domenica 11 ottobre 2009

Rosso anguria

Più o meno in mezzo all' Anatolia, lontano da grandi centri abitati, c'è un caravan serraglio ancora perfettamente conservato. Le grandi pietre squadrate sembrano state poste ieri una sopra all'altra con perfezione e maestria. Un sacco di gente deve essere passata da queste parti. La carovana dei mercanti arrivava a Sultanhani verso sera, entrava a cercare ristoro. I cammelli venivano ricoverati nelle grandi stalle, i cavalli bevevano e venivano accuditi. Anche gli uomini si riposavano al sicuro, per ricominciare il viaggio. Anche Marco Polo deve essere passato di qui, d'altronde di strade non ce ne erano molte per andare da ovest ad est e di viaggiatori anche. Mercanti viaggiatori, perchè erano poi gli unici a muoversi per secoli. Certo gli interessava fare soldi, per questo cercavano la globalizzazione, come qualunque mercante di ogni tempo, ma intanto giravano le idee e le informazioni. In qualche paese, aperto, era più facile muoversi, in quelli chiusi, ti tagliavano magari la gola, così sono rimasti fuori dalla globalizzazione, sono restati indietro, fedeli alle loro tradizioni, ma irrimediabilmente tagliati fuori dal mondo, duri e puri, liberi, condannando i loro discendenti a rimanere in una serie minore. Fuori dal caravanserraglio aveva una casetta un certo Hamza, un po' custode, che ti faceva visitare il monumento, anzi ti faceva accompagnare da uno dei figli, perchè lui dormiva al pomeriggio, un po' albergatore, perchè ti ospitava a casa sua dove aveva un paio di stanze con letti altissimi, come quello di mia nonna, di ferro battuto e dove comunque ti fermavi a mangiare (anche perchè non c'erano altri posti nel raggio di kilometri). Grandi baffi neri e basette già un po' ingrigite e una discreta pinguedine, gli piaceva chiacchierare con i viaggiatori (turisti) di turno, attorno al tavolo che offriva kebab ben rosolati, legumi e anguria rossa. Si finiva con il caffè turco, servito nei bricchi di rame dal lungo manico che punisce l'ingordo che non si ferma in tempo, facendogli ingollare un sorso di fondo granuloso e con un raki forte e limpido come l'acqua, in piccoli bicchieri di vetro, che lui vuotava di botto con grandi risate. Se ti andava, cercava di venderti un tappeto, ne aveva una stanza piena, che, appena mostravi interesse, i figli con precisione scaricavano ad uno ad uno dalla pila per mostrarli e per magnificarne il punto, i disegni, i colori. Poi ci si sedeva fuori sotto il pergolato ad aspettare il calar del sole dietro le mura gialle che a poco a poco diventavano viola, prima di cedere all'oscurità. Uno sbadiglio e poi a letto per partire al mattino, presto, a cercare un altro luogo un po' più lontano, con altri tappeti o altre mura o una anguria di un rosso diverso. Come un tempo forse, quando viaggiatore e mercante erano una sola cosa.

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