio di un prolungamento perpetuo per clandestini e Puzzoni Neri di Rigel. Niente da fare, razzisti e malevoli i Keep, era la loro natura. Paularius li guardò allontanarsi, muovendo i grassi deretani schiumosi e sorrise, lui poteva permettersi la tolleranza e la generosità dell’essere superiore, ma ragionò con tristezza, con oppositori di questo genere, ogni riforma importante diventava una battaglia e un inutile dispendio di energie. Chiamò i servi che con le fiamme ossidriche disinfettassero l’ambiente, poi si distese sui divani morbidi aspettando le escort.
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martedì 11 agosto 2009
Cronache di Surakhis 18: Keep e Put
lunedì 10 agosto 2009
Cervo d'agosto.
Questa mattina la pioggia batteva forte sulle lose del tetto, un ticchettio ritmato e gradevole che ti fa venir voglia di rannicchiarti meglio sotto le coperte, girarti dall’altra parte e riprendere il piacevole dormiveglia interrotto. Poi, i pesanti rintocchi del campanile proprio sopra la testa, sono proprio nove, niente da fare, anche nella ripetizione dopo cinque minuti, dicono che forse è meglio tirarsi su. Sulla piazzetta davanti a casa, alla Rosa Rossa, locanda dagli antichi trascorsi, citato anche dal De Amicis, che ha visto fermarsi nelle sue sale re e principi, le brioches si raffreddano ed è meglio non farle aspettare troppo. Assieme al denso marocchino, che qui si ostinano, chissà perché, a chiamare Collino, aprono degnamente la giornata, anche se qualche goccia scende ancora dal cielo che però mostra già un’intenzione di soleggiare. La notte è stata lunga, doveva portare ristoro ad una serata difficile, in cui, con una decina di amici, si doveva onorare uno strepitoso civèt di cervo con la polenta. I cubetti di tenera polpa frollata, avevano riposato per 24 ore in una buona bottiglia di nebbiolo d’Alba, un sereno giacere per il fiero animale di cui avevano fatto parte, assieme ad una mezza cipolla infilzata dei canonici cinque chiodi di garofano, carota e sedano, alloro ed una pioggia di bacche di ginepro. Poi, tre ore di lenta e ragionata cottura, rabboccando del vino rimasto ed un bicchiere di morbido brandy spagnolo per rifinirne l’ubriacatura, lo hanno reso degno del caldo letto di sontuosa polenta che lo attendeva per uno sposalizio di sapori ed aromi. Ne abbiamo mangiato molto per la verità, ma terminatolo, gli infami ventri, già tesi, non sono riusciti a dare regole ragionate alle gole non ancora sazie ed un vascone di altra dorata polenta che ospitava nei suoi meandri segreti almeno una buona metà in volume, di robiole e gorgonzola, sapientemente mescolate, è stato messo in tavola per terminare la funzione. Dolciumi e gelato che , si dice in Piemonte, disnàusia, ci hanno condotti al caffè ed ai distillati per preparare un sonno corposo atto a permettere al corpo di sopportare la sfida. Si dice che la polenta riempia subito, ma che poi sgonfi velocemente. Forse dipende dalla quantità. Una degna serata comunque, come sempre quando la si passa tra amici a chiacchierare amabilmente, a commentare i balli e le musiche occitane ascoltate nel pomeriggio nella festa al Forte, dove si erano alternati due gruppi con mirabili sonorità. Sì, forse da qualche giorno sono un po’ monotematico, ma da queste parti, l’Occitania è un argomento sentito, la gente ci crede, si veste in costume, balla e canta e non mi sembra, che come da altre parti, questo sia un pretesto per scivolare lungo una china sgradevole, che invece di arricchire gli altri con tradizioni passate, ne fa una scusa per incrementare odio e barriere o isolazionismi antistorici. La scritta sulla maglietta di un ragazzo del gruppo “La ramà” (davvero bravi tra l’altro, anche nei semplici suoni acustici a cui li ha obbligati l’inclemenza del tempo) mi ha rallegrato subito, recitando: “Meno ronde e più ghironde”. Mi pare un bello slogan di questi tempi.
lunedì 27 luglio 2009
Tai Ji
venerdì 26 giugno 2009
Teheran
